Le domande dell’amico agnostico lo hanno portato al sacerdozio

domande agnosticiIl giovane prete Juan Pablo Aroztegi (35 anni) racconta com’è nata la vocazione: grazie alle provocazioni del suo amico agnostico ha dovuto mettere in discussione la sua fede. Questo perché il dover continuamente rendere ragione della fede è un aiuto a purificare la nostra fede.

 

Juan Pablo Aroztegi (nella foto) è da poco diventato il prete più giovane della diocesi di San Sebastian (Spagna), ordinato dal vescovo José Ignacio Munilla. Ha 35 anni e percepì la vocazione al sacerdozio dopo essere stato interrogato da un amico agnostico sul perché fosse cristiano.

Fu costretto infatti a mettere in discussione le ragioni del suo aderire a Cristo. Era un ingegnere industriale presso un’azienda di software a Pamplona, un cattolico “normale”. Ma dopo una serie di profonde riflessioni dovute alle provocazioni del suo amico, è arrivata la decisione ad entrare in seminario.

 

“Il mio amico agnostico mi ha costretto ad andare all’essenziale”.

Lo ha descritto come «uno dei più grandi momenti di libertà» della sua vita. «È ironico che un amico agnostico abbia messo in discussione la mia vita cristiana e mi abbia fatto scoprire la vocazione», ha detto Juan Pablo. «Mai prima di allora avevo pensato al sacerdozio, ma le cose migliori che mi sono successe nella vita sono state inaspettate».

Guardando al futuro, il giovane prete vorrebbe seguire l’esempio dei «sacerdoti che non cercano il successo o l’applauso, ma aiutano chi ha bisogno senza che nessuno lo sappia. Sono attratto dal sacerdote umile, che si considera semplicemente un discepolo di Gesù, che prega per il suo popolo e non cerca nient’altro che le cose di Dio. Soprattutto sono attratto dal sacerdote che crea l’unità, che sa stare con gli altri». Molto significativo l’incoraggiamento ad «andare all’essenziale. Se il cristianesimo è vissuto con autenticità, è veramente attraente».

 

Benedetto XVI: “I non credenti: un aiuto a purificare la fede”.

Già Benedetto XVI elogiò gli agnostici che si interrogano, che non si accontentano, che comunque cercano una risposta. «Pongono domande sia all’una che all’altra parte», disse l’attuale Papa emerito nel 2011. «Tolgono agli atei combattivi la loro falsa certezza, con la quale pretendono di sapere che non c’è un Dio, e li invitano a diventare, invece che polemici, persone in ricerca, che non perdono la speranza che la verità esista e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa. Ma chiamano in causa anche gli aderenti alle religioni, perché non considerino Dio come una proprietà che appartiene a loro. Così la loro lotta interiore e il loro interrogarsi è anche un richiamo a noi credenti, a tutti i credenti a purificare la propria fede, affinché Dio – il vero Dio – diventi accessibile».

Lo stimolo del dover continuamente rendere ragione della fede nei confronti di chi pone sfide e provocazioni, e non è affatto uno scocciatura. Anzi, è un grande aiuto per noi cristiani, un antidoto alla tentazione di idolatria e di pigrizia dell’intelligenza e ci sprona a riflettere su quel che crediamo. Un rinnovamento culturale che aiuta ad andare all’essenziale e a fortificare le ragioni della fede.

La redazione

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Pedofilia tra Chiesa, altre religioni e società: due pesi e due misure

abusi sessuali chiesaChiesa cattolica e pedofilia. L’associazione spagnola che protegge i minori prende posizione: “Ci sono più abusi in famiglia, nello sport, nella scuola rispetto alla Chiesa cattolica”. Perché allora se ne parla solo quando è coinvolto qualche prete?

 

Nessuno lo mette in dubbio: un abuso, se commesso da un sacerdote, è un crimine doppiamente grave per l’autorità morale e simbolica del suo ruolo. Bisogna però analizzare i dati con serietà ed obiettività, come abbiamo fatto leggendo integralmente il recente report realizzato dal Grand Jury della Pennsylvania, uno dei dossier più completi sulla pedofilia nel clero cattolico (ma recentemente confutato dalla stampa cattolica liberal: gli obiettivi del report sarebbero altri).

Si tratta per la massima parte di abusi commessi oltre vent’anni fa mentre, dal 2002 ad oggi, questi esecrabili crimini sono drasticamente diminuiti. La cosiddetta “Carta di Dallas” (2002), istituita dalla Conferenza Episcopale Americana in risposta al primo emergere dello scandalo pedofilia a Boston, ha funzionato e i vescovi hanno già preso adeguate ed efficaci misure.

 

L’associazione per i minori: “Più abusi nella società che nella Chiesa”.

Tuttavia, la cronaca riporta questi fatti come attuali e tace sul dilagante fenomeno degli abusi sessuali che contemporaneamente e purtroppo sconvolge l’intera società, in generale, e tutte le istituzioni a contatto con i minori. Ne ha parlato il presidente di Fapmi-Ecpat Spagna, la Federazione di Associazioni per la prevenzione de maltrattamento infantile, lo psicologo Raquel Raposo. «La maggior parte degli abusi sessuali», ha spiegato in un’intervista, «si verifica all’interno della famiglia, ma è un fatto comune ovunque ci sia una gerarchia di potere, dove qualcuno, come nello sport, può abusare dell’impunità. Ci sono accuse di abusi nella Chiesa cattolica anche in Spagna», ha proseguito Raposo, «ma vi sono più abusi all’interno delle famiglia, della scuola e dello sport, come ovunque ci sia una gerarchia di potere».

Parole chiare, realiste. Che ricalcano le affermazioni di Papa Francesco: «La Chiesa su questa strada ha fatto tanto. Forse più di tutti. Le statistiche sul fenomeno della violenza dei bambini sono impressionanti, ma mostrano anche con chiarezza che la grande maggioranza degli abusi avviene in ambiente familiare e di vicinato. La Chiesa cattolica è forse l’unica istituzione pubblica ad essersi mossa con trasparenza e responsabilità. Nessun altro ha fatto di più. Eppure la Chiesa è la sola ad essere attaccata».

 

Pedofilia nell’Onu e nelle altre religioni, dove non esiste il celibato.

Ed effettivamente ben pochi hanno riportato la notizia delle centinaia di accuse di abusi sessuali nelle chiese battiste, come recentemente si è scoperto. Sono coinvolti 168 rappresentati ecclesiastici, i quali oltretutto non praticano il celibato (altro mito ricorrente). Nel settembre scorso è finito sotto accusa perfino il Dalai Lama (premio Nobel per la pace), il quale ha ammesso di essere stato a conoscenza degli abusi sessuali da parte dei maestri buddisti negli anni ’90. Decine di militari dell’ONU di varie nazionalità sono stati accusati di stupri e abusi nei confronti di minori. Un tribunale del Montana (USA) ha invece stabilito che i Testimoni di Geova dovranno pagare 35 milioni di dollari alle vittime degli abusi sessuali poiché i leader erano a conoscenza di tali crimini e non li hanno segnalati alle autorità. «Un problema endemico tra i Testimoni di Geova», ha detto l’avvocato Devin Storey, «ma se ne parla meno di quanto si dovrebbe». Quanti conoscono queste notizie?

Nessuno di questi casi ha avuto la stessa copertura mediatica riservata invece verso i membri della Chiesa cattolica. Altro esempio. Qualche settimana fa il quotidiano La Stampa ha titolato così la notizia della bancarotta dei Boy Scout d’America a causa delle denunce per molestie sessuali: «La pedofilia cattolica dilaga». Nel corpo dell’articolo però non si parla affatto di cattolici, ma solo della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (mormoni), che sono la confessione maggiormente associata agli Scout negli Stati Uniti. Però nel titolo la si fa passare come “pedofilia cattolica”.

 

Il “caso Pell” e il “caso Barbarin”: condanne e nessuna presunzione d’innocenza.

Restando in tema, un caso attuale è la controversa condanna piovuta addosso all’australiano card. George Pell, stretto collaboratore di Benedetto XVI e Papa Francesco. E’ stato accusato di aver abusato di due giovani coristi quando era arcivescovo di Melbourne, verso la fine degli anni ’90. Il tribunale di Sidney ha vietato ai media australiani di parlare del caso e si è saputo della condanna solo da una fonte anonima, in ogni caso sono in molti a parlare di clamoroso errore giudiziario e di sentenza politica, motivata dal pregiudizio anti-cattolico della corte. Il card. Pell, dicono alcuni giornalisti che hanno seguito il caso, è innocente ed il team legale ha provato in maniera inconfutabile la sua estraneità. E’ già stato fatto appello ed un secondo processo si svolgerà a febbraio, intanto una delle presunte vittime ha confessato di non essere mai stato abusato dall’ex arcivescovo di Sidney.

Anche l’arcivescovo di Lione, Philippe Barbarin, è sotto l’accusa di aver coperto abusi sessuali e molestie, su minori e non, da parte di un prete della sua diocesi. Il cardinale è già passato sotto la gogna mediatica qualche anno fa, quando venne indagato per la prima volta ma la Procura francese archiviò perché si dimostrò che il prelato non ostacolò il lavoro della giustizia. Alcune vittime rimasero insoddisfatte e hanno nuovamente denunciato il card. Barbarin, che è oggi indagato una seconda volta pur continuando a dichiarare di non aver mai coperto «il minimo caso di pedofilia. Due volte in 17 anni sono stato messo a conoscenza di fatti di questo tipo da parte di persone che sono venute a parlare con me, nel 2007 e nel 2014. E la polizia in entrambi i casi ha sottolineato come io abbia agito tempestivamente». Tuttavia la stampa -la stessa che difendeva la “liberazione sessuale dei minori” da parte di attivisti omosex- lo ha già condannato come certamente colpevole. Potrà risultare colpevole oppure venire assolto un’altra volta, ma dov’è finita la presunzione di innocenza?

 

Vittorio Messori: «Molte invettive anticlericali sono in realtà proteste deluse».

Ritornano attuali le riflessioni dello scrittore Vittorio Messori, quando già nel 2010 si indignò per l’eccessiva e violenta copertura mediatica sulle malefatte dei preti cattolici. «A ben pensarci, un simile “privilegio“ non dovrebbe dispiacere a un credente. Chi si sdegna per la malefatte di un prete, più che per quelle di chiunque altro, è perché lo lega a un ideale eccelso che è stato tradito».

«Questa continua accusa verso il cattolicesimo», scrisse ancora Messori, «rivela che chi considera più gravi le colpe “romane“, rispetto a ogni altra, è perché vengono da una Chiesa da cui ben altro si aspettava. Molte invettive anticlericali sono in realtà proteste deluse. E’ scomodo, per i cattolici, che il bersaglio privilegiato sia sempre e solo “il Vaticano“. Ma chi denuncia indignato le bassezze, è perché misura l’altezza del messaggio che da lì viene annunciato al mondo e che, credenti o no che si sia, non si vorrebbe infangato».

La redazione

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El Salvador, per la Corte Suprema esiste solo il matrimonio naturale

corte suprema el salvadorLa Corte Suprema del Salvador difende il matrimonio come “unione tra un uomo e una donna”. Respinto un ricorso, nessuna discriminazione per coppie omosessuali. In contemporanea la Corte Suprema statunitense si è espressa contro i trans nell’esercito: troppi costi per le operazioni chirurgiche.

 

Gli ultimi a difendere la famiglia naturale erano stati nel novembre scorso il parlamento di Hong Kong e oltre 7 milioni di abitanti di Taiwan. Ora è toccato a El Salvador, la cui Corte Suprema ha dichiarato “inammissibile” un ricorso contro l’articolo 11 del “Codice della famiglia” che regola il matrimonio tra uomo e donna.

La causa era stata presentata da Rafael Alejandro Rodríguez Colocho, per il quale il contenuto del citato articolo «è discriminatorio nei confronti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender», in quanto per l’appunto si afferma che «il matrimonio è l’unione legale di un uomo e una donna». Tuttavia, i giudici della Corte suprema non hanno nemmeno accettato di accogliere il ricorso sostenendo che il denunciante non è stato in grado di dimostrare con argomenti validi la discriminazione che l’articolo 11 provocherebbe alle persone omosessuali.

 

Se Costituzione discrimina coppie gay, lo fa anche per poligami e incestuosi.

L’argomento “discriminazione” usato continuamente e a sproposito, mantiene un effetto a livello mediatico ma non ha alcuna presa in campo legale. Accogliere il ricorso all’articolo 11 della Costituzione salvadoregna, infatti, significherebbe ammettere che l’istituto della famiglia naturale è discriminatorio verso tutto ciò che non è un unione tra un uomo e una donna, includendo coppie formate da persone dello stesso sesso, ma anche gruppi di più persone (poligamia), rapporti amorosi intra-familiari (incesto) e qualunque altra forma di unione che la mente umana può partorire. Difendere i “diritti gay”, infatti, risulterebbe discriminatorio se non si difendessero i “diritti poligamici” ecc.

E’ quanto ha scritto un’editorialista di uno dei quotidiani più letti nel Salvador, Julia Regina de Cardenal:

«Lo Stato deve proteggere il matrimonio, perché ridefinire il matrimonio a seconda dei sentimenti di ognuno e secondo quello che vorrebbe la dittatura di genere LGBTI -chiamandolo “matrimonio gay”- non solo includerebbe le unioni dello stesso sesso, ma anche quelle bisessuali, poligamiche, pedofile, incestuose, zoofile , necrofile. Perché mettere limiti discriminatori? Il matrimonio è un’istituzione, non un diritto; un bene per la società. La parola matrimonio deriva dal matrimonium latino, cioè da matrem (madre) o matris (matrice) e monio (qualità). L’unione tra un uomo e una donna permette di essere madre. La procreazione naturale è protetta nel matrimonio per la moltiplicazione e la sopravvivenza della specie umana; la stabilità e la sicurezza della prole. La verità è che nessuno sta violando la libertà delle persone omosessuali di vivere con coloro che vogliono e nulla impedisce loro di ereditare le proprietà l’una dall’altra. La nostra Costituzione deve definire il matrimonio come l’unione tra un uomo e una donna nata per proteggere i bambini e la famiglia dalle minacce che possono portare alla nostra autodistruzione».

 

Corte Suprema USA: no ai trans nell’esercito, otterrebbero operazioni chirurgiche gratis.

In contemporanea, la Corte Suprema statunitense ha dato ragione al presidente Trump appoggiando il suo divieto di entrare nell’esercito americano agli individui affetti da disforia di genere e da coloro che ritengono che la loro sessualità non coincida con l’identità biologica, ribaltando la politica del predecessore Barack Obama. Queste persone potranno entrare nell’esercito solo se lo faranno in coerenza al loro sesso biologico.

Una delle principali motivazioni di tale divieto è che l’accesso di un transessuale nel campo militare garantirebbe al soggetto finanziamenti, a spese dello Stato, per trattamenti chirurgici di “riassegnazione di genere” (tra i tra $ 2,4 milioni e gli 8,4 milioni di dollari all’anno). «Dopo aver consultato i miei generali ed esperti militari», ha twittato Trump, «faccio notare che il governo degli Stati Uniti non accetterà o consentirà alle persone transgender di servire a qualsiasi titolo nell’esercito americano. Le nostre forze armate devono concentrarsi su una vittoria decisiva e travolgente e non possono essere gravate dagli enormi costi e dagli sconvolgimenti medici che il transgender nell’esercito comporterebbe».

 

New York: passa la legge sull’aborto fino alla nascita.

La brutta notizia arriva invece da New York, dove il governatore democratico Andrew Cuomo ha firmato un disegno di legge (il cosiddetto Reproductive Health Act, votato 38-28) che permetterà l’aborto senza limiti, fino alla nascita, per qualunque tipo di motivo.

La redazione

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«Siamo l’obiettivo di un Universo calibrato»: l’astrofisico Howard Smith

howard smithIl fine-tuning dell’Universo e l’eccezionalità della Terra. Una riflessione di un importante scienziato, Howard Alan Smith (Università di Harvard), è apparsa sul Washington Post e ha rilanciato una sensazione comune in molti studiosi: la Terra è tornata al centro dell’Universo grazie alla scienza moderna.

 

Un tempo si credeva che la Terra fosse al centro dell’Universo, che fosse speciale in qualche modo. Copernico, tramite l’eliocentrismo, si dice che “l’abbia tolta dal suo piedistallo” e da allora per molti siamo diventati cosmicamente insignificanti. Pochi hanno espresso meglio il concetto dell’astrofisico Stephen Hawking: «La razza umana è solo una schiuma chimica su un pianeta di dimensioni moderate».

E’ un punto di vista, un’opzione che alcuni hanno volontariamente scelto. Oltre al fatto che tra i primi sostenitori della teoria eliocentrica vi fu Papa Paolo III, da Copernico in poi i più importanti uomini di scienza non si sono mostrati particolarmente d’accordo con questa conclusione filosofica, con tale visione pessimista dell’esistenza. E anche oggi, ai nostri giorni, non è affatto questa la sensazione di chi studia l’Universo. Qualche tempo fa, ad esempio, su uno dei principali quotidiani statunitensi è apparsa una riflessione di Howard Alan Smith, un eminente astrofisico dell’Università di Harvard.

 

Il fine-tuning riporta la Terra al centro dell’Universo.

Il tema è quello del cosiddetto fine-tuning, cioè la constatazione -grazie alla scienza moderna- che le costanti fondamentali della natura appaiono appositamente e finemente calibrate in modo che nell’Universo venisse alla luce la vita umana autocosciente, cioè noi. E’ una sensazione che porta molti fisici, astronomi e matematici ad interrogarsi nuovamente sulla “specialità” della Terra, rispetto al resto dell’Universo conosciuto, su un’origine voluta da una Intelligenza rispetto al caos, alle fortuite coincidenze, alla “schiuma chimica” di Hawking.

Lo spiega molto bene Alan Smith attraverso queste parole:

«Cerchiamo di riflettere su una benedizione, un dono dell’astronomia moderna: come vediamo noi stessi. Uno sguardo obiettivo alle scoperte più drammatiche dell’astronomia suggerisce che sembriamo essere davvero cosmicamente speciali, forse addirittura unici, almeno per quanto siamo in grado di conoscere. L’universo, lungi dall’essere una raccolta di incidenti casuali, sembra essere stupendamente perfetto e messo a punto per favorire la vita. I punti di forza delle quattro forze che operano nell’universo -gravità, elettromagnetismo e le interazioni nucleari forti e deboli-, per esempio, hanno valori significativamente adatti per la vita, tanto che se avessero avuto una piccola percentuale diversa, noi non saremmo qui. L’esempio più estremo è il Big bang: anche un cambiamento infinitesimale del valore di tale esplosione avrebbe precluso la vita».

 

“Siamo l’obiettivo diretto di un universo appositamente calibrato”.

Nessuno mette in dubbio tale constatazione, tuttavia alcuni studiosi tentano nuovamente di sminuire la nostra importanza dicendo che siamo semplicemente parte di un Multiverso, all’interno del quale vi sono senz’altro migliaia di altri pianeti e di esseri intelligenti. Lo ha accennato lo stesso astrofisico statunitense:

«La risposta frequente che i fisici offrono è una soluzione speculativa: esiste un numero infinito di universi, e noi stiamo solo vivendo in quello con il giusto valore. Ma i filosofi moderni, come Thomas Nagel e i fisici quantistici all’avanguardia, come John Wheeler, stanno sostenendo invece che gli esseri intelligenti devono in qualche modo essere l’obiettivo diretto di un universo curiosamente e appositamente calibrato. Le osservazioni svolte finora sono in linea con l’idea che l’umanità non è affatto mediocre. Potremmo anche avere un ruolo cosmico. Quindi, dobbiamo essere grati per i doni incredibili della vita e della consapevolezza, e riconoscere la prova più convincente fino ad oggi che l’umanità e il nostro pianeta, la Terra, sono rari e cosmicamente preziosi. E possiamo agire di conseguenza».

 

L’unico dio ucciso dalla scienza è quello “delle lacune”.

Non è la prima volta che Howard A. Smith interviene su questo, lo fece già nel 2011, durante l’annuale convegno dell’American Association for the Advancement of Science (AAAS), mentre nel 2008 scrisse parole molto condivisibili: «Le percezioni sulla scienza e la religione hanno preso una importate svolta nel corso degli ultimi 20 anni a causa di uno sviluppo drammatico: la morte del “dio delle lacune”. Questo dio è colui che, per la maggior parte della storia, è stato invocato per spiegare il misterioso funzionamento del mondo – la creazione dell’universo, per esempio, o la natura della vita. Questo dio era necessario per spiegare le lacune nella nostra comprensione, ma negli ultimi decenni quasi tutte tali lacune sono scomparse. Il mio campo è l’astrofisica, che oggi può spiegare plausibilmente, anche se non completamente, come l’universo è venuto in essere e come la Terra si è formata. Oggi, le persone religiose hanno motivo di gioire: il dio delle lacune potrebbe essere morto, ma la vita spirituale si è rinvigorita perché Dio non è più solo la spiegazione superficiale del mistero. Dio è l’autore del miracolo».

Abbiamo raccolto altre citazioni del prof. Howard nell’archivio appositamente dedicato ai principali scienziati contemporanei.

La redazione

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Migranti, mons. Negri unito al Papa: «accoglienza ma integrazione»

migranti mons. negriMons. Negri e Papa Bergoglio. I media li dipingono agli antipodi ed invece il loro pensiero sul tema dell’immigrazione non è affatto lontano, lo spiega l’arcivescovo emerito di Ferrara in una intervista.

 

Con le navi Sea Watch e Sea Eye al largo del Mediterraneo la questione migranti è tornata al centro del dibattito politico italiano. Il fronte dei “sindaci ribelli”, targato Partito Democratico e 5stelle, si allarga e si oppone all’attuazione delle norme del decreto Salvini. Sono già sei le Regioni pronte a fare ricorso alla Consulta.

Anche la Conferenza Episcopale Italiana è compatta e lo stesso Francesco è intervenuto chiedendo «concreta solidarietà» nei confronti delle persone in mare. E nuovamente, ha ribadito che «ci si adoperi perché le persone non siano costrette ad abbandonare la propria famiglia e nazione, o possano farvi ritorno in sicurezza e nel pieno rispetto della loro dignità e dei loro diritti umani». Accoglienza quindi, ma anche soluzioni perché l’emigrazione si possa evitare. Perché, spiegò Francesco anche nel 2017, «deve essere garantitoil diritto di non dover emigrare».

In questa linea si è inserito anche un prelato definito dai media “conservatore” o “tradizionalista”, apparso addirittura nell’elenco -stilato da Il Fatto Quotidiano– dei porporati che vorrebbero destituire il Papa. Parliamo di mons. Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara. Dopo aver espresso stima ma anche disaccordo tecnico con il card. Angelo Bagnasco rispetto al ricorso dell’obiezione di coscienza da parte dei “sindaci ribelli”, ha rilasciato un giudizio sull’immigrazione non esattamente coincidente con quello dell’area politica in cui solitamente (a suo discapito o meno) viene inserito. Lo dimostra anche il fatto che, al contrario di quanto succede abitualmente con i suoi interventi, nessun organo d’informazione “conservatore” ha ripreso le sue parole.

 

Mons. Negri: “Il Papa parla anche di prudenza nell’accoglienza”.

1) Innanzitutto mons. Negri ha giustamente ammesso che il pensiero di Papa Francesco sul tema immigratorio è diverso da quello a lui attribuito dai suoi antagonisti. «Il Pontefice non dimentica di parlare anche di prudenza nell’accoglienza», ha riconosciuto mons. Negri. «Il Papa ha maturato un suo cammino, i primi interventi non sono stati come gli ultimi, che hanno avuto maggiore assunzione realistica del problema». Un giudizio corretto, anche se è lo stesso Francesco ad aver spiegato di aver voluto precisare meglio il suo pensiero iniziale, per evitare ambiguità: «Accogliere i migranti è una cosa antica come la Bibbia», ha detto infatti nell’agosto scorso. «E’ nello spirito della rivelazione divina e anche nello spirito del cristianesimo. E’ un principio morale. Su questo ho parlato, e poi ho visto che dovevo esplicitare un po’ di più, perché non si tratta di accogliere “alla belle étoile”, no, ma un accogliere ragionevole. E questo vale in tutta l’Europa».

 

Mons. Negri: “Accoglienza più alta possibile, i migranti però si assumano responsabilità”.

2) L’arcivescovo emerito di Ferrara si è mostrato d’accordo con la linea del Papa, spiegando -anche se in modo non proprio chiarissimo, dovuto anche al contesto di un’intervista probabilmente telefonica- che in campo ci sono due aspetti: l’accoglienza e l’integrazione. «L’accoglienza deve essere la più alta possibile», mentre l’integrazione «deve valutare tutti i costi, anche economici, e chi chiede di essere integrato deve assumersi delle precise responsabilità». Sintetizzando: un’accoglienza ragionevole, misurata alle possibilità di integrazione (che non sono però solo i costi economici), nella quale devono coinvolgersi anche le persone che vengono accolte, rispettando la cultura, le leggi e la tradizione del Paese ospitante. E’ anche il pensiero più volte espresso dal Pontefice, come mostra questo elenco di interventi.

 

Il giuramento di Salvini? “Chi strumentalizza il Vangelo sbaglia”.

3) Mons. Luigi Negri, a domanda secca, si è opposto alla decisione del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, di non aprire i porti e lasciare i migranti in mare aperto: «il rispetto della persona in qualsiasi situazione non può essere mai diminuito». E, sempre a domanda specifica sul giuramento di vicepremier sul Vangelo, ha risposto: «in generale, chi strumentalizza il Vangelo sbaglia».

 

La posizione di mons. Negri è chiara ed è la stessa già manifestata in un’intervista del gennaio 2018 (non ci si fermi al titolo), seppur in quest’ultima occasione ad alcune domande precise le risposte appaiono volontariamente un po’ vaghe, forse nel tentativo di evitare uno strappo inconciliabile con gli ambienti più esasperatamente politicizzati -come La Nuova Bussola Quotidiana– nei quali è fortemente ammirato. Con tutto il merito, tra l’altro, essendosi sempre dimostrato una persona di buon senso e di grande cultura.

La redazione

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Marcia per la vita di Washington, 200mila fantasmi per i media

marcia pro life stati unitiAlla March for Life americana hanno partecipato migliaia di persone, in gran parte giovani e donne. Ma si è preferito dare visibilità alla piccola contro-manifestazione “Women’s March”, nonostante la presenza del vice-presidente Pence e del video-collegamento di Trump.

 

Oltre 200.000 le persone riversatesi sulle strade della capitale statunitense, adesioni trasversali e la massiccia presenza di giovani mostrano un cambiamento dell’opinione pubblica statunitense. Questo il commento di Vatican News, che da settimana sta sponsorizzando la 46.ma Marcia per la Vita americana, svoltasi il 18 gennaio scorso.

Ma è in completa solitudine (a parte Avvenire) perché i media occidentali hanno preferito parlare, quasi esclusivamente, della “contro-marcia per le donne” (la Women’s march) a cui hanno partecipato meno di cento femministe intonando cori a favore dei “diritti riproduttivi” e contro il presidente Trump. Una manifestazione che ha perso ulteriormente numero di partecipanti dopo che il Democratic National Committee e la Human Rights Campaign hanno ritirato il loro sostegno dopo che le leader femministe pro-choice si sono esibite in pesanti dichiarazione antisemite.

 

Nessun giornale ne ha parlato, ma le strade della capitale americana erano piene.

In ogni caso, in Italia in nessun telegiornale italiano sono passate le immagini della oceanica folla che, tra la neve e il freddo gelido, ha invaso Washington in nome del diritto alla vita e contro la crudeltà umana dell’aborto. Anche i quotidiani italiani hanno snobbato l’evento. Addirittura il gigante Youtube ha ammesso di aver volontariamente interferito con i risultati della ricerca con la parola “aborto”, nascondendo o eliminando i video più popolari.

“La vita inizia dal concepimento e termina con Planned Parenthood”, si legge su uno dei tanti cartelli esposti durante la marcia americana, facendo riferimento alla nota azienda di cliniche abortiste negli Stati Uniti. La data del 18 gennaio ricorda la sentenza della Corte suprema del 1973 che liberalizzò l’aborto negli Usa, lasciando un’ampia discrezionalità ai singoli Stati dell’Unione. A New York, ad esempio, si può uccidere un bambino non nato anche nelle ultime settimane di gestazione, praticando l’aborto sulle minorenni anche senza il consenso dei genitori.

 

March for Life: la presenza del vicepresidente Pence e il video-collegamento di Trump.

Ma il clima culturale sta lentamente cambiando e lo segnaliamo spesso anche noi, sempre più giovani invocano maggiori restrizioni alla “libertà d’aborto”. Donald Trump è intervenuto all’evento pro-life annunciando: «Oggi ho firmato una lettera al Congresso per chiarire che se inviano una proposta legislativa al mio tavolo che indebolisce la protezione della vita umana, metterò il veto». Sul palco, davanti ai manifestanti, si è presentato invece Mike Pence, il vice presidente americano, che ha partecipato come lo scorso anno assieme alla moglie. Sia lui che Trump hanno più volte citato la massiccia presenza dei giovani.

Dopo la celebrazione iniziale da parte del Nunzio Apostolico negli Stati Uniti,  mons. Christophe Pierre -che ha portato i saluti e la gratitudine di Papa Francesco «per questa grande testimonianza del diritto alla vita dei membri più innocenti e vulnerabili della nostra famiglia umana»-, molto applaudito è stato l’intervento della senatrice democratica della Louisiana, Katrina Jackson: «Non importa se sei un democratico, un repubblicano, un bianco e nero, lottiamo tutti per la vita. Quando le persone mi chiedono, perché un democratico di colore lotta per la vita? Rispondo, “perché innanzitutto sono cristiana”». Alla fine dell’incontro, la nipote di Martin Luther King, Alveda King, ha guidato la preghiera finale. «Se rifiuti il razzismo, combatti l’aborto», disse la King l’estate scorsa, legando la difesa dei diritti civili degli afroamericani, intrapresa dal nonno, a quella dei bambini non nati, considerando che 1 aborto su 3 è attuato su bambini di colore.

 

Qui sotto alcuni video della Marcia per la Vita, compreso l’intervento del vice-presidente Mike Pence.

 

AGGIORNAMENTO, ore 10
Soltanto il Corriere della Sera si è occupato marginalmente dell’evento, portando in Italia la rovente polemica riguardo alcuni studenti cattolici che sembrano deridere un nativo americano mentre protesta contro di loro con un tamburo in mano. Tuttavia, grazie all’uscita di altri video dello stesso evento, tanti opinionisti hanno chiesto scusa per la condanna prematura verso i giovani manifestanti pro-life, in quanto è visibile come essi stiano già cantando e proclamando inni prima dell’arrivo dei nativi americani i quali, oltretutto, li insultano, urlano slogan razzisti contro i bianchi (“questa non è la vostra terra, sei un uomo bianco: è tutto ciò che sai fare?”) e accusano la cristianità di essere fascista.

 
La redazione

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«Non sei donna, perché parli?» La scrittrice bionda dice la verità a Luxuria.

Wladimiro Luxuria contro Alessandra Cantini. Sempre più donne e femministe contro i transgender, accusati di danneggiare l’unicità femminile. Ma intanto si approva in Italia l’operazione di transizione per minorenni confusi.

 

Non sappiamo bene chi sia Alessandra Cantini, né ci sembra un soggetto di particolare interesse culturale. Ma la bionda scrittrice ha detto una verità proibita in diretta televisiva, e già questa è una notizia. Rivolgendosi al transessuale Wladimiro Guadagno, in arte Luxuria, chiamato in causa a dibattere su quote rosa, donne in politica e mestieri femminili. I toni si accendono, Luxuria insulta la Cantini e lei replica: «Perché parli di donne? Tu non sei donna».

Con l’arrivo di Marcello Foa alla presidenza della Rai (sponsorizzato da La Verità di Belpietro), Luxuria è ormai onnipresente in televisione. Ieri, il trans è stato addirittura messo in cattedra su Rai3 nel programma Alla lavagna, davanti a una classe di bambini di 9-12 anni, ai quali ha spiegato -senza contraddittorio- la normalità del nascere trans e l’importanza di cambiare sesso il prima possibile.

 

Basta dichiararsi donna per esserlo davvero? Il tribunale di Genova dice sì.

Ma davvero basta dichiararsi donna per esserlo? E viceversa? Il tribunale di Genova la pensa così dato che recentemente ha autorizzato il “cambio di sesso” di un minorenne e lo Stato sosterrà economicamente un invasivo e irreversibile intervento chirurgico «per assicurargli il benessere psicofisico».

Questa è l’unica motivazione pronunciata, la stessa che ha portato anche il bioeticista laico Gilberto Corbellini ad approvare il blocco della pubertà e l’amputazione di organi sessuali ai minori, perché «lasciare questi pazienti ad aspettare la fase finale della loro transizione può avere un impatto sul loro stato sociale e psicologico».

 

“Cambio sesso”: un inganno globale sulla pelle di persone fragili.

Poco importa se, come ammette lo stesso Corbellini, «la condizione transessuale ha una eziologia sconosciuta e una definizione fluttuante (malattia mentale o medica, costruzione sociale, variante sessuale, etc.)». L’importante è “vietato vietare”, gli psicologi lasciano il campo direttamente ai chirurghi che, sulla base di mere sensazioni adolescenziali, danneggeranno per sempre il corpo dei minori “trans” tramite mastectomia, rimozione di utero e ovaie o rimozione degli organi sessuali maschili. Quindi, per coerenza, bisognerebbe anche immediatamente operare il meccanico transessuale 50enne, Paul Wolschtt, che è convinto essere una bambina di 6 anni. Anzi, a sentire certi esperti di bioetica, è a tutti gli effetti una bambina ma il suo corpo da uomo adulto aggrava il suo stato sociale e psicologico. Corbellini non scrive di lui? E di tutti i casi simili?

E’ fin troppo facile togliere la maschera a questo inganno globale, basta ascoltare i sessuologi che spiegano quel che non viene mai detto. Gli organi sessuali costruiti artificialmente in modo massicciamente invasivo non funzionano (se non in modo meccanico tramite protesi idrauliche), sono privi di terminazioni nervose e circolazione del sangue. E’ tutto finto, come lo è il sig. Guadagno quando si fa chiamare Luxuria.

 

Le femministe in campo contro i trans per difendere l’eccezionalità femminile.

Per questo la Cantini ha detto semplicemente la verità, quel che tutti sanno ma che nessuno ormai osa più dire. Perché chiamare un uomo -effeminato quanto vuole-, a discutere di tematiche femminili? E viceversa, ovviamente. Solo poche settimane fa, il 4 dicembre scorso, Twitter ha sospeso l’account di una femminista canadese, Meghan Murphy, dopo che ha criticato un attivista transgender pubblicando il commento: «Le donne non sono uomini».

In Inghilterra, invece, si chiamano ReSisters le femministe che protestano tramite adesivi rosa a forma di falli maschili con lo slogan: “Le donne non hanno il pene. Questo non è un discorso di odio, non è transfobia, è un semplice dato di fatto biologico. In Italia se ne parla poco, ma all’estero i movimenti per le donne sono in guerra da anni contro i transessuali. Lo ha certificato il quotidiano El Pais il mese scorso, scrivendo appunto: «La lotta sull’utero in affitto ha fatto emergere vecchi e nuovi attriti tra il collettivo omosessuale ed il movimento delle donne», tanto che si parla di divorzio netto tra femminismo e mondo gay.

Negli scorsi giorni, altro caso, moltissime attiviste per le donne hanno protestato perché il transgender Ángela Ponce era il favorito alla vittoria di Miss Universo, il famoso concorso di bellezza femminile. «Ci sono donne con un pene e uomini con una vagina perché l’unica cosa fondamentale dell’essere donna è sentirsi una donna», ha dichiarato il trans al New York Times. Parole che hanno infuocato la battaglia che le donne stanno combattendo per loro stesse, per non veder cancellati di colpo anni di lotte per l’equiparazione femminile che ora vengono mandati all’aria quando un uomo si sveglia, si sente donna e, perciò, diventa donna. Cancellando l’eccezionalità femminile (come quella maschile), l’unicità e la specialità delle donne, ridotte ad essere nient’altro che un uomo senza organo sessuale maschile.

La redazione

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Un solo spinello danneggia il cervello, lo studio gela i pro-cannabis

un solo spinelloLa marijuana fa male? Anche una sola canna può creare danni negli adolescenti, lo ha rivelato una ricerca sul Journal of Neuroscience, smentendo coloro che minimizzano gli effetti nocivi di un consumo moderato.

 

“Suvvia! Una canna non ha mai fatto male a nessuno!”. Così, più o meno, esclamava il prestigioso fisico italiano Carlo Rovelli nell’ottobre scorso, sponsorizzando lo spinello libero. Un messaggio irresponsabile, non solo perché Rovelli ha giocato la sua autorità acquisita su un altro campo di competenza (la meccanica quantistica), ma anche perché scientificamente smentito. Lo ha fatto qualche giorno fa un autorevole studio pubblicato sul Journal of Neuroscience.

Anche un solo spinello di marijuana può causare modifiche al cervello di un adolescente. Il campione di adolescenti europei testati aveva fumato cannabis 1 o 2 volte in tutta la loro vita, eppure è stato sufficiente per osservare in loro una modifica dei volumi della materia grigia, in particolare nell’amigdala e nell’ippocampo, aree legate ai processi emotivi e allo sviluppo della memoria. Ciò può comportare un mal funzionamento del cervello.

 

Le riviste scientifiche: “le preoccupazioni per la legalizzazione sono giustificate”.

«I risultati suggeriscono che negli adolescenti anche una breve esposizione alla cannabis può avere effetto sulle strutture cerebrali importanti per la gestione delle emozioni e per la memoria, quindi potrebbe predisporre a deficit emotivi e cognitivi anche a lungo termine», ha commentato Yuri Bozzi, docente di Fisiologia all’Università di Trento.

Lo scopo dello studio era proprio quello di capire se avessero o meno ragione tutti quelli che sostengono che “uno o due spinelli non fanno nulla” o e se invece anche una sola esperienza possa avere effetti sul nostro cervello. Giustamente le riviste scientifiche hanno nuovamente messo in guardia dal fenomeno della liberalizzazione della cannabis, poiché «nuove ricerche dimostrano che le preoccupazioni sull’impatto della cannabis sugli adolescenti potrebbero essere giustificate».

Oggi non esistono più i preparati “naturali” che fumava Carlo Rovelli ai tempi dell’università, è cambiata la concentrazione di tetracannabinolo (Thc, il principio attivo): quasi il 20 per cento maggiore rispetto a 30 anni fa. Anche per questo moltissimi scienziati si stanno battendo per affiancare la cannabis alle altre droghe pesanti, come eroina e cocaina.

 

Cannabis: Di Maio non commenta, ma è smentito dai procuratori antimafia.

Nessun commento è arrivato dal vicepremier Luigi Di Maio che proprio una settimana ha ribadito la posizione favorevole del M5S rispetto alla liberalizzazione della cannabis, ma solo per “contrastare la criminalità”. Un’idea ampiamente smentita da giudici e procuratori antimafia, come Raffaele Cantone, Nicola Gratteri, Fausto Cardella e Paolo Borsellino.

La redazione

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Rispondere con eleganza alle domande di un ateo

difendere cristianesimoIl dialogo che proponiamo qui sotto è comparso il 21 dicembre 2018 sul New York Times e si è svolto tra il giornalista e commentatore Nicholas Kristof ed il filosofo cristiano William Lane Craig, docente alla Houston Baptist University.

 

Nicholas Kristof: Devo confessare che nonostante tutta la mia ammirazione per Gesù, sono scettico su alcune delle narrazioni che abbiamo ereditato. Sei davvero sicuro che Gesù sia nato da una vergine?

William Lane Craig: quando non ero cristiano, anche io litigavo con questo. Poi mi venne in mente che per un Dio che poteva creare l’intero Universo, rendere incinta una donna non era poi una cosa così grande! Data l’esistenza di un Creatore dell’Universo (per il quale abbiamo buoni argomenti a favore), un miracolo occasionale è un gioco da ragazzi. Storicamente parlando, la storia della concezione verginale di Gesù è attestata indipendentemente da Matteo e Luca ed è completamente diversa da qualsiasi altra cosa presente nella mitologia pagana o nell’ebraismo. Allora, qual è il problema? Se esiste Dio, esistono i miracoli.

 

Nicholas Kristof: Perché non possiamo accettare che Gesù fosse un insegnante morale straordinario, senza dover tirare in ballo i miracoli?

William Lane Craig: Puoi farlo, ma a scapito di andare contro le prove. Il fatto che Gesù abbia svolto un ministero di miracoli ed esorcismi è così ampiamente attestato in ogni strato delle fonti che il consenso tra gli storici e tra gli studiosi del Gesù storico converge sul fatto che era un guaritore ed un esorcista. Ciò ovviamente non prova che questi eventi fossero autentici miracoli, ma dimostra che Gesù non pensava a se stesso come ad un semplice riferimento morale.

 

Nicholas Kristof: Non credi al racconto della Genesi che il mondo è stato creato in sei giorni, o che Eva sia stata realmente creata dalla costola di Adamo, vero? Se le storie della Bibbia ebraica non devono essere prese alla lettera, perché allora non accettare che anche gli autori del Nuovo Testamento si siano presi delle libertà?

William Lane Craig: Perché i Vangeli sono un tipo di letteratura diverso dalla storia primordiale descritta in Genesi. L’eminente assirologo Thorkild Jacobsen descrisse Genesi 1-11 come una storia vestita nel linguaggio figurativo della mitologia, un genere che ha soprannominato “storia mitologica”. Al contrario, il consenso tra gli storici è che i Vangeli appartengono al genere della biografia antica, come le “Storie di eroi greci e romani” scritte da Plutarco. In quanto tali, mirano a fornire un racconto storicamente affidabile.

 

Nicholas Kristof: Come spiegare allora le molte contraddizioni presenti nel Nuovo Testamento? Ad esempio, Matteo dice che Giuda si è impiccato, mentre gli Atti degli apostoli dicono che “si squarciò in mezzo” ad un campo. Non possono entrambi avere ragione, quindi perché insistere sull’inerranza della Scrittura?

William Lane Craig: Non insisto sull’inerranza della Scrittura. Piuttosto, quello su cui insisto è ciò che C.S. Lewis chiamava “mera cristianità”, cioè le dottrine fondamentali del cristianesimo. Armonizzare le contraddizioni percepite nella Bibbia è una questione di discussione interna tra i cristiani. Ciò che conta davvero sono domande come: Dio esiste? Ci sono valori morali oggettivi? Gesù era veramente Dio e veramente uomo? In che modo la sua morte su una croce romana ha contribuito a superare i nostri errori morali e l’allontanamento da Dio? Queste sono, come dice un filosofo, le “domande che contano”, non come Giuda morì.

 

Nicholas Kristof: Nel corso dei secoli, le persone hanno avuto fede in Zeus, in Shiva e Krishna, nel dio della cucina cinese ed in innumerevoli altre divinità. Siamo scettici su tutte quelle tradizioni di fede, quindi dovremmo sospendere l’enfasi sulla scienza e la razionalità quando incontriamo miracoli nella nostra tradizione?

William Lane Craig: Non ti seguo. Perché dovremmo sospendere la nostra enfasi sulla scienza e la razionalità solo a causa di false affermazioni nelle altre religioni? Io sostengo una “fede ragionevole” che cerca di fornire una visione del mondo completa, che tenga conto delle migliori scoperte delle scienze, della storia, della filosofia, della logica e della matematica. Alcuni degli argomenti per l’esistenza di Dio che ho difeso (come quelli sull’origine dell’Universo o sul fine-tuning dell’Universo), fanno appello alle migliori scoperte della scienza contemporanea. Ho l’impressione, Nick, che tu pensi che la scienza sia in qualche modo incompatibile con la fede nei miracoli. Se è così, sarebbe necessario fornire un valido argomento per tale conclusione. La famosa argomentazione contro i miracoli di David Hume è oggi riconosciuta -nelle parole del filosofo della scienza John Earman- come “un abietto fallimento”. Nessuno è stato ancora in grado di fare di meglio.

 

Nicholas Kristof: Riconosco che le persone religiose esprimono maggior carità rispetto alle persone non religiose e offrono anche più volontariato. Ma sono preoccupato che i leader evangelici a volte sembrino essere fanatici moraleggianti, focalizzati su questioni su cui Gesù non ha mai fatto parola, come i gay e l’aborto, mentre restano indifferenti alla povertà, alla disuguaglianza, al bigottismo e ad altri argomenti che invece erano centrali negli insegnamenti di Gesù.

William Lane Craig: Certo, capisco. A volte rabbrividisco se penso alle persone che i media tirano fuori come portavoce del cristianesimo. I media evitano i cristiani intelligenti e puntano su predicatori e televangelisti infiammati. Sappiate solo che la comunità cristiana è coinvolta non solo nella difesa della santità della vita e del matrimonio, ma in tutta una serie di questioni sociali, come la lotta alla povertà, l’assistenza medica, l’aiuto in caso di disastri naturali, programmi di alfabetizzazione, promozione di piccole imprese, promozione dei diritti delle donne, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Detto onestamente, i cristiani hanno sempre ricevuto una pessima copertura mediatica.

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Padre Nostro, la modifica del 2002 obbligò quella liturgica del 2018

Traduzione del Padre Nostro. Nel 2002 i vescovi italiani introdussero il “non abbandonarci” nella Bibbia, Sandro Magister ha involontariamente svelato che già allora erano consapevoli della difficoltà della permanenza della “vecchia versione” nel Messale usato per il rito liturgico, ambiguità a cui ha messo fine l’attuale Conferenza Episcopale, assieme a Francesco.

 

«E non abbandonarci in tentazione». E’ dal 2002 che questa nuova traduzione della preghiera del Padre Nostro è diventata ufficiale nella versione italiana della Bibbia, approvata dai vescovi con il placet di Benedetto XVI e dei cardinali Carlo Maria Martini e Giacomo Biffi e pubblicata nel 2008 dalla Libreria Editrice Vaticana.

 

Accuse a Benedetto XVI quando modificò per primo la traduzione del “Padre nostro”.

Un dettaglio che ha disturbato fortemente la narrazione dei blogger nemici di Papa Francesco, secondo i quali sarebbe invece stato l’attuale pontefice a “cambiare le parole insegnateci da Gesù!” (perché Gesù parlava italiano, giusto?). Molte accuse le ricevette anche il predecessore, Papa Ratzinger, quando dieci anni fa approvò il “non abbandonarci” al posto del “non indurci”, una traduzione non letterale ma che risultò essere ai biblisti più adeguata nel riportare il senso dell'”inducere” latino (o dell’eisfèrein greco).

Come ha scritto il vescovo di Ugento – SM di Leuca, mons. Vito Angiuli, «il dibattito sulla corretta traduzione del Padre Nostro risale agli anni 80 e ha interessato le voci più autorevoli della Chiesa. Tutti avevano la consapevolezza che qualsiasi traduzione sarebbe stata inadeguata a esprimere, in maniera compiuta e precisa, il significato profondo che le parole cercano di evocare. Molti di loro, però, ritenevano cercare una modalità espressiva più confacente a quanto la fede insegna e più rispondente al modo di sentire contemporaneo. Non va poi dimenticato che il passaggio dall’aramaico, al greco, al latino fino ad arrivare alle lingue moderne non è mai indolore. D’altra parte, anche i vescovi spagnoli e francesi avevano operato una traduzione più o meno simile a quella proposta dai vescovi italiani».

 

La modifica era a fini non liturgici, oggi cambia anche nel Messale romano.

I vaticanisti della resistenza, accusato il colpo, hanno comunque ribattuto che la modifica introdotta nel 2002 era destinata a fini non liturgici, cioè venne introdotta solo nella traduzione della Bibbia mentre nel Messale romano, il libro liturgico utilizzato dal sacerdote per celebrare la Messa, permaneva l’antica traduzione del Padre Nostro, quella del “non indurci”.

La modifica del Padre Nostro anche a livello liturgico (introducendola nel Messale), dunque, sarebbe stata un’iniziativa in solitaria di Papa Francesco. Un’obiezione che, francamente, risulta alquanto debole e poco comprensibile ma che, tuttavia, è stata usata per “incolpare” comunque l’attuale Papa.

 

Sandro Magister rivela che nel 2002 ci si auspicava la modifica avvenuta nel 2018.

Alcune settimane fa, comunque, è intervenuto sulla tematica anche Sandro Magister, vaticanista de L’Espresso e uno dei principi italiani dell’antipapismo bergogliano. Il suo intento era quello di ricostruire i fatti accaduti durante l’assemblea dei vescovi a porte chiuse quando, nel novembre scorso, avvenne l’ufficiale traduzione del Messale Romano, in cui era inclusa la “nuova” traduzione del Padre Nostro. Magister, come prevedibile, ha descritto gli eventi facendo passare Papa Francesco come «monarca assoluto» che «ha imposto la sua volontà» ai vescovi, «mettendo a tacere», tramite il presidente della CEI, Gualtiero Bassetti, «le voci contrarie», di quei vescovi bravi e timorati di Dio che non volevano modificare le parole di Gesù e preferivano la «versione tradizionale». Ma il Pontefice dittatore ha «impedito a qualsiasi vescovo di prenderne le difese». Insomma, le classiche e fantasiose “ricostruzioni” di Magister.

Il vaticanista de L’Espresso ha però inserito una citazione che, non solo ha mandato all’aria i suoi stessi intenti, ma ha anche risposto alle obiezioni dei nemici di Papa Francesco. «Nel maggio del 2002», scrive infatti Sandro Magister, «fu approvata la nuova versione del “Padre nostro” per il lezionario. L’arcivescovo Betori, che all’epoca era segretario generale della CEI, disse: “L’eventuale assunzione di questa traduzione nel rito liturgico e nella preghiera individuale si porrà al momento della traduzione della terza edizione del ‘Missale Romanum’. La decisione che viene presa ora pregiudica però in qualche modo la scelta futura, essendo difficile pensare la coesistenza di due formulazioni“». Lo stesso arcivescovo Betori, stretto collaboratore di Benedetto XVI, ha difeso anche negli scorsi mesi la fondatezza teologica della nuova traduzione del Padre Nostro, ricordando l’approvazione anche del card. Giacomo Biffi.

 

Così, già nel 2002 si era ben consapevoli che la modifica al Padre Nostro introdotta dalla Chiesa ratzingeriana nella Bibbia, avrebbe «pregiudicato» inevitabilmente l’adeguamento anche nel rito liturgico, essendo ambigua la coesistenza di due traduzioni diverse: una a fini non liturgici e una, diversa, nel Messale romano usato durante l’Eucarestia. Nel 2018 si è dunque concluso con coerenza quanto iniziato dai vescovi nel 2002, ovvero l’uniformità della traduzione anche a livello liturgico. Altro che “pallino” modernista di Papa Francesco!

La redazione

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