Chi è Henry Sire, il folle tradizionalista autore de “Il Papa dittatore”?

tradizionalista ordine di maltaHenry Sire e il “Papa dittatore”. Un tradizionalista nemico di Papa Francesco a cui ha dedicato un libro pieno di ingiurie, è convinto che il Vaticano sia un’associazione massonica e che la CIA abbia fatto crollare le Torri gemelle, condanna tutti i Papi dopo Paolo VI. L’Ordine di Malta lo ha appena espulso.

 

«Nessun sacerdote deve usare il Messale di Paolo VI per le celebrazioni e l’unica liturgia che ha diritto universale nella Chiesa latina è quella decretata da Papa San Pio V». Ne è convinto il sedicente storico Henry Sire, autore de Il Papa Dittatore, lo scritto diffuso su Amazon (sotto il falso nome Marcantonio Colonna) che supporta e divulga il classico elenco di ingiurie ed accuse verso Papa Francesco.

Pochi giorni fa, l’Ordine di Malta, a cui Sire apparteneva, lo ha espulso dopo che una commissione disciplinare interna ha ritenuto diffamanti le sue sparate contro il Papa: «il suo comportamento è gravemente incompatibile con l’appartenenza all’ordine». Nel decreto di espulsione si riporta anche la legittimità di commentare criticamente le azioni dei pastori, a patto che si mostri rispetto e si stia attenti al «vantaggio comune e alla dignità delle persone». Invece, quello di Sire (e di tanti altri) è semplicemente un martellante sfogo dovuto ad una profonda crisi esistenziale. Sire ha risposto con gli avvocati e la vicenda si trascinerà nella vanità del nulla. Gli unici in sua difesa sono stati Roberto De Mattei ed il blogger Marco Tosatti, i suoi alter ego italiani.

Ma chi è Henry Sire? Condivide alcuni tratti comuni dei militanti “cattolici” anti-Chiesa: l’avversione al Concilio Vaticano II, la venerazione per Marcel Lefebvre, l’inclinazione al complottismo, l’adesione al creazionismo biologico, l’ossessione per la massoneria e gli ebrei (con picchi di vero antisemitismo), l’orientamento politico verso l’estrema destra, la repulsione del novus ordo missae,, la difesa della “razza” bianca, l’atteggiamento disfattista e disperato sulle sorti della Chiesa. All’estero, Sire, è ben conosciuto dai cattolici e molti stanno ripresentando i suoi interventi pubblici prima della pubblicazione del suo testo. La morte di Papa Luciani, scriveva ad esempio Sire, sarebbe legata ai «cardinali curiali (nei loro grembiuli massonici) che si aggiravano con fiale di veleno mortale nella notte in cui egli morì». E, poche righe più sotto del suo libro Phoenix from the Ashes (Angelic Press 2015): «Beh, non vorrei finire come il vescovo Williamson per spiegare alla gente che è stata la CIA a far esplodere le torri gemelle. Ma, d’altra parte, dicono che la razza continentale dei massoni è più letale degli inglesi stessi».

I maggiori interessi di Sire, prima dell’attuale pontefice, sono state le presunte irregolarità canoniche implicate nel processo del vescovo Lefebvre e la guerra al Concilio Vaticano II. Di quest’ultimo scrive: «l’eresia esplicita è stata introdotta attraverso i documenti del Concilio II. La Gaudium et Spes, anche se libera da una manifesta eresia, è un documento deplorevole, pervaso dai moderni standard materialistici» (p. 203). «Oggi abbiamo la prova della posizione eretica in cui il Concilio ha attirato la Chiesa» (p. 207). A pagina 286 se la prende invece con la riforma della liturgia cattolica: «Dobbiamo chiarire che nel tentativo di eliminare la tradizionale liturgia della Chiesa, Papa Paolo VI e le gerarchie del mondo dopo di lui hanno seguito una politica di completa illegalità. L’intera riforma liturgica è immersa nell’illegittimità e nell’illegalità dall’inizio alla fine».

Lo storico tradizionalista arriva anche a scrivere: «La Chiesa dovrebbe tornare alla legalità. Nessun sacerdote deve usare il Messale di Paolo VI per le celebrazioni e l’unica liturgia che ha diritto universale nella Chiesa latina è quella decretata da Papa San Pio V» (p. 286). A pagina 323 definisce “invalide” tutte le ordinazioni sacerdotali avvenute secondo il rito liturgico introdotto da Paolo VI. Oltre a quest’ultimo e a Francesco, l’autore de Il Papa dittatore” non risparmia insulti nemmeno a Giovanni Paolo II: «La peggiore enormità del movimento ecumenico si trova nella perversione introdotta da Giovanni Paolo II, che ha trasformato l’ecumenismo in una convergenza generale delle religioni mondiali» (p. 383)

Quel che si vuol far passare come uno storico sopraffino che, per amore della Chiesa e della verità pubblica la sua protesta di coscienza al Papa per salvare la Chiesa dalla sua imminente rovina, altro non è che un «classico esempio da manuale di un reazionario cattolico radicale», ha scritto l’apologista cattolico Dave Armstrong. Henry Sire, «giusto per stabilire oltre ogni dubbio il suo essere un fanatico estremista, mette in discussione la validità di molte migliaia di ordinazioni sacerdotali e la canonizzazione di Papa Giovanni Paolo II». Ciò dimostra, prosegue Armstrong, «che i recenti libretti antipapisti non sono necessariamente critiche equilibrate, moderate, sfumate, rispettabili, accademiche. Provengono da uno sfondo di pensiero forte, quasi scismatico, influenzato dal pensiero catto-reazionario, proprio come documentano anche molti firmatari della famosa Correctio filialis inviata a Francesco».

La redazione

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I migliori libri da regalare a Natale (giugno – dicembre 2018)

natale libri più belliLa rubrica di UCCR dedicata ai libri più interessanti. Ecco le novità editoriali che consigliamo di acquistare, pubblicate tra giugno e dicembre 2018.

 

Si avvicina il Santo Natale, regalate cultura. Ecco l’ultima puntata dell’anno della nostra rubrica, in cui segnaliamo quelle che riteniamo essere le migliori novità editoriali, che integrano la nostra biblioteca virtuale.

Qui sotto elenchiamo le pubblicazioni consigliate, uscite tra giugno e dicembre 2018.

 

Il giorno del giudizio – Conflitti, guerre di potere, abusi e scandali. Cosa sta davvero succedendo nella Chiesa di Andrea Tornielli e Gianni Valente (Piemme 2018)
I due autori sono tra i pochi che hanno scelto di smentire puntualmente il golpe giornalistico tentato ai danni di Papa Francesco. Un attacco cattolico che ha avuto il suo culmine con l’invettiva dell’ex nunzio Carlo Maria Viganò. Ma c’è poco di vero e gli omissis svelano la strumentalità di tante operazioni mediatiche, del tentativo di bollare come eretico Francesco e della rete politico-economica internazionale che sostiene la battaglia contro di lui.

Il centenario delle stigmate di San Padre Pio – Nuova luce da documenti inediti di Enrico Malatesta (Mimep-Docete 2018)
L’autore è uno dei massimi esperti di Padre Pio e in questo affascinante libro presenta documenti inediti in occasione del centenario dell’apparizione delle stigmate del santo. In particolare Malatesta ha attinto dall’archivio privato delle lettere del prof. Giorgio Festa, uno dei pochi medici che visitò Padre Pio e ne studiò le stigmate.

Quant’è vero Dio – Perché non possiamo fare a meno della religione di Sergio Givone (Solferino 2018)
Il bisogno di Dio sembra tornare alla ribalta ovunque nel mondo, in modi anche drammatici. Il filosofo Givone, docente all’Università di Firenze, risponde al perché. Soprattutto smentisce che la religione sia un’invenzione per consolare gli uomini. Al contrario, nel momento in cui risponde alla domanda sul senso della vita, la religione riguarda la nostra libertà, perché della libertà è l’ultima difesa e non la soppressione.

Felice colpa – L’antropologia rivelata alla luce dell’esegesi di Gen 3 di Giosuè Francesco Voltaggio e Germano Lori (Chirico 2018)
Due presbiteri della diocesi di Roma rimettono al centro dell’evangelizzazione il peccato originale, opponendosi al tentativo di “abbassare l’asticella” del Cristianesimo per timore che la gente fugga. Se non c’è nulla da cui essere salvati, a cosa servirebbe evangelizzare?

«Vogliamo tutto» – 1968-2018 (Itaca 2018)
Alcuni docenti dell’Università Cattolica di Milano, assieme ai loro studenti, hanno realizzato un percorso di approfondimento sul Sessantotto davvero interessante. Una rivoluzione esistenziale ed antropologica che è però fallita, restituendo quell’individualismo radicale che ispira la società odierna.

Ho scommesso sulla libertà del card. Angelo Scola (Solferino 2018)
Una bella autobiografia del brillante e stimato ex arcivescovo di Milano, un ricco affresco di aneddoti e profonde riflessioni e un pensiero sulla Chiesa attuale.

Ecco, io vedo i cieli aperti… – Psicopatologie, fenomeni mistici, demonologia di Raffaele Talmelli (OCD 2018)
Una tematica complessa, ma l’esorcista padre Talmelli ha l’esperienza giusta per affrontarla. Soprattutto ha il merito di tenere stretta la scienza medica, la psichiatria e la psicologia, collaborando con gli specialisti. Ma non tutto è riconducibile alle psicopatologie e il libro insegna a riconoscere le differenze tra possessioni reali e patologie mentali.

Dio chiama con arte – Parole e immagini vocazionali di Andrea Dall’Asta (Ancora 2018)
L’autore, un gesuita, propone un interessante cammino: dalla contemplazione di sedici opere d’arte all’approfondimento del proprio cammino di fede.

Voi chi dite che io sia? – Storia di un profeta ebreo di nome Gesù di Giorgio Jossa (Paideia 2018)
Docente di Storia della Chiesa antica all’Università Federico II di Na­poli, Giorgio Jossa presenta da un punto di vista laico la storicità di Gesù di Nazareth, ripercorrendo le tappe fondamentali della sua vita. A questo libro abbiamo destinato una recensione più approfondita.

Scegliere un film 2018 di Armando Fumagalli e Eleonora Recalcati (San Paolo 2018)
Gli appassionati di cinema non possono perdere l’annuale appuntamento con i due autori, esperti critici cinematografici che orientano il lettore tra le centinaia di pellicole uscite durante il 2018. Con un solo criterio: che siano film arricchenti sul piano umano e culturale, che abbiamo qualcosa di interessante da dire. La chiave di lettura è quello dell’antropologia cristiana. Sullo stesso tema proproniamo: Per un cinema di idee – Lettura di cinquanta film d’autore di Olinto Brugnoli (Messaggero 2018).

Quando il cielo ci fa segno – Piccoli misteri quotidiani, di Vittorio Messori (Mondadori 2018)
Il noto scrittore e giornalista cattolico Messori ritorna sulla scena dopo un lungo silenzio, lo fa con un libro interessante in cui parla di sé, della sua vita e di quanto gli è accaduto dopo la conversione. Concentrandosi su alcune esperienze che identifica come “segni” di Dio.

Il grande codice – Bibbia e letteratura di Northrop Frye (Vita e pensiero 2018)
Un libro storico, pubblicato nel 1982, con il quale il noto critico letterario canadese individua nei racconti biblici l’oggetto di ispirazione per tutti i grandi successi letterari. La Bibbia ha profondamente plasmato il nostro immaginario, senza la quale due millenni della nostra cultura non sono minimamente decifrabili.

Testimonianze extrabibliche su Gesù – Da Giuseppe Flavio al Corano di Frederick F. Bruce (Claudiana 2018)
Il celebre biblista americano, alfiere dell’affidabilità del Nuovo Testamento, presenta le prove storiche dell’esistenza di Gesù concentrandosi sulle testimonianze al di fuori del Nuovo Testamento. Lo studio è rivolto a diverse fonti: ebraiche, pagane, apocrife e islamiche, con particolare riferimento a Giuseppe Flavio, ai manoscritti del Mar Morto, al Vangelo di Tommaso e al Corano.

Fine dell’eccezione umana? – La sfida delle scienze all’antropologia di Giacomo Canobbio (Morcelliana 2018)
Un bel tentativo di comprendere i dati offerti alla teologia da parte delle neuroscienze le quali, secondo alcuni, metterebbero in discussione le acquisizioni della tradizione filosofica e teologica nonché la grandezza dell’uomo rispetto agli altri esseri viventi, essendo dotati anche di un principio spirituale.

Miracoli a Lourdes di Fabio Bolzetta (Paoline 2018)
Il libro nasce dagli incontri personali dell’Autore con i cinque miracolati italiani di Lourdes. Ogni testimonianza è spiegata e accompagnata dalle documentazioni originali custodite dalle Commissioni collegiali mediche e canoniche presso gli archivi diocesani e presso il Bureau des Constatation Médical di Lourdes.

Oltre la paura – Lettere sul nostro presente inquieto di Massimo Camisasca e Mattia Ferraresi (Lindau 2018)
Mons. Camisasca è uno dei vescovi più illuminati d’Italia. Interrogato dal giornalista Ferraresi riflette sull’Occidente e sulla crisi della modernità, in particolare sul ruolo riservato alla religione in questo momento storico. Sullo stesso tema proponiamo: Dov’è Dio? – La fede cristiana al tempo della grande incertezza di Julian Carron e Andrea Tornielli (Piemme 2018).

Un cardiologo visita Gesù – I miracoli eucaristici alla prova della scienza di Franco Serafini (ESD 2018)
L’autore è un noto cardiologo bolognese e guida il lettore nelle analisi cliniche, nei test di laboratorio, nelle indagini istologiche e genetiche che sono stati effettuati sulle ostie consacrate che apparentemente hanno sanguinato in diverse parti del mondo. I miracoli eucaristici possono infatti parlare con il linguaggio asettico e insieme autorevole della scienza.

Dieci brevi lezioni di filosofia – L’essenziale è invisibile agli occhi di Francesco Agnoli (Gondolin 2018)
Le neuroscienze, il dibattito sull’Intelligenza Artificiale, la Cosmologia del Big Bang, la dinamica del nostro venire alla luce, il sapere dell’uomo di oggi può dialogare con le riflessioni dei grandi filosofi che chi ci hanno preceduto?

Gesù di Nazaret di Romano Penna (San Paolo 2018)
Il noto biblista italiano, Romano Penna, tra i massimi esperti dell’apostolo Paolo, riflette su Gesù di Nazareth e soprattutto su cosa egli personalmente pensava di essere. Quale autoconsapevolezza aveva Gesù di Nazaret? Il Messia? Un semplice profeta? Un uomo qualunque?

Eutanasia e morale di Giuseppe Summa (EDS 2018).
Un agile volume nel quale si approfondiscono le ragioni di chi sostiene la vita e respinge la cultura dello scarto. Dello stesso autore segnaliamo anche: Aborto, risvolti giuridici ed etici (EDS 2018) e Fecondazione artificiale, umana e morale (EDS 2018).

De Sindone – Nova et Vetera di Maria Elisabetta Patrizi (Tau editrice 2018).
Un compendio storico e scientifico aggiornato sugli studi sulla Sindone, correggendo confusione e superficialità.

La redazione

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Trump riconosce il genocidio cristiano in Iraq e Siria, finanzierà aiuti ai perseguitati

<b>Donald Trump</b> firma la legge assieme ai vescoviDonald Trump e i cristiani perseguitati. Accompagnato dai vescovi USA e dall’ambasciatore presso la Santa Sede, il presidente americano ha creato una legge per fornire assistenza ai cristiani di Siria ed Iraq.

 

Un bel gesto del presidente Donald Trump. E’ vero, si rifiuta di aiutare i migranti che bussano alla sua porta, però è disposto ad aiutare i cristiani discriminati in Medio Oriente. E’ già qualcosa.

Martedì 11 dicembre, infatti, Trump ha firmato una legge che impegna ufficialmente gli Stati Uniti a fornire assistenza alle minoranze cristiane e yazidi (musulmani) in Iraq e Siria, colpite dalla violenza degli jihadisti.

Nel farlo, inoltre, ha definito ufficialmente come “genocidio” i crimini commessi nei confronti dei cristiani. Accanto al presidente americano, al momento della firma, c’erano l’ambasciatore USA presso la Santa Sede, mons. Calista Gingrich, l’arcivescovo caldeo di Erbil, Bashar Warda, il Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo, Carl Anderson e l’arcivescovo Timothy Broglio, Ordinario militare negli Stati Uniti d’America.

La legge significa maggiore assistenza finanziaria nei progetti umanitari, di stabilizzazione e di ricostruzione a favore delle minoranze religiose e consente al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti di condurre indagini penali e arrestare individui identificati come presunti membri dei gruppi di matrice jihadista, per punire o prevenire atti violenti nei confronti di minoranze religiose. La Camera dei Rappresentanti Usa aveva approvato all’unanimità il progetto di legge, identificato dalla sigla HR 390. In precedenza, sostegno unanime alla nuova legge era stato espresso anche dal Senato Usa. Oggi è diventata legge e Trump ha indossato i panni di “Difensore dei cristiani”.

Alcune settimane fa nel mirino dell’Islam fondamentalista è finito ancora una volta Papa Francesco, a cui è stata dedicata una fotografia dove il suo volto è all’interno di un mirino, accompagnata dalla scritta: “Non pensare di essere al sicuro dai nostri attacchi”. In una foto precedente veniva raffigurato sgozzato in quanto “adoratore della croce”.

Proprio il Papa viene costantemente accusato dai suoi noti nemici giornalisti (Antonio Socci, su tutti) di essere complice dell’Islam fondamentalista e di fregarsene dei cristiani perseguitati. A queste sciocchezze e ai vari attacchi ricevuti in questi mesi dal Pontefice, ha risposto il patriarca dei cristiani caldei, Louis Raphael Sako, creato cardinale proprio dal Papa argentino il 28 giugno scorso, in segno di vicinanza ai cristiani del Medio Oriente. «Santità, ricordi che milioni di fedeli pregano per Lei ogni giorno», ha detto il card. Sako, «e tanti uomini e donne di buona volontà ammirano le sue parole e i suoi gesti. Un proverbio in arabo dice: l’albero fruttuoso viene colpito con pietre. Vada avanti con coraggio e fiducia. La barca di Pietro non è come le altre barce, la barca di Pietro nonostante le onde, rimane solida perché c’è Gesù in essa e non la lascerà mai».

La redazione

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Suicidio assistito, l’ultima frontiera: ingaggia un killer per farsi uccidere

Suicidio assistito e omicidio del consenziente. Un caso americano dimostra in modo esemplare che quel che si cela dietro al “diritto di morire” in modo assistito altro non è che la liberalizzazione dell’omicidio di un consenziente, che sia un medico o un killer professionista.

 

«Se si autorizza un medico a sopprimere la vita di un innocente, come si fa a non autorizzare il boia a giustiziare un folle serial killer che magari è già riuscito ad ammazzare pure qualche compagno di cella?». Così scrisse Marco Travaglio, direttore de Il Fatto Quotidiano, in un lucido editoriale contro il suicidio assistito.

Qualcosa di simile è avvenuto un anno fa in Colorado, dove la giovane Natalie Bollinger ha assoldato un killer che potesse ucciderla. Era depressa e insoddisfatta dalla vita ma aveva paura di premere lei stessa il grilletto, così pubblicò un annuncio sul portale Craigslist cercando qualcuno che avesse sparato al posto suo. Un colpo secco alla nuca, per non vedere l’arma puntata.

Così è avvenuto, all’annuncio ha risposto un 23enne ispanico, Joseph Michael Lopez che l’ha “suicidata” pochi giorni dopo il Natale, il 28 dicembre 2017. Il cadavere di Natalie è stato ritrovato e l’uomo è finito in arresto, ma una settimana fa l’accusa è passata da omicidio di primo grado ad omicidio di secondo grado: una differenza sostanziale, se l’uomo prima rischiava l’ergastolo (come chiesto dalla famiglia) ora invece la pena è stata “alleggerita” e resterà in carcere 48 anni. Questo perché, hanno detto i giudici, la vittima era consenziente.

Ora la domanda passa inevitabilmente ai sostenitori del suicidio assistito, a chi inneggia al “diritto di morire”. Avrebbero condannato il killer? Perché autorizzare solo i medici ad uccidere e non dei “professionisti della morte”, se è il libero cittadino a deciderlo in nome del suo “diritto a morire”? Se l’importante è l’essere consenzienti, perché obbligare qualcuno deciso a farsi uccidere a doversi recare in ospedale o in una clinica piuttosto che lasciarlo libero di farsi suicidare da un amico o dal coniuge, magari in riva al mare o in cima ad una montagna? Perché porre limitazioni? Davvero si vuole una società in cui venga liberalizzato l’omicidio del consenziente? Di questo si tratta, questo è il vero nome che si nasconde dietro la definizione di “suicidio assistito”.

«Chi sostiene il diritto al “suicidio assistito” afferma che ciascuno di noi è il solo padrone della sua vita», ha scritto ancora Marco Travaglio. «Proprio per questo chi vuole sopprimere la “sua” vita deve farlo da solo; se ne incarica un altro, la vita non è più sua, ma di quell’altro». Per quanto ci riguarda, continueremo a sostenere l’articolo 575 del Codice penale, che punisce con la reclusione “chiunque cagiona la morte di un uomo”, senza eccezioni nel caso di vittima consenziente. Perché, concluse Travaglio, «nessuno può sopprimere la vita di un altro, punto. Se lo fa volontariamente, commette omicidio volontario. Anche se la vittima era consenziente, o l’ha pregato di farlo, o addirittura l’ha pagato per farlo. Non è che sia “trattato da criminale”: E’ un criminale. Ed è giusto che sia così. Se si comincia a prevedere qualche eccezione, si sa dove si inizia e non si sa dove si finisce».

La redazione

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Datazione dei Vangeli, quali ragioni per retrodatarli?

retrodatare i vangeli, quando sono stati scrittiQuando sono stati scritti i Vangeli? Esiste una datazione tradizionale, ma anche motivazioni per retrodatare i Vangeli, così come sostenuto da molti studiosi. Ecco alcune tra le principali argomentazioni a favore di una datazione anticipata..

 

La maggioranza degli studiosi sembra aver trovato un accordo secondo cui l’evangelista Marco sia stato il primo a mettere per iscritto il racconto della vita di Gesù di Nazareth, componendo il suo testo attorno al 70 d.C. Luca e Matteo, invece, avrebbero completato il loro vangelo tra il 70 e l’85 d.C., mentre l’evangelista Giovanni, il più tardivo, avrebbe scritto -secondo gran parte degli specialisti- tra il 90 e il 95 d.C.

E’ una datazione piuttosto condivisa nel mondo accademico e non crea alcun problema per chi argomenta a favore la storicità dei Vangeli partendo dalla vicinanza ai fatti descritti, infatti nella peggiore delle ipotesi la prima fonte completa sulla vita di Gesù Cristo è stata terminata 40 anni dopo la sua morte. Un caso piuttosto eccezionale per personaggi così antichi se consideriamo che gran parte delle informazioni su Alessandro Magno, ad esempio, provengono da un’unica fonte (Plutarco), composta 260 anni dopo la sua morte. La prima menzione di Erodoto, invece, arriva dopo 100 anni dalla morte (Aristotele), lo stesso per quanto riguarda il grande imperatore Cesare Augusto (107 anni, da parte di Svetonio).

 

Vi sono tuttavia almeno 5 importanti argomenti che potrebbero sfidare la datazione classica dei quattro vangeli.

1) DISACCORDO TRA STUDIOSI. La datazione “classica” è condivisa da molti, ma non da tutti. Numerosi storici e specialisti di primo piano non sono affatto d’accordo e ritengono che i testi (o almeno alcuni) fossero già redatti prima del ’70 d.C. Tra essi: J.A.T. Robinson, Martin Hengel, Heidelberg Klaus Berger, Gunther Zuntz, Alexander Mittelstaedt, I. Howard Marshall ecc. Le ragioni sono numerose e tuttora dibattute nella comunità scientifica: la questione non è dunque definitivamente risolta e bisognerebbe utilizzare maggior prudenza prima di dare per accertata la datazione tradizionale.

2) DISTRUZIONE DI GERUSALEMMEUno degli argomenti principalmente utilizzati a supporto della “datazione tardiva” (70-95 d.C.) è controverso. Si sostiene infatti che il Vangelo di Marco sia una delle fonti di Matteo e Luca (seppur tutti concordano sull’indipendenza generale di ogni evangelista dall’altro), ne consegue che se Marco è scritto intorno al 70 d.C, allora gli altri Vangeli devono essere stati scritti più tardi. Nel discorso pronunciato sul monte degli Ulivi (Mc 13), Gesù descrive la distruzione di Gerusalemme da parte dei suoi nemici, per questo si sostiene che la narrazione dell’evangelista Marco risalirebbe al tempo di questo evento, accaduto nel 70 d.C. Eppure, diversi studiosi hanno fatto notare che i tratti distintivi dell’assedio romano alla città di Gerusalemme -ben descritti da Giuseppe Flavio-, sono assenti nel discorso di Gesù, le cui predizioni sembrano invece ricordare la distruzione della città da parte dei babilonesi (586 a.C.), così come descritta nell’Antico Testamento. Ciò non dovrebbe stupire, molte volte Gesù si inspirò agli scritti della Bibbia e come profeta avrebbe naturalmente potuto attingere all’Antico Testamento per la sua profezia circa le sorti di Gerusalemme. Così, risulta compromesso uno degli argomenti centrali a sostegno della datazione tradizionale.

3) FONTI PRE-SINOTTICHE. Il terzo argomento che proponiamo non sfida la “datazione tardiva”, ma in qualche modo la rende superflua ed è sostenuta anche dagli studiosi più restii ad anticipare la datazione dei vangeli. Infatti, è noto che gli evangelisti hanno utilizzato fonti orali e scritte a loro precedenti, risalenti a pochissimi anni dopo la crocifissione di Gesù ed addirittura, «alcuni discepoli di Gesù possono aver cominciato a raccogliere e sistemare detti di Gesù anche prima della sua morte» (J.P. Meier, Un ebreo marginale, Volume 1, Queriniana 2006, p. 156). Tali fonti pre-evangeliche (o pre-sinottiche), ha spiegato lo studioso agnostico B.D. Ehrman, «iniziarono come minimo al principio degli anni Trenta, un anno o due dopo la presunta morte di Gesù, ma è quasi certo che cominciarono a diffondersi anche prima» (B.D. Ehrman, Did Jesus Exist?, HarperCollins Publishers 2012, p. 210). Quasi certamente, infatti, la fonte usata da Matteo è stata redatta quando Gesù ancora in vita, in quanto non c’è alcun accenno alla passione di Cristo. La prova regina di tutto ciò è l’indiscutibile substrato semitico dei Vangeli (aramaico, probabilmente, anche se Jean Carmignac ritenne fosse ebraico): esso dimostra che le fonti pre-sinottiche vennero scritte in lingua semitica, prima che il cristianesimo primitivo si espandesse nelle regioni mediterranee in cui si parlava greco. Lo stesso dicasi per il testo di Giovanni (considerato il più tardivo): il biblista J.P. Meier ha sottolineato: «Giovanni mostra familiarità con la topografia di Gerusalemme prima del 70 d.C. e- dato ancor più importante- dà per scontata tale situazione topografica» (J.P. Meier, Un ebreo marginale, Volume 2, Queriniana 2003, p. 837). Per esempio, il quarto evangelista invita a visitare la piscina di Siloe, distrutta però nel 70 d.C., e non cita la distruzione del Tempio e di Gerusalemme avvenuta anch’essa, come già detto, nel 70 d.C.

4) LETTERE DI PAOLO E ATTI DEGLI APOSTOLI. Il quarto punto prende in esame gli altri testi del Nuovo Testamento, in particolare le lettere di Paolo e gli Atti degli Apostoli. Questi ultimi vengono datati attorno agli anni 80 d.C., scritti dallo stesso autore che già ha redatto il Vangelo di Luca (il quale viene esplicitamente citato). Si riferiscono alle missioni di Pietro e Paolo ma incredibilmente si interrompono bruscamente prima del processo a Paolo, non parlano della persecuzione di Nerone, dell’assedio di Gerusalemme, né del martirio di Giacomo e Pietro (64-66 d.C.). L’omissione di tali fatti ha portato molti studiosi a retrodatare il testo al 60 o 63 d.C., con conseguente retrodatazione del Vangelo di Luca (e, dunque, di Marco che precede Luca): tra essi lo storico razionalista tedesco Adolf von Harnack, convintosi proprio da questa interruzione del racconto alla prigionia di Paolo (A. Harnack, Die Apostelgeschichte, Hinrichs 1908, p. 72). Per quanto riguarda le lettere paoline, la prima risale al 49 d.C. (circa 20 anni dopo la morte di Gesù) e l’ultima al 65 d.C.: già contengono tutti i dati principali della vita di Gesù, confermando anticipatamente i contenuti dei Vangeli: ciò, ancora una volta, rende in qualche modo “superflua” la datazione ufficiale dei testi evangelici.

5) QUMRAN E 7Q5L’ultimo argomento di cui vogliamo parlare è il più controverso e riguarda la “scandalosa” interpretazione del 7q5, uno dei manoscritti rinvenuti a Qumran ed identificato nel 1972 dal papirologo José O’ Callaghan come frammento del Vangelo di Marco: ciò retrodaterebbe –per diversi motivi– la redazione di questo vangelo al 50 d.C. Nonostante una vasta schiera di specialisti a sostegno di O’ Callaghan, è ancora oggi un argomento  tabù, piuttosto ignorato o liquidato frettolosamente come falso da chi si occupa ai massimi livelli di cristianesimo delle origini.

 

Abbiamo visto alcune ragioni a sostegno della retrodatazione dei Vangeli, altre invece si limitano a considerare l’esistenza di fonti precedenti che ne confermano comunque i contenuti. Ne abbiamo accennate solo alcune, sintetizzandole per poterle esporre in un breve articolo divulgativo. In ogni caso, lo ripetiamo, non c’è alcuna obiezione ad accettare la “datazione tradizionale” (dal 70 al 95 d.C.), anche perché risulta essere sufficientemente in grado di avvalorare dal punto di vista storicistico le testimonianze sulla vita di Gesù Cristo.

Il celebre biblista americano J.P. Meier ha sintetizzato bene tutto ciò:

«Dai 20 ai 30 anni dalla morte di Gesù, noi abbiamo le lettere di Paolo, che riferiscono» diversi dati sulla vita, morte e resurrezione di Gesù,«e un gran numero di dati sugli sforzi missionari compiuti dai suoi discepoli nei decenni successivi e sulla fede in lui da essi propagata. Una quarantina d’anni dopo la morte di Gesù c’è un vangelo completo su di lui (Marco) e probabilmente una raccolta piuttosto ampia dei suoi detti (fonte Q) e circolano inoltre tradizioni orali che si stanno sviluppando e che troveranno una loro sistemazione nei vangeli secondo Matteo, Luca e Giovanni, nella generazione successiva o nelle due generazioni successive. Così, nel giro di poco più di una generazione dopo la morte di Gesù, tutti i dati e gli insegnamenti più importanti della sua vita erano fissati per iscritto e verso la fine della seconda o terza generazione cristiana quasi tutto quello che sappiamo su Gesù era stato steso in documenti scritti»(J.P. Meier, Un ebreo marginale, Volume 2, Queriniana 2003, p. 677).

La redazione

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L’ateismo antibiblico di Nietzsche ispirò il nazismo: l’accusa dei filosofi

Nietzche ispirò il nazismo. Così sostengono numerosi storici e filosofi, tra cui Sossio Giametta, uno dei massimi esperti del filosofo tedesco. L’anti-ebraismo e l’odio per la morale cristiana crearono il terreno fertile per la dittatura nazista, non a caso Hitler era un estimatore di Nietzsche e di Schopenhauer.

 

«Gli uomini hanno dimenticato Dio, perciò tutto questo è accaduto». Così si espresse Aleksandr Isaevič Solženicyn, il principale nemico dell’Unione Sovietica, colui che fece conoscere al mondo i gulag dove lui stesso venne rinchiuso per molti anni. Il fatto che l’ideologia sovietica fosse una religione atea è fuori di dubbio, basterebbe leggere i pensieri di Lenin e Stalin.

Ma anche nel substrato culturale del nazismo svetta l’oblio di Dio, del cristianesimo in particolare. Tutto il Settecento e l’Ottocento, d’altra parte, sono pervasi da una polemica antiebraica ma anche antibiblica e anticattolica e già agli inizi del Novecento, grandi sociologi come Pareto e Weber e, più avanti, storici eminenti quali Mayer, Nolte, Ritter, Hobsbawm, Elias, tutti concordano, sia pure a partire da orientamenti tra loro assai diversi, nel collocare Nietzsche nell’ambito della reazione antidemocratica di fine Ottocento.

Lo ha accennato pochi giorni fa il filosofo Sossio Giametta, grande studioso di Friedrich Nietzsche, del quale è considerato uno dei massimi esperti mondiali. Riflettendo sulla caduta della civiltà occidentale, «cioè la civiltà cristiano-europea fondata dal cristianesimo», Giametta ha osservato che ebbe inizio «con i giovani hegeliani di sinistra: Feuerbach, Ruge, Marx, Stirner, Bauer, poi Schopenhauer; in Danimarca Kierkegaard. La crisi raggiunse l’acme nella seconda metà dell’Ottocento e fu incarnata soprattutto da Nietzsche». E’ il celebre filosofo tedesco al centro dell’attenzione, in quanto «trasferì verso la Grecia arcaica e dionisiaca le correnti selvagge della sua epoca, sicché alla fine la Grecia risulta essere soprattutto un alibi. Nietzsche fece piazza pulita di sistemi e costumi, morali e religioni, tradizioni e istituzioni, per cui gli rimase solo la natura col suo vitalismo selvaggio. In tal modo costruì nell’empireo della filosofia quello che sarebbe diventato il cuore del fascismo-nazismo. Questo fu l’ultimo colpo di coda dell’Occidente prima di perdere il primato alla fine della Seconda guerra mondiale».

Nietzsche fece piazza pulita della morale cristiana preparando il terreno culturale al nazi-fascismo, ecco l’accusa. Opinione condivisa anche dall’eminente filosofo e storico marxista-maoista Domenico Losurdo che, nel suo volume dedicato proprio al filosofo tedesco, ha scritto: «Thomas Mann fu spinto a malincuore a riconoscere che le raccomandazioni eugenetiche del filosofo da lui amato, erano entrate a far parte della “teoria e pratica del nazionalsocialismo”, così come la condanna del cristianesimo, colpevole di bloccare, con i suoi scrupoli morali il necessario e benefico “annientamento di milioni di malriusciti”, aveva contribuito a creare un terreno ideologico favorevole per le pratiche genocide di Hitler» (D. Losurdo, Nietzsche, il ribelle aristocratico, Bollati Boringhieri 2002, p. 783).

Nietzsche incolpò l’ebraismo biblico e il cristianesimo di aver introdotto nel mondo dogmi nefasti e assurdi: la presenza di un Dio trascendente e personale, la creazione, l’esistenza della colpa e del peccato, dell’aldilà e di un giudizio finale, il decalogo mosaico. Ma soprattutto, propagandò l’odio verso l’ebreo Cristo, responsabile di aver portato nel mondo la peggiore delle nefandezze, cioè l’“ama il prossimo tuo come te stesso”. «Se si pongono gli individui come uguali», accusava il filosofo prussiano, «si mette in questione la specie, si favorisce una prassi che mette capo alla rovina della specie; il cristianesimo è il principio opposto a quello della selezione. Se il degenerato e il malato devono avere altrettanto valore del sano, allora il corso naturale dell’evoluzione è impedito. Questo amore universale per gli uomini è in pratica un trattamento preferenziale per tutti i sofferenti, falliti, degenerati: esso ha in realtà abbassato la forza, la responsabilità, l’alto dovere di sacrificare uomini. La specie ha bisogno del sacrificio dei falliti, deboli, degenerati; ma proprio a questi ultimi si rivolse il cristianesimo. Il cristianesimo ha preso le parti di tutto quanto è debole, abietto, malriuscito». (Nietzsche, L’anticristo. Maledizione del cristianesimo, Adelphi 1977, pag. 73-136).

Adolf Hitler, in molti suoi discorsi, ripeté gli stessi concetti di Nietzsche ma, sopratutto, il suo filosofo prediletto fu un altro tedesco, l’antisemita Arthur Schopenhauer. Il suo nome lo si trova citato fin nel Mein Kampf. Se il filosofo Giametta ha suggerito come Nietzsche riportò in auge la civiltà pre-cristiana, Schopenhauer oppose al cristianesimo la filosofia orientale, la «sapienza indiana», augurandosi il superamento degli «accidenti successi in Galilea». Difatti Hitler attinse anch’egli all’Oriente, usò la svastica -simbolo teosofico di tempo circolare- per sostituire la croce, credeva nella reincarnazione, era vegetariano, un indomito riduzionista biologico e professava un “eterno ritorno” universale e panteistico (anche per questo bollò il pensiero di Einstein come «fisica ebraica»).

Così, i grandi filosofi nemici del cristianesimo inspirarono le dittature del Novecento. «Sia il movimento di pensiero ispirato a Nietzsche che quello ispirato a Heidegger hanno subito una sorta di processo per i loro legami, diretti o indiretti, con il nazismo», ha scritto il filosofo francese Philippe Nemo, direttore del Centro di ricerche in Filosofia economica presso la prestigiosa ESCP Europe (La bella morte dell’ateismo moderno, Rubettino 2016, p. 18). Il messaggio nicciano è una valorizzazione dei valori dionisiaci, del rifiuto di ogni trascendenza. Il nichilismo di Nietzsche è la svalutazione di ogni senso del vivere, lo sprofondamento nel nulla. Come ha scritto il filosofo Roberto Timossi, «il “superuomo” è colui che non ha bisogno di alcun Dio perché egli stesso, nell’eterno ritorno dell’uguale, ha preso il posto degli dèi, la risurrezione dell’uomo. E’ il solito ateismo antropologico che punta a sostituire Dio con l’uomo» (pp. 158, 159).

Una filosofia che non solo ha generato mostruosità inenarrabili, quando è stata presa sul serio, ma è risultata essere intellettualmente sterile. «Occorre ormai ammettere», ha scritto ancora Nemo, «che la lunga tradizione filosofia che va da Spinoza a Hegel, a Nietzsche e a Heidegger è arrivata ad un vero e proprio “punto morto” intellettuale. Non è infatti riuscita, alla fine, a sostituire il Dio dei filosofi e degli intellettuali a quello di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, né il Superuomo all’uomo, né l’Essere alla Croce. Né Nietzsche né Heidegger sono giunti a elaborare una visione completa, plausibile e feconda del mondo, dell’uomo e dell’esistenza. Secondo Michel Deguy, che fu uno dei principali heideggeriani francesi, oggi a Parigi non resta che un ultimo “circolo” heideggeriano, ormai ridotto a pochissimi membri e sostanzialmente sterile» (p. 18). Questo perché, una volta annientato Dio ed i valori della cultura umana, si para un enorme vuoto, un gigantesco nulla da riempire. «Ma non esiste alcun superuomo nella realtà e la filosofia nicciana riesce solo a dissolvere l’essere umano senza sostituirlo con alcunché» (R. Timossi, Nel segno del nulla, Lindau 2015, p. 160).

La redazione

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L’Inghilterra accoglie 1.112 siriani, a patto che non siano cristiani

Migranti Regno Unito. Il voltafaccia britannico ai cristiani, quella fobia politicamente corretta di non apparire anti-musulmani. Il governo “conservatore” di Theresa May sta rivelando il suo volto.

 

E’ dal 2016 che Theresa May è primo ministro del Regno Unito. Le è bastato essere “conservatrice di destra” e di “formazione cristiana” per mandare in brodo di giuggiole La Nuova Bussola Quotidiana, che l’ha subito elogiata: “cristiana praticante”, “nemica dell’aborto” e “contro il fondamentalismo islamico”.

Si è rivelata completamente all’opposto e tuttavia ieri ha superato la mozione di sfiducia, venendo promossa dal suo Partito Conservatore. Ma, negli ultimi mesi, alcune notizie in gran parte rivelate in Italia da Giulio Meotti (Il Foglio), hanno inquadrato perfettamente l’attuale governo inglese. L’Associazione cristiana pakistana britannica, ad esempio, ha denunciato che il Regno Unito si è rifiutato di concedere asilo politico ad Asia Bibi, la donna cristiana da poco assolta dall’accusa di blasfemia, nonostante il marito abbia espressamente richiesto aiuto alla May. Verso fine novembre, lo stesso vicepresidente del Partito conservatore, Rehman Chishti, si è dimesso anche e sopratutto a causa di questo voltafaccia: «Il governo inglese ha rifiutato di incontrare la famiglia di Asia Bibi», ha rivelato Chishti, spiegando anche che tre ministri di Theresa May si sono rifiutati di incontrare la famiglia della donna quando ad ottobre era a Londra.

Che l’Inghilterra sia un Paese in balia dell’islam radicale, è emerso anche da una recente indagine. Nei primi tre mesi di quest’anno, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha chiesto che 1.358 siriani fossero accolti in Gran Bretagna, di cui solo quattro erano cristiani. Sebbene il ministero dell’Interno inglese abbia accettato di accogliere 1.112 di questi, Londra ha fatto decadere tutte le richieste da parte dei cristiani. Soltanto undici dei profughi siriani ammessi nel Regno Unito nel 2017 con il programma “Vulnerable Persons Relocation Scheme” erano cristiani, nonostante fossero il 10% della popolazione totale siriana prima della guerra civile.

L’ex arcivescovo di Canterbury, Lord Carey di Clifton, ha affermato che i funzionari inglesi sono «istituzionalmente prevenuti» contro i rifugiati cristiani, mostrando una «fobia politicamente corretta di evitare qualsiasi rischio di essere percepiti come anti musulmani». La nota editorialista laica del Times, Melanie Phillips, ha scritto: «Oggi i cristiani e altri ‘miscredenti’ sono minacciati dal revival dell’islam jihadista. Tuttavia, la loro difesa è indebolita da due fattori: l’appeasement verso gli islamisti per paura di ulteriori attacchi e un fallimento nel valorizzare e promuovere il cristianesimo alla base della civiltà occidentale».

La redazione

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Friuli Venezia Giulia, nuovo motto: dearcobalenizzarsi, spazio a famiglia e natalità

Friuli Venezia Giulia politiche familiari. Nuovo volto per la regione, il neo-governatore Fedriga ha interrotto la connivenza con l’ideologia Lgbt impegnando l’amministrazione verso politiche a favore della natalità, della famiglia, di sgravi fiscali per chi crea vita. Cambiare si può.

 

Dearcobalenizzazione. E’ questo il motto di tanti nuovi governatori italiani, intenzionati a strappare le Regioni italiane dalla morsa e dai ricatti dell’associazionismo arcobaleno. Storiche roccaforti Lgbt come la città di Pisa sono già state liberate.

Ora tocca al Friuli Venezia Giulia, i cui cittadini nelle ultime elezioni hanno eletto Massimiliano Fedriga (Lega) con il 57% dei voti. Le sue prime parole sono state indicative: «Non si danno soldi pubblici a chi fa propaganda per l’egoismo degli adulti, ma a chi difende i più piccoli che hanno diritto ad avere una mamma e un papà. Il Friuli Venezia Giulia tutela e difende la famiglia naturale a mai darà il patrocinio ai vari gay pride, sosterremo solo il Family Day».

Così è stato, il Friuli ha compiuto tre passi iniziali: 1) si è immediatamente sganciato dalla rete RE.A.DY, il braccio lobbystico-politico dell’associazionismo Lgbt che, sotto la maschera dell’antidiscriminazione, sponsorizza le istanze dell’Arcigay nelle scuole e nelle istituzioni. 2) Ha tagliato 14mila euro di fondi pubblici destinati dalla precedente amministrazione alle iniziative arcobaleno. 3) Ha eliminato l’istituzione dell’identità alias, che consentiva ai dipendenti trans di modificare a piacimento il proprio nome sui documenti personali, valorizzando l”‘identità percepita” piuttosto che quella reale, aumentando la burocratizzazione.

In una recente intervista, il governatore Fedriga ha inoltre rivelato: «Abbiamo creato una Rete famiglia. Abbiamo stanziato 100mila euro per strutturarla e, a gennaio, cominceremo a coinvolgere tutte le amministrazioni locali, chiedendo loro di entrare a far parte di questo progetto per condividere le buone pratiche a sostegno della famiglia». Queste sono le parole che volevamo ascoltare, al di là del giusto e sperato smarcamento politico dal mondo Lgbt, questo è ciò che davvero raccoglie l’interesse: politiche familiari serie, efficaci e immediate.

Si è parlato di una collaborazione con le altre regioni per una campagna informativa nelle scuole per «promuovere il valore della diversità tra l’uomo e la donna quale elemento essenziale per lo sviluppo e la coesione sociale», nonché di uno sgravio fiscale: «Presenteremo il nuovo bonus bebè. Significa asili nido gratuiti per tutti i secondogeniti. Ne potranno beneficiare le famiglie con un Isee fino a 50mila euro».

Ma non basta, le politiche familiari da adottare per far ripartire l’Italia sono chiare: un sistema fiscale a favore della natalità; il microcredito orientato ai bisogni effettivi della famiglia e legato ad eventi familiari (la nascita di un figlio, l’acquisto di una macchina più spaziosa ecc.), e non rivolti al consumismo del singolo individuo; una riforma strutturale dei servizi, delle condizioni bancarie e dei contratti di lavoro; dimezzare le tasse a chi crea vita, agendo sull’Irpef e sulla no-tax area; migliorare la conciliazione casa-lavoro per le donne; un sussidio alle coppie giovani e alla famiglie con la presenza di un disabile ecc. Insomma, riforme strutturali che ovviamente non sono di competenza esclusiva delle singole regioni, le quali però possono e devono contribuire per quanto possono.

Cambiare si può, le risorse sono limitate, il tempo stringe. Dearcobalenizziamo l’Italia e puntiamo tutto sulle famiglie del ceto medio, il Friuli Venezia Giulia faccia da apripista.

La redazione

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Gilet gialli e crisi francese, la laica Kristeva: «manca l’ideale cristiano, ucciso dalla politica»

Chi sono i gilet gialli. Una crisi non solo politica ma esistenziale, così la psicoanalista francese Julia Kristeva ha letto la rabbia dei francesi. Le radici religiose sono state sostituite dalla politica, che però non può rispondere al bisogno esistenziale dell’uomo. Una lucida analisi.

 

Le riflessioni della psicoanalista francese Julia Kristeva non sono mai banali, una dimostrazione che davvero l’umanità si divide in pensanti e non pensanti, non tra credenti e non credenti. La laicissima intellettuale ha individuato da tempo che il grande deserto dei valori vissuto in Europa dipende in gran parte dall’illuminismo, dal taglio delle radici religiose, dal conseguente dilagare di un laicismo vuoto di ideali.

Pochi giorni fa la Kristeva ha ricevuto una laurea honoris causa alla Iulm di Milano, un’occasione per commentare la rivolta dei cosiddetti Gilet gialli nella sua Francia. Una protesta di migliaia di cittadini che sta bloccando l’intero paese, una rabbia scaturita inizialmente per l’aumento delle tasse sul gasolio ed allargatasi fino a diventare una protesta contro il presidente Emmanuel Macron. Ma, per molti osservatori, è un sintomo di una generale crisi esistenziale che, sopratutto in Francia, patria della secolarizzazione, è dilagata.

A riconoscerlo è proprio Julia Kristeva, atea dichiarata, ma anche semiologa, saggista e, come già detto, psicoanalista: «La cultura europea esiste, la sua lingua è il multilinguismo, e il comune denominatore è la cultura dell’individuo, della nazione, della politica. Sono creazioni giudaico-cristiane, che si sono sviluppate nel tempo. Il grande problema oggi è come armonizzare queste culture nazionali». Tuttavia, ha proseguito:

«Quel che è appena accaduto a Parigi a mio avviso è un avviso di tempesta per tutta l’Europa, non solo per la Francia. Non possiamo sperare di risolvere la crisi dei gilet gialli se non ci affidiamo alla filosofia e alla sociologia per affrontare la questione del senso delle persone, della nazione, degli ideali, del futuro. Una cosa è successa molto tempo fa in Europa, e solo in Europa: la rottura del filo della tradizione religiosa. Con la Rivoluzione francese — né dio né padrone — abbiamo cancellato dio, tagliato la testa al re e messo al loro posto l’ideologia dell’umanesimo, che ha finito per diventare un valore astratto. La politica è diventata la nuova religione, con l’idea che la democrazia rappresentativa possa risolvere i problemi della felicità, della morte, dell’avvenire, l’inferno e il paradiso qui sulla Terra. Abbiamo dato alla politica responsabilità enormi, e questo modello è crollato con la Shoah e i gulag. Sopravvive a stento un’idea più ridotta della politica come gestione dell’esistente, gestione che è comunque soffocata dalla finanziarizzazione dell’economia e della rivoluzione digitale. È una politica dell’impotenza, della contabilità, in cui fingiamo di credere che il problema sia davvero l’aumento del prezzo del diesel. Lo è ma solo in parte, e infatti anche quando l’aumento viene ritirato le proteste continuano. Ci troviamo in una specie di tardo Medioevo, quando uno dei miei grandi punti di riferimento, Duns Scoto, disse che non ci sono altri valori se non questo uomo, questa donna. Non i grandi ideali, non la materia, ma la persona. Direi che la politica dovrebbe non occuparsi più solo della contabilità ma anche della cultura, intesa come educazione e accompagnamento, magari partendo dai valori ancestrali del cristianesimo, dell’islam e del giudaismo. La questione adesso è interagire con persone che non credono a niente».

La stessa psicoanalista laica invocava, tempo fa, di «cambiare l’atteggiamento dell’illuminismo che si è costruito in contrapposizione alla religione e rivalutare il patrimonio spirituale del cristianesimo, dell’ebraismo e dell’islam, prenderlo sul serio. I giovani hanno bisogno di ideali, e quando sono fragili, senza lavoro e discriminati i loro ideali crollano, il desiderio di amore è inghiottito dal bisogno di vendetta, quel che Freud chiama la pulsione di morte».

Un tema complesso e, come sempre, stupisce la lucidità di questa intellettuale. Con lei, condividiamo il giudizio che la crisi francese non va ridotta solo ad un malessere politico (che c’è, ed è importante) ma ad un più grande vuoto esistenziale, all’attesa dalla politica di risposte che, da lì, non possono arrivare. Questo genera frustrazione, rabbia, delusione. La politica parla in direzione orizzontale, mentre l’ansia dell’uomo è verticale e, per quanto ci riguarda, c’è solo una fonte che intercetta in modo adeguato, compiuto, il senso religioso dell’uomo: l’ideale cristiano. Proprio ciò che è più culturalmente combattuto, respinto ed ostracizzato in Francia e nelle élite europee.

La redazione

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La vera libertà in un monastero di clausura? Il reportage di Nemo

Clausura e libertà. Un tema toccato nell’ultima puntata del programma Nemo – Nessuno escluso (Rai2), tra i più visti su Youtube. La giornalista Selenia Orzella è entrata in un monastero di clausura, mostrando libertà, felicità e gioia sorprendenti per molte persone.

 

Fosse stato anche solo per sollecitare in qualcuno la domanda che fa da titolo a questo articolo, ne sarebbe valsa comunque la pena. Parliamo dell’ultimo servizio di Nemo-Nessuno escluso, programma televisivo su Rai2. L’ultima puntata, quella del 7 dicembre, è stata seguita da oltre 1 milione di persone: l’attrice e giornalista Selenia Orzella è entrata in un monastero di clausura .

Un servizio ben fatto, rispettoso. La giornalista è rimasta tre giorni con le monache, raccontando le attività della giornata e dialogando con alcune di loro, spesso di sessualità. Traspare felicità e letizia, una vita in semplicità, sacrificio, preghiera e lavoro ma, a sorpresa, anche gioco (pallavolo) e danza. Sorelle giovanissime assieme a donne anziane, in fraternità. Una fede incrollabile che le porta a svegliarsi alle 5 del mattino, a pregare costantemente e a domandarsi della loro esistenza, del senso della loro vocazione per il mondo. Rinuncia? Non la vivono, anzi sono piene di vita. L’esperienza della verginità è affrontata in modo semplice, magari incomprensibile per il resto del mondo, ma «questa è la strada, ne sono certa» afferma una monaca.

Il grande merito, come si è visto qui sopra, è stato incentrare il reportage sulla grande domanda: la libertà. Un luogo, il monastero, che è «il più trasgressivo di tutti», preannuncia la giornalista fin dall’inizio. «E’ l’ora di andarmene», afferma invece alla fine del servizio, mentre esce dal convento. «Torno alla libertà. Ma è proprio questa la domanda che porterò sempre con me, dove sia l’orizzonte della libertà. Se fuori, nel mondo, oppure dentro, nel cuore di ognuno».

Un reportage trasmesso dalla Rai e che ha raggiunto l’11° posto in tendenza su Youtube. Non un pubblico religioso, anzi, di qualunque estrazione e i commenti degli utenti ne sono indicativi. Insulti, bestemmie e affermazioni prevedibili: “Dio non esiste”, “vite sprecate”, “sessualmente represse”, “manipolate dal sistema patriarcale vaticano” ecc. Eppure, molti altri commentatori hanno espresso anche un senso di stupore e commozione per la vita di queste religiose. Ed il tema della libertà, il più interessante, ha effettivamente fatto breccia nei dialoghi/confronti degli utenti, con giudizi profondi. Ne abbiamo selezionati alcuni.

 

La redazione

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