«La vita senza fede? Una tragedia annunciata». Andrea Bocelli si confida.

bocelli fedeL’intervista al tenore italiano Andrea Bocelli, realizzata da don Davide Banzato. Un cammino alla fede basato sulla consapevolezza che «una persona ragionevole non può affidare la sua vita al caso». Una sintonia di vedute con la filosofa francese Catherine Chalier, che vede nell’ateismo contemporaneo la “pigrizia della ragione”.

 

Non è la prima volta che Andrea Bocelli parla della sua devozione. Il celebre tenore italiano, apprezzato in tutto il mondo (80 milioni di album venduti), si è confidato, in profondità, con don Davide Banzato, all’interno del programma “A Sua Immagine. Le ragioni della speranza”, andato in onda ieri, sabato 23 febbraio 2019.

Ha aperto le porte di casa sua, a Forte dei Marmi (Toscana), per un breve colloquio sulla vita, sull’esistenza, sulla musica e sulla fede. «Nel mio caso non avere fede sarebbe vivere una situazione di disperazione. La vita sarebbe come una tragedia annunciata», ha spiegato il tenore, affetto da cecità a causa di un glaucoma, dall’età di 12 anni.

 

Bocelli, il passato da libertino agnostico.

Tempo fa aveva raccontato la sua vita da “agnostico”, dedito al «libertinaggio come droga», come tentativo di «riempire la parte mancante di me. Ma l’inquietudine resta. Tutte le sere hai bisogno di riuscire nel tuo obiettivo. La sera che non ci riesci, stai male. Il successo rende tutto più facile. Ma alla fine ti ritrovi con un pugno di mosche. E ti senti affondare nel gorgo del vizio». Fino all’incontro con Veronica, la sua attuale moglie.

 

«Una persona ragionevole non può affidare la vita al caso».

Già in quell’intervista spiegava che «una persona ragionevole non può affidare la vita al caso. Se vedo un palazzo, sono certo che qualcuno l’ha fatto. A maggior ragione, l’Universo non può essere frutto del caso».

Ieri, di fronte al bravissimo don Davide, Bocelli ha ripreso il tema: «Da ragazzo essere agnostico mi sembrava una posizione comoda da abbracciare. Dopo però si va avanti e ci si fa delle domande. Chi non si è mai interrogato sul senso della vita? Quando ti interroghi sul senso della vita ti fai delle domande, vai a cercare delle risposte e scopri tante cose. E io penso di aver scoperto che il caso non esiste: questo è stato il primo passo verso una totale riconciliazione con la fede».

 

Qui sotto l’intervista, video pubblicato anche sul nostro canale Youtube.

 

La filosofa Catherine Chalier: «L’ateismo? Pigrizia della ragione».

Le parole di Andrea Bocelil ricordano quelle della filosofa Catherine Chalier, docente presso l’Université Paris Ouest Nanterre La Défense e, sopratutto, allieva prediletta di Emmanuel Levinas. Se il tenore italiano descrive l’agnosticismo come viziato dalla mancanza di desiderio intellettuale, la filosofa francese parla dell’ateismo come «pigrizia della ragione», perché esso «vale solo per l’immagine che si sono fatti di Dio. Spesso l’assenza sensibile di Dio è vissuta come l’inizio positivo per celebrare il proprio modo di vivere lontano da lui. Spesso si fanno un’immagine di Dio, consolatore e potente, per esempio, e quando non trovano né consolazione né potenza visibile di questo Dio nel mondo, allora si dicono atei».

Si stupisce, l’allieva di Levinas, che non vi sia «nessuna lacerazione spirituale in questo ateismo», eppure «dirsi atei è un’affermazione che dovrebbe sapersi misurare con esigenze difficili». Si riferisce in particolare ad uno degli atei più famosi di Francia, il suo collega Michel Onfray, il quale però «compie un ritratto caricaturale delle teologie di cui parla, e poi per lui è facile mostrare che non vuole credere a questa caricatura! Che voglia essere ateo, perché no? Ma che faccia la caricatura della fede e pretenda di conoscere quello che non conosce, questo mi indigna».

La redazione

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Cos’ha fatto Trump per la causa pro-life in questi due anni?

donald trump abortoTrump contro aborto. Dopo due anni dalla sua elezione, ecco 8 misure importanti a difesa della vita umana nascente.

 

Nel gennaio 2017 ci chiedevamo se il neo-eletto presidente americano, Donald Trump, avrebbe rispettato le sue numerose promesse in campagna elettorale, quando dichiarò di voler completamente invertire le politiche sulla vita nascente e sulla famiglia intraprese dal suo predecessore.

Dopo due anni è tempo di un primo bilancio, il cui responso è fortunatamente positivo. Giusto ieri, il Department of Health and Human Services (HHS) ha tagliato altri 60 milioni di dollari di fondi pubblici a Planned Parenthood, l’enorme industria di cliniche abortiste americane (ora rimangono “solo” altri 500 milioni).

 

Il celebre discorso: “chiedo al Congresso di vietare l’aborto se feto sente dolore”.

Il 5 febbraio scorso, ad esempio, nel suo atteso discorso all’Unione (apprezzato dal 76% dei cittadini), si è riferito alla recente legge di New York che ha legalizzato l’aborto fino alla nascita, denunciando:

«I legislatori hanno applaudito con gioia per il passaggio della legislazione che permetterà che un bambino venga strappato dal grembo materno pochi istanti prima della nascita. Questi sono bambini che vivono, sentono, e che non avranno mai la possibilità di condividere il loro amore e i loro sogni con il mondo. E poi, abbiamo avuto il caso del governatore della Virginia, il quale ha dichiarato che avrebbe ucciso un bambino dopo la nascita». Così, il presidente ha ufficialmente chiesto «al Congresso di approvare una legislazione che proibisca l’aborto a breve termine dei bambini che possono provare dolore nel grembo materno. Lavoriamo insieme per costruire una cultura che ami la vita innocente. E riaffermiamo una verità fondamentale: tutti i bambini, nati e non nati, sono fatti nella santa immagine di Dio».

Un discorso coraggioso e piuttosto inedito per un presidente americano. Ma non sono solo parole, dopo due anni -nonostante alcune decisioni ben poco cristiane sul tema immigratorio, che abbiamo più volte sottolineato-, occorre ammettere che Trump ha anche decisamente mantenuto le sue promesse in campo etico. Andrebbero valorizzate in particolare 8 misure che potrebbero davvero cambiare lo status legale dell’interruzione di gravidanza negli Stati Uniti, avendo effetti di emulazione al di là dei suoi confini.

E’ una speranza, ovviamente. Anche la Santa Sede, per bocca del presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Vincenzo Paglia, ha ritenuto «un dato positivo il fatto che un numero consistente non solo di credenti ma in questo caso di cittadini si sia opposto alla legalizzazione dell’aborto».

 

Le 8 misure più importanti a favore della vita nascente.

 

1) Interruzione dei finanziamenti a Planned Parenthood.
Trump ha reso prioritaria la revoca dei finanziamenti alla più grande industria di cliniche abortiste degli Stati Uniti, Planned Parenthood, e finora è riuscito a privarla di centinaia di milioni di dollari di tasse americane (la International Planned Parenthood Federation ha stimato una perdita di $100 milioni dal suo budget). Il Defund Planned Parenthood Act, che eliminerà ogni contributo, è attesto per il 2019.

2) Ripristino della Mexico City Policy.
Una seconda importante azione è stata ripristinare la Mexico City Policy (istituita da Reagan) che blocca i fondi federali statunitensi diretti a finanziare le ONG che praticano aborti all’estero. Venne abolita sia da Clinton che da Obama.

3) Taglio dei fondi alle Nazioni Unite.
Trump ha interrotto i finanziamenti alla United Nation Population Division che promuove apertamente aborto, contraccezione, sterilizzazione e ideologia di genere nei Paesi in via di sviluppo, mascherandosi sotto il termine ingannevole “salute riproduttiva”.

4) Obiezione di coscienza all’Obamacare.
Contrastando apertamente la politica di Obama, il presidente americano ha approvato la possibilità di libera obiezione di coscienza contro l’Obamacare, la riforma sanitaria che impone anche a scuole, università e congregazioni religiose di istituire piani di assicurazione a favore dell’aborto per i propri dipendenti. Ha anche ripristinato la Conscience and Religious Freedom Division, che permette l’obiezione di coscienza ai medici che non vogliono praticare interruzioni di gravidanza.

5) Nomina di funzionari pubblici a favore della vita.
Grazie alle sue nomine, tantissime persone del mondo della cultura, della scienza o della politica apertamente favorevoli alla salvaguardia della vita umana nascente sono divenute funzionari pubblici. L’esempio più importante è il vicepresidente Mike Pence, ma anche il procuratore generale Jeff Sessions, i consiglieri presidenziali Kellyanne Conway e Pat A. Cipollone, il segretario di stato Mike Pompeo, oltre ad una moltitudine di giudici federali. Qualche tempo fa segnalavamo la nomina della neurobiologa Maureen Condic come membro del National Science Board, l’agenzia governativa che sostiene la ricerca nei campi non-medici della scienza e dell’ingegneria.

6) Sostegno alla Marcia per la vita.
Grazie al sostegno esplicito e alla presenza del vicepresidente Pence, l’annuale March of Life che si svolge tra le vie di Washington è diventata un appuntamento importante nella vita politica statunitense. Durante l’ultima manifestazione, risalente a gennaio 2019, Mike Pence ha dichiarato: «Questa sarà la generazione che ripristinerà il diritto alla vita in America». Grazie all’amministrazione Trump, il più grande evento pro-life ha smesso di essere emarginato dai principali media americani.

7) Veto a qualunque legge pro-aborto.
Poche settimane fa, lo stesso presidente Trump ha pubblicamente promesso di usare il suo diritto di veto per impedire l’approvazione di qualsiasi legislazione sull’aborto che sarà sottoposta al Congresso.

8) Nomina di giudici pro-life nella Corte Suprema.
Questo è forse uno dei passaggi più importanti in quanto l’aborto legale negli Stati Uniti è protetto al di là del potere di qualsiasi presidente, poiché legittimato da una sentenza della Corte Suprema del 1973, nella famosa causa Roe vs Wade. Così, solo modificando lentamente la composizione dei giudici, sarà possibile ribaltare quella fatidica decisione che ha costato la morte di milioni di bambini non ancora nati. Il presidente Trump ha già nominato due giudici apertamente favorevoli alla vita, Neil M. Gorsuch e Brett M. Kavanaugh e, verso quest’ultimo, si è scatenata una campagna di legittimazione assoldando addirittura donne che, mentendo, hanno dichiarato di essere state da lui sessualmente abusate. Si sta aprendo anche la possibilità di nominare un terzo giudice in quanto Ruth Bader Ginsburg, storica femminista nominata da Clinton, è appena stata operata per cancro e non potrà più svolgere le sue funzioni di giudice. Se si dovesse dimettere, Trump potrebbe far pendere l’ago della bilancia nettamente a favore della vita (6 giudici pro-life contro 3), anche se purtroppo, gli storici giudici repubblicani (“cattolici”) hanno più volte votato in linea con quelli democratici.

 

Ma non basta contrastare l’aborto per dirsi “pro-life”. Le parole di Giovanni Paolo II.

Detto ciò, è ovvio che non basta contrastare l’aborto per definirsi “pro-life”, per questo evitiamo di unirci alla santificazione di Donald Trump, come “il più grande presidente a favore della vita umana”, come viene descritto in altri blog cattolici. La vita da rispettare non è soltanto quella nascente, un «progetto prioritario inderogabile»ci ha insegnato Giovanni Paolo II– è anche quello della «tutela delle famiglie e in particolare di quelle dei migranti e dei rifugiati aggravate da ulteriori difficoltà».

Per questo, scrisse ancora Papa Wojtyla, «i Paesi ricchi non possono disinteressarsi del problema migratorio e ancor meno chiudere le frontiere o inasprire le leggi, tanto più se lo scarto tra i Paesi ricchi e quelli poveri, dal quale le migrazioni sono originate, diventa sempre più grande». Su questo, il presidente Trump deve ancora correggere la sua posizione.

La redazione

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La Francia illuminista e laicista, culla dell’antisemitismo

illuminismo antisemitismoIlluminismo e antisemitismo. In Francia esplode il caso, l’odio verso gli ebrei è endemico e genera manifestazioni e proteste. Ma la patria della “tolleranza” e del laicismo ha ospitato i grandi intellettuali illuministi tutti caratterizzati da un feroce antisemitismo. Da Voltaire a Émile Zola.

 

La Francia galleggia nell’antisemitismo come in un brodo primordiale. E’ un’epidemia, ieri le svastiche contro la Shoah trovate nel “Giardino della memoria” a Lione, sabato gli insulti antisemiti al filosofo ebreo Alain Finkielkraut, sinagoghe profanate, il ministro israeliano che invita gli ebrei immigrati in Francia a rientrare in patria per la loro sicurezza. Si parla di oltre 6000 atti antisemiti all’anno.

Nessuno si domanda come sia possibile tutto questo nella fantomatica “patria dei diritti”, nella Francia laicista e tollerante, nell’epicentro della cultura progressista. La storiografia ufficiale non ha una risposta perché nasconde la grande verità, ovvero che la Francia è imbevuta di razzismo e di antisemitismo fin dalle origini dell’Illuminismo. L’odio verso gli ebrei ha pervaso il pensiero dei principali intellettuali e filosofi illuministi.

Massimo Ghiretti, ricercatore della Fondazione del Centro di Documentazione ebraica contemporanea, ha spiegato che «fra il Settecento e la prima metà del secolo successivo era sorto il concetto di disuguaglianza razziale basato sull’ereditarietà naturale», e i principi fondamentali del «razzismo moderno», come «i concetti di superiorità o inferiorità, invariabilità e continuità delle caratteristiche razziali o la ricerca della loro origine, erano stati elaborati all’interno della culla illuministica. Hume, Diderot, Voltaire, Kant e altri» (M. Ghiretti, Storia dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo, Mondadori 2002, p. 164).

 

Da Voltaire a Émile Zola, i padri del’illumininismo erano tutti antisemiti.

Basta aprire il celebre Dictionaire Philosophique (1764) scritto dal “principe della tolleranza”, Voltaire. Parlando degli ebrei scrisse: «in loro vedrete solo un popolo ignorante e barbaro che unisce da sempre l’avarizia più sordida alla superstizione più detestabile», un popolo «rampante nell’infelicità e insolente nella prosperità» (Essai sur le Moeurs). Le conseguenze subite dagli ebrei, per Voltaire, sono nient’altro che la conseguenza di questa «natura» che influenza il loro infausto destino: «Se gli ebrei volevano conquistare il mondo e sono diventati degli asserviti la colpa è soltanto loro». Alla voce “Antropofagi”, il “principe della tolleranza” scrisse: «Perché gli ebrei non avrebbero dovuto essere degli antropofagi? Sarebbe stata la sola cosa che mancava al popolo di Dio per essere il più abominevole popolo della terra».

A fargli compagnia il padre dell’anarchismo, (colui che inventò il simbolo con la “A” cerchiata), l’illuminista anticlericale Pierre-Joseph Proudhon, membro del parlamento francese e sostenitore dell’abolizione di tutte le forme di pensiero e di organizzazione ecclesiale a favore di forme egualitarie e anti gerarchiche: «Bisogna opporsi a questa razza che avvelena tutto e si infiltra ovunque senza mai fondersi con nessun popolo; bisogna abolire le sinagoghe e impedire loro di lavorare, fino a vietare del tutto il loro culto. Gli ebrei sono i nemici del genere umano, la loro razza deve essere mandata in Asia o al limite sterminata» (P.J. Proudhon, Carnets).

Charles Fourier è il filosofo francese illuminista più celebrato dal progressismo di sinistra, in quanto teorizzò la parità tra uomo e donna. Precursore del socialismo e del femminismo francese. Ma ecco cosa scriveva a proposito degli ebrei: «La nazione ebraica non è civilizzata, è patriarcale, non ha sovrano e crede lodevole ogni furberia, si dedica esclusivamente ai traffici, all’usura e alle depravazioni mercantili. Ogni governo dovrebbe costringere gli ebrei al lavoro produttivo e accettarli solo in minima percentuale» (C. Fourier, Oeuvres Completes).

Il fondatore del partito socialista francese, Jean Jaurès, è ricordato come l’illuminista promotore del pacifismo. Così scriveva del popolo ebraico: «in Francia l’influenza politica degli ebrei è enorme ma indiretta, non si esercita con la forza del numero con quella del denaro, sono una razza sottile, concentrata ma divorata dalla febbre del guadagno e che maneggia con facilità i meccanismi di rapina, di menzogna e di estorsione del capitalismo» (J. Jeauès, La question juive en Algerie).

Si ricordi anche l’ateo anticlericale Émile Zola, il grande accusatore delle apparizioni di Lourdes. Nel suo L’Argent descriveva gli ebrei servendosi di stereotipi nazisti: «Era tutta un’ebreitudine malferma, delle facce grasse e unte, dei profili scavati da uccelli voraci, una straordinaria riunione di grossi nasi, vicini l’uno all’altro come su una preda». Il suo editoriale J’Accuse, fu piuttosto una reazione di fronte ad un’evidente ingiustizia, indipendentemente dal fatto che il capitano Dreyfus era di origine ebraica. Nella cultura francese pullulano gli intellettuali antisemiti, forse statisticamente in numero maggiore che in quella tedesca e di qualunque altra nazione. Ricordiamo come ennesimo esempio il deputato Henri Labroue con tanto di cattedra di Storia del giudaismo alla Sorbona di Parigi, o Louis-Ferdinand Céline, che chiese la distruzione fisica di tutta la razza ebraica, degli ebrei che chiama «bastardi cancerosi».

 

Dopo la Seconda guerra mondiale l’antisemitismo fu mascherato da antisionismo.

La Seconda guerra mondiale attutirà la spinta antisemita illuminista della Francia, almeno fino all’esplodere della questione palestinese, quando l’antisemitismo più radicale emerse nuovamente mascherato da anti-sionismo, contro l’esistenza dello Stato ebraico. Dalla sinistra comunista e filo-illuminista provengono anche i due più famosi ed attuali antisemiti francesi, Alain Soral e il comico Dieudonné. Passati in seguito alla destra nazionalista, sono stati entrambi condannati per incitazione all’odio razziale ed hanno usato l’escamotage di aggirare la legge sostituendo il termine “ebreo” a quello di “sionista”.

 

Lo storico ebreo Poliakov: “L’illuminismo preparò il terreno alle leggi razziali”.

Il celebre storico dell’antisemitismo, l’ebreo Léon Poliakov, individuò per primo (con il saggio “Da Voltaire a Wagner”) nell’Illuminismo francese il trampolino decisivo della progressiva degenerazione che portò al nazismo di Adolf Hitler. Nel suo celebre Il mito ariano scrisse: «La tradizione giudaico-cristiana era “antirazzista” e antinazionalista e senza dubbio le stratificazioni, le barriere sociali del Medio Evo favorivano l’azione esercitata dalla Chiesa nel senso del suo ideale: tutti gli uomini erano uguali davanti a Dio. Questa dottrina dell’unità del genere umano viene apertamente contestata da alcuni grandi ingegni europei dell’Illuminismo». Si riferisce alle «nuove idee antropologiche del XVIII secolo, in quanto un Buffon, un Voltaire, un Hume o un Kant, ciascuno a suo modo, preparano il terreno alle gerarchie razziali del secolo successivo» (L. Poliakov, Il mito ariano, Editori Riuniti 1999, pag. 370-372)

La redazione

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I trans distruggono lo sport femminile, l’umiliazione delle avversarie

Trans nello sport. Nuovi record battuti da parte di transessuali maschi che gareggiano nelle categorie femminili. La tennista lesbica Navratilova denuncia “l’inganno” e “l’ingiustizia”, il fisiologo italiano avverte del pericolo per l’etica sportiva: “chi decide di cambiare sesso conserva il proprio DNA, nonostante le cure ormonali”.

 

Ci risiamo. Dopo il volley ora anche l’atletica leggera. Due maschi transessuali del Connecticut (nella foto) hanno infatti facilmente dominato una competizione di atletica leggera femminile aggiudicandosi i primi posti, ed umiliando le concorrenti donne (loro, per davvero).

 

Due maschi trans stabiliscono nuovo record nell’atletica femminile.

Il trans Terry Miller è arrivato primo in due gare di atletica leggera dello Stato: ha vinto i 100 metri in soli 11,72 secondi, poi si è aggiudicato i 200 in 24.17 secondi. Ha inoltre stabilito i due nuovi record della manifestazione nel reparto femminile. Gli piace vincere facile, evidentemente. Al secondo posto è arrivato Andraya Yearwood, altro transgender.

«Penso sia ingiusto per le ragazze che lavorano davvero sodo per tentare di qualificarsi», ha detto Selina Soule, una delle tante avversarie umiliate. Ora le atlete assieme ai genitori stanno portando avanti una petizione affinché le regole siano cambiate. Le differenze biologiche, infatti, restano tali anche se uno si sente psicologicamente nato in un “corpo sbagliato” o si sottopone ad amputazioni chirurgiche per trasformare gli organi sessuali.

Leggendo le proteste, tuttavia, le atlete e le loro famiglie si dicono d’accordo nel fare gareggiare i trans soltanto una volta che abbiano completato il ciclo ormonale. Ma davvero anche loro pensano che una donna “vera” sia soltanto un uomo bombardato da ormoni femminili? L’essere donna, in definitiva, è solo questione di ormoni diversi?

 

La tennista lesbica Navratilova: “è un inganno, è ingiusto far gareggiare i trans”.

Ad alzare al voce contro questo fenomeno è stata recentemente la leggenda del tennis femminile Martina Navratilova, fortemente critica verso la vittoria del transessuale Rachel McKinnon di una gara ciclistica internazionale femminile. La stessa Navratilova è una dichiarata lesbica e vive con una donna nel 2014, tuttavia ha affermato che la partecipazione di «uomini che hanno deciso di essere donne» alle gare femminili «è folle, è un inganno ed è ingiusto per le donne che devono competere con persone che, biologicamente, sono ancora uomini. Non mi piacerebbe competere contro una donna transgender. Non sarebbe giusto».

Julia Beck, femminista e attivista lesbica statunitense, ha dichiarato: «tutte le donne e le ragazze condividono una realtà biologica e gli uomini non potranno mai condividere la stessa realtà, indipendentemente dall’intervento che potrebbero subire. Se un qualsiasi uomo, se una persona maschile può definirsi donna, o essere identificato legalmente come donna, allora gli uomini predatori lo faranno per accedere agli spazi esclusivi per le donne e mettere a rischio la nostra sicurezza», come d’altra parte è già avvenuto.

 

Il fisiologo italiano: “in pericolo l’etica sportiva, i trans sono uomini anche con cure ormonali”

Siamo grati al compianto luminare italiano di Fisiologia umana, il prof. Arsenio Veicsteinas (deceduto pochi mesi fa), l’unica voce autorevole italiana che davvero finora ha saputo sfidare il mainstream e difendere realmente lo sport e le donne: «Chi nasce uomo ha le caratteristiche anatomiche maschili. Chi decide di cambiare sesso conserva il proprio DNA, nonostante le cure ormonali. L’etica dello sport è che si gareggi ad armi pari. La lealtà della competizione è minata sopratutto per un uomo che diventa donna: come si potrà sostenere davanti alle proteste di una donna che si è giocato ad armi pari?».

La redazione

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Summit vaticano, Sandro Magister avvia la campagna di fango


"magisterSul blog di Sandro Magister, vaticanista de L’Espresso, il Papa passa per “malato di mente” e si mistificano vecchie interviste per screditarlo e per gettare fango contro l’incontro dei vescovi sul tema degli abusi. Il sito web Aleteia replica alle nuove scorrettezze del vaticanista.

 

E’ ufficialmente iniziata la campagna di fango della galassia antipapista contro l’incontro che si terrà dal 21 al 24 febbraio 2019 in Vaticano, intitolato “La protezione dei minori nella Chiesa”, al quale parteciperanno i presidenti delle Conferenze episcopali del mondo convocati dal Papa.

Lo ha constatato anche l’ottimo vaticanista Fabio Marchese Ragona, osservando che è «scattata l’ora dei veleni e delle veline, di chi cerca di tendere al Papa l’ennesima trappola, l’ennesimo sgambetto nella speranza che questo pontificato si concluda bruscamente». L’intento dei soliti blogger è palese e ormai nemmeno più velato: addossare a Papa Bergoglio qualunque colpa, sfruttando il tema pedofilia per indurlo alle dimissioni. Il flop dell’operazione Viganò, infatti, necessita di un altro tentativo.

 

La Nuova Bussola Quotidiana colpisce con il “caso Zanchetta”.

La Nuova Bussola Quotidiana ha scelto di sottolineare il caso del vescovo Gustavo Zanchetta, il quale sarebbe stato “promosso” dal Vaticano nonostante segnalazioni di abusi sessuali commessi. Il direttore de La Bussola, Riccardo Cascioli, si è già affrettato a scrivere che anche questa vicenda «danneggia la credibilità di Papa Francesco» e aumentano «le pesanti ombre che si stanno addensando su questo pontificato». Lo ripete ogni giorno da sei anni, per qualunque evento capiti nel mondo ecclesiale.

Lo stesso accusatore di Zanchetta, Juan José Manzano, ha tuttavia difeso il Papa, ritenendolo «una vittima» della furbizia del vescovo argentino e, soprattutto, dalla Sala Stampa del Vaticano è stata smentita la «ricostruzione fuorviante» della stampa e viene confermata la non conoscenza di denunce contro di lui al momento della nomina ad assessore dell’Apsa. Le indagini interne sono in corso e prudenza vuole che, se si fosse realmente interessati alla verità e non a sfruttare l’ennesimo caso per “creare ombre sul Papa”, bisognerebbe almeno attenderne le conclusioni. E’ quanto meno sospetto il recente attivismo de La Bussola sulla pedofilia in casa cattolica (la stessa cosa non avveniva prima del 2013). Ricorda molto le parole dell’associazione di vittime di abusi Ending Clergy Abuse all’uscita del memorandum Viganò: «sono solo lotte intestine tra le fazioni curiali che stanno sfruttando la crisi degli abusi e le vittime degli abusi sessuali del clero come leva, nella lotta per il potere della chiesa».

 

Chi è Sandro Magister, il vaticanista nemico di Papa Francesco.

Ma il vero regista della macchina del fango sul summit che si aprirà domani è Sandro Magister, esperto di gossip vaticano sulle colonne dell’Espresso, autore di colossali fake news e di scorrettezze etiche e professionali che hanno portato la Sala Stampa vaticana a sospendergli temporaneamente l’accredito. Recentemente ha scritto un “promemoria” per il summit di febbraio, dando inspiegabilmente rilevanza ad una intervista risalente al 2017, rilasciata da Papa Francesco a Dominique Wolton.

Innanzitutto, Magister si è mostrato, ancora una volta, particolarmente attento ad un dettaglio inutile nell’economia del contesto, ovvero che in tale libro Francesco rivelò di essersi «consegnato per sei mesi, quando aveva 42 anni, alle cure di una psicoanalista». Il vaticanista lo ricorda spesso nei suoi attacchi ad personam al Papa (l’ultima volta il 12/09/18, quando indugiò a lungo sui “motivi psichiatrici” e sulla “salute mentale” del Papa), insinuando neanche troppo velatamente che sul soglio di Pietro vi sia un malato di mente. Perché mai, altrimenti, sente il bisogno di ricordare così spesso questo lontano aneddoto della vita privata di Jorge Mario Bergoglio?

 

Aleteia contro il blog di Sandro Magister.

Il piatto forte del vaticanista Magister sono però le parole che, in quella vecchia intervista, il Papa pronunciò riferendosi ai preti in confessionale, lamentandosi di chi si sofferma troppo sui peccati “sotto la cintura”, cioè quelli sessuali: «vi sono certi che quando ricevono la confessione di un peccato del genere domandano: “Come l’hai fatto, e quando l’hai fatto, e per quanto tempo?” E si fanno un “film” nella loro testa». Il grande pericolo, aggiunse il Papa, «è quello di condannare solo la morale che è “sotto la cintura”. Ma degli altri peccati che sono i più gravi, l’odio, l’invidia, l’orgoglio, la vanità, l’uccidere l’altro, il togliere la vita: di questi si parla poco».

Perché Magister ha sentito il bisogno di richiamare questa vecchia intervista pochi giorni prima del summit sulla pedofilia? Perché gli serve a corroborare la sua accusa, cioè che Francesco «minimizza gli abusi sessuali e le pratiche omosessuali ad opera di ecclesiastici anche di alto livello da lui apprezzati e favoriti». A replicare a questo tiro mancino è intervenuto Ary Waldir Ramos Díaz su Aleteia.es, denunciando «autori che si sentono al sicuro nell’allestire guerre insidiose e culturali usando lo strumento del blog». Infatti, ha proseguito il giornalista spagnolo, «fuori dall’immaginazione di autori prevenuti, ciò che il Papa ha detto in quell’occasione circoscritta (la domanda di Wolton) era che la moralità non include solo la condanna di alcuni aspetti, dimenticandosi di altri. Ovvero, Francesco ci invita a vedere il peccato nella sua complessità e totalità, non particolarizzando i cattivi comportamenti sessuali, nel confessionale, e dilungandosi con domande morbose da parte del confessore. Tutto qui! In quel blocco dell’intervista, non ci si sta riferendo al cattivo comportamento dei vescovi o dei preti pedofili».

 

Qualche mese fa il cardinale africano Wilfrid Fox Napier -“pupillo” di Giovanni Paolo II-, ha denunciato pubblicamente la stampa cattolica impegnata nella campagna antipapista, definendosi “a disagio” per il fatto che gli interventi pubblici di questi blogger si sono ormai ridotti esclusivamente «a riferire negativamente o attaccare papa Francesco!». Magister ricorda continuamente i “problemi psichiatrici” di Papa Francesco, forse a dedicarsi all’autoanalisi dovrebbe però essere chi vive ormai per un’unica ossessione mentale: screditare il successore di Pietro, usando qualunque argomento.

 

AGGIORNAMENTO 21/02/19
Nell’udienza di ieri, Papa Francesco ha dichiarato: «Non si può vivere tutta una vita accusando, accusando, accusando la Chiesa. L’ufficio di accusatore di chi è? Chi è quello che la Bibbia chiama il grande accusatore? Il diavolo! E coloro che passano la vita accusando, accusando, accusando, sono – non dirò figli, perché il diavolo non ne ha – ma amici, cugini, parenti del diavolo. E no, questo non va, si devono segnalare i difetti per correggere, ma al momento che si segnalano i difetti, si denunciano i difetti, si ama la Chiesa. Senza amore, quello è del diavolo».

La redazione

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Il romanzo di Jules Verne sul genocidio dei cattolici in Vandea

il conte di ChanteleineJules Verne e “Il conte di Chanteleine. Un episodio del Terrore” (1864), un romanzo poco noto e pubblicato solo 100 anni dopo poiché portò alla luce un episodio nascosto dalla storiografia ufficiale: il genocidio vandeano. Fu l’unica volta che la fede cattolica di Verne venne alla luce nelle sue opere.

 

Il celebre romanziere francese Jules Verne (1828-1905) è forse lo scrittore che più si è lasciato consapevolmente influenzare dalla mentalità positivistica dell’epoca, creando un genere letterario basato sul progresso scientifico-tecnologico, quello che oggi si chiamerebbe fantascienza.

Nei suoi scritti, che hanno influenzato diverse generazioni, c’è sempre una esagerata fiducia nella scienza e nei suoi progressi che risolverà tutti i misteri dell’esistenza. I suoi principali capolavori sono Viaggio al centro della terra (1864), Ventimila leghe sotto i mari (1870) e Il giro del mondo in ottanta giorni (1873). Va tuttavia segnalato che nell’ultima parte della sua vita, Verne manifestò invece un atteggiamento decisamente più cauto, lasciando trasparire una certa dose di pessimismo nei riguardi della divinità del progresso scientifico, allontanandosi di fatto dallo “spirito positivistico” cometano.

 

Jules Verne e “Il conte di Chanteleine”: il racconto del genocidio cattolico vandeano.

Una secondo fatto poco conosciuto di Verne è che fu anche l’autore de Il conte di Chanteleine. Un episodio del Terrore (1864), pubblicato in tre puntate. Già dal titolo si intuisce che il romanzo si occupa di uno degli eventi più tragici della Rivoluzione francese, quando i giacobini -guidati dal motto di libertè, fraternitè, egalitè– compirono il primo genocidio della storia moderna, quello ai danni del popolo della Vandea. Il cosiddetto “Massacro dei Lumi“, lo sterminio di un popolo cattolico che non volle piegarsi alla dittatura anticlericale.

Un episodio che la storiografia ufficiale ha cercato di nascondere in tutti modi per non macchiare la favola illuministica della Rivoluzione francese. Verne, al contrario, descrisse le gesta del conte Umberto di Chanteleine e del cappellano, padre Fermont, leader di un gruppo di contadini cattolici e ribelli monarchici contro il Comitato di salute pubblica della Rivoluzione. La figura del protagonista è ispirata da un personaggio reale, Pierre-Suzanne Lucas del Championnière (1769-1828), uno dei capi dell’esercito vandeano.

 

Verne era cattolico, ma fu l’unica volta in cui lo dimostrò nelle sue opere.

Verne si dichiarò sempre cattolico e morì confortato dai sacramenti, ma nei suoi romanzi non traspare mai la trascendenza dell’esistenza se non una forma di freddo deismo, né prese mai posizioni politiche particolari. Tuttavia lui stesso la pensava diversamente, rispondendo così ad un giornalista: «Sono bretone, sono per la ragione, per la razionalità, per la tradizione familiare, cristiano e cattolico. Nulla nelle mie opere può lasciar supporre il contrario».

Il romanzo dedicato alla Vandea fu un’eccezione. Ne Il conte di Chanteleine è chiaro per Verne il ruolo fondamentale della religione cattolica nella rivolta e verso la quale si schiera apertamente. Fin dei primi paragrafi del romanzo, il celebre romanziere sottolinea l’irritazione dei contadini vandeani per «la sostituzione forzata dei sacerdoti delle parrocchie con coloro che avevano accettato la Costituzione civile del clero», secondo la quale gli ecclesiastici dovevano giurare fedeltà all’Assemblea nazionale costituente e non più al Papa. I sacerdoti che si rifiutarono vennero perseguitati, dal febbraio 1790 furono soppressi tutti gli ordini religiosi e oltre 4000 parrocchie, chiusi i conventi e avvenne l’esproprio forzato dei beni della Chiesa. L’instaurazione della leva obbligatoria generò un’insurrezione da parte del popolo contadino vandeano, che venne brutalmente soppresso dalle truppe repubblicane. Con inaudita violenza furono sterminate 117.000 persone su una popolazione di circa 800.000 abitanti.

Jules Verne patteggiò apertamente per i vandeani, tanto che la sua opera fu pubblicata parzialmente in Francia nel 1971 (quasi 100 anni dopo) e, integralmente, solamente nel 1994. Grazie al lavoro di alcuni storici che hanno sacrificato la loro carriera per la verità, come Reynald Secher (ma anche Philippe de Villiers), il genocidio vandeano è emerso dall’oblio. E certamente al riconoscimento pubblico ha contribuito non poco il romanzo di Jules Verne, che in questi giorni è stato ripubblicato anche in Italia grazie all’editore Solfanelli.

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Dichiarazione dei diritti umani, perché il Vaticano non firmò?

Perché la Dichiarazione dei diritti dell’uomo promossa dall’Onu non fu firmata dal Vaticano? E’ molto semplice, la Santa Sede non aveva diritto al voto essendo un osservatore permanente e uno Stato non membro. Ad ogni anniversario, però, viene sempre commemorata.

 

Con l’elezione di Papa Francesco la “propaganda ateista” sui media italiani si è ridotta al lumicino.

Le storiche voci come Repubblica, Il Fatto Quotidiano e Il Manifesto si sono ammorbidite, l’Unità è fallita e se si ignorano le sparate antipapiste di Sandro Magister su l’Espresso l’unico a crederci ancora è il settimanale Left, diretto da Matteo Fago.

Appassionato di salsa cubana, Fago ha raccolto a sé un pugno di redattori guidati da Federico Tulli ed è partito, in solitaria, alla campagna contro i credenti. Anche nell’ultimo reportage di Left si nota la marchetta agli sbattezzati e all’UAAR, l’associazione di atei fondamentalisti italiani.

Tra le motivazioni di chi ha richiesto lo sbattezzo si legge quella di una donna: «Il Vaticano, riguardo ai diritti, non ha firmato la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e neppure la convenzione europea perché ha principi diversi da quelli di una società moderna».

 

La Dichiarazione dei diritti umani firmata dai peggiori regimi.

La barzelletta del Vaticano che non firma la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo perché nemico dei valori civili e democratici l’abbiamo ascoltata spesso. Ma è falsa, ovviamente.

Bisognerebbe innanzitutto sottolineare, con ironia, che tale dichiarazione venne firmata il 10 dicembre 1948 da paesi come il Pakistan, la Siria, la Turchia, il Guatemala, il Venezuela, l’Egitto, l’Iraq, la Bolivia, Cuba. Non proprio modelli di rispetto dei diritti umani. La Cecoslovacchia ed il Sudafrica si astennero dalla votazione, pur avendo diritto di voto.

 

Il Vaticano non firmò perché Stato non membro.

E il Vaticano? Perché non comparve tra i firmatari?

Molto semplice, anche volendo firmare non avrebbe potuto perché in qualità di Osservatore Permanente presso le Nazioni Unite e in qualità di Stato non membro, non aveva diritto di voto.

Nel 1979 Giovanni Paolo II spiegò che la collaborazione tra Santa Sede e l’ONU si attuava tramite una presenza come osservatore ma senza l’adesione concreta in nome della «sovranità di cui la Sede Apostolica è, da lungo volgere di secoli, rivestita, sovranità che per l’ambito territoriale è circoscritta al piccolo Stato della Città del Vaticano, ma che è motivata dalla esigenza che ha il Papato di esercitare con piena libertà la sua missione, e, per ogni suo possibile interlocutore, Governo o Organismo internazionale, dì trattare con esso indipendentemente da altre Sovranità.

Naturalmente, proseguì Wojtyla, «la natura e i fini della missione spirituale propria della Sede Apostolica e della Chiesa fanno sì che la loro partecipazione ai compiti e alle attività dell’ONU si differenzi profondamente da quella degli Stati in quanto Comunità in senso politico-temporale».

 

La Santa Sede omaggia la Dichiarazione ad ogni anniversario.

In ogni caso, ad ogni anniversario la Santa Sede ha reso sempre omaggio a questo trattato.

Lo fece nel 2008 con Benedetto XVI in occasione del 60° anniversario, mostrando apprezzamento e ricordando gli interventi dei Pontefici nel corso degli anni dopo il ’48.

Il Vaticano ha reso omaggio alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo proprio qualche settimana fa, tramite l’intervento dell’osservatore vaticano a New York, mons. Bernardito Auza, alla conferenza sui 70 anni dalla sua adozione.

 

Confusione con la Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo del 1789.

E’ probabile che chi grida all’opposizione del Vaticano alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, come fece in passato Piergiorgio Odifreddi, sta confondendo l’esplicita critica della Chiesa non al trattato firmato nel ’78, ma alla Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo del 1789.

In quel caso, sì, vi fu un rifiuto esplicito che il prof. Philippe Nemo, direttore del Centro di ricerche in Filosofia economica presso la prestigiosa ESCP Europe, ha spiegato così: «La critica della Chiesa contro la Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo del 1789 riguardava solo l’origine di quei diritti. I costituenti francesi li proclamavano, infatti, escludendo Dio, negando i Dieci Comandamenti e fingendo che l’uomo fosse una creazione di se stesso e potesse, con la sua sola autorità, stabilire qualsiasi regola morale o giuridica. Ciò era inaccettabile per molti cristiani dell’epoca e lo è ancora oggi»1P. Nemo, La bella morte dell’ateismo moderno, Rubettino 2014, p. 111.

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Aborti in Spagna: nel 2017 si è speso 10 volte più per uccidere che per prevenire

quanti aborti in spagnaAborto in Spagna. Pubblicato il rapporto 2017 del ministero della Salute: il numero di interruzioni di gravidanza si è stabilizzato a 94mila. Pochissimi aiuti alle donne incinte, solo 3,6 milioni mentre l’aborto è finanziato con denaro pubblico: 34 milioni di euro.

 

Il ministero della Salute spagnolo ha diffuso il numero di interruzioni di gravidanza relative al 2017. La Spagna è uno dei tanti paesi occidentali in cui si verificano ormai da diversi anni più morti che nascite, ed il numero degli aborti indotti si è stabilizzato dal 2014 attorno ai 94mila.

Nel 2017, si legge nel nuovo rapporto, l’81% delle interruzioni di gravidanza è stata effettuata in aziende private finanziate con denaro pubblico e si è speso 10 volte tanto per sovvenzionare gli aborti che per sostenere le donne in gravidanza.

Come recita la Legge 194 italiana, anche la legge spagnola di depenalizzazione dell’aborto entrata in vigore nel 1985, si pone come obiettivo quello della «prevenzione» e nel welfare delle donne, così da «evitare» i problemi che inducono a ricorrere all’interruzione della gravidanza. Sostenere economicamente le donne incinte in difficoltà, informare a dovere coloro che sono intenzionate ad abortire, proporre loro l’alternativa dell’adozione immediata e in totale anonimato.

 

Denaro pubblico per abortire: 10 volte tanto quello per aiutare.

Eppure, come dicevamo, dopo 33 anni dall’introduzione della legge spagnola, nonostante la Spagna abbia fatto notevoli progressi nella tecnologia medica, nel 2017 ha dedicato 34 milioni di euro per finanziare l’aborto e solo 3,6 milioni per aiutare le donne incinte in difficoltà.

Un caso da manuale è il Principato delle Asturie, una comunità autonoma a nord della Spagna. Con 1 milione di abitanti, ha perso 100mila abitanti in 27 anni, ha il più alto tasso di mortalità di Spagna (12 per mille) ed il tasso di natalità più basso (6 per mille). Ogni anno 8.000 asturiane rimangono incinte: 6.000 bambini nascono, 2.000 vengono abortiti. Nessun denaro pubblico viene investito nell’aiuto delle donne incinte asturiane.

 

 

Cliniche per l’aborto moltiplicano, un business.

Al contrario di quanto avviene negli USA, dove è fortissima la cultura pro-life, in Spagna i centri per l’aborto si moltiplicano perché, di fatto, è un grande business (oltre agli aborti illegali, che comunque continuano ad esistere grazie alla non fatturazione e al pagamento in nero). Tra il 2011 e il 2017, le cliniche in cui viene terminata la vita dei bambini non nati sono infatti passate da 176 a 212. Dal 2010, la legge consente l’aborto senza alcuna motivazione, solamente per semplice decisione della donna incinta: nel 2017 questo tipo di aborto si è verificato 9 su 10, per la precisione l’89,75% delle volte.

 

La legge ha diminuito gli aborti?

Alcuni dicono che 94.000 aborti all’anno sono un miglioramento rispetto agli oltre 100.000 avvenuti negli anni precedenti. Ci si dimentica però alcuni dati: innanzitutto, sono sempre meno le donne che rimangono incinte (1,33 figli per donna, grazie al contributo degli immigrati) e, in secondo luogo, vengono dimenticati gli aborti non conteggiati, cioè quelli chimici tramite Ru486 e pillola del giorno dopo, liberamente venduta dal 2009.

 

L’associazione più attiva a sostegno delle donne in gravidanza è la fondazione Red Madre, guidata da Amaya Azcona. «Secondo la nostra esperienza», ha spiegato, «9 donne incinte su 10 donne che chiedono aiuto e supporto di fronte alle difficoltà, poi proseguono la gravidanza». Questa e altre associazioni, negli ultimi 10 anni hanno aiutato oltre 80.000 donne. «Sono sorpresa, proprio in questo momento storico in cui i diritti delle donne sono difesi e sostenuti dalla società, sono discriminate ed escluse quelle donne che vogliono essere madri, offrendo loro l’aborto come l’unica soluzione per le difficoltà derivanti dalla sua gravidanza», ha denunciato Azcona.

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Novecento, il “secolo ateo” colmo di magia e spiritualismo

magia novecentoDurante il XX secolo (il cosiddetto “secolo ateo”), rinascono spiritualismi, superstizioni ed esplode la teosofia. O Dio o gli idoli, più la fede cristiana si indeboliva e più cresceva l’attenzione verso la sacralità pagana.

 

Nella sua Storia dell’ateismo (Ed. Riuniti 2000), lo storico francese Georges Minois scrive giustamente che «il XX° è il secolo della morte di Dio: iniziatosi con la scristianizzazione rivoluzionaria, con l’irruzione dell’ateismo popolare (non solo in Francia), con la diffusione dell’ateismo pratico a tutti i livelli, l’Ottocento era finito – in Europa e in America – col trionfo del positivismo scientifico e con le ideologie dette appunto della “morte di Dio”, dal nichilismo a Nietzsche».

 

Il “secolo ateo” fu anche il secolo dei martiri cristiani.

Il Novecento vede le prime dittature ufficialmente atee (Unione Sovietica, Cuba, Cambogia, Albania ecc.), l’ateismo scientifico è obbligatorio nelle università degli Stati sottomessi all’Unione Sovietica. E’ anche il «secolo dei martiri», come ha scritto il prof. Marco Impagliazzo, ordinario di Storia contemporanea all’Università di Roma Tre, «un secolo che ha mostrato anche attraverso la vicenda delle persecuzioni contro i cristiani, il suo volto inumano, violento, intollerante, terribile. L’umanità cristiana ha sofferto violenza per la fede, ma ha resistito mite, umile, non violenta, ma allo stesso tempo forte. La grande realtà del cristianesimo del Novecento è stata proprio questa “forza umile” dei martiri».

 

L’assenza di Dio sfociò in esoterismo e spiritualismo.

Curiosamente, al di là della pretesa “scientificità” del naturalismo ateo, il XX secolo è stato anche un pullulare di miscredenza mista alla rinascita di filosofie spiritualiste, magiche. Uno specialista del comunismo anarchico italiano, Roberto Gremmo, ha scavato nell’Archivio centrale dello stato di Roma scoprendo il caravanserraglio esoterico che affollò i primi quarant’anni del 1900 e coinvolse anche il fascismo. «Dalla massoneria ai teosofi, dalla Fratellanza dei Rosacroce agli occultisti-satanisti». Il ricercatore Gremmo ricorda che a Napoli nacque l’Associazione Spiritualistica Italiana, presidente Ernesto Bozzano e venne data alle stampe la rivista “Mondo Occulto”.

E’ noto che i genitori dell’astrofisica vegetariana Margherita Hack furono i pionieri della Teosofia in Italia, negli anni ’60 il padre Roberto giunse anche al ruolo di Segretario Generale della Società Teosofica Italiana. Spostandoci verso fine ‘800, anche l’anticlericale Garibaldi era un noto massone e spiritista, e la fondatrice della Società Teosofica di New York, Helena Petrovna Blavatsky, ebbe stretti contatti anche con Giuseppe Mazzini. Maria Montessori visse nella sede teosofica di Madras durante la seconda guerra mondiale, mentre nel 1907 nasce, a causa di uno scisma, la Lega Teosofica Indipendente e pubblica la rivista “Ultra”, sulla quale scrivono il massone Arturo Reghini, il fascista Julius Evola, l’antifascista Adriano Tilgher ed il padre dell’Orientalistica italiana, Giuseppe Tucci.

Lo scrittore Roberto Dal Bosco ha fatto notare, ancora, che la famosa attivista del femminismo e dell’agnosticismo razionalista, Annie Besant, oratrice della National Secular Society e compagna del noto propagandista dell’ateismo britannico, Charles Bradlaugh, viene nominata nel 1907 come successore della Blavatsky alla guida della Società Teosofica. La teosofia si mischiò sempre più allo spiritualismo induista e buddhista dopo la guida di Alice Bailey, che si dedicò ampiamente all’astrologia e suo, marito, il massone Foster Bailey, dal 1919 divenne segretario nazionale della Società Teosofica degli Stati Uniti.

Nel suo Magia e superstizione in Europa dall’antichità ai giorni nostri (Lindau, 2008), lo storico Michael D. Bailey, docente presso la Iowa State University, si è soffermato sullo spiritualismo, le società magiche e occulte, i movimenti neopagani che caratterizzano il Novecento. Manifestazioni del magico «nuove rispetto alle forme del passato eppure, al contempo, tanto legate a queste». E’ il caso dell’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata o degli stregoni, chiamati wiccani, ormai più numerosi di alcune denominazioni cristiane.

 

L’eclissi del cristianesimo fece rifiorire il paganesimo.

L’eminente filosofo francese Philippe Nemo, direttore del Centro di ricerche in Filosofia economica presso la ESCP Europe, ha scritto: «Man mano che la fede cristiana e la pratica religiosa classica s’indebolivano, durante i secoli XIX e XX, cresceva l’attrazione per la sacralità pagana, sia nelle sue forme precristiane, sia in quelle delle religioni non europee» (P. Nemo, La bella morte dell’ateismo moderno, Rubbettino 2016, p. 12).

Nel settembre 2008 venne pubblicata una delle indagini più vaste mai condotte sugli atteggiamenti degli americani verso la religione, la quale rilevò che la religione cristiana diminuisce notevolmente la superstizione e la credulità, misurata in termini di convinzioni in sogni, Bigfoot, UFO, case infestate, comunicazione con i morti e l’astrologia. Il Wall Street Journal riprese l’indagine sociologica pubblicando un articolo con il titolo: “Guarda chi è irrazionale ora”. O Dio, o gli idoli.

La redazione

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L’Arcigay cambia idea: «le peggiori violenze? Interne alla comunità Lgbt»

omofobiaAntonello Sannino (Arcigay Napoli) rivela che la violenza è insita all’interno del mondo arcobaleno, smentendo la bufala dell'”Italia omofoba”. Affermazioni che confermano quanto ha scritto l’attivista Lgbt Paolo Hutter: “Discriminazioni? Non esistono”. Perché allora alcuni la spacciano come emergenza nazionale?

 

Fino a qualche anno fa l’omofobia era la patologia più distintiva dell’Italia, per mesi i quotidiani ripresero pseudo-statistiche arcobaleno sulle violenze antigay fino all’iniziativa di Ivan Scalfarotto di un ddl apposito, fortunatamente presto archiviato senza alcun problema. Sia per l’insussistenza degli argomenti a sostegni (l’assenza di necessità ed emergenza), sia perché, come spiegato dai giuristi, avrebbe pericolosamente introdotto il reato d’opinione.

 

L’Espresso ci prova: “L’italia è omofoba”. Ma sono solo racconti delle presunte vittime.

Di “emergenza sociale” parlava la comunità Lgbt, e ci ha provato recentemente l’attivista gay Simone Alliva, cronista de L’Espresso, firmando un'”inchiesta” intitolata Caccia all’omo. L’Italia 2019 è omofoba. Come al solito, Alliva ha semplicemente raccolto auto-denunce di persone omosessuali che dicono di essere state picchiate selvaggiamente “in quanto gay”, ma non si riporta alcun dato statistico ufficiale, nessuna condanna ai presunti aggressori, nessun sondaggio. Solo racconti delle presunte vittime, chiaramente interessate a far passare la tesi dell’articolista, senza però alcun riscontro oggettivo esterno.

Il nostro apposito dossier, al contrario, ha raccolto soprattutto studi sociologici che hanno ampiamente smentito il fenomeno omofobia, al di là di singoli episodi purtroppo subiti da tutte le minoranze. In esso abbiamo ripreso anche varie dichiarazioni di noti esponenti omosessuali che per primi smentivano l’esistenza di un odio generalizzato nei loro confronti.

 

L’Arcigay: “Le peggiori violenze sono interne al mondo Lgbt”

Ad esse bisognerebbe aggiungere le dichiarazioni di qualche tempo fa addirittura del presidente di Arcigay Napoli, Antonello Sannino. Ecco cosa ha affermato:

«La storia purtroppo ci insegna che le più violente azioni contro le persone lgbt, sono nate in seno alla comunità lgbt stessa».

Così, l’Arcigay non solo conferma che l’omofobia degli italiani è una bufala mediatica, ma rivela addirittura che le violenze peggiori sarebbero interne allo stesso mondo arcobaleno. E Sannino potrebbe anche avvalersi di numerosi studi sull’ampio fenomeno della violenza domestica tra partner omosessuali, secondo le ricerche anche più elevata statisticamente rispetto a quella tra partner etero. Un esempio tra i tanti: una meta-analisi del 2014 ha rilevato che il 51% delle coppie omosessuali vive rapporti violenti tra loro. Secondo un recente sondaggio svolto in Italia, tra gli omosessuali il 34,7% si è sentito minacciare dal partner in caso di abbandono, contro il 20,2% degli etero.

 

La conferma dell’attivista Paolo Hutter: “non esistono discriminazioni”

Le sorprendenti dichiarazioni del presidente di Arcigay Napoli, trovano riscontro con quanto ha scrisse qualche tempo prima il giornalista omosessuale Paolo Hutter, storico attivista Lgbt. In un articolo ha infatti ammesso: «Credo che l’omofobia, per quanto non sia estirpata, rappresenti solo una minoranza della società, soprattutto nel tessuto urbano. E lo dimostra il fatto che non sia più sensato nascondersi, visto che non esistono praticamente più discriminazioni sul lavoro».

La redazione

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