Cosa pensano gli studiosi scettici delle apparizioni di Gesù?
I Vangeli riportano che i discepoli, delusi e smarriti dopo la crocifissione e morte del loro mentore, ebbero in visione lo stesso Gesù, che mostrò loro la sua resurrezione dai morti. Un fatto che li sconvolse e convinse, tanto da essere disposti al martirio pur di non negare quanto visto. Ma cosa c’è di vero in tutto questo? I critici spiegano che i racconti evangelici sarebbero tardivi rispetto ai fatti, che i discepoli stiano mentendo o che, al limite, abbiano avuto allucinazioni. Ma queste conclusioni non appaiono neppure analizzando gli studi degli esperti più scettici, agnostici e atei.
Innanzitutto sfatiamo il mito della narrazione tardiva dei Vangeli: già uno o due anni dopo la morte di Gesù di Nazareth, infatti, nella piccola comunità di cristiani di Gerusalemme si proclamava e annunciava il primissimo credo cristiano: la crocifissione, la morte e la resurrezione di Cristo. E’ dimostrato dalla Prima Lettera ai Corinzi, redatta in modo definitivo da San Paolo nel 50-55 d.C. utilizzando, però, informazioni apprese dai discepoli nel 35 d.C. le quali, oltretutto, erano note già da qualche anno. A sostenere l’origine antichissima della lettera paolina (scritta prima dei Vangeli) è la quasi totalità degli esperti, non sono soltanto studiosi di fede cristiana, da qualcuno frettolosamente ed erroneamente tacciati di essere “di parte”, come se non avessero il dovere morale di dimostrare in modo oggettivo le loro tesi, esattamente come gli studiosi ebrei, agnostici o musulmani (tutti di parte?). Anche numerosi storici notoriamente scettici sono convinti che la prima e completa fonte sul Gesù storico risalga agli anni immediatamente successivi a Gesù. Li abbiamo citati in questo articolo recente.
Non si tratta di un dato poco significativo: se i cristiani avessero annunciato falsità o invenzioni ai loro concittadini su quanto accadde a quell’ebreo così noto -almeno per un breve periodo-, sarebbero stati immediatamente smentiti dagli ebrei, dai membri del Sinedrio e dai romani. In caso di menzogne o invenzioni, la piccola setta cristiana sarebbe stata facilmente schiacciata e ridicolizzata dagli altri testimoni oculari degli eventi, a lei avversi. Eppure, non soltanto nessuno accusò i cristiani di mentire, ma lo storico ebreo Giuseppe Flavio confermò, in modo indipendente, il contenuto dei Vangeli.
Altro elemento interessante: non è giunta alcuna notizia storica di qualcuno che dimostrò che nella tomba dove venne sepolto quell’Uomo c’era un cadavere o che il Nazareno fosse stato sepolto in altro luogo: anche in questo caso, ebrei e romani avrebbero con rapidità messo a tacere i falsi racconti dei seguaci del Cristo. Se ne deduce che la tomba risultò davvero vuota ma ciò, probabilmente, non sconvolse più di tanto la gran parte degli abitanti di Gerusalemme, anche perché il concetto di resurrezione risultava inconcepibile per gli ebrei di allora. Come ha scritto il grande scettico Robert W. Funk, il non credente fondatore del Jesus Seminar: «La convinzione che Gesù era risorto dai morti aveva già messo radici nel momento in cui Paolo si convertì attorno al 33 d.C. Presupponendo che Gesù morì verso il 30 d.C., il tempo di sviluppo quindi fu di due o tre anni al massimo» (citato in RW Hoover, Jesus Seminar, The Acts of Jesus, Polebridge Press 1998, p. 466).
Se affrontiamo direttamente l’apparizione di Gesù ai discepoli, dopo la morte, è interessare e curioso rintracciare negli studi dei principali studiosi del Gesù storico, in particolare quelli più scettici sulla sua divinità, la convinzione storica che i discepoli videro effettivamente qualcosa e pensassero realmente di aver visto Gesù risorto e, pur di non negare tale ferrea convinzione, furono disposti al martirio. Nessuno di loro ipotizza l’allucinazione collettiva, che è stata scartata da anni. Ma lasciamo la parola all’eminente EP Sanders, un “protestante liberal e secolarizzato”, come si definisce: «Che i seguaci di Gesù (e più tardi, anche Paolo) abbiano avuto esperienze di risurrezione è, a mio parere, un fatto storico. Non considero le deliberate frodi come una spiegazione utile. Molte di queste persone passarono il resto della loro vita a proclamare di aver visto il Signore risorto, e molti di loro sarebbero morti per tale causa. Dopo la sua morte i suoi seguaci hanno sperimentato quella che descrivevano come “resurrezione”: l’aspetto di una persona vivente ma trasfigurata. Ci hanno creduto, l’hanno vissuto e sono morti per questo» (EP Sanders, The Historical Figure of Jesus, Penguin Books 1993, pp. 279-280).
L’agnostico Bart D. Ehrman, della University of North Carolina, ha scritto: «Gli storici, naturalmente, non hanno alcuna difficoltà a parlare della credenza nella risurrezione di Gesù, poiché questa è una questione di pubblico dominio […]. Perché, allora, alcuni discepoli hanno affermato di aver visto Gesù vivo dopo la sua crocifissione? Non dubito affatto che alcuni discepoli abbiano affermato questo. Non abbiamo nessuna delle loro testimonianze scritte, ma Paolo, scrivendo circa venticinque anni dopo, indica che questo è ciò che hanno affermato e non penso che lo stia inventando. Anzi, aveva incontrato alcuni di loro soltanto tre anni dopo l’evento (Galati 1,18-19)» (B.D. Ehrman, The New Testament: An Historical Introduction to the Early Christian Writings, Oxford University Press 2004, p. 282). Il teologo tedesco e ateo Gerd Lüdemann ha a sua volta commentato, in modo sorprendente: «Può essere considerato storicamente certo che Pietro e i discepoli abbiano avuto esperienze dopo la morte di Gesù, in cui Gesù apparve loro come Cristo risorto» (G. Lüdemann, What Really Happened to Jesus?, Westminster John Knox Press 1995, p. 80).
Paula F. Fredriksen, studiosa liberal del Gesù storico (che ritiene un predicatore apocalittico) presso l’Università ebraica di Gerusalemme, ha infine annotato: «Conosco le loro parole, quello che hanno visto era il Gesù innalzato. Questo è quello che dicono e tutte le prove storiche che abbiamo attestano la loro convinzione su quello che hanno visto. Non sto dicendo che davvero hanno visto Gesù risorto. Non ero lì. Non so cosa abbiano visto. Ma so, come storica, che devono aver visto qualcosa. La convinzione dei discepoli di aver visto il Cristo risorto, il loro trasferimento a Gerusalemme, l’inclusione dei Gentili come Gentili. Tutti questi sono fondamenti storici, fatti noti indubitabili della prima comunità dopo la morte di Gesù» (P.F. Frederickson , Jesus of Nazareth: King of the Jews, Vintage 2000).
Ecco dunque che crollano le errate convinzioni popolari, dopo anni di cattiva istruzione. I racconti evangelici non sono emersi decenni o persino secoli dopo i fatti che raccontano, nessuno storico la pensa così: già 1-3 anni dai i fatti, il credo cristiano è fissato e annunciato da uomini e donne talmente certi -dopo la delusione al momento della cattura di Gesù- da sfidare le persecuzioni cristiane e da risultare talmente convincenti da aver creato un popolo che dura fino ai giorni nostri. Gli storici più scettici, inoltre, scartano la menzogna degli apostoli e l’allucinazione collettiva: rimane perciò la domanda di cosa accadde che li trasformò radicalmente, che confermò nella roccia la loro fede. Dissero di aver visto il Messia risorto e gli studiosi non hanno motivi validi per negare la loro estrema convinzione. «Qualcosa devono aver visto, è indubitabile»: oltre a qui l’analisi prettamente storica -“laica”, si potrebbe dire- non può andare. Ma è già molto.
La redazione