Le domande dell’amico agnostico lo hanno portato al sacerdozio

domande agnosticiIl giovane prete Juan Pablo Aroztegi (35 anni) racconta com’è nata la vocazione: grazie alle provocazioni del suo amico agnostico ha dovuto mettere in discussione la sua fede. Questo perché il dover continuamente rendere ragione della fede è un aiuto a purificare la nostra fede.

 

Juan Pablo Aroztegi (nella foto) è da poco diventato il prete più giovane della diocesi di San Sebastian (Spagna), ordinato dal vescovo José Ignacio Munilla. Ha 35 anni e percepì la vocazione al sacerdozio dopo essere stato interrogato da un amico agnostico sul perché fosse cristiano.

Fu costretto infatti a mettere in discussione le ragioni del suo aderire a Cristo. Era un ingegnere industriale presso un’azienda di software a Pamplona, un cattolico “normale”. Ma dopo una serie di profonde riflessioni dovute alle provocazioni del suo amico, è arrivata la decisione ad entrare in seminario.

 

“Il mio amico agnostico mi ha costretto ad andare all’essenziale”.

Lo ha descritto come «uno dei più grandi momenti di libertà» della sua vita. «È ironico che un amico agnostico abbia messo in discussione la mia vita cristiana e mi abbia fatto scoprire la vocazione», ha detto Juan Pablo. «Mai prima di allora avevo pensato al sacerdozio, ma le cose migliori che mi sono successe nella vita sono state inaspettate».

Guardando al futuro, il giovane prete vorrebbe seguire l’esempio dei «sacerdoti che non cercano il successo o l’applauso, ma aiutano chi ha bisogno senza che nessuno lo sappia. Sono attratto dal sacerdote umile, che si considera semplicemente un discepolo di Gesù, che prega per il suo popolo e non cerca nient’altro che le cose di Dio. Soprattutto sono attratto dal sacerdote che crea l’unità, che sa stare con gli altri». Molto significativo l’incoraggiamento ad «andare all’essenziale. Se il cristianesimo è vissuto con autenticità, è veramente attraente».

 

Benedetto XVI: “I non credenti: un aiuto a purificare la fede”.

Già Benedetto XVI elogiò gli agnostici che si interrogano, che non si accontentano, che comunque cercano una risposta. «Pongono domande sia all’una che all’altra parte», disse l’attuale Papa emerito nel 2011. «Tolgono agli atei combattivi la loro falsa certezza, con la quale pretendono di sapere che non c’è un Dio, e li invitano a diventare, invece che polemici, persone in ricerca, che non perdono la speranza che la verità esista e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa. Ma chiamano in causa anche gli aderenti alle religioni, perché non considerino Dio come una proprietà che appartiene a loro. Così la loro lotta interiore e il loro interrogarsi è anche un richiamo a noi credenti, a tutti i credenti a purificare la propria fede, affinché Dio – il vero Dio – diventi accessibile».

Lo stimolo del dover continuamente rendere ragione della fede nei confronti di chi pone sfide e provocazioni, e non è affatto uno scocciatura. Anzi, è un grande aiuto per noi cristiani, un antidoto alla tentazione di idolatria e di pigrizia dell’intelligenza e ci sprona a riflettere su quel che crediamo. Un rinnovamento culturale che aiuta ad andare all’essenziale e a fortificare le ragioni della fede.

La redazione

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2 commenti a Le domande dell’amico agnostico lo hanno portato al sacerdozio

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  1. Max De Pasquale ha detto

    Ah, ma guarda un po’ 🙂

  2. federico74 ha detto

    Bellissima testimonianza, a maggior ragione visto che avviene nella diocesi di Donostia, che si porta dietro polemiche decennali collegate ai legami tra la Chiesa basca e le tematiche indipendentiste.

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