Il filosofo Fabrice Hadjadj, la sua conversione e la contraddizione degli atei

L’importante seppur giovane filosofo francese, convertitosi al cattolicesimo nel 1998, Fabrice Hadjadj, interverrà questa sera all’Università Cattolica, su iniziativa del Centro culturale di Milano (Aula Magna, ore 21), su “Modernità e modernismo. A proposito del senso religioso”. Parteciperà anche al dialogo con i “non credenti” previsto per il 24 e 25 marzo 2011 all’Unesco, al Collège des Bernardins e all’Università Sorbona di Parigi. Il quotidiano Avvenire lo ha intervistato: «Prima della mia conversione non sopportavo che si pronunciasse la parola “Dio”: la consideravo come un jolly buttato sul tavolo, a tradimento, durante una partita di carte. Mi suonava come un modo per evitare i problemi e misconoscere la tragedia della vita. Egli non abolisce il dramma dell’esistenza ma lo compie. Distrugge ogni nostro idolo e ci riporta al dramma dell’”amore forte come la morte”? È necessario che i credenti riconoscano tale dramma e vivano il secondo comandamento, il quale ci domanda di non pronunciare invano il nome di Dio. I non credenti potranno intenderlo meglio».

Parla per esperienza personale Hadjadj: «La mia fu anche una conversione “linguistica”. Ho scoperto che il significante “Dio” corrispondeva alla verità del “Sì” di Friedrich Nietzsche e dell’”Aperto” di Rainer M. Rilke. E che non era un atteggiamento poetico o un concetto filosofico, ma la realtà di una Persona che mi aveva preceduto nel fondo dell’oscurità. “Dio” non significava più una soluzione ma un’avventura. Non una risposta ma un appello. Quando troveremo il modo migliore per parlare di Dio, non è sicuro che l’altro, ascoltandoci, si converta. Se parliamo di Dio imitando la forza di Gesù, alcuni si convertono, altri finiscono per crocifiggerci. È il segno che abbiamo parlato bene».

Il filosofo continua sottolineando su quali argomenti è possibile un incontro con i “non credenti in Dio” e sul concetto corretto di fare apologetica (cioè «non separando l’amore dalla verità»). Conclude sostenendo il pensiero di diversi intellettuali, cioè che in fondo l’ateismo vero non esiste: «Va rimproverato agli atei di non essere ciò che loro pretendono di essere. Un ateo è qualcuno “senza dio”, uno che deve disfarsi di tutti gli idoli, sforzandosi di non rendere il proprio ateismo un idolo. Sarebbe triste liberarsi della religione di Cristo per fabbricarsene una dell’ateismo. È quanto capita nella maggior parte dei casi. Essere veramente atei rappresenta qualcosa di veramente difficile. Quando si abbandona il Dio trascendente, ci si confeziona altri idoli: ragione, razza, rivoluzione, mercato…».

Rifacendosi anche alla sua esperienza prima della conversione, conclude: «Tutti abbiamo bisogno di un principio per polarizzare le nostre vite. Ho cercato di essere il più possibile ateo. Alla fine, sbarazzatomi di ogni idolo, mi è rimasta la disponibilità di accogliere quanto non veniva da me, ciò che per alcuni è la trascendenza e che il catechismo chiama Rivelazione. Tale disponibilità consiste in un’apertura all’incontro. Eraclito la definiva “l’attesa dell’inatteso”, un’apertura che si offre in un avvenimento che ci giunge attraverso una moltitudine di testimoni: la “tradizione apostolica”. Una serie di incontri partiti da Gesù e giunti fino a me».

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Marcello Veneziani e Davide Rondoni rispondono a Luzzatto sul tema del crocifisso

Recentemente è uscito un libro dello storico Sergio Luzzatto, una delle poche voci autorevoli contro la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche e nello spazio pubblico. Le sue argomentazione appaiono però molto deboli e sicuramente originali, ma evidentemente decontestualizzate. C’è spazio anche per qualche insulto a Natalia Ginzburg, al presidente Napolitano, a scrittori, santi, giornalisti e ministri favorevoli al cro­cifisso (Travaglio, Ferrara, Padre Pio ecc..) e allo stesso Gesù.

Marcello Veneziani, filosofo, scrittore ed editorialista de Il Giornale, risponde dalle colonne del suo quotidiano. Citiamo alcuni passi significativi: «A suo dire un muro bianco ci darebbe un’Italia migliore. Conoscia­mo da oltre due secoli come sono stati riempiti i muri bianchi, spogliati da quel simbolo d’amore e civiltà: sogni totalita­ri e persecuzioni giacobine, utopie san­guinose e deliri di onnipotenza, tecnolo­gia contro l’umano ed egoismi bestiali. Senza i simboli che ci ricordano la nostra umanità, la nostra carità e la connessio­ne con le nostre origini, siamo in balìa del nulla, del vuoto o del peggio. Tutte le nostre città parlano di quella fede: ri­muoviamo palazzi, piazze, chiese e ope­re d’arte cristiane? Eppure quelli sono i nostri civilissimi argini alla barbarie in­terna ed esterna che avanza. Perché non dovremmo esporre, mica imporre, un simbolo alto della nostra civiltà? Il crocifisso sul muro non offende nessuno e a nessuno impone di essere credente». Il filosofo continua poi scardinando uno dei tanti luoghi comuni: «E’ vero, il cro­cifisso è stato usato anche per perseguita­re i non credenti e condannare i Galilei e i Giordano Bruno; ma pure la libertà, l’uguaglianza e la fratellanza sono state usate per massacrare popoli e per con­dannare un chimico come Lavoiseur e un poeta come Andrè Chenier: le cancel­liamo?». Conclude Veneziani ironizzando sulla proposta di Luzzatto, in preda a evidenti raptus odifreddiani e scientisti: «Luzzatto suggerisce di mettere nei luoghi pubblici la doppia elica del Dna, simbolo del genere umano. Ma sì, ridu­ciamo l’uomo a un ingranaggio geneti­co, privo di anima e di storia, di vita vissu­ta e di memoria, di umanità e di simboli sacri. Anzi facciamo un monumento allo spermatozoo. Che volete, io preferisco la civiltà di Guareschi, col suo don Camil­lo che parlava con Cristo in croce e l’ateo Peppone che lo rispettava di nascosto».

Un’altra replica autorevole arriva da Il Sole 24 ore. Si tratta del poeta, opinionista e critico d’arte Davide Rondoni, editorialista di Avvenire e de Il Sole 24 ore: «Per la mia fede, stracciata e semplice che ci sia o no, Gesù esposto nelle aule di scuola non cambia niente. So dove inginocchiarmi di fronte a Lui. Ma a me, come italiano, fa piacere: significa che questo paese, dove da tutto il mondo vengono a vedere luoghi in buona parte legati alla storia e all’arte nate e sviluppate con il cristianesimo, è fatto non solo di istituzioni ma anche di anima e storia, di vita». Rondoni ricorda anche l’intervento del «suo» amico professor J. Weiler, insigne giurista ebreo di New York che ha difeso a Strasburgo il ricorso dell’Italia e d’altri paesi contro l’ingiunzione di togliere i crocefissi dai luoghi pubblici. «Weiler ha mostrato ai giudici che non è possibile in questo genere di faccende arrivare a un grado zero di problema. I simboli religiosi non vanno “laicizzati”, ma letti per il valore che hanno a riguardo della storia di un popolo. Cittadini britannici potranno sempre sentirsi offesi dal fatto che nel loro inno ci si rivolga a Dio. Eliminando tali parole si sentirebbero offesi i credenti. In ogni caso non si può negare il valore di tali parole per la storia di quel paese. Ogni segno porta con sé la necessità della comprensione e della tolleranza. Il muro bianco è solo negazione di ogni storia. Una civiltà che non dà luogo a segni condivisi – come è il crocifisso – è civiltà morta». Anche Rondoni cita la soluzione proposta da Luzzatto di appendere alle pareti la doppia elica, unico simbolo che ci accomunerebbe. Eppure, gli ricorda Rondoni, «non è proprio il Dna ci distingue? Dividendo i malati dai sani, i fortunati dagli imperfetti, i bassi dagli spilungoni…».

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Trovata la chiesa di Laodicea citata nell’Apocalisse di San Giovanni

È stata ritrovata in Turchia la chiesa cristiana di Laodicea, una delle sette chiese citate nell’Apocalisse di San Giovanni, l’ultimo libro del Nuovo Testamento. Il professor Celal Simsek, capo della missione archeologica turca che ha diretto lo scavo, ha annunciato di aver rinvenuto con un radar sotterraneo i resti dell’edificio sacro nell’antica città di Laodicea nella provincia di Denizli. Datata all’epoca romana e edificata su una superficie di circa 2000 metri quadri, la chiesa è ancora in un buono stato di conservazione. Il ministro -rivela Avvenire– si è felicitato per il ritrovamento, aggiungendo che l’archeologia in Turchia in tempi recenti ha portato alla luce significative scoperte oltre a quelle già note del sito cristiano di Efeso. Le ricerche della missione archeologica diretta da Simsek hanno confermato che la città di Laodicea esisteva già intorno al IV secolo a.C. e divenne uno dei principali centri del cristianesimo primitivo verso il 40/50 d.C e ben presto anche sede di un vescovo. La chiesa di Laodicea compare nella Lettera ai Colossesi di San Paolo e poi viene menzionata come una delle sette chiese dell’Asia minore di cui parla il libro dell’Apocalisse (3, 14-22). Gli studiosi ipotizzano che la chiesa di Laodicea sia stata fondata da Epafra, un colossese che si era convertito al cristianesimo dopo aver ascoltato la predicazione degli apostoli di Gesù giunti in Turchia. Il contesto sociale e storico descritto dall’Antico e Nuovo Testamento diventa sempre più dimostrato e attendibile, facendo lentamente crollare le teorie di storicisti e mitologi.

In questo video un archeologo presenta il sito archeologico di Laodicea

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Presentato al Senato il libro del medico e rianimatore Alberto Zangrillo

E’ stato presentato ieri al Senato della Repubblica il libro di Alberto Zangrillo, direttore dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Cardio-Toraco-Vascolare presso l’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano. Si intitola “Ri-animazione. Tecnica e sentimento” (Editrice San Raffaele, 2010). Un punto di vista quindi altamente informato e professionale, assolutamente non politico (anche se ovviamente la sua esperienza viene usata per prendere decisioni politiche). Durante l’incontro ha attaccato il senatore Marino, paladino del testamento biologico: «E’ un’infamia affermare che nelle rianimazioni italiane i medici pratichino l’eutanasia in segreto. Sfido il senatore Marino a dimostrare il contrario di quello che affermo: controlli pure tutte le cartelle dei miei pazienti. Non ho mai staccato la spina e insinuare il dubbio che qualche medico compia un omicidio in segreto è un’infamia». Riferendosi poi ai pareri sul testamento biologico che si sono affacciati in questi giorni sui quotidiani afferma: «hanno trovato spazio sui giornali persone che si sono sempre occupate di altro, spesso nel tentativo di preparare il terreno all’eutanasia» (cfr. Libero). «Basta con gli “esperti” improvvisati. E’ sceso in campo anche Roberto Saviano, personaggio che ci invidia tutto il mondo. Però tutto quanto lui dica su questo argomento per me conta zero». Presente anche Mario Melazzini, medico malato di Sla, vive su una carrozzella, si nutre con la Peg, è il presidente dell`Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, il quale è intervenuto dicendo: «Il senatore Calabrò ha avuto poco fa un gesto di cortesia nei miei confronti: mi ha versato dell’acqua nel bicchiere. Eppure secondo qualcuno, se viene fatto a una persona nelle mie condizioni, non è un gesto di gentilezza, ma una terapia» (cfr. Avvenire). Zangrillo aveva già avuto modo in passato di esprimere il suo deciso parere contrario, da medico professionista, all’eutanasia e al testamento biologico (cfr. Ultimissima 17/12/10).

Qui sotto parte della presentazione (l’audio completo potete trovarlo sul sito di RadioRadicale).

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Barcellona, clinca abortista sotto accusa: 115 aborti illegali (anche a 8 mesi)

Periodo nero per le cliniche abortiste. A finire nei guai questo mese è stata la Planned Parenthood, il più grande ente abortista del mondo, i cui dipendenti sono stati sorpresi a praticare aborti illegali e favorire la prostituzione minorile (cfr. Ultimissima 7/2/11). In questi giorni invece, il giudice Elisabet Castelló ha accusato definitivamente il magnate abortista Carlos Morin e una dozzina dei suoi dipendenti, di 115 aborti illegali eseguiti in due cliniche a Barcellona. Secondo il quotidiano La Razón, Morin ha guadagnato tra i 3.00 e i 6.000 euro per ogni aborto realizzato, e questo la dice lunga sull’enorme interesse economico che si cela dietro le presunte battaglie per la “libertà di scelta” o della “salute della donna”. Tra i 115 casi discussi, ci sono aborti di 22 settimane (cinque mesi e mezzo), sette aborti tra le 27, 28 e 29 settimane (6-7 mesi), un caso di 30 settimane (sette mesi e mezzo) e uno di 35 settimane (otto mesi) di gravidanza. La clinica Ginemedex è una delle più attive nella capitale spagnola, con un giro di affari di 5 milioni di euro. Il medico abortista ha fatto fortuna grazie all’aborto, infatti possiede una villa di 4,2 milioni e una Ferrari. In Spanga l’aborto è consentito solamente nel caso in cui sia in pericolo la vita o la salute fisica o psichica della donna, nel caso di malformazioni del feto o di gravidanze frutto di violenza sessuale. Per questo sono finiti sotto accusa anche due psichiatri che hanno lavorato nelle cliniche abortiste per dare «una parvenza di legalità ai rapporti psichiatrici». Molti documenti che sostenevano la persenza di problemi psicologici delle pazienti erano falsi, molti dei quali senza alcuna firma. Sul quotidiano spagnolo si legge che veniva praticato l’aborto anche su bambine di tredici anni, e dato che erano aborti tardivi, spesso veniva usato un “trituratore” della capacità di 400 kg/h e del peso di 95 chili, usato solitamente nei macelli per il pesce. La questione era stata sollevata nel 2006 da “E Cristians”, il collegio di avvocati di Barcellona, il partito Alternativa Espanola e l’associazione Thomas More Law Center, dopo che la televisione danese aveva svolto un’indagine giornalsitica sulle cliniche abortive spagnole e sugli aborti tardivi che vi si praticano. Nel 2007, la Guardia Civile arrestò Morin, sua moglie e quattro altri collaboratori, ma nel marzo 2008 gli era stata concessa la libertà provvisoria (cfr. Tgcom 28/11/07). Abbbiamo recuperato dei video dedicati alle mamme in gravidanza, i quali hanno il pregio di mostrare brevemente le varie fasi della crescita del feto. I crimini compiuti dal medico abortista valgono come veri e propri omicidi e come tali andrebbero puniti.

Qui sotto un feto di 25-28 settimane (6 mesi)

Qui sotto un feto di 29-32 settimane (7 mesi)

Qui sotto un feto di 33-36 settimane (8 mesi)

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Nottingham University: «pillola giorno dopo aumenta diffusione malattie sessuali»

Offrire la pillola del giorno gratuitamente ha ridotto minimamente il numero di gravidanze in età adolescenziale e può essere associato ad un aumento delle malattie sessualmente trasmissibili (IST). Lo dichiarano alcuni esperti dell’Università di Nottingham e la notizia è ripresa dai più importanti siti di divulgazione scientifica, come Sciencedaily. David Paton e Sourafel Girma hanno utilizzato i dati delle autorità sanitarie per studiare l’impatto che l’introduzione dei regimi governativi per il controllo delle nascite come, -per l’appunto- la diffusione gratuita della “pillola del giorno dopo”, hanno avuto sui tassi di concepimento e la diagnosi delle malattie sessualmente trasmissibili tra i minori di 18 anni. Le loro scoperte mostrano che, in media, nelle aree operative in cui sono state fornite precauzioni anticoncezionali, si è verificato un aumento complessivo del 5% del tasso di malattie sessualmente trasmissibili tra le adolescenti (il 12% sotto i 16 anni).  La principale strategia del governo per invertire il fenomeno delle adolescenze adolescenziali, è stata quella di dare libero accesso alla contraccezione d’emergenza alle ragazze con un età inferiore ai 16 anni. Ma ora questa ricerca ha sentenziato il fallimento di questa politica. Già nel 2007 era emerso uno studio che dimostrava alcuna significativa diminuzione delle gravidanze indesiderate o dei tassi di aborto. I ricercatori della Nottingham University ipotizzano che la diffusione della contraccezione d’emergenza porti gli adolescenti ad aumentare il comportamento sessuale rischioso. Concludono quindi i ricercatori: «Il nostro studio mostra come gli interventi pubblici a volte possano portare a errate conseguenze non intenzionali. Il fatto che le gravidanze e la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili aumentino nelle zone con regimi di controllo delle nascite, sollevano interrogativi sul fatto se questi sistemi rappresentino il miglior uso del denaro pubblico». Nuova prova quindi che il problema delle gravidanze tra gli adolescenti, come quello della diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili, hanno bisogno essenzialmente di un’educazione morale e non prevalentemente tecnica, come da anni sta continuando a ripetere la Chiesa. In Italia la notizia è ripresa dall’AGI.

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Irlanda: nel 2011 aumentano i matrimoni in chiesa

Il servizio irlandese di assistenza cattolica al matrimonio, ha annunciato un 6% di aumento del numero di coppie che hanno prenotato i corsi di preparazione al matrimonio per le prime sei settimane nel 2011. Per lo stesso periodo, nel 2010 le prenotazione arrivavano a 1183. Oggi sono 1255. Ruth Barror, Direttore Nazionale delle ACCORD, ha dichiarato: «Questo trend di crescita ci dice che nel 2011 l’impegno per il matrimonio è più popolare che mai. Nonostante la continua pressione sui rapporti causata dall’insicurezza economica e finanziaria, oggi molte famiglie si stanno rendendo conto della forza e del sostegno reciproco nel legame amoroso che arriva dal rapporto matrimoniale». La notizia è apparsa sull’Independent Catholic News.

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Enna, presentato il libro dell’ex paladino ateo Antony Flew

«Dio esiste», un titolo come tanti altri. E’ il sottotitolo però ad attirare l’attenzione: «Come l’ateo più famoso del mondo ha cambiato idea» (Alfa & Omega 2010). Il non credente in questione è Anthony Flew (di cui abbiamo avuto modo di parlare in Ultimissima 26/4/10 e Ultimissima 2/9/10), filosofo ed epistemologo inglese diventano famoso per aver promosso per anni l’ateismo filosofico e scientifico, spianando la strada ai vari Richard Dawkins e Daniel Dennet.

Racconta nel libro: «Sfidavo i religiosi a spiegare come dovessero essere comprese le loro assunzioni», comprendendo che «le tesi cosmologiche e morali a favore dell’esistenza di Dio non fossero valide. […] Sostenevo che una discussione sull’esistenza di Dio dovesse iniziare col supporre l’ateismo e che l’onore della prova dovesse spettare ai teisti». Nel 2004 però ha sconvolto il mondo accademico, annunciato pubblicamente, durante un convegno a New York, la rinuncia all’ateismo per accostarsi a posizioni filosofiche vicine al Deismo e motivando la decisione con la complessità della realtà biologica: «Perché credo così, pur avendo esposto e difeso l’ateismo per più di mezzo secolo? È per il quadro del mondo che è emerso dalla scienza moderna, in particolare credo che il materiale del Dna abbia dimostrato, con la complessità quasi incredibile delle disposizioni di cui si necessita per generare la vita, che l’Intelligenza debba essere stata così coinvolta nel far sì che questi elementi diversi operassero insieme», disse.

Flew citò anche Charles Darwin, padre della teoria dell’evoluzione, di cui riprese questo passaggio: «La ragione mi parla dell’impossibilità quasi di concepire l’universo e l’uomo come il risultato di un mero caso o di una cieca necessità. Questo pensiero mi costringe a ricorrere a una Causa Prima dotata di un’intelligenza». Subito venne accusato dal connazionale Richard Dawkins, nel saggio “The God Delusion”, di essere improvvisamente diventato affetto da demenza senile. Il filosofo ha deciso così di rispondere attravrso un libro nel quale ha descritto i passi della sua evoluzione dall’ateismo proclamato al teismo convinto.

Il suo pensiero, dicono gli esperti, collima perfettamente con quello del genetista Francis Collins, colui che ha completato la mappatura del genoma umano e autore de bestseller “Il linguaggio di Dio” (Sperling & Kupfer 2007). Disse di non potere più negare che «una intelligenza infinita ha creato l’universo le cui leggi manifestano ciò che alcuni scienziati hanno chiamato la “Mente di Dio”».

In molti parlarono di una vicinanza al cristianesimo, ma lui rispose con questa dichiarazione: «Alcuni sostengono di aver stabilito un contatto con questa Mente. Io no. Ma chi lo sa cosa potrebbe accadere in seguito? Certamente la figura carismatica di Gesù è così speciale che è sensato prendere in seria considerazione l’annuncio che lo riguarda. Se Dio si è davvero rivelato è plausibile che lo abbia fatto con quel volto». Il libro è stato presentato, su iniziativa della comunità Evangelica, venerdì 25 febbraio 2011.

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Nuovo studio sul filosemitismo di Pio XI

Il libro «Vaticano, fascismo e questione razziale», (Guerini e Associati, Milano 2010), del ricercatore di storia contemporanea Valerio De Cesaris, apre nuovi spunti nel dibattito culturale. Emergono personalità cattoliche, come Igino Giordani, Guido Gonella e Giuseppe Ricciotti, che criticarono l’antisemitismo sul finire degli anni Trenta. Cardinali europei che si schierarono pubblicamente contro il razzismo e si opposero all’ideologia nazista. Soprattutto è ricostruita la posizione netta di Pio XI, che giunse a dire, con grande sdegno di Mussolini, che i cristiani sono «spiritualmente semiti». Basato su numerosi documenti degli archivi italiani e dell’Archivio Segreto Vaticano, lo studio è centrato sullo scontro tra Pio XI e Mussolini sulla questione razziale, particolarmente nella seconda metà del 1938 e nei primi mesi del 1939. De Cesaris ricostruisce sia le reazioni del mondo cattolico italiano alla campagna antisemita del fascismo, sia il confronto diplomatico tra governo e Santa Sede sulle leggi razziali. Pio XI manifestò un’opposizione di principio di fronte alle teorie razziali, che può essere sintetizzata nelle frasi che egli pronunciò all’indomani della pubblicazione del documento “Il Fascismo e i problemi della razza”, noto come «Manifesto degli scienziati razzisti». «Si tratta ormai – affermò – di una forma di vera apostasia. Non è più soltanto una o l’altra idea errata, è tutto lo spirito della dottrina che è contrario alla fede di Cristo». Questa considerazione è la chiave per comprendere l’atteggiamento del papa di fronte al razzismo e all’antisemitismo. Non soltanto, un’opposizione sulla questione dei matrimoni misti, già messa in risalto da studi storici precedenti, ma un rifiuto complessivo delle teorie e delle politiche razziali. Altro elemento originale del libro di De Cesaris -si continua su La Stampa– è la riflessione sulla pluralità di posizioni rintracciabili nel cattolicesimo italiano e persino negli stessi ambienti vaticani. Le prese di posizione apparse sulla stampa cattolica, talvolta antitetiche, mostrano il travaglio del cattolicesimo italiano rispetto all’antisemitismo fascista. Anche i più autorevoli organi d’informazione della Chiesa, «L’Osservatore Romano» e «La Civiltà Cattolica», espressero linee sensibilmente differenti. Dal libro si comprende come Pio XI non fosse solo in quella che è stata definita la sua «ultima battaglia», contro il razzismo. Gran parte del cattolicesimo italiano visse infatti con disagio le leggi razziali.

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Il Belgio fa scuola: ecco i pericoli legati all’eutanasia e testamento biologico

Ad inizio marzo, il parlamento italiano dovrebbe votare la proposta di legge sulle cosiddette “dichiarazioni anticipate di trattamento” o DAT. Nonostante diverse critiche sicuramente condivisibili, resta il fatto che il ddl Calabrò ha buoni intenti come quello di chiudere la porta all’eutanasia passiva, al testamento biologico così com’è inteso dall’area laicista e all’intervento dei giudici. Se infatti andiamo a vedere la situazione di uno dei pochi Paesi europei dove l’eutanasia è stata legalizzata, il Belgio (dal 2002), scopriamo quanto sia reale il rischio di abusi o derive che conseguentemente ne derivano. La descrizione della situazione è ripresa dall’Agenzia Zenit.it

1) Flop dei testamenti biologici. Innanzitutto la formula delle “dichiarazioni anticipate di eutanasia” non sembra più suscitare molto entusiasmo. Come ha riferito sabato 19 febbraio il quotidiano Le Soir, a fine 2010 erano state registrate presso le autorità competenti 24.046 di queste dichiarazioni. Ma nel 2010 sono state registrate “solo” 8.000 nuove dichiarazioni, ossia una media settimanale di 170, una cifra ritenuta troppo bassa. Per il quotidiano di Bruxelles, a frenare la divulgazione della prassi sarebbe l’obbligo di recarsi presso i servizi pubblici accompagnato da due testimoni di età adulta e inoltre il fatto che il documento va rinnovato ogni cinque anni per essere valido.

2) Pericolo di pressione sui pazienti perché donino gli organi. Uno sviluppo ben più preoccupante è quello segnalato il 25 gennaio scorso da Wesley J. Smith, noto oppositore all’eutanasia e al suicidio assistito. Nel suo blog Secondhand Smoke, sul sito della rivista statunitense First Things, Smith ha richiamato infatti l’attenzione su un progetto presentato nel dicembre 2010 da tre trapiantologi belgi – i professori Dirk Ysebaert, dell’Università di Anversa (UA), Dirk Van Raemdonck, dell’Università Cattolica di Lovanio (KUL) , e Michel Meurisse, dell’Università di Liegi (ULg) – durante un simposio sulla donazione e il trapianto di organi nel paese, organizzato dall’Accademia Reale di Medicina del Belgio. I tre medici hanno proposto una serie di linee guida per inquadrare il prelievo di organi per trapianti da persone morte per eutanasia. Si tratta di pazienti con organi di una qualità relativamente “alta” e rappresentano dunque una categoria di potenziali donatori. Esistono almeno quattro casi di pazienti morti per eutanasia in Belgio a cui sono stati prelevati organi per trapianti. Un caso è quello trovato da Wesley Smith sulla rivista Transplantation di una donna non terminale ma caduta in uno stato detto “locked-in”, una condizione nella quale la persona è perfettamente cosciente e sveglia ma si trova nell’incapacità di comunicare perché completamente paralizzata. «E’ un terreno molto pericoloso, reso ancora più infido da medici, coniugi e da una rispettata rivista medica, quello di avvalorare le idee secondo cui è meglio essere morti che handicappati e che dei pazienti viventi possono, in sostanza, essere considerati una risorsa naturale da uccidere e da sfruttare», osserva Smith sempre sul suo blog Secondhand Smoke (First Things, 8 maggio 2010). L’organizzazione Eurotransplant – la rete europea che unisce i centri trapianti del Benelux (Belgio, Lussemburgo e Olanda) e di Austria, Croazia, Germania e Slovenia – e l’eurodeputato e portavoce della CDU (il partito democristiano della cancelliera tedesca Angela Merkel) hanno reagito con preoccupazione alla notizia, mettendo in guardia contro il pericolo che venga esercitata una “pressione sottile” sui pazienti affinché donino i loro organi (Die Tagespost, 12 febbraio).

3) Eutanasia avviene senza consenso del paziente. Che il “modello belga” si sta incamminando sul cosiddetto “piano scivoloso” lo dimostrano d’altronde altri due studi pubblicati il primo a maggio sul Canadian Medical Association Journal (CMAJ) e il secondo ad ottobre sul British Medical Journal (BMJ). Il primo studio rivela che quasi un terzo (il 32%) dei casi di “morte medicalmente assistita” nella regione delle Fiandre avviene senza richiesta o consenso del paziente. In più della metà di questi casi – il 52,7% – la persona cui è stata applicata l’eutanasia, senza la sua esplicita richiesta, aveva 80 anni o più. Dalla seconda inchiesta emerge inoltre che appena la metà (il 52,8%) di tutti i decessi per eutanasia nelle Fiandre è stata comunicata all’organismo competente, la Commissione Federale di Controllo e di Valutazione, anche se la legge richiede di farlo. Colpisce inoltre il fatto che in quasi la metà dei casi non segnalati (il 41,3%) la procedura dell’eutanasia è stata eseguita da un infermiere in assenza di un medico.

4) La legge non basta mai: esensione anche ai minori. Per i sostenitori belgi dell’eutanasia, come il professor Wim Distelmans della Vrije Universiteit Brussel (VUB), si vorrebbe creare in Belgio una vera e propria “clinica dell’eutanasia” (De Morgen, 22 gennaio), ma aumentano le richieste di estendere l’eutanasia anche ai minori, legalizzando in questo modo una prassi già ben radicata. Lo ha rivelato uno studio reso pubblico nel marzo del 2009 sull’American Journal of Critical Care (AJCC): in cinque delle sette unità di cure intensive pediatriche del Belgio i casi sono stati almeno 76 nel biennio 2007-2008.

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