Il filosofo Fabrice Hadjadj, la sua conversione e la contraddizione degli atei

L’importante seppur giovane filosofo francese, convertitosi al cattolicesimo nel 1998, Fabrice Hadjadj, interverrà questa sera all’Università Cattolica, su iniziativa del Centro culturale di Milano (Aula Magna, ore 21), su “Modernità e modernismo. A proposito del senso religioso”. Parteciperà anche al dialogo con i “non credenti” previsto per il 24 e 25 marzo 2011 all’Unesco, al Collège des Bernardins e all’Università Sorbona di Parigi. Il quotidiano Avvenire lo ha intervistato: «Prima della mia conversione non sopportavo che si pronunciasse la parola “Dio”: la consideravo come un jolly buttato sul tavolo, a tradimento, durante una partita di carte. Mi suonava come un modo per evitare i problemi e misconoscere la tragedia della vita. Egli non abolisce il dramma dell’esistenza ma lo compie. Distrugge ogni nostro idolo e ci riporta al dramma dell’”amore forte come la morte”? È necessario che i credenti riconoscano tale dramma e vivano il secondo comandamento, il quale ci domanda di non pronunciare invano il nome di Dio. I non credenti potranno intenderlo meglio».

Parla per esperienza personale Hadjadj: «La mia fu anche una conversione “linguistica”. Ho scoperto che il significante “Dio” corrispondeva alla verità del “Sì” di Friedrich Nietzsche e dell’”Aperto” di Rainer M. Rilke. E che non era un atteggiamento poetico o un concetto filosofico, ma la realtà di una Persona che mi aveva preceduto nel fondo dell’oscurità. “Dio” non significava più una soluzione ma un’avventura. Non una risposta ma un appello. Quando troveremo il modo migliore per parlare di Dio, non è sicuro che l’altro, ascoltandoci, si converta. Se parliamo di Dio imitando la forza di Gesù, alcuni si convertono, altri finiscono per crocifiggerci. È il segno che abbiamo parlato bene».

Il filosofo continua sottolineando su quali argomenti è possibile un incontro con i “non credenti in Dio” e sul concetto corretto di fare apologetica (cioè «non separando l’amore dalla verità»). Conclude sostenendo il pensiero di diversi intellettuali, cioè che in fondo l’ateismo vero non esiste: «Va rimproverato agli atei di non essere ciò che loro pretendono di essere. Un ateo è qualcuno “senza dio”, uno che deve disfarsi di tutti gli idoli, sforzandosi di non rendere il proprio ateismo un idolo. Sarebbe triste liberarsi della religione di Cristo per fabbricarsene una dell’ateismo. È quanto capita nella maggior parte dei casi. Essere veramente atei rappresenta qualcosa di veramente difficile. Quando si abbandona il Dio trascendente, ci si confeziona altri idoli: ragione, razza, rivoluzione, mercato…».

Rifacendosi anche alla sua esperienza prima della conversione, conclude: «Tutti abbiamo bisogno di un principio per polarizzare le nostre vite. Ho cercato di essere il più possibile ateo. Alla fine, sbarazzatomi di ogni idolo, mi è rimasta la disponibilità di accogliere quanto non veniva da me, ciò che per alcuni è la trascendenza e che il catechismo chiama Rivelazione. Tale disponibilità consiste in un’apertura all’incontro. Eraclito la definiva “l’attesa dell’inatteso”, un’apertura che si offre in un avvenimento che ci giunge attraverso una moltitudine di testimoni: la “tradizione apostolica”. Una serie di incontri partiti da Gesù e giunti fino a me».

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22 commenti a Il filosofo Fabrice Hadjadj, la sua conversione e la contraddizione degli atei

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  1. gabriele ha detto

    Ecco la dimostrazione che l’uaar non rappresenta gli atei, come invece dice (e ripete ancora di più): a proposito, sapate quante persone hanno dato il 5 per mille all’uaar? 2106 (http://www.uaar.it/news/2011/03/01/cinque-per-mille-2-106-volte-grazie/) . Ancora meno dei 4000 che voi dite.

    • Davide ha detto in risposta a gabriele

      Se andate a partecipare a qualche blog dell’UAAR vi accorgerete che il 90% di quelli che vi rispondono sono comunisti.
      Il comunismo e’ un surrogato della religione, cioe’ la sostituisce.
      Quello che mi sorprende nel loro sito e’ che, per esistere, devono cercare le “malefatte” dei cristiani e dei musulmani. Cioe’ pare che la loro sia solo una esistenza “per reazione”, manca completamente l’autocritica ed un confronto sui vari tipi di ateismo.

  2. Roberto Arrati ha detto

    L’ateismo non esiste. Credo sia un ragionamento da approfondire. Credo che anche Camus fosse d’accordo: «Per chi è solo senza Dio né padrone, il peso dei giorni è terribile. Perciò visto che Dio non è più di moda, bisogna scegliersi un padrone» (Albert Camus, “La Caduta”, 1956).

  3. RationonFides ha detto

    Essere ‘senza dio’ non significa essere senza idee, neutri, passivi, carta bianca, tabula rasa. L’ateo è “uno che -deve- disfarsi di tutti gli idoli” solo nella discutibile e ingiustificabile opinione di Hadjadj, esempio banale: un ateo può avere convinzioni forti, seguire ideologie, avere eroi personali nell’arte, nella scienza, nel pensiero, può innamorarsi.

    Ciò che distingue il credente dal non credente non è la generale e indiscriminata tendenza ad avere o non avere idoli o idee di qualsiasi tipo, ma l’atteggiamento verso UNA e una soltanto specifica questione: l’esistenza di dio.

    • RatioetFides ha detto in risposta a RationonFides

      caro Rationonfides,
      già il fatto di ammettere che anche nella vita di un ateo il posto della ‘fides’ (nell’accezione limitativa di mera e generica ‘convinzione’) è ampio ed articolato ti porta un passo avanti a tanti, ma rischia però di trasformare il tuo nickname in un ossimoro, almeno finché lasci il ‘non’ tra i due coni di questa presunta antifasi tra ragione e fede, ossia fin quando affermi che anche l’ateo è un crogiuolo di entrambi gli elementi (e non potrebbe essere altrimenti, dato che anch’esso – come giustamente rivendichi, non è tabula rasa ma crede in svariate cose, ama, vive, spera, ha eroi…).
      Bisogna ammettere altresì che quella che tu definisci una ed UNA soltanto specifica questione di discrimine (l’esistenza o la non esistenza di Dio) non è quel che può dirsi semplicemente ‘una fra le tante’, ma è LA QUESTIONE DELLE QUESTIONI, il cui statuto – prima d’essere relegato alla mera fede sganciata dalla ragione o ad essa opposta – è eminentemente ed ineludibilmente problema razionale, dato che rappresenta quello che lo stesso Bobbio mi pare definisse ‘il chiodo’ al quale ad ultimo appendere (o non appendere) tutto il resto (delle questioni di senso).

      Ciò che afferma Hadjadj non è a mio parere qualcosa di così peregrino e ‘ingiustificabile’ come pensi. Egli parte dalla necessaria constatazione che l’intelligenza e il desiderio hanno per loro costituzione un’apertura che in filosofia si dice ‘trascendentale’, ossia può essere strutturalmente ‘captata’ e pienamente saturata nella sua ‘sete inesauribile’ solo da un termine infinito (che comunemente chiamiamo Dio, e che proprio per questo corrisponde all’analogato assoluto dell’intelligenza e del desiderio). Ogni sostituto ‘finito’, foss’anche eccellente in sé, è costretto a lasciare perennemente insoddisfatti questi due orizzonti, proprio perché non è in grado di soddisfarli e ricomprenderli pienamente. L’idolo in questo senso è appunto ‘il surrogato’ per definizione, quel relativo ‘finito’ che di volta in volta si pretende (hybris) di far valere per il Tutto.
      Oggi può essere la fantasiosa onnipotenza dello scientismo, piuttosto che il denaro o il potere, ma anche una teoria, un’eroe filantropico, un amore romantico… L’ateo che capisce questo, dovrebbe dunque per coerenza non solo negare una relazione col termine assoluto del desiderio e dell’intelligenza (perché nega che questo termine ci sia), ma anche con tutto ciò che di volta in volta ha la tentazione di porre come suo surrogato. Tentazione comprensibile, dato che la natura aborre il vuoto…
      Il suo dovrebbe essere un vero e rigoroso ascetismo, che sarebbe però impossibile da sostenere con le sole proprie forze. Vi son riusciti infatti solo i grandi mistici della teologia negativa, ma traendo forza da quel termine assoluto ed inesauribile, non respingendolo…
      In questo senso son sicuro che lo stesso Sartre augurerebbe un po’ di salutare ‘nausea’ (sempre nell’accezione sartriana del termine 😀 ) a tanti ‘atei’ bigotti e mestieranti di oggi…
      Un salutone
      Mauro

      • Francesco Santoni ha detto in risposta a RatioetFides

        Caro Mauro mi piace molto il tuo modo di argomentare, posso per caso trovarti su facebook? Oppure cercami tu se vuoi, mi piace avere tra i miei contatti gente che ragiona come te.

        • RatioetFides ha detto in risposta a Francesco Santoni

          Ciao Francesco! Ti chiederei volentieri l’amicizia ma su facebook siete in tanti con lo stesso nome e cognome! 😉
          Forse fai prima a mandarmi tu una mail col tuo link FB su plato1@libero.it
          Un salutone!
          Mauro M.

      • RationonFides ha detto in risposta a RatioetFides

        Caro Mauro, grazie della bella e filosofica risposta. Il mio nick è semplicemente un riferimento non troppo implicito alla “Fides et ratio” ed è slegato dalle mie argomentazioni. La questione dell’esistenza di dio può avere uno status particolare per alcuni e per altri no; ma ad ogni modo, lo status che decidiamo di affidarle non influenza in nessun modo, diciamo così, la vastità semantica del termine “ateo” che Hadjadj sicuramente confonde quando afferma che l’ateo “-deve- disfarsi di tutti gli idoli”: questa è un’assurdità dettata da una misinterpretazione del senso del termine ateo, e questo è quanto ho voluto argomentare.
        Capisco il tuo richiamo a un orizzonte trascendentale, ci sono Kant e Husserl in quanto dici. Tuttavia, anche Kant e Husserl a loro modo limitano la portata di questo termine infinito. In Kant infatti indica solo un funzionamento necessario della ragione, necessario appunto come meccanismo della conoscenza, ma che non addita a e non sottende alcunché di reale. In Husserl l’orizzonte infinito si attua solamente all’interno della soggettività. In entrambi i casi il termine infinito è in un certo senso (diverso nei due casi) un modo di funzionare della soggettività conoscente e non può essere in alcun modo legato a qualcosa di realmente esistente. Quindi anche la tensione infinita di desiderio e intelligenza sono legittimi in quanto fenomeni mentali (e come tali, per alcuni, riducibili alle loro componenti fisico-biologiche) ma non in quanto, a loro volta, legittimazioni di alcunché di reale.
        Nella tua argomentazione poi l’ “idolo” diventa proprio ciò che in Hadjadj NON dev’essere: se (nella semantica di Hadjadj) l’ateo -in quanto tale- si sbarazza degli idoli, allora dio (comunque lo si voglia vedere) rientra tra questi e quindi non tra i surrogati finiti della mente e del sentimento. Decidiamo cosa intendiamo per idolo prima di continuare a parlare. Nel senso che dà alla parola Hadjadj, la sua argomentazione è scorretta, in quanto non è affatto vero che un ateo non possa avere ‘idoli’ in quel senso.
        Infine, i dogmi della fede sono convinzioni solo in uno specifico senso, stretto e tecnico, che costituisce una minima parte delle ‘convinzioni’ cui può aderire anche un ateo; e ogni convinzione ha le proprie giustificazioni, che sicuramente non possono essere messe tutte su uno stesso piano quando si adotti un certo punto di vista (ad es. dal punto di vista razionale). Dal punto di vista razionale l’esistenza di dio non è giustificabile, altre convinzioni invece sì. E non dobbiamo dimenticarci quel fatto fondamentale che chiunque abbia nozioni di storia della filosofia antica e medievale conosce, e cioè che le argomentazioni razionali riguardo gli elementi della fede nascono a posteriori, cioè per fornire una spiegazione razionale a ciò che si è GIA’, prima, accettato per fede. Senza l’accettazione per fede, un qualunque dogma religioso non si porrebbe sul piano dell’argomentazione razionale. Vi si pone, -e dunque-, dopo, a posteriori, vi si cerca un’argomentazione razionale, a partire dal fatto che si è convinti che contenga verità in virtù – e SOLO in virtù – di un atto di fede, che però chi parta invece dalla ratio e non dalla fides, non può accettare né compiere proprio per la scelta di privilegiare la ratio.

        • EnricoBai ha detto in risposta a RationonFides

          @Rationonfides: mi sembra che tu possa esprimere le tue opinioni senza volerti mettere sullo stesso piano di un filosofo di questo calibro, pensando addirittura di correggere la sua confusione. Se introduci in questo modo non sei più credibile nei passaggi successivi. Ci vorrebbe un pochino più di umiltà nel commentare, a meno che si premetta di avere un altrettanto posto di prestigio nel mondo filosofico occidentale.

          • RationonFides ha detto in risposta a EnricoBai

            L’argomento ad auctoritatem me lo potrei aspettare, che ne so, se parlassimo delle parole di Gesù (visto che sto parlando con cristiani) o magari di Schopenhauer… ma Hadjadj è un giovane filosofo che mette ora la testa fuori dal banco di scuola. Peraltro, la filosofia è proprio la disciplina dell’esercizio critico: la sua peculiarità è che chiunque può questionare le posizioni di un filosofo, anche se fosse di magno et assolvto prestigio, e le contestazioni ad ogni obiezione vanno fatte sul campo del discorso razionale e non richiamandosi all’autorità. Ti potrei fare mille esempi di giovani filosofi che questionavano un po’ tutto prima di diventare “qualcuno”, ad es. Hume scrisse il ‘Trattato’ prima di avere 30 anni e di essere acclamato. L’esercizio della filosofia non ha limiti di età, ragione sociale, fama, gloria, successo, ricchezza, etc.: tutti possono entrare nell’Accademia e porre le proprie obiezioni a Platone, anzi, è proprio da questo e per questo che il pensiero acquista la sua vitalità e riesce a progredire. Venerando in ginocchio le autorità non siamo nel campo del libero pensiero, semmai siamo in chiesa.

            • EnricoBai ha detto in risposta a RationonFides

              In realtà il discorso è molto più semplice. Devi infatti giustificare il fatto che lui sia quello che è e tu no. Io parto dal principio di autorità anche se non ne sono dipendente. Per un semplice fatto: se ne stiamo parlando significa che lui ha raggiunto una certa credibilità nel mondo filosofico (al contrario di te, che io sappia), perciò sono portato a ritenere che le obiezioni che avanza il “primo che passa”, siano già state contemplate da lui e vi abbia già dato risposta. Ci vuole molta calma e molta umiltà quando sosteniamo che si sia “confuso” o “sbagliato”. Dovresti sapere che il termine “umiltà” ha acquistato un significato positivo solo dopo Cristo. Nel mondo classico non esisteva neppure la parole per indicare ciò che, dopo i Vangeli, intendiamo come “umiltà”. In latino, humilis, ha significato dispregiativo: si dice di qualcosa di “basso”, di “ignobile”, di “scarso valore”. Ti invito perciò a essere umile così come, grazie al cristianesimo, tutto il mondo oggi lo intende.

        • RatioetFides ha detto in risposta a RationonFides

          Ciao Rationonfides,
          Grazie a te per la tua bella e competente risposta: sembra di rileggere me tanti anni fa 😉
          Potremmo certamente disquisire per ore sul dualismo gnoseologico che affligge Kant ed i suoi trascendentali (e che infatti l’idealismo non gli perdona eccedendo però nell’esatto opposto) o sul concetto di soggettività di Husserl, il quale ben diceva sempre contro tale dualismo : ‘non ci è lecito pensare che ciò che si manifesta sia qualcosa di meno della realtà stessa’.
          Per fortuna ci parliamo in un tempo in cui sia il realismo ingenuo, che il dualismo gnoseologico e l’idealismo esasperato hanno lasciato in molti seri studiosi il passo ad una degna sintesi che ne salvi gli elementi di verità ed evidenza che entrambi rivendicavano per sé.
          Poni molte questioni, ne vorrei sfiorare giusto qualcuna…
          – Questione idoli.
          Mia colpa , non capisco ancora il nocciolo del tuo dissentire con Hadjadj . Possiamo accordarci pacificamente con la definizione che ne da il dizionario: ‘persona o cosa che si abbia in soverchia venerazione o a cui si porti smoderato affetto’. Per il credente esso è una realtà ‘finita’ o costruita ad hoc che si pretende sostituire al Dio Infinito, unico degno termine di un’altrettanto infinita adorazione. Ma anche stando alla tua interpretazione potremmo dire che un ateo che contesta tale smodata venerazione del credente nel suo dio (che per l’ateo è un semplice idolo tra tanti altri) dovrebbe poi però dar esempio di non cadere egli stesso in altre soverchie e smodate venerazioni: senno si finisce nel fare il bue che dice cornuto all’asino. 🙂
          Ma torniamo al nocciolo. Quando parlo dell’orizzonte trascendentale del pensiero, io lo faccio nella sua accezione più pura, originaria ed ‘onto-logica’ del termine. In esso può darsi infatti tutto ciò che non sia ultimamente autocontraddittorio. Ed il cespite originario di qualsiasi conoscenza è appunto formato dalla circolarità di esperienza e ‘logos’ così inteso. Ogni tentativo di ‘evasione’ da questo orizzonte –come sappiamo – ci rimbalza dentro. Così quando ad esempio voglio affermare che ‘la parte è maggiore del tutto’ non sto semplicemente negando la certezza di un ‘fatto’ che mostra il contrario, ma sto scindendo il linguaggio dal pensiero, rendendolo inespressivo: dico nulla, appunto, seppure posso intenzionare distintamente i termini di quel giudizio, la loro sintesi logica così definita è impossibile non solo per l’esperienza ma anche per il pensiero (logos): una parte maggiore del tutto non è una parte ed un tutto minore della sua parte non è un tutto. Ciò che rimane è solo un cieco conato di volontà destinato a cadere nell’abisso.

          – Dici che ‘dal punto di vista razionale l’esistenza di dio non è giustificabile, altre convinzioni invece sì’.

          Per primo direi invece che inferire l’esistenza dell’Assoluto o di Dio non è qualcosa che appaia in sé ultimamente ingiustificabile o autocontraddittorio o contro ragione, o fuori dalla ragione e la razionalità. Anzi, fior fiore di filosofi come tu sai, anche non cristiani e prima del cristianesimo, e fuori dal cristianesimo, sono dovuti giungere proprio razionalmente all’inferenza metafisica, ossia a porre questo termine proprio per salvare l’unità dell’esperienza la quale, essa sì invece, risulterebbe senza tale passaggio insanabilmente problematica, peggio ultimamente contraddittoria e ingiustificabile: si da’, ma nei limiti in cui si da’ e per come si da’ non dovrebbe essere. Leibniz (che sapeva anche far di conto) docet.

          Se l’esperienza umana in tutta la sua bellezza e tragicità non avesse ‘fatto problema’, nessuno si sarebbe mai sognato di rifletterci sopra, o pensare che si dovesse trovare una soluzione per salvarne l’intelligibilità e la comprensibilità, o per non cadere nell’assurdo di un’esistenza senza senso (la stessa che provocava per questo una nausea ‘smodata’ al nostro Sartre). A riprova infatti molti filosofi più che preoccuparsi di giustificare l’esistenza dell’Assoluto si son dovuti invece affannare non poco a giustificare, proprio grazie ed in virtù di Esso, l’esistenza del (mondo) relativo. 🙂

          Il vero problema è che la ragione speculativa vorrebbe e dovrebbe costruire la verità di Dio, per poter concretamente indirizzare la corsa del desiderio. Questa costruzione, però, oltrepassa di fatto la sua potenza. Possiamo (già, POSSIAMO) con fatica a fine corsa dire ragionevolmente che esso E’ ma…non CHI esso sia. Da qui in poi subentra se vuoi l’esperienza religiosa, ma non in modo cieco ed acritico: intelligo ut credam, dicevano anche i medievali. Poi ci ritorno.

          – Questione fenomeni mentali: a tutti i riduzionisti, i quali pensano che il pensiero e la coscienza siano il risultato di qualche operazione o funzione fisica, chimica, elettrica etc… rispondo sempre con le parole di un famoso logico – Frege – il quale già obiettava ai suoi amici matematici psicologisti che… ”Marte non è il risultato del viaggio o delle operazioni che si fanno per raggiungerlo” 😉
          Non lo è la matematica, non lo è il pensiero e la logica.
          Senza parlare del fatto che nel momento stesso in cui intenziono queste ‘operazioni’ esse vengono in questo stesso atto automaticamente trascese e ricomprese: a dimostrazione che non pongono esse l’orizzonte ma anzi proprio in questo sono poste per essere rischiarate. Son convinto che Hegel ancora si mangerebbe a colazione il fior fiore dei nostri scienziati del mind-body problem ;-).

          Aggiungo che la tensione o l’intenzionalità è sempre intenzionalità DI qualcosa, laddove l’intenzionalità di nulla è – ipso facto – nulla di intenzionalità. Ammettere (e come non potremmo?) che ‘la tensione infinita di desiderio e intelligenza ci sono, ma ‘non sono legittimazione di alcunché di reale’ è come pretendere che qualcosa che è tutto e strutturalmente tensione lo sia però in definitiva di nulla che possa davvero porsi come proprio termine adeguato e reale. Ora, una tendenza strutturalmente ed eternamente votata a sbagliare bersaglio (o meglio, senza proprio il suo naturale bersaglio) è un monstrum che farebbe rabbrividire anche i darwiniani più eterodossi! 😉

          Ma la verità, caro amico, è che potremmo star qui a disquisire per ore, come direbbe Hegel, sulla battigia del pensiero. Già, perché il pensiero è sempre ‘mediazione dell’esperienza’, parte da essa e ad essa torna per illuminarla. E tutta una rosa di esperienze essenziali per la vita si trova al di là di una previa decisione di aprirvisi. E se non ci si apre non si può ahimé nemmeno specularci correttamente sopra. Questa è l’altra accezione più forte e pregnante di ‘fede’, come fiducia, slancio, ‘apertura verso’… che si trova ancora nell’agnostico sincero ‘in ricerca’ ma della quale troppi atei per partito preso rifiutano e si privano. Arriviamo dunque al credo ut intelligam: credo per capire, perché quello slancio e quella ‘decisione’ mi portano in un campo nel quale altrimenti non potrei accedere.
          Per analogia sarebbe inutile stare sulla riva a disquisire se sia o no possibile nuotare: l’unico modo per saperlo è buttarsi in acqua e provare. Solo allora si potrà dire (anche ragionevolmente) qualcosa di fondato. Idem per l’esperienza religiosa . Molti in questo mare ci si son buttati ed hanno nuotato egregiamente. Altri ci sono affogati. Tantissimi hanno passato la vita a rischiarare quest’esperienza col pensiero e la ragione.
          Certo, questo passaggio, che è poi quello dalla filosofia come perfectum opus rationis alla mistica cristianamente intesa, sta tutto interno all’opzione fondamentale per la fede. Opzione che può non esserci (è il tuo caso?) , anche per una consapevole scelta di fedeltà nei confronti della filosofia stessa, quasi a tutela dal rischio d’una sua possibile contaminazione fideistica, tutela pretesa anch’essa però per una sorta di fede nella possibilità che il pensiero filosofico, ricordiamolo, mediazione dell’esperienza, possa vivere nella sua purezza (e libertà) espungendo fuori di sé – fatto salvo il cespite originario – proprio quella fetta importante di essa (esperienza) che sta invece al di là di una previa, concreta e vitale decisione ad aprirvisi, la stessa poi che potrebbe dire invece qualcosa di ‘tangibile’ sul volto di Dio.

          Il mio augurio è che anche tu possa trovare il coraggio di fare il salto, fiducioso che non per questo la tua ragione saprà di natura inferiore, anzi…
          PS: ti consiglio di leggere Pavel Florenskji (il Leonardo russo),lo troveresti molto interessante! 😉
          Un salutone
          Mauro M.

          • RationonFides ha detto in risposta a RatioetFides

            @Mauro: Sono d’accordo che potremmo stare ore, giorni a disquisire, avendo trovato un interlocutore così preparato. Anzi, la cosa potrebbe anche farmi piacere, ma a questo punto sarebbe forse poco costruttivo farlo ‘su queste pagine’, visto che i post diventano chilometrici. Non posso concordare con te ma su molte cose dovrei semplicemente ribadire quanto già scritto, con ulteriori precisazioni. Ad es. sulla questione del termine ‘idolo’, è semplicemente l’uso che ne fa Hadjadj a chiarire la mia posizione: cosa potrei aggiungere a quanto già scritto? – Oppure sull’inferenza metafisica: fior fiore di filosofi sono giunti a giustificare l’atto di fede in modo razionale, e non viceversa; partendo dalla razionalità ciò che è accaduto è la demolizione di ogni pretesa metafisica, prima con l’Illuminismo di Kant, poi con l’empirismo. – Si può discutere sul riduzionismo a fenomeni biologici, è ovviamente una questione aperta, ma proprio perché è aperta bisognerebbe evitare alcun atteggiamento del tipo “è ridicolo pensare di ridurre tutto a fenomeni biologici” senza fornire particolari giustificazioni (che però di fatto non ci sono, almeno non definitive). – Sull’apertura: certo bisogna essere aperti a nuove esperienze, ma non dimenticando mai il fatto che la mente non recepisce solo le esperienze, ma ci ricama anche sopra, es. l’esperienza che faccio di un sogno va distinta dalla realtà, e però ne faccio ugualmente esperienza, così come l’esperienza che faccio di un’illusione ottica o di un sentimento vanno distinte dalle cose reali, anche se ne faccio esperienza, etc.etc. ‘Apertura all’esperienza’ quindi non deve significare automatica giustificazione di ogni cosa che mi va di sentire o credere –> da cui la fede. Etc.etc. Per non dilungarmi mi limito a rimandare ad altre occasioni, è stato un piacere, un caro saluto anche a te.

            • Roberto Arrati ha detto in risposta a RationonFides

              Attendendo la risposta di Mauro, secondo me si sta usando una concezione di fede in modo irrazionale. Sono d’accordo con te, c’è un modo di fidarsi che è irrazionale. C’è un modo di fidarsi che è razionale (e ti ho risposto in un altro commento). Tutte le religioni sono tentativi dell’uomo di rispondere all’inestirpabile esigenza religiosa che si trovano dentro (“il primo uomo è l’homo religious” dice un noto antropologo”). Però quando parli con noi non puoi tralasciare il fatto che il cristianesimo si differenzi da tutte le altre religioni. Parte come un fatto oggettivamente esterno all’uomo, un fatto storico con una pretesa eccezionale. La caratteristica del cristiano e del cattolico è quindi proprio quella di partire dai fatti, dall’esperienza e non dai ricami su di essa o dai sogni. Il materialismo, grazie all'”incarnazione”, è proprio ciò che ha introdotto il cristianesimo. Se mi piacesse sognare non sarei certo cristiano, se i cristiani si appoggiassero alla loro fantasia non si farebbero certo martirizzare da 2000 anni. L’alternativa è che tutti i cristiani vissuti sulla Terra (si parla di miliardi e miliardi di persone) siano tutti dissociati, affetti da malattie psichiche (psicologi cristiani compresi), disturbi di approccio alla realtà, autistici ecc… A te la scelta…

            • RatioetFides ha detto in risposta a RationonFides

              ….eheheheh, hai ragione sulla lunghezza dei post, già il mio è stato fuori spazio massimo, e per non scriverne un’altro ancor più lungo per approfondire la questione razionalità/metafisica meglio rimandare ad altre occasioni e sedi eventuali approfondimenti 😉
              Il piacere è stato mio, ti saluto con stima, alla prossima occasione!
              Mauro

    • Roberto Arrati ha detto in risposta a RationonFides

      Non intendo aggiungere nulla a quanto detto da Mario, che mi sembra un ragionamento assolutamente condivisibile e profondo. L’uomo è violentemente portato a cercare ciò per cui valga la pena vivere. L’idolo prende forma quando l’uomo convoglia la sua speranza in esso, la sua soddisfazione totale in esso, la sua libertà dipende da esso. Può essere la politica, può essere la passione scientifica, può essere l’attivismo per una organizzazione o una associazione. Può essere la lotta femminista o quella comunista, può essere la divinizzazione della ragione ecc… l’ateo si costruisce il proprio idolo, il proprio feticcio che possa rispondere alla sua ricerca di senso. Gesù Cristo, vincendo la morte, rende veramente libero l’uomo perché abbatte il grande limite della vita. Emanciparsi da questa speranza per piegarsi ad un idolo a propria immagine e somiglianza rende l’uomo schiavo del potere e non certo ateo.

  4. Luk ha detto

    Le cazzate degli invasatei dell’uaar e in giro per il web hanno prodotto mostruose (ma pericolose) ridicolaggini come queste :
    http://www.youtube.com/watch?v=A6zSMBu70IA&feature=related

    • Luk ha detto in risposta a Luk

      Minuto 06:10

      • Roberto Arrati ha detto in risposta a Luk

        Si vabbè ma questo è un idiota. E’ il tipico complottista che poi sostiene che le torri gemelle le abbia fatte cadere il governo americano. Non so da dove legga queste cose -forse da topolino- ma sulla religione non c’è nulla di vero. Basti pensare che la essa era presente nei primi uomini apparsi sulla terra, i quali seppellivano i morti. Nessun potere sopra di loro a strumentalizzarli. Il senso religioso è presente nell’uomo. E’ vero che tutte le religioni sono creazioni dell’uomo per rispondere a questo inspiegabile senso religioso. Tutte tranne una, il cristianesimo, dove l’iniziativa l’ha presa Dio stesso e non l’uomo.

        • Francesco Santoni ha detto in risposta a Roberto Arrati

          Non parlar male di Topolino per favore. Una sola copia di Topolino vale molto di più ed è molto più interessante di tutti i libri di Odifreddi, Dawkins & Co.

        • Luk ha detto in risposta a Roberto Arrati

          Infatti, ma la cosa più triste è che a dire e a pensare queste cose oggi sono tra l’altro ragazzi, persone anche sui 17-18 anni, elementi che costituiranno l’Italia di domani .
          Oramai per il web, tra di loro e nel migliore tra i casi, si sente dire che c’è chi crede in Dio, ma non nella Chiesa … nel migliore dei casi ! .
          Per il resto, chi è fiero d’essere agnostico, chi interessato al new age, al buddismo, chi invece laicista, convinto dalle campagne d’odio calunniose riversate sulla Chiesa che il Papa sia un nazista e un pedofilo, o chi pensa che addirittura Gesù trattasi di un personaggio immaginario . E’ questo estremismo, questa disillusione, questa totale mancanza di rispetto nei riguardi del Cattolicesimo, e in generale del Sacro, che preoccupa nell’ascoltare e leggere questi ragazzi .
          E tutto ciò deve far riflettere, perché questi ragazzi sono il frutto maturato di una pastorale, di una trasmissione generazionale della Fede, che ha fallito .
          C’è la mancanza delle famiglie, ma anche sicuramente l’assenza di una Comunità religiosa, di una vicinanza e un’insegnamento profondo, concreto delle basi della nostra Fede da parte delle Parrocchie .
          Perchè se al Catechismo ci si limita al racconto a mò di favola della storia di Gesù, senza spiegare alcunché della Fede o di Apologetica, o se all’Oratorio si va in Sala Giochi e si gioca a calcio, siamo davvero finiti .
          Per forza che il Battesimo viene percepito come mero atto formale e senza senso se poi non ne viene rafforzato l’alto valore che ha, per forza che a 14 anni si stancano e s’annoiano di andare in Chiesa, per poi magari diventare agnostici, o anti-clericali oppure, quando incontrano il primo tizio dall’aria convincente che va spiegando e leggendo un pò di Bibbia, che sembra abbia dalla propria la verità su tutto, e che li coinvolge in una Comunità affiatata, passano al protestantesimo o divengono affiliati a qualche setta .
          E’ un problema molto serio .

  5. AndreaPanico ha detto

    Ragazzi lasciatelo stare questo ragazzo qui dice cose senza senso pensa che la nostra Fede i Dio Nostro Padre di fonda sulla paura della morte e dell’Inferno …siii certo (questo pero’ vallo a dire ai protestanti , no ai cattolici)
    La nostra fede si basa e si basera’ per sempre sull’amore , e MAI , e ridico MAI sulla paura e sulla morte , ma solo sulla vita e sulla speranza.

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