Lutero riabilitato da Bergoglio? Le parole di Francesco sono condivise anche dai suoi predecessori, ed anche da cardinali ritenuti “difensori della dottrina” dai critici del Papa. Non si tratta di glorificare Lutero, ma trovare punti in comune con le confessioni protestanti, secondo la richiesta di Benedetto XVI.
Torniamo su un tema toccato qualche tempo fa, quando mostrammo la continuità nelle parole degli ultimi tre pontefici sulla Riforma protestante e su Martin Lutero. I predecessori di Francesco, molto più di lui, impegnati nel cammino d’unità con i fratelli protestanti, hanno valorizzato il tentativo del monaco agostiniano di denunciare la sporcizia spirituale della Chiesa rinascimentale. Rinnovare ma senza dividere, anche se poi le conseguenze furono chiaramente disastrose, al di là delle intenzioni.
Il giudizio di Papa Wojtyla e Benedetto XVI su Martin Lutero.
Della posizione dei predecessori di Francesco sul padre della Riforma protestante ne abbiamo già parlato in un precedente articolo. Basti solo ricordare in questo contesto che Papa Wojtyla chiese di «riconoscere l’alta importanza della richiesta di Lutero di una teologia vicina alle Sacre Scritture e della sua volontà di un rinnovamento spirituale della Chiesa», mentre Papa Ratzinger, incontrando i rappresentanti della Chiesa evangelica tedesca, sottolineò che «l’intera sua spiritualità era del tutto cristocentrica».
Papa Francesco, invece, si è limitato a ricordare che «l’intento di Martin Lutero, cinquecento anni fa, era quello di rinnovare la Chiesa, non di dividerla», dato che «la Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere». Solo le sue parole, tuttavia, hanno scatenato infuocate polemiche e accuse di voler glorificare Lutero.
Il card. Müller: “Lutero voleva rinnovare la Chiesa, non creare lo scisma”.
A inserirsi nel dibattito è stato il card. Gherard Ludwig Müller, ex prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, che domani pubblicherà un “Manifesto per la fede” in sette lingue diverse per correggere la “confusione nell’insegnamento della fede”, già da molti letto come un atto politico per mettersi a capo di una nuova cordata contro l’attuale Pontefice, dopo il fallimento dell'”operazione Viganò”. In un testo in lingua tedesca, datato novembre 2016, il card. Müller ha scritto:
«L’obiettivo di Lutero era la riforma e il rinnovamento della Chiesa, pulirla dagli errori dogmatici che avevano prodotto una pratica pericolosa, non voleva colpire l’unità della Chiesa». Ed ancora: «I Riformatori volevano il rinnovamento della Chiesa secondo il Vangelo, ma andarono in opposizione alla visione cattolica del Vangelo e della Chiesa, senza però formare una coalizione con la cultura secolarizzata del Rinascimento, come invece ritiene l’interpretazione protestantizzata dell’evento storico». Lutero, Zwingli e Calvino, «sono indicati come “riformatori” ma non hanno voluto colpire l’unità della Chiesa in favore di una varietà di denominazioni. Non è stato il tentativo di migliorare la vita morale e spirituale a generare lo scisma, ma il fatto che i seguaci di Lutero, Zwingli e Calvino affermarono che la Chiesa aveva gravemente sbagliato nella fede e proposto un falso concetto dei sacramenti».
Così, anche l’ex prefetto Müller incolpa dello scisma i seguaci di Lutero, salvando invece le intenzioni del monaco agostiniano. Al di là degli errori dei protestanti, ha proseguito il prefetto Müller, «la Riforma storica del 1517 può contribuire come sfida per tutti i cristiani attraverso il rinnovamento in Cristo e della credibilità dei nostri pensieri e delle nostre azioni». Ed infine, il pensiero di Lutero «non deve essere respinto in toto, ma può essere valutato come forma di correzione […]. Possiamo con il Concilio Vaticano II raccogliere le preoccupazioni di Lutero e liberare la fede cattolica da una controversa escalation teologica». Simili parole sono state ripetute dall’ex prefetto durante convegno presso la Pontificia Università Gregoriana e in un’intervista a Il Timone, quando disse: «è necessario sbarazzarsi della “mondanizzazione” della Chiesa: tutto questo possiamo accettarlo dalle istanze della riforma protestante».
Lo studio sulla Riforma delle commissioni vaticane (1983, 1999 e 2013)
La posizione qui espressa del card. Müller, in linea con quanto proferito da Francesco, Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, è ritrovabile nel lavoro del 1983 della Commissione Congiunta Cattolica Romana-Evangelica Luterana, voluta da Papa Wojtyla, che parlò di Lutero come un «testimone di Gesù Cristo» e dichiarò che «i cristiani, siano essi protestanti o cattolici, non possono ignorare la persona e il messaggio di quest’uomo». Nella Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, datata 1999, si legge inoltre: «I cattolici possono condividere l’orientamento dei riformatori che consiste nel fondare la fede sulla realtà oggettiva della promessa di Cristo, a prescindere dalla personale esperienza, e nel confidare unicamente nella promessa di Cristo».
Nel documento pubblicato nel 2013 dalla Commissione luterano-cattolica per l’unità, di cui l’allora vescovo Müller (è stato creato cardinale da Francesco nel 2014) era co-presidente, si legge infine: «Alla luce dell’indubbio rinnovamento della teologia cattolica che il Concilio Vaticano II ha operato, oggi i cattolici sono in grado di comprendere le preoccupazioni riformatrici di Martin Lutero e di considerarle con un’apertura mentale maggiore di quanto sembrasse possibile in precedenza. L’implicita condivisione delle preoccupazioni di Lutero ha portato a una valutazione nuova della sua cattolicità, che si è concretizzata nel contesto del riconoscimento che la sua intenzione era quella di riformare, e non di dividere, la Chiesa». In quest’ultimo documento i teologi luterani si sono scusati per le colpe dei riformatori verso la Chiesa cattolica, per l’antisemitismo di Lutero e per i suoi durissimi insulti al papato, identificato con addirittura l’Anticristo.
Il card. Brandmüller: “Lutero non voleva lo scisma, ma salvare la missione di Cristo”.
E’ stato scritto molto contro Papa Francesco, accusato di “riabilitare Lutero”, in realtà molto più in là di Bergoglio si è spinto anche il card. Walter Brandmüller, uno dei firmatari dei Dubia rispetto all’Amoris Laetitia. Nel 2017 il cardinale tedesco si è a sua volta soffermato sugli errori teologici del padre della Riforma, asserendo però che Lutero voleva «salvare la missione di Cristo» e «c’era bisogno di un ritorno liberatorio alla pura origine che era il Vangelo incontaminato» rispetto alla Chiesa diventata «meretrice babilonese». Lo storico della Chiesa, Emidio Campi, ha spiegato che «ad indurre Lutero a portare in pubblico le sue nuove concezioni è stata proprio la questione delle indulgenze», che finirono per confondere «la pena temporale con la colpa, si prometteva che bastava acquistare la bolla indulgenziale per ottenere il perdono dei peccati o addirittura che l’anima volasse dal purgatorio in cielo» (E. Campi, in Storia del cristianesimo. L’età moderna, Laterza 1997, p. 13). Sulla rivista InStoria la ricostruzione della situazione della chiesa rinascimentale: «Il potere monarchico del papa, la sua intromissione nella sfera politica, insieme allo scandaloso nepotismo, alla corruzione e alla mondanità che ne conseguirono, generarono un consenso popolare contro la Chiesa di Roma». Con le indulgenze si raggiunse «un livello di avarizia e immoralità tali che non s’erano mai visti prima». Così, «indignato, Lutero» scrisse le 95 tesi «nelle quali smascherava alcuni insegnamenti errati della chiesa». Il 16 giugno 1520, papa Leone X emanò una bolla di condanna e da lì la situazione degenerò.
Il card. Brandmüller ha spiegato che ciò che emerse dalla Riforma fu una rivoluzione completa e non cattolica della fede cristiana, tuttavia «certamente Lutero non ha voluto lo scisma della Chiesa. Non è riuscito a spaccarla, o non l’ha nemmeno voluto». Il suo errore fu volere «che tutta la Chiesa accettasse “il suo Vangelo” della “sola scriptura, sola fides, sola gratia”. Se ciò fosse avvenuto avrebbe baciato i piedi del Papa, ha scritto Lutero». Ha così concluso: «Rimaneva convinto della verità esclusiva delle sue idee che gli erano venute dalla profondità esistenziale» e, ha aggiunto, per Lutero «non si può mai dare una ragione per separarsi dalla Chiesa romana. Chiama lo scisma dei Boemi empio e contrario a tutte le leggi di Cristo».
Quando il card. Bergoglio definì “eretico” Lutero.
Il tentativo della Chiesa è trovare un punto d’unione con i fratelli di altre confessioni cristiane: è necessario, disse infatti Benedetto XVI, «che, sotto la pressione della secolarizzazione, non perdiamo quasi inavvertitamente le grandi cose che abbiamo in comune, che di per sé ci rendono cristiani e che ci sono restate come dono e compito». Quando il card. Bergoglio era arcivescovo di Buenos Aires, più svincolato dal ruolo di Pontefice, poteva “permettersi” discorsi più accusatori nei confronti della Riforma. Lo ha fatto notare il teologo valdese Paolo Ricca: durante una conferenza -il cui testo è riportato nel libro “Chi sono i gesuiti” (J.M. Bergoglio e A. Spadaro, EMI 2014)- il card. Bergoglio definì “eretico” Martin Lutero, aggiungendo che la posizione luterana genera la dissoluzione dell’uomo o il superuomo nicciano. In entrambi i casi si tratta «della morte di Dio, un paganesimo che, nei casi del nazismo e del marxismo, acquisterà forme organizzate» (p. 34).
La redazione