Cattolici USA: più fiducia in Francesco che nei vescovi americani

vescovi conservatoriSecondo un sondaggio di Gallup, il 68% dei cattolici praticanti statunitensi ripone fiducia in Papa Bergoglio, soltanto il 50% crede nei vescovi. Uno scenario opposto a quanto descritto dai blog cattolici conservatori, per i quali vi sarebbe una guerra in atto tra popolo ed episcopato americano e la Santa Sede. Tutte fantasie.

 

Più fiduciosi in Papa Francesco rispetto che ai vescovi americani. Questo emerge da un sondaggio realizzato da Gallup nella comunità cattolica statunitense. Il dato fa riflettere, considerando che i siti web del tradizionalismo cattolico continuano fantasiosamente a descrivere una situazione di guerra aperta tra l’episcopato (definito “conservatore”) americano e la Santa Sede, con il popolo schierato a fianco dei vescovi. Niente di vero, ovviamente.

Il principale risultato del sondaggio è quello di un consistente numero di cattolici che sta riesaminando il proprio impegno nei confronti della fede alla luce dello scandalo degli abusi sessuali da parte di numerosi preti. Il 37% dei cattolici americani, rispetto al 22% nel 2002, ha affermato che le notizie sugli abusi li hanno portati a chiedersi se sarebbero rimasti nella Chiesa.

 

Il sondaggio censurato da alcuni blog cattolici.

Gran parte dei blog tradizionalisti, tuttavia, hanno nascosto il sondaggio in quanto la seconda parte ha mostrato che i cattolici statunitensi ripongono più fiducia in Papa Francesco che nei vescovi americani, alla luce dello scandalo pedofilia. Il 58% ha moltissima o molta fiducia in Bergoglio, mentre solo il 30% la ripone nell’episcopato statunitense. Se si analizzano i dati di chi frequenta la Messa abitualmente -cioè i veri cattolici, quelli praticanti- i numeri sono più significativi. La fiducia in Francesco sale al 68%, mentre quella riposta nei vescovi americani non raggiunge il 50%.

 

Il confronto con Benedetto XVI nel 2010.

Gli stessi ricercatori, considerando la fiducia espressa dai cattolici in generale (praticanti e non praticanti), tuttavia concludono: «I cattolici statunitensi sono ancora per lo più fiduciosi in Papa Francesco, ma si potrebbe sostenere che il 58% che esprime fiducia in lui è un dato un poco debole visto il suo ruolo di leader della Chiesa cattolica». La riflessione è corretta e anche comprensibile data la consistente (e luciferina) guerra interna che il Papa subisce quotidianamente da siti web e blog legati al conservatorismo americano, a cui appartengono moltissimi cattolici. Tuttavia se si confronta tale dato con quello ottenuto da Benedetto XVI nel 2010 (tre anni prima della sua abdicazione), si scoprirà che non c’è poi molta differenza.

Sempre secondo un sondaggio di Gallup del 2010, i cattolici americani che riponevano fiducia e guardavano positivamente Papa Benedetto XVI erano infatti il 61%. Anche in quel caso influiva moltissimo lo scandalo pedofilia che scoppiò in quegli anni, tra preti abusatori e vescovi poco attenti. E’ anche vero che il predecessore di Francesco era perseguitato sia dai media laicisti che dal cattolicesimo di sinistra, mentre il Papa argentino subisce solamente il fuoco catto-conservatore, rivelatosi tuttavia molto più martellante e aggressivo di quello catto-progressista.

 

“L’armata di preghiera” a sostegno di Francesco organizzata dai cattolici polacchi.

I vescovi statunitensi, al posto di dare ascolto agli appelli cadenzati dell’ex nunzio apostolico Carlo Maria Viganò diffusi su LifeSiteNews, dovrebbero forse unirsi spiritualmente a Papa Francesco, riusciranno a riconquistare la fiducia della comunità cattolica.

Molto significativa, a questo proposito, l’“Armata di preghiera” patrocinata da uno dei pupilli di Giovanni Paolo II, mons. Stanislaw Gadecki, attuale presidente dei vescovi polacchi. In occasione del recente sesto anniversario dell’elezione di Papa Bergoglio, i fedeli cattolici in Polonia hanno infatti organizzato l’iniziativa “Uno per tutti, tutti per uno”, durante la quale hanno proposto la recita del rosario -in qualunque luogo, pubblico o privato- per sostenere il Santo Padre. I blogger tradizionalisti non hanno aderito.

La redazione

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Le leggi pro-life scritte in maggioranza da donne: la ricerca che spiazza

aborto donneGli Stati americani con più alta percentuale di politiche donne sono anche quelli che emettono il maggior numero di leggi Pro-Life e restrittive all’aborto. La ricerca pubblicata sul Journal of Women, Politics and Policy svela ciò che i media vogliono tenere nascosto: il mondo pro-life è prettamente femminile.

 

La notizia che nessun telegiornale o quotidiano darà mai. Perché, secondo la mentalità corrente, l’opposizione all’aborto arriva solamente da circoli di fanatici maschilisti, che vogliono soggiogare le donne e impedire loro la fantomatica “libertà di scelta”.

Per questo, pochi mesi fa, la stampa internazionale ha censurato le migliaia di donne argentine che sono scese per le strade a festeggiare il fallimento del tentativo di legalizzare l’interruzione di gravidanza.

 

Gli Stati con più donne in politica legiferano più leggi contro l’aborto.

Un recente studio pubblicato sul Journal of Women, Politics and Policy, ha evidenzia un dato scioccante per l’elitè delle società moderne: un dato interessante emerso dall’analisi della crescente serie di leggi cosiddette “pro-life” (cioè che restringono l’applicazione dell’aborto) negli Stati Uniti è che i singoli stati americani con una percentuale più alta di parlamentari donne (sopratutto repubblicane) sono anche quelli che hanno promosso un numero maggiore di leggi a favore del diritto alla vita dei nascituri. Si parla di quasi 300 leggi restrittive in 33 stati.

La ricerca è di parte e definisce l’ondata pro-life come «drammatica». Eppure constata un dato molto significativo, dato che i politici maschi pro-life sono spesso accusati dai sostenitori dell’aborto legale di intervenire su una “questione femminile”, tanto che il senatore australiano Barry O’Sullivan ha sfruttato l’ideologia gender per dichiarare il suo (finto) “cambio di sesso” per poter essere legittimato socialmente ad intervenire contro l’interruzione di gravidanza. Lo studio sicuramente incoraggerà molti politici maschi a sostenere leggi pro-life, ora che sanno di avere il sostegno di un numero significativo di loro colleghe.

 

L’associazione femminile che sostiene le senatrici Pro-Life.

I risultati suggeriscono anche la lungimiranza di Marjorie Jones Dannenfelser, un’attivista considerata una delle “25 donne repubblicane più influenti”. Venticinque anni fa ha fondato la Susan B. Anthony List Marjorie Dannenfelser (SBA), un movimento femminile pro-life che si focalizza al sostegno politico di donne che si dichiarano a favore del diritto alla vita. Nell’attuale Congresso fanno parte della SBA 13 senatrici pro-life, mentre al Senato ve ne sono 5. In tutti gli Stati Uniti, attualmente, sono elette 188 donne pro-life in 43 stati diversi.

 

L’ex attivista rivela: l’aborto non era una priorità delle femministe, fino a quando…

Un’autorevole paladina pro-life è oggi Sue Ellen Browder, storica femminista della sinistra radicale che negli anni ’70 ha fondato la rivista Cosmopolitan, attraverso la quale ha guidato la rivoluzione sessuale americana. Poi ha cambiato idea e nel 2015 ha scritto il libro Come ho aiutato la rivoluzione sessuale a dirottare il movimento delle donne, rivelando che la contraccezione e l’aborto non erano originariamente parte del movimento femminista negli anni ’60, tanto meno una priorità. Infatti non facevano parte del “manuale femminista” pubblicato nel 1963 da Betty Friedan, intitolato Feminine Mystique, riferimento delle attiviste statunitensi.

Le priorità delle femministe cambiarono però a causa dei due fondatori della National Abortion Rights Action League, ovvero Larry Lader e il dott. Bernard Nathanson (che, a seguito della conversione religiosa, diventerà in seguito uno dei più importanti leader pro-life). In quegli anni seppero convincere Betty Friedan a presentare il “diritto di aborto” al secondo incontro annuale della National Organization Woman (NOW), in data 18 novembre 1967. Delle 100 femministe presenti, 57 votarono perché l’aborto diventasse una priorità del femminismo, e così fu. «Ancora oggi stiamo combattendo contro ciò che accadde quella notte», ha scritto nel suo libro la femminista Browder, che all’epoca aveva 17 anni.

 

Ecco perché nessun parla di questa ricerca. I risultati dimostrano che le donne sono e continueranno ad essere una parte importante e fondamentale della storia e del crescente successo (almeno negli USA) di una legislatura sempre più focalizzata sul diritto alla vita dei nascituri, preponderante sulla opinabile scelta di interrompere la loro esistenza prima del parto.

La redazione

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Regno Unito, oltre 1.000 adulti si battezzeranno a Pasqua

conversioni adulteCatecumeni 2019. Migliaia di nuovi convertiti si apprestano a diventare cattolici durante la veglia pasquale di quest’anno. In Inghilterra e Galles, in particolare, si è verificato un vero boom di richieste di battesimi adulti dopo il percorso di catecumenato, il corso di iniziazione cristiana che la Chiesa prevede per chi chiede di entrare in comunione con il Papa.

 

Da quanto il pontefice si chiama Papa Francesco, moltissimi blogger cattolici evitano accuratamente di parlare di nuove conversioni o di aumento del numero di chi frequenta la Chiesa. Preferiscono sottolineare, con enfasi soddisfatta, notizie sulla (presunta) perdita di fiducia dei cattolici nei confronti della Chiesa. La considerano una vittoria, possono incolpare l’odiato Francesco di essere la causa del disastro spirituale attraverso il suo magistero che quotidianamente indicano come confuso, ambiguo, eretico.

 

Catecumeni nel Regno Unito: oltre 1000 al ritiro di Quaresima.

Ma la realtà è differente da quanto viene raccontata nel piccolo mondo antipapista. Basta guardare quanto sta accadendo nelle diocesi del Regno Unito, dove più di un migliaio di persone sono pronte ad entrare nella Chiesa cattolica nel giorno di Pasqua. Hanno infatti concluso il periodo chiamato catecumenato e recentemente hanno partecipato al ritiro spirituale di Quaresima, l’ultimo appuntamento della cosiddetta iniziazione cristiana rivolta agli adulti che vogliono chiedere il sacramento della Cresima o del Battesimo.

Sono adulti convertiti, nella sola cattedrale di Westminster erano presenti oltre 400 persone. Di questi, 200 erano catecumeni (non cristiani che non sono mai stati battezzati) mentre 219 avevano già ricevuto il battesimo ma desiderano entrare in piena comunione con la Chiesa. Il cardinale Vincent Nichols ha presieduto la celebrazione eucaristica insieme ai vescovi John Sherrington, Nicholas Hudson, Paul McAleenan e John Wilson. A Clifton hanno partecipato 47 persone, di cui 19 persone erano catecumeni, a Lancaster erano 32 persone, di cui 17 catecumeni.

 

Numeri in crescita in molte parrocchie.

In molte diocesi sono aumentate le richieste di adulti di diventare cattolici rispetto al 2018. A Birmingham, ad esempio, pochi giorni fa erano 181 le persone presenti alla conclusione del percorso di iniziazione nella cattedrale di St Chad, di queste 85 erano catecumeni, mentre l’anno prima erano 77. Nella diocesi di Nottingham, 151 persone si preparano ad essere accolte nella Chiesa a Pasqua, 30 in più rispetto all’anno scorso. Numeri importanti anche nelle diocesi di Cardiff, Middlesbrough, East Anglia, Cambridge, Peterborough e Norwich.

Lo stesso accade ogni anno in tutte le parrocchie del mondo. In Cambogia, ad esempio, durante la veglia di Pasqua del 2019 si celebreranno 154 battesimi di adulti che hanno chiesto di appartenere al popolo cattolico, in unità con Papa Francesco.

 

“Oggi vieni eletto, scelto, chiamato alla salvezza”.

Molto profonde le parole pronunciate nell’omelia dal vescovo Alan Hopes, che ha salutato personalmente più di 60 convertiti (di cui 30 catecumeni): «Oggi celebriamo la tua speranza e la tua fiducia in Gesù Cristo, al quale ti rivolgi per la salvezza. Oggi vieni eletto, scelto, chiamato alla salvezza. La Chiesa si rallegra con te mentre ti accoglie tra tutti coloro che sono stati chiamati e scelti. Durante la Quaresima, insieme a tutta la Chiesa, sei chiamato a rivolgerti al Signore. Sei chiamato ad approfondire il tuo impegno verso di Lui e così crescere in santità. Sei stato chiamato a diventare santo di Dio».

La redazione

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Francia, chiese cattoliche sotto attacco: “vandalismo anticristiano”

francia chieseOndata di vandalismo contro il cattolicesimo in Francia, ma non ha un’origine culturale o religiosa. E’ puro odio sfogato contro ostie, tabernacoli e statue. Violenza “laica”.

 

Non ha alcuna particolare origine religiosa o culturale, dice la polizia. Satanismo o islamismo non c’entrano. L’ondata che si sta abbattendo contro le chiese cattoliche in Francia è puro vandalismo anticristiano. Violenza “laica”.

 

Escrementi umani, ostie calpestate e appiccato il fuoco.

Negli ultimi sette giorni sono state profanate una dozzina di chiese in diverse parti della Francia, tanto che la notizia è uscita dai confini locali. A Nimes, nella la cattedrale di Notre-Dame des Enfants è stata disegnata una croce con escrementi umani, l’altare ed il tabernacolo è stato saccheggiato. A Dijon, la chiesa di Notre-Dame le ostie consacrate sono state rimosse dal tabernacolo, sparse a terra e calpestate.

A Lavaur, la parrocchia è stata assalita da giovani uomini in apparente stato di ubriachezza. Il braccio di una statua del Cristo crocifisso è stato “distorto” per fargli fare un gesto osceno. Lo stesso in molte altre chiese nella periferia di Parigi. Nella chiesa di Saint-Sulpice (nella foto) è stato appiccato il fuoco.

 

Feroce odio verso il cattolicesimo, atti non firmati.

Chi ha compiuto questi atti non ha firmato gli atti con sigle, ma conosce l’importanza per i cattolici delle ostie consacrate, ne ha appreso il significato. Tuttavia la polizia esclude siano l’opera di qualche setta satanica. L’unica cosa che accomuna tutte le profanazioni è un evidente carattere anticristiano, un feroce odio verso il cattolicesimo. «I vandali vogliono dare ai loro atti una chiara dimensione anti-religiosa», si legge.

I vescovi francesi preferiscono mantenere un basso profilo, probabilmente per non alimentare il fanatismo laicista e anticlericale. La Conferenza Episcopale e diverse personalità cattoliche si sono limitate a mettere in evidenza la minaccia anticristiana, sperando che le autorità politiche e di polizia facciano il loro lavoro.

La redazione

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Papa Francesco: «solo partendo dalle radici cristiane si integrano altri popoli»

papa francesco radici cristianeSoltanto riconoscendo le radici cristiane dell’Europa si potrà costruire una società che integri in modo onesto ed efficace i migranti. Questo l’incarico di Papa Francesco ai politici di Slovacchia e Repubblica Ceca, ma è anche il pensiero di un eminente filosofo francese, Philippe Nemo.

 

Ricevendo in udienza una delegazione di parlamentari della Repubblica Ceca e della Repubblica Slovacca, in occasione del 1150° anniversario della morte di San Cirillo, Papa Francesco ha invitato gli esponenti dei due governi a non guardare al Vangelo come amplificatore delle diversità culturale.

 

“Come San Cirillo, riscoprite la vostra identità culturale cristiana”.

Anzi, è un aiuto per «le persone e le comunità a riconoscere e a realizzare il bene, la verità e la bellezza». Infatti, «la vostra storia insegna che il Cristianesimo ha sempre rappresentato la fonte della speranza e la forza della ripresa, specialmente nei periodi più bui e difficili».

Per questo, ha proseguito il Pontefice, «come rappresentanti del popolo nelle istituzioni, siete chiamati a riscoprire l’intrinseco legame esistente tra il Vangelo e la vostra identità culturale, rivalutando le vostre radici cristiane per costruire una società in cui possa attuarsi la mutua accoglienza e la solidarietà reciproca».

L’esempio è proprio quello di San Cirillo, che «ha saputo tessere rapporti di conoscenza e di cordialità tra i popoli, diventando anello di congiunzione tra diverse culture e tradizioni ecclesiali», auspicando -ha concluso il Papa- che «una così significativa eredità spirituale e culturale susciti in tutti i vostri concittadini il desiderio dell’incontro e dell’apertura all’altro».

 

Il pensiero del filosofo Nemo: “Identità diversa da quella cristiana? Una menzogna per l’Europa”.

Una bella ed importante riflessione. Essa trova eco nel pensiero di un importante filosofo cattolico europeo, Philippe Nemo, direttore del Centro di ricerche in Filosofia economica presso l’ESCP Europe, il quale ha autorevolmente confermato che di fronte alla massiccia immigrazione a cui è sottoposto il nostro Continente, affermare pubblicamente la tradizione cristiana europea è il modo migliore per integrare i nuovi arrivati, specialmente quelli di fede musulmana.

Sempre un paradosso, ma non per il prof. Nemo. Ecco la sua spiegazione:

«La manipolazione della storia tende a cancellare l’identità di una comunità, a negarne l’anima e a comprometterne il futuro. La negazione delle radici cristiane dell’Europa tende a trasformare gli europei che si sentono cristiani – perché credenti o perché affezionati alle tradizioni ricevute – in ospiti marginali e potenzialmente sgraditi dell’Europa. Tale negazione vuole imporre con la forza all’insieme degli europei un’identità diversa da quella che è realmente la loro. Un’identità, per giunta, senza spessore e senza coerenza, che sarebbe fondata solo sui “diritti dell’uomo”, sulla “democrazia” e su tutti quei valori che si pensa, a torto, derivati dall’Illuminismo. Ma se questi valori sono apparsi solo nel contesto di società cristiane e sono abbondantemente nutriti di cristianesimo, chi può dire se essi potranno sopravvivere in una società dove non si annuncia più il Vangelo o, addirittura, si fa come se non fosse mai esistito? L’Europa non può fondarsi su una menzogna».

 

“Solo le radici cristiane aiutano ad integrare i migranti”.

In secondo luogo, prendendo in considerazione proprio il fenomeno immigratorio:

«Se vogliamo che queste popolazioni giunte da altre culture possano vivere in armonia sia con noi sia fra loro, occorre che esse condividano almeno in parte la cultura della società democratica che le accoglie. E, a questo scopo, occorre prima di tutto che conoscano questa cultura: ma come sarà possibile, se le stesse istituzioni europee ne mascherano deliberatamente una parte essenziale? Non sarebbe meglio per loro stessi che, imparando che l’Europa deve al cristianesimo gran parte delle cose buone che vengono a cercarvi, gli immigrati potessero scoprirlo davvero, studiarne il messaggio religioso e morale, interessarsi del suo culto e dei suoi dogmi, conoscere i suoi eroi e i suoi santi? Imponendo il silenzio ufficiale sul cristianesimo, i responsabili dell’Europa chiudono loro questa strada a priori, rendendone l’integrazione insincera e precaria. Alla colpa morale dei dirigenti europei – l’ingiustizia e l’insulto contro i cristiani d’Europa – si aggiunge così un enorme errore politico. Dovuto, a mio parere, al modo di ragionare, incorreggibilmente superficiale, di quei tecnocrati che pensano che l’essenza della politica sia, con la scusa di non affrontare questioni sgradevoli, non trattare mai quelle importanti». (da La bella morte dell’ateismo moderno, Rubbettini 2016, p. 115-116)

Ecco così che, alla luce dell’approfondimento del prof. Philippe Nemo, l’incarico di Francesco ai politici slovacchi e cecoslovacchi acquista di illuminata ragionevolezza. E’ solo riaffermando la natura cristiana delle radici europee che l’identità profonda del continente Europeo non verrà persa o sostituita e, in secondo luogo, si potrà attuare una sincera ed efficace integrazione delle popolazioni non europee.

La redazione

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Cina, il card. Zen: «La chiesa sotterranea? Non comunico con loro»

cina vaticano negoziatoIl presule più critico verso l’accordo tra Cina e Vaticano, il card. Joseph Zen, ammette di non comunicare e non avere notizie dalla comunità cattolica sotterranea, la quale -per bocca di numerosi vescovi “clandestini” e dei missionari- ha invece apprezzato molto il negoziato.

 

Forse è stato risolto il grande enigma rilevato da molti esperti della situazione riguardo alla comunità cattolica in Cina. Secondo uno schema mediatico fin troppo grossolano e poco rappresentante della realtà, esisterebbe una Chiesa “ufficiale”, registrata presso il governo (chiamata anche patriottica) e una comunità sotterranea, tradizionalmente fedele a Roma e al Papa.

Si è parlato molto di questo scenario dopo la firma di un primo e provvisorio accordo fra Cina e Santa Sede per le nomine dei vescovi, l’inizio di una pagina nuova che in buona parte deve essere ancora scritta. Il tentativo, da parte del Vaticano, è stato quello di tentare il superamento della contrapposizione fra le ‘due chiese’ in vista dell’unità, tentando di strappare al governo cinese la facoltà di nominare i vescovi ed obbligandolo, per lo meno, a nomine episcopali condivise con la Santa Sede, sulle quali il Papa ha finalmente potere di veto o di approvazione. D’ora in poi, questo è l’obiettivo, in Cina non ci saranno più vescovi illegittimi.

 

L’accordo Cina-Vaticano esaudisce la volontà di Benedetto XVI.

Come ha spiegato padre Federico Lombardi, a lungo stretto collaboratore di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, «più di una volta questo negoziato era stato interrotto nonostante si fosse arrivati molto vicini alla conclusione. E’ un passo significativo, una premessa necessaria per la riconciliazione nella Chiesa in Cina». L’accordo stipulato nel 2018 è infatti ciò che si è sempre augurato anche il predecessore di Francesco, Benedetto XVI, in particolare nella sua Lettera ai cattolici cinesi del 2007, alla quale ha collaborato alla stesura l’attuale segretario di Stato, card. Pietro Parolin.

Non è un caso che il vero regista del negoziato -oltre allo stesso Parolin- è stato l’arcivescovo Claudio Maria Celli, uno dei più esperti dello scenario cinese in Vaticano, nonché tra i più stretti collaboratori di Papa Ratzinger. Il missionario del PIME, don Gianni Criveller, da decenni opera in Cina e ha chiaramente spiegato che l’accordo stipulato «porta a compimento un lungo cammino, iniziato da Giovanni Paolo II e continuato dallo stesso Benedetto».

 

Il missionario del PIME: “Non significa che la situazione dei cattolici migliori”.

Per i blog cattolici che perseguitano Papa Francesco è ovviamente tutto sbagliato, anche l’accordo Cina-Vaticano sarebbe un enorme errore ed un tentativo del Pontefice eretico di distruggere la comunità cattolica cinese. I soliti Riccardo Cascioli, Sandro Magister, Aldo Maria Valli e Marco Tosatti sono stati fin troppo chiari e hanno fatto leva sull’esistenza di persistenti imposizioni esercitate dagli apparati politici locali su membri delle comunità cattoliche “clandestine”. Come dire: “Vedete? Non ha risolto nulla!?”. Tuttavia, sempre il missionario in Cina, Criveller, ha ben osservato che «l’accordo non significa affatto che la situazione dei cattolici in Cina debba migliorare», piuttosto la Chiesa «è riuscita a ottenere in un negoziato difficilissimo con un interlocutore caparbio e implacabile», un primo passo per ottenere, d’ora in poi, la comunione con Roma di tutti i futuri vescovi. «È bene che ci sia stato questo accordo».

 

Il card. Zen in contrasto con i vescovi “clandestini”.

A parte i trascurabili giornalisti conservatori, una voce critica molto più autorevole è stata quella del card. Joseph Zen Ze-kiun, arcivescovo emerito di Hong Kong: «Il Vaticano sta svendendo la Chiesa cattolica in Cina». Il suo nome è stato sfruttato subito dai blog antipapisti (subito celebrato come “martire per la verità”), ma è anche comparso in decine di interviste in tutto il mondo, tra cui il New York Times, ed è frequentemente citato dal portale italiano più autorevole sulla Cina, AsiaNews, guidato da padre Bernardo Cervellera.

Eppure i pesanti e drastici giudizi del card. Zen (a volte anche positivi, però) si sono scontrati con quelli entusiasti e apprezzativi verso il negoziato Vaticano-Cina espressi dagli stessi vescovi della comunità sotterranea cinese. Abbiamo già ripreso le parole di approvazione arrivate da Giuseppe Wei Fu, vescovo “clandestino” della diocesi di Baoding, dal vescovo “clandestino” Pietro Lin Jiashan e dal vescovo Joseph Xu Honggen. Sempre il vescovo clandestino Wei Fu, ha direttamente risposto al card. Zen (pur senza citarlo) con queste parole: «Se uno critica il Papa di essersi arreso al governo cinese sulla nomina dei vescovi cinesi, può fare questo solo perché non ha la fede e quindi non può sapere cosa è davvero la Chiesa. E io, a uno così, lascerei dire quello che vuole, può dire quello che gli pare, tanto non sa di cosa parla». Anche il card. Fernando Filoni, nominato da Ratzinger prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha commentato: «Solo un animo superficiale o in mala fede potrebbe immaginare che Papa Francesco e la Santa Sede abbandonino il gregge di Cristo, ovunque e in qualunque condizione esso si trovi nel mondo».

E’ improbabile che il vescovo clandestino e il card. Filoni si stiano riferendo al card. Zen. Anche perché sembra impossibile che l’arcivescovo emerito di Hong Kong sappia poco o nulla della comunità clandestina cinese. Eppure, recenti parole dello stesso cardinale cinese, rilasciate in un’ennesima intervista, sembra adombrare questo sospetto. «Lei conosce i vescovi sotterranei in Cina, immagino…», gli ha domandato l’intervistatore Terence P. Jeffrey. «Si, più o meno», la risposta del card. Zen. «E lei comunica con loro?», seconda domanda. «No, non con molti. E’ pericoloso per loro comunicare con me».

Si può ben comprendere come le comunicazioni non siano affatto facili in un clima generale di timore e preoccupazione per la propria libertà, tuttavia la rivelazione del card. Zen di non conoscere la situazione, i giudizi, il “sensus fidei” dei cattolici cinesi clandestini, svela come sia possibile la co-esistenza di un giudizio così negativo -ma poco informato, per sua stessa ammissione- da parte dell’arcivescovo emerito di Hong Kong e quello positivo, speranzoso e aperturista da parte di numerosi vescovi della comunità cattolica sotterranea.

 

“La comunità cattolica sotterranea è ottimista e fiduciosa del negoziato”.

Chi invece ha contatti continui con la comunità clandestina cattolica è, ad esempio, padre Kevin O’Neill, ex Superiore generale della Società di San Colombano per le missioni estere, che ora ha sede proprio ad Hong Kong. Al Tablet ha detto che le persone con cui è in contatto, membri della comunità cattolica sotterranea, «non riportano alcun “annientamento” della Chiesa; al contrario, anche se ovviamente è molto presto, sono generalmente ottimiste riguardo all’accordo». Il noto settimanale cattolico britannico, che ha intervistato padre O’Neill, ha osservato che «in contrasto con la cupa prospettiva tenuta dal cardinale Zen», la visione del missionario è ottimista e fiduciosa. Ed infine: «Qualunque sia il futuro per i cattolici della Cina, con la firma dell’accordo le scomuniche dei vescovi che non ebbero l’approvazione da Roma prima di essere consacrate sono state revocate. Papa Francesco ha esaudito il desiderio di Benedetto XVI espresso nel 2007».

La redazione

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Una società ipocrita: contro discriminazione dei Down, però li abortisce

ipocrisia downOggi è la Giornata Mondiale della Sindrome di Down. Una riflessione sull’ipocrisia di chi lotta per l’inclusività dei disabili nella società ma si dichiara a favore dell’interruzione di gravidanza quando essi sono nel ventre materno.

 

Si è parlato alcuni mesi fa delle parole di Rocco Casalino, portavoce dell’attuale governo italiano, a proposito delle persone affette da sindrome di Down. «Mi danno fastidio», ha detto in un video. Si è scusato grossolanamente, dicendo che stava interpretando un personaggio e ha giurato che non si tratta del suo pensiero e che si immedesima nella discriminazione che subiscono queste persone. Peccato che sia completamente a favore della prima e principale discriminazione subìta dai disabili, ovvero la loro uccisione nel ventre materno a causa della loro disabilità.

 

L’ipocrisia del governo spagnolo di Sanchez.

E’ proprio vero che quando si lascia la Via tutti i burroni si fanno vicini. E spesso ci si finisce anche dentro. Succede anche in Spagna: il governo Sanchez, socialista, vuole dare un’immagine inclusiva delle persone disabili, ma i suoi intenti si scontrano con le realtà che esso stesso ha promosso precedentemente. Il Consiglio dei ministri spagnolo ha infatti approvato un progetto di legge che elimina l’incapacità giudiziaria delle persone sofferenti di handicap mentali, e fra questi ha incluso anche la sindrome di Down. Il fine è quello di eliminare le espressioni “incapace” o “incapacitato” e portare novità sostanziali nella vita di quelle persone.

Un provvedimento ponderato, analizzato e proposto nella sua formulazione migliore, almeno secondo loro. La nota particolare di questa situazione è che il governo Sanchez intende rendere più autonome le persone con sindrome di Down, ma allo stesso tempo sta cercando di cancellarle favorendo in ogni modo l’aborto dei bambini affetti da questa patologia.

La diagnosi precoce delle invalidità mentali o delle malformazioni fisiche del bambino e l’aborto, regolati in Spagna dalla pessima legge Zapatero, infatti, incoraggia i genitori ad interrompere la gravidanza dei figli che non siano “la perfezione”. Nella medesima società spagnola dove si eliminano i bambini affetti da sindrome di Down, vengono portati ad esempio le stesse persone con tale disabilità che riescono a raggiungere obiettivi come laurearsi, insegnare o diventare modelli, e vigerà anche una legge che consentirà loro l’autonomia dal punto di vista giuridico. Un’inclusione sociale che ovviamente riguarderà solo coloro che riusciranno a scampare alla legge che consente di farli fuori senza alcuna complicazione, proprio a causa della loro disabilità.

 

Assistenza ai down, a patto che scampino all’aborto.

Non è solo il governo spagnolo ad affogare nell’ipocrisia. Il famoso giornalista catalano Jordi Evole ha infatti realizzato un’inchiesta televisiva sui cambiamenti intervenuti nella vita di un gruppo di persone Down, che hanno riscosso grande successo interpretando il film “Champions”. Il nostro cavalca il buonismo più decomposto lodando «il film che dimostra che le persone disabili sanno fare altre cose», protestando perché «lo Stato non assicura alle persone disabili l’assistenza sufficiente», indignandosi perché «le persone disabili sono spesso umiliate» et similia. Loda poi l’equilibrio di uno degli attori del film, il quale ha espresso il proposito di continuare a lavorare per sentirsi utile anche se la sua condizione naturalmente non cambierà. Addirittura si cruccia per i genitori, che guardano con grave preoccupazione l’avvenire dei loro figli dal giorno in cui saranno soli al mondo. Un vero paladino dei disabili, si direbbe.

Questo signore invece è un capolavoro di ipocrisia, una summa del politicamente corretto, una performance di doppiezza: si è dichiarato favorevole alla legge per l’interruzione di gravidanza, utilizzata sopratutto proprio verso i bambini affetti da disabilità e sindrome di Down, e si è fermamente schierato contro ogni riforma restrittiva dell’attuale legge spagnola. Così, la difesa dei disabili gli sta a cuore quando può guadagnare denaro e stima sociale, quando può trasformarla in un programma televisivo. Quando però c’è da difendere il diritto alla vita dei bambini disabili non ancora nati, è allora che a suo avviso valgono sottozero e possono finire a pezzi dentro un sacchetto di plastica e buttati poi chissà dove. Da una parte denuncia le discriminazioni subìte dalle persone disabili, ma dimentica di smascherare la discriminazione per antonomasia, irreversibile, perversa, diabolica ossia l’omicidio di un bambino disabile.

Accettare le persone per quelle che sono è sempre difficile e non solo in caso di disabilità mentale. Ci auguriamo che la Giornata Mondiale della Sindrome di Down, che oggi si celebra, aiuti a riflettere anche sull’enorme ipocrisia che la circonda.

Carla Vanni

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«L’ateismo? Incoerente con il metodo scientifico». Parla il fisico Marcelo Gleiser.

premio templeton 2019Lo scienziato omaggiato dal Premio Templeton 2019 è Marcelo Gleiser. Fisico e astrofisico brasiliano, si definisce “agnostico religioso” ed è un critico dell’ateismo scientista. La scienza lo ha portato ad ammirare il mistero dell’esistenza.

 

Il 29 maggio prossimo l’eminente fisico Marcelo Gleiser riceverà il Premio Templeton 2019. Una prestigiosa premiazione che onora gli uomini di scienza che sanno andare oltre la propria materia di competenza e riescono a dare contribuiti alla dimensione spirituale dell’esistenza.

In passato è stato assegnato a studiosi del calibro di Charles Hard Townes (fisico e premio Nobel), John David Barrow (matematico), Francisco J. Ayala (biologo), George Ellis (fisico), Martin John Rees (astrofisico). Quest’anno è toccato a Gleiser, professore di Fisica e Astronomia al Dartmouth College di Hanover (Germania), di origine brasiliana, giudicato «una voce di spicco tra gli scienziati, passati e presenti, che rifiutano l’idea che la scienza da sola possa portare a verità definitive sulla natura della realtà».

 

“L’assenza di prove di Dio non è una prova di assenza”.

Il fisico si è formato presso la Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro ed è noto per la scoperta, nel 1994, delle cosiddette oscillazioni elettrostatiche. Si definisce un “agnostico religioso” e da anni è un critico dichiarato dell’ateismo scientista, ben rappresentato all’estero da personaggi come Richard Dawkins, Daniel Dennett e Lawrence Krauss. In Italia, invece, tra le file del fondamentalismo ateo-scientifico è possibile elencare i noti Piergiorgio Odifreddi, Telmo Pievani ed Edoardo Boncinelli.

Ma, oltre ai tanti scienziati credenti, vi sono numerosi ricercatori agnostici e non credenti che non tollerano la strumentalizzazione del campo scientifico per fini ateistici e, tra questi, c’è proprio Marcelo Gleiser. «Vedo l’ateismo come incoerente con il metodo scientifico in quanto è, essenzialmente, la credenza nella non credenza», ha dichiarato l’eminente fisico in un’intervista a Scientific American. «L’assenza di prove non è prova di assenza. Si può non credere in Dio, ma affermare la sua inesistenza con certezza non è scientificamente coerente».

 

Il mistero dell’esistenza e la relazione tra scienza e spiritualità.

La Fondazione Templeton ha spiegato che Gleiser, nei suoi interventi pubblici e nei documentari di cui è autore, manifesta un profondo timore reverenziale verso l’esistenza, «un’innegabile gioia nell’esplorazione, mantiene lo stesso senso di stupore e meraviglia per il Creato che ha sperimentato per la prima volta da bambino sulla spiaggia di Copacabana, guardando l’orizzonte ed il cielo notturno stellato, incuriosito da ciò che sta oltre».

Nell’intervista alla rivista scientifica americana, il fisico ha affermato: «la scienza è un modo per connettersi con il mistero dell’esistenza. Quelle domande che fanno parte di noi ora rientrano nella ricerca scientifica, ma sono molto, molto più vecchie della scienza stessa. Per me, come fisico teorico e anche per qualcuno che passa il tempo tra le montagne, questo tipo di domande offre una connessione profondamente spirituale con il mondo, attraverso la mia mente e attraverso il mio corpo. Einstein avrebbe detto la stessa cosa. Non sono solo io; anche il mio collega, l’astrofisico Adam Frank e molti altri, ormai parlano sempre più della relazione tra scienza e spiritualità».

 

“Copernico non ha detronizzato l’uomo, siamo creature uniche e speciali”.

Forse la parte più interessante della sua intervista è quando riflette su quanti dicono -con intenti antimetafisici- che la rivoluzione copernicana ci avrebbe “scalzato” dal centro dell’Universo. Un Dio creatore non agirebbe così, afferma l’ateismo scientifico. «Quando la gente parla di Copernico e  di copernicanesimo – il “principio della mediocrità”», ha spiegato Gleiser, «rispondo sempre: “Sai una cosa? È tempo di andare oltre. Quando guardi là fuori verso gli altri pianeti (e gli esopianeti), quando guardi la storia della vita sulla Terra, realizzerai che questo luogo chiamato Terra è assolutamente stupefacente. E forse, sì, ce ne sono altri là fuori, forse, ma in questo momento quello che sappiamo è che abbiamo questo mondo, e siamo stupefacenti macchine molecolari capaci di autocoscienza. Tutto ciò ci rende davvero speciali. E sappiamo per certo che non ci saranno altri umani nell’universo; potrebbero esserci degli umanoidi da qualche parte là fuori, ma siamo prodotti unici della lunga storia del nostro singolo, piccolo pianeta”»

Marcelo Gleiser si è definito «sconvolto» dagli errori commessi da scienziati come Stephen Hawking e Lawrence Krauss quando hanno sostenuto che avremmo risolto il problema dell’origine dell’universo, o la correttezza della teoria delle stringhe, o che la “teoria del tutto” sarebbe ormai a portata di mano. «Tali affermazioni sono false! Quindi, mi sento come se fossi un guardiano per l’integrità della scienza in questo momento; qualcuno di cui ti puoi fidare perché questa persona è aperta e onesta abbastanza da ammettere che l’impresa scientifica ha dei limiti, il che non significa che sia debole! La mia missione è di riportare alla scienza, e alle persone che sono interessate alla scienza, questo attaccamento al mistero, perché la scienza è solo un altro modo di impegnarci con il mistero di chi siamo».

«Sia la religione che la scienza condividono lo stesso seme», ha spiegato il fisico in un’altra occasione. «La mente va mantenuta aperta. Il mistero dell’universo rimane. La Terra è un posto molto speciale, la vita è unica e la vita intelligente è rara. Abbiamo bisogno di una nuova moralità per il 21° secolo e sono convinto che tutta la vita sia sacra».

 

Da dove proviene quel bisogno di senso che abita il cuore di ogni uomo?

Il fisico è partito da quelle domande sull’esistenza che ha ritrovato dentro di sé, più antiche della scienza stessa. Il vero mistero è proprio la loro natura, la loro genesi, l’impossibilità di appagare il bisogno di senso infinito che domina l’uomo che non si limita a sopravvivere. O è un terribile inganno evolutivo, e allora non siamo affatto “speciali”, oppure sono quella firma del Creatore perché la creatura non si allontani troppo e sia continuamente stimolato a ritornare all’origine.

La redazione

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I conquistadores e le conversioni forzate: ciò che non viene detto

Sacrifici umani e le civiltà precristiane. I colonizzatori si trovarono di fronte popolazioni totalmente sottomesse a divinità crudeli. I sacrifici umani terminarono con l’introduzione -spesso forzata- dei valori cristiani.

 

Nel nostro dossier sul colonialismo abbiamo sottolineato come effettivamente i conquistadores spesso imposero, e non proposero, il messaggio cristiano. Un torto, certamente, ma in parte giustificato nel tentativo di inculcare dei valori morali e porre un freno alla crudele disumanità dei popoli che incontrarono.

 

Atzechi e i sacrifici umani quotidiani.

La storica e antropologa australiana Inga Clendinnen è considerata un’autorità internazionale della civiltà azteca e nel suo famoso libro, Aztecs: An Interpretation (Cambridge University Press 1991) ha scritto: «Dispiacersi della scomparsa dell’impero azteco è come rammaricarsi della sconfitta dei nazisti nella seconda guerra mondiale». Il sistema di sterminio nazista, infatti, era decisamente più soft dei centinaia di sacrifici umani giornalieri che avvenivano a Tenochtitlán, capitale azteca. La Clendinnen fu tra le prime studiose del mondo Maya e Azteco e, diversi anni dopo, pubblicò anche un libro sull’olocausto nazista (considerato il libro migliore del 1999 dal New York Times). E’ difficile quindi avere una prospettiva più ampia e accurata su tale panorama.

Il film Apocalypto di Mel Gibson è stato accurato nel descrivere il bisecolare mondo azteco, si pensi che non esistevano quasi nessuna carne veniva consumata. L’unico macello pubblico era destinato agli esseri umani, con la partecipazione attiva di tutte le classi sociali. «Le persone», ha scritto Clendinnen, «venivano coinvolte nella cura e nella preparazione delle vittime e alla dei corpi: lo smembramento, la distribuzione di testa e arti, la divisione di carne, sangue e pelle scorticata». Tutta la cultura azteca era costruita attorno al sacrificio umano di massa.

 

Incas e Maya sottomessi a dei crudeli e assetati di sangue.

E lo stesso si può dire degli Incas e dei Maya: «Ad insanguinare ogni giorno i gradini degli enormi templi era quest’ansia ossessionante di non lasciare finire il mondo, un’ansia che raggiungeva il suo culmine ogni cinquantadue anni, quando la minaccia delle catastrofi si faceva più concreta ed imminente» (B. Diaz del Castillo, La conquista del Messico, Longanesi 1968). Durante le lunghe cerimonie venivano sacrificati donne, schiavi, bambini e prigionieri per placare gli dèi e propiziare il raccolto: «In occasione dei riti di fertilità venivano uccisi donne e bambini, per assicurare la crescita delle piante. Saltuariamente si ebbero casi di cannibalismo cerimoniale. Infliggersi ferite a sangue era un altro modo di assicurare il favore divino. La popolazione faceva orribili penitenze, mutilandosi con lame o trapassandosi la lingua di spaghi cui erano annodate spine» (G.C. Vaillanti, La civiltà Azteca, Einaudi 1962, p. 184-188).

 

Le uccisioni di masse terminarono con l’introduzione dei valori cristiani.

I colonizzatori europei e spagnoli trovarono popolazioni totalmente sottomesse al capriccio dei loro crudeli dèi. Così, divenne automatico l’insegnamento e, spesso l’imposizione, dei valori cristiani ed evangelici sulla sacralità della persona e della vita umana, l’evangelizzazione di un Dio compagno dell’uomo e non padrone assetato di sacrifici umani. Il popolo Azteco, è stato infatti dimostrato, smise di praticare uccisioni di massa e altre violente forme autoctone di culto proprio grazie alla conversione cristiana -forzata e spontanea- di molti dei suoi membri (cfr. Koschorke, A History of Christianity in Asia, Africa, and Latin America 2007, pag. 31–32; McManners, Oxford Illustrated History of Christianity 1990, pag 318).

Per un ulteriore approfondimento rimandiamo, come già abbiamo fatto, al nostro specifico dossier sul colonialismo europeo, in cui abbiamo raccolto giudizi, osservazioni e conclusioni dei principali studiosi del tema.

La redazione

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Francia, la sinistra progressista umiliava donne e neri

sinistra progressistaIl razzismo a sinistra. I caporedattori dei principali quotidiani della sinistra progressista francese, come “Liberation”, “Vice France” e l'”Huffington Post”, organizzavano campagne di cyberbullismo contro donne, omosessuali e persone di colore. Contemporaneamente si ergevano a paladini dei diritti delle minoranze. La maschera dei falsi moralisti.

 

Quasi nessuno sta parlando dello scandalo in corso in Francia, dove si è scoperto che molte delle principali firme della sinistra progressista partecipavano attivamente ad un gruppo Facebook -chiamato “Ligue du LOL”– in cui si organizzavano attacchi di cyberbullismo ai danni di giornaliste, omosessuali e persone di colore.

Gli insulti e le molestie erano orchestrate in particolare dai giornalisti Vincent Glad e Alexandre Hervaud del quotidiano Liberation, il sosia francese del giornale italiano Repubblica. Non è certo un caso che il maggior azionista è stato fino al 2008 l’imprenditore italiano Carlo Caracciolo, fondatore proprio di Repubblica e de L’Espresso. Nei giorni scorsi è emerso che altre due redazioni sono coinvolte nel cyberbullismo: l’Huffington Post e Vice France.

 

Stagiste umiliate e “quota scimmie” nella redazione della rivista “Vice”.

In particolare, all’interno di Vice esisteva un gruppo di una ventina di giornalisti chiamato “Les Darons” che, nella redazione di Vice France -tra una scrivania e l’altra- umiliavano le stagiste e le giornaliste più giovani con epiteti irripetibili (arrivando fino ad approcci fisici molesti). Ma non è finita, tre ex dipendenti hanno rivelato -facendo aprire un’indagine interna- che i caporedattori della rivista hanno introdotto una “quota scimmie” per indicare tutti i dipendenti neri della filiale francese. La nota inviata alle risorse umane di Vice, continua così: «Fondato sul cameratismo maschile, il gruppo, con parole degradanti e emoticon esplicite, insulta le donne, gli omosessuali e i neri dell’ufficio».

La giornalista Berenice ha trascorso diversi anni presso Vice e ha raccontato come fino a poco tempo fa venivano assunte donne soltanto in base alle caratteristiche fisiche, le quali erano sfruttate e malpagate. Gli uomini godevano di «una sorta di impunità», mentre le donne venivano puntualmente umiliate.

 

Lo scandalo a “Liberation”: cyberbullismo contro le minoranze.

Gran parte dello scandalo è stato svelato da una campagna di Liberation, almeno fino a quando -come accennavamo- si è scoperto che anche i giornalisti del quotidiano della sinistra progressista francese erano implicati nella vicenda. Il giornale è stato costretto a sua volta ad aprire un’indagine interna, scoprendo che i propri giornalisti erano coinvolti nelle umiliazioni verso donne e persone di colore tramite il gruppo Facebook già citato. Nella sua lettera di scuse, il direttore editoriale di Liberation, Laurent Joffrin, ha espresso “vergogna”, annunciato il licenziamento di due giornalisti e promesso che «avvierà una riflessione sulle regole che devono governare l’espressione dei giornalisti sui social network quando non parlano a nome del giornale.

 

Si ergono ogni giorno a paladini dei “diritti”, ma il progresso ha perso la maschera.

Ogni giorno questi quotidiani, per mano dei propri giornalisti, si ergono a paladini del politicamente corretto, fanno gli arbitri della morale e bollano come “medioevali” tutti coloro che non la pensano come loro. Liberation e, in particolare, Vice si sono distinti per una campagna a senso unico a favore del mariage pour tous, la legalizzazione delle nozze gay in nome dei “diritti” verso le minoranze. Addirittura -anche nella versione italiana- esiste una vera e propria sezione “LGBTQ” a fianco delle classiche “Politica”, “Attualità”, “Cultura” ecc. Per non parlare dello schieramento a favore di liberalizzazione delle droghe, eutanasia, pornografia, “diritti riproduttivi” e tutti i vari gli idoli del progresso.

Come si immaginava, è tutta apparenza. Una maschera da falsi moralisti che si indossa nelle redazioni dei quotidiani per apparire in linea con i tempi, almeno quando si battono le dita sulla tastiera vergando l’ennesimo articolo in difesa dei “diritti”. Mentre contemporaneamente -come è stato svelato-, nell’altra finestra del monitor, si umiliano senza vergogna neri, donne e omosessuali.

La redazione

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