Journal of Psychiatry Research: «maggior rischio di suicidio per figli dei divorziati»

Come la cultura laicista tiene sempre a sottolineare, la legge sul divorzio è stato il primo vero e grande successo anticlericale della storia contemporanea. I divorzi dal 1970 triplicarono e gli effetti sulla famiglia furono devastanti. Una conquista radicale basata su una “presunta” libertà e -come si era ampiamente detto- non nessun benessere o grado di modernità. Lo dimostra un’ennesima ricerca sociologica, pubblicata su Psychiatric Research e diffusa da ElMundo. Gli autori, Esme Fuller-Thomson e Angela Danto dell’Università di Toronto (Canada), hanno infatti rilevato che «sia i bambini che gli adulti, maschi e femmine, figli di genitori divorziati sono più propensi a pensare seriamente al suicidio rispetto ai figli di famiglie intatte». Hanno poi aggiunto: «Ci sono comunque molti studi precedenti che mostrano un legame tra il divorzio e l’idea del suicidio. I figli dei divorziati hanno un rischio che è tre volte maggiore». Dopo aver descritto le modalità attraverso le quali lo studio sociologico è stato realizzato, i ricercatori specificano: «La stragrande maggioranza dei figli di genitori divorziati sono allevati dalla madre e molti hanno poco o nessun contatto con il padre. La conseguenza è che essi possono essere più vulnerabili». E non è finita: i figli dei divorziati tendono ad avvertire più in profondità i problemi sociali, spesso finiscono a svolgere lavori meno retribuiti e a fare uso molto più frequentemente uso (o abuso) di fumo e alcol. «La letteratura scientifica -continuano i ricercatori- indica che i bambini traggono grande beneficio dal disporre di un modello sano di sesso maschile. Perdere la figura paterna può influire nella socializzazione e gravare sulla salute mentale». La notizia è apparsa anche su ScienceDaily e BrainPhysics.  Un precedente studio (cfr. Ultimissima 1/12/10), eseguito dalla Gerontological Society of America (GSA) ha inoltre dimostrato che i bambini che sperimentano il divorzio dei genitori hanno oltre il doppio di probabilità di soffrire di un ictus. Ricordiamo anche che il mondo laicista e le sette razionaliste esultano ancora oggi per l’aumento di divorzi e la conseguente sofferenza dei figli coinvolti (cfr. Ultimissima 30/7/10).

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Bernard Nathanson, super abortista ateo e poi paladino pro-life cattolico

Parlavamo qualche giorno fa di una conversione incredibile, quella di Jane Roe la donna atea e lesbica che portò la legalizzazione dell’aborto in America e che oggi è invece un’attivista pro-life cattolica (cfr. Ultimissima 21/2/11). Ma non è certo l’unica storia di tale eccezionalità.

È purtroppo scomparso questa settimana, all’età di quasi 85 anni, Bernard Nathanson, il medico americano campione dell’aborto (si era vantato di essere stato responsabile, diretto o indiretto, di 75mila aborti), membro fondatore della National Association for the Repeal of Abortion Laws (“Associazione Nazionale per l’Abrogazione delle Leggi sull’Aborto”, oggi NARAL Pro-Choice America) e direttore del Center for Reproductive and Sexual Health (“Centro per la Salute Riproduttiva e Sessuale”), la più grande clinica di aborti di New York. Protagonista in seguito di una clamorosa, famosa conversione che lo ha portato sul versante opposto, alla cultura della vita e al cattolicesimo.

Rentemente uno dei suoi libri, scritto trent’anni fa, è riuscito ad arrivare anche in Italia (Aborting America, Amici per la Vita 2010). Marco Respinti su La Bussola Quotidiana lo descrive come un ateo professo e alfiere della rivoluzione sessuale degli anni Sessanta, al cui cuore si rivelò presto esservi proprio la controcultura abortista. Fu tra chi fece di più per costruire l’atmosfera in cui maturò la legalizzazione dell’aborto americano (costata circa 50 milioni di vite umane). Gonfiò enormemente (lo confesserà con schiettezza anni dopo) le cifre dell’aborto clandestino, utili a creare la psicosi della “liberazione” necessaria. Ma nel 1973 cominciò a nutrire i primi dubbi, propiziati nientemeno che dalle nuove tecnologie (come gli ultrasuoni) in grado di mostrare per la prima volta a lui e a milioni di altre persone la realtà di un feto autentico nel grembo della madre carico di tutte le atroci sofferenze provocate da quella morte assurdamente procurata. Nathanson cominciò una straordinaria trasformazione abbandonando il castello di menzogne e di false certezze su cui fino a quel momento si era retta la sua offensiva ideologica. Non praticò più alcun aborto e gradualmente divenne un testimone d’eccezione a favore del diritto alla vita. Si convertì infine al cattolicesimo, battezzandosi nel 1996 e divenendo un leader della battaglia pro-life.

Nell’edizione italiana del libro citato, la prefazione è affidata a Nicola Natale, ostretico-ginecologo e Carlo Casini, europarlamentare dell’Udc già leader del movimento per la Vita. «Secondo me il valore di questo libro – spiega Casini – è che autorevolmente, perché queste vicende l’autore le ha vissute personalmente, smaschera i meccanismi menzogneri con i quali si difende il diritto di aborto. Ribadisce inoltre la forza del fatto che il concepito è un essere umano e quindi uno di noi, e quindi una persona. Lui ci è arrivato a partire dal suo ateismo, dal suo rigore scientifico e questo per noi è di singolare interesse». In un altro suo celebre libro, “La mano di Dio”, raccontò il proprio percorso dalla Morte alla Vita, scientifico ed interiore. Egli scriverà: «Sono arrivato alle mie conclusioni dopo sei anni di auto investigazione sulla scorta di una filosofia umanistica estratta dai dati biologici moderni e non da una credenza religiosa». Celebre è quel suo documentario (1984), riproposto in parte qui sotto, che sconvolse lui per primo e poi il mondo intero. Si intitola “L’urlo silenzioso”, in cui l’aborto in diretta appare qual è in tutta la sua mostruosità. Nel filmato si può vedere come il bambino si ritrae dallo strumento che l’abortirà e spalanca la bocca come per emettere un grido (potete vedere un video più completo qui: prima parte, seconda parte).

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USA: legge che vieta il finanziamento all’aborto è approvata dalla Camera

Un forte vento conservatore soffia negli Stati Uniti d’America. Lo avevamo profetizzato già tre mesi fa (cfr. Ultimissima 4/11/10), quando informavamo che i Repubblicani cattolici erano riusciti a conquistare la Camera. A inizio mese invece, un pò nello scetticismo dei nostri lettori, annunciavamo dell’intenzione di John Boehner, il nuovo speaker della Camera degli Stati Uniti, di voler togliere il finanziamento all’aborto come principale priorità (cfr. Ultimissima 4/2/11). Ad incrementare la situazione è stata anche la bufera piovuta sulla Planned Parenthood, il più grande ente abortista americano e internazionale, quando degli attivisti pro-life hanno scoperto attraverso video amatoriali che i dipendenti dell’impero abortista sfruttavano la prostituzione minorile (cfr. Ultimissima 7/2/11). Sono passati pochi giorni e la Camera del Congresso degli Stati uniti ha approvato il 19/2/11 la proposta repubblicana di bloccare i finanziamenti federali per la Planned Parenthood. Il provvedimento, passato con 240 voti favorevoli e 185 contrari, è una prima grande vittoria degli antiabortisti, guidati dal deputato repubblicano dell’Indiana Mike Pence, secondo cui i soldi dei contribuenti non vanno utilizzati per finanziare istituzioni che promuovono l’aborto. Ora toccherò al Senato, anche se in quel contesto la presenza di democratici sarà maggiore. In Italia la notizia è riportata da VirgilioNotizie e da America24. Esultano sul The Washington Post: «John Bohner affonderà il Planned Parenthood? Purtroppo questa legge non nega i finanziamenti agli ospedali che uccidono i bambini non ancora nati. Lasceremo la lotta degli ospedali per un altro giorno. Detto qeusto, mi rallegro se il disegno è diventato legge, negando così al Planned Parenthood i nostri soldi». Si parla di “vittoria simbolica” poiché sarà dura che passi anche al Senato, anche se «la vittoria del Planned Parenthood non pare essere assicurata». Pllauso è arrivato anche dai Vescovi americani, come riporta RadioVaticana.

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Nonostante l’ateismo di stato, cresce la Chiesa anche in Ungheria

La Chiesa cresce anche in uno stato ex comunista come l’Ungheria. Ovviamente -come in tutte le dittature del ‘900- vi fu instaurato l’ateismo di Stato dal 1948 al 1989, eppure il vescovo Pryryz, intervistato da Aiuto alla Chiesa che soffre, ha spiegato che circa la metà dei seminaristi deve alloggiare fuori dai seminari per mancanza di spazio. Addirittura bisogna arrivare a respingere anche le richieste. La onlus citata sostiene economicamente 86 seminaristi, e 287 sacerdoti ungheresi. Il Vescovo ha così ringraziato: «Invio i miei sinceri saluti ed esprimo i nostri più sentiti ringraziamenti per la vostra risposta alle richieste ad aiutare la nostra Chiesa, così da affrontare le molteplici esigenze che sono emerse dopo un lungo periodo di persecuzione». Ha poi spiegato che i giovani sono molto affascinati da un prete diocesano, Omelio Korch, che ha offerto aiuto agli ebrei durante l’occupazione nazista e per questo venne ucciso nel campo di concentramento di Majdanek, alla periferia di Lublino, in Polonia nel 1944. Nonostante gli aiuti della famiglia ha voluto rimanere nel campo di concentramento per stare vicino agli ebrei. E’ ancora oggi «un grande esempio per i giovani». La notizia è ripresa da Religion En Libertad.

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Il fallimento dell’educazione sessuale in Inghilterra, Francia e Svezia

Il 10 gennaio 2011 Benedetto XVI nel suo discorso tenuto di fronte al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ha sottolineato la presenza di «un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie» laddove «è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale» che trasmettono concezioni della persona che «riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione». Il Pontefice ha poi esortato «tutti i governi a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere circa l’educazione dei figli e che si ispirino al principio di sussidiarietà, fondamentale per organizzare una società giusta». Recentemente, lo specialista in Medicina Interna e Segretario dell’associazione “Scienza & Vita” di Pisa e Livorno, dott. Renzo Puccetti, è intervenuto sulle parole del Santo Padre e sulle critiche ricevute per queste parole. «Si sostiene infatti che l’educazione sessuale obbligatoria nelle scuole è un progresso e si porta l’esempio di cosa è avvenuto in Francia, Olanda, Svezia, indicando quelle esperienze come veri modelli di civiltà, di pluralismo e scientificità». Il dott. Puccetti spiega che l’educazione sessuale insegnata ai bambini e ai ragazzi nelle scuole dovrebbe servire a ridurre le malattie sessualmente trasmesse, le gravidanze indesiderate e gli aborti tra i giovani. Ma questi obiettivi sono stati raggiunti?

Inghilterra. Nel 2009 il prestigioso “British Medical Journal” ha pubblicato uno studio in cui i ricercatori, dopo aver analizzato un gruppo di 446 giovani a rischio, hanno verificato che le ragazze a cui era stato fornito un programma contenente informazioni sulla contraccezione mostravano un tasso di gravidanze tre volte e mezzo superiore rispetto alle coetanee che non avevano frequentato quelle lezioni. Con un tasso di abortività tra le giovani fino a 19 anni pari a 23, in Inghilterra l’ente preposto ha dato il via libera per la pubblicità televisiva delle cliniche per aborti. Il tasso di malattie sessualmente trasmissibili è decisamente alto: il 6,2%

Francia. E’ il Paese in cui il numero di pillole del giorno dopo vendute nell’ultimo anno è stato di un milione e centomila confezioni, la nazione in cui il 95% delle donne sessualmente attive che non desidera una gravidanza usa la contraccezione, in massima parte fatta di pillola e spirale, il Paese in cui sono obbligatorie 40 ore all’anno di educazione sessuale. Bene, proprio in questo paese nel 2007 sono stati praticati 213.382 aborti, con un tasso di abortività tra le ragazze di 15-19 anni pari a 15,6. Il tasso di malattie sessualmente trasmissibili è del 3,9%.

Svezia. Qui l’associazione per l’educazione sessuale è stata fondata nel 1933 dalla femminista Elise Ottesen-Jensen, nel 1945 apparve il primo manuale per l’educazione sessuale rivolto agli insegnanti e nel 1955 l’educazione sessuale nelle scuole è divenuta obbligatoria. Fin dalla più tenera età si insegna a impratichirsi con il profilattico durante i “condom’s days”. Eppure il tasso di abortività tra le giovani arriva al 22,5, cioè tre volte più alto rispetto a quello registrato tra i coetanei italiani.

Italia. Se in Svezia, nonostante l’obbligo di educazione sessuale, il tasso di abortività è del 22,5, i coetanei italiani raggiungono nell’ultima relazione il 7,2. Eppure, i giovani italiani non hanno obbligo di frequenza a corsi di educazione sessuale, ma si informano dagli amici, da Internet e, pensate un po’ che obbrobrio, persino dai genitori. Anche rispetto alle malattie sessualmente trasmesse, gli italiani -informa l’Organizzazione Mondiale della Sanità- hanno il tasso più basso: 2,7%.

«Se questi sono i risultati dell’educazione sessuale a scuola – conclude Puccetti – voglio essere ottimista e sperare che in Italia non si dia più neppure un centesimo per queste iniziative, lasciando che ciascuno, secondo il proprio grado di maturazione, inizi il proprio percorso di avvicinamento alla scoperta di una dimensione dell’umano grandiosa e potente».

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Adolf Hitler e il suo odio anticristiano e anticattolico

Recentemente è stato ristampato un interessante libro: Conversazioni a tavola di Adolf Hitler (Goriziana 2010). Quest’opera, riporta lo scrittore Francesco Agnoli su Il Foglio, non dice nulla di sostanzialmente nuovo per chi abbia affrontato testi fondamentali del nazismo, come il “Mythus” di Alfred Rosemberg, le memorie di Albert Speer, i diari di Goebbels, le conversazioni di H. Rauschning, i discorsi di Walter Darrè ecc..

Hitler era un fierissimo avversario della visione biblica, cioè dell’idea di un Dio Creatore del cosmo, come della dottrina cristiana della fratellanza fra gli uomini, figli di un unico Padre. Sono idee ben conosciute dallo storico, ma non dalla vulgata, se è vero come è vero che non di rado si può sentire qualche anticristiano contemporaneo ripetere, come un disco rotto: “Ma Hitler era battezzato e ha avuto un’infanzia cattolica!” (come d’altraparte l’ha avuta anche Odifreddi, se è per questo). Citiamo qualche frase del dittatore contenuta nel libro, pronunciata non in modo pubblico ma quando era impegnato ad istruire i suoi ospiti, in tutta libertà, cioè non vincolato da considerazione di opportunità politica o di strategia mediatica.

Nelle sue conversazioni a tavola egli ricordava il suo professore di religione, l’abate Schwarz: «Lo provocavo ponendo domande imbarazzanti sulla Bibbia, poiché non potevo sopportare tutte quelle ipocrisie. Ho ancora dinnanzi quello Schwarz col suo naso lungo. Guardandolo vedevo rosso. E ricominciavo peggio di prima. Appena mia madre venne a scuola, egli si precipitò su di lei per spiegarle che ero un’anima perduta».

La notte tra l’11 e il 2 luglio 1941, Hitler dichiarava: «Il colpo più duro che l’umanità abbia ricevuto è l’avvento del cristianesimo. Il bolscevismo è un figlio illegittimo del cristianesimo. L’uno e l’altro sono un’invenzione degli Ebrei». Il cristianesimo -proseguiva, dopo aver esaltato “Giuliano il Grande” e deplorato “Costantino l’Apostata”-, è «un’invenzione di cervelli malati», un insieme di «mistificazioni ebraiche manipolate dai preti», la «prima religione a sterminare i suoi avversari in nome dell’amore»; è intollerante, inganna il popolo, contraddice la ragione e «lo sviluppo scientifico»; proclama un egualitarismo iniquo, diffonde l’idea pericolosa e nociva dell’aldilà e di un Dio trascendente (in contrasto, a suo dire, con «la teoria dell’Evoluzione»); venera «il volto contorto di un crocifisso»; separa l’uomo dalla materia, mentre «non esiste alcuna frontiera tra l’organico e l’inorganico»… Quanto ai preti, sono «aborti in sottana», «brulichio di cimici nere», «rettili»: è la Chiesa cattolica stessa che «non ha che un desiderio: la nostra rovina». Così parlava Hitler, mentre tesseva l’elogio del vegetarianesimo e descriveva l’uomo come «il microbo più pericoloso che si possa immaginare».

Una domanda, conclude Agnoli: dopo i lager e i gulag atei e anticristiani, dopo il comunismo e il nazionalsocialismo (nato dall’anticristiana rivoluzione francese), è ancora possibile fare a meno di Dio?

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La Sorbona di Parigi studia il ruolo della Chiesa cattolica nella storia

La celebre Università Sorbona ha studiato il ruolo geopolitico della Chiesa cattolica nel mondo, affidandosi all’analisi dello storico, Manlio Graziano, docente di Geopolitica delle religioni a Parigi. La ricerca –rivela Avvenire– è stata tradotta e diffusa recentemente in Italia: Il secolo cattolico. La strategia geopolitica della Chiesa(Laterza 2010). L’approccio dello storico è decisamente neutrale e approfondito, teso ad illustrare, attraverso una letteratura di riferimento ampia, i punti di quella che egli definisce la strategia storica della Chiesa cattolica, volta da sempre a «conformare le nostre società al Vangelo, e non il Vangelo alle società». Sembrano emergere quattro punti chiave:

Primo. Spaziando da Cartesio alla Shoah, dalla Grande guerra alla modernità, l’autore sostiene che uno dei punti di forza principali della Chiesa cattolica sta nel non sentirsi obbligata a tenere conto della cosiddetta opinione pubblica. Una libertà enorme e rara che permette di valorizzare l’aderenza a principi solidi – anche impopolari –, l’esperienza e la solidità organizzativa, senza concessioni né a mode né a tendenze di breve periodo. La Chiesa può anche commettere degli errori, ma ciò che la contraddistingue nel lungo periodo è la costante aderenza a valori e strategie che trascendono gli effetti variabili della opinione pubblica contingente.

Secondo. Un altro aspetto affrontato è la secolarizzazione, che secondo il sociologo dipende in buona parte proprio dalla crisi dello sviluppo in occidente. E la Chiesa cattolica è uno dei pochi soggetti, forse l’unico, in grado di rispondere a quella crisi, ed ai sentimenti di incertezza che ne derivano, con una proposta forte di spiritualità e trascendenza. La potenza della Chiesa cattolica nella storia, è sempre consistita proprio nella capacità di «intercettare, incanalare e organizzare le crescente religiosità dal basso» e di essere «l’unico organismo mondiale capace di una visone lungimirante dei problemi connessi allo sviluppo», dalla crisi demografica all’immigrazione.

Terzo. Una Chiesa che da sempre crea coesione sociale e sostiene l’etica dei doveri contro la deriva individualistica. Dove recuperare una coscienza collettiva? Dove trovare indicazioni sensate rispetto ai valori non negoziabili, della famiglia come della vita? Dove trovare altre voci positive rispetto ai temi dell’accoglienza, degli immigrati come dei malati? Quale altro laboratorio esiste per la sussidiarietà e la reciprocità sociale? La Chiesa ha promosso la cooperazione europea, a partire dalla Grande guerra e dal ruolo svolto dai cappellani nel supporto alle truppe e nello sforzo svolto a livello diplomatico per un accordo tra Germania e Francia, per arrivare alla proclamazione di Benedetto da Norcia “padre dell’Europa” nel 1948, da parte di papa Pacelli.

Quarto. La Chiesa e le sue opere sono animate da spirito internazionale e terzomondista. Il sociologo spiega che «fin dai tempi delle prime missioni degli apostoli, la meta del veliero della Chiesa è nota, ed è eminentemente geopolitica (o georeligiosa se si preferisce) “fino agli estremi confini della terra”». Ciò che conta è tutta l’umanità, quella dei milioni di cinesi ed indiani che intendono cristianizzarsi, come quella dei fratelli ortodossi o dei rappresentanti delle altre religioni monoteistiche, benché lontane ed a volte nemiche.

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L’UE riesce a condannare la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente

Dopo oltre tre settimane di dibattito, l’Unione europea è riuscita a produrre un testo in cui si citano in modo esplicito i cristiani come vittime di persecuzione e oggetto di attacchi violenti. Un testo precedente era stato preparato in gennaio, dopo l’attacco terrorista in una chiesa a Bagdad e le uccisioni in una chiesa di Alessandria d’Egitto, ma era stato bocciato proprio per la mancanza di riferimenti ai cristiani, avendo la Ue preferito usare il termine generico di “minoranze religiose”. Il documento ufficiale approvato condanna «fermamente gli attacchi contro i cristiani ed i loro luoghi di culto, i pellegrini musulmani e le altre comunità religiose» ed esprimono «profonda preoccupazione per il numero crescente di manifestazioni di intolleranza e discriminazione fondate sulla religione, di cui sono testimonianza le violenze e gli atti di terrorismo condotti recentemente in diversi Paesi». Presiedendo la riunione dei ministri, la rappresentante della politica estera della Ue, Catherine Ashton, ha rivolto un appello ai dirigenti tunisini perché consegnino alla giustizia gli assassini di Marek Rybinsky, il prete cattolico polacco ucciso la settimana scorsa. Un primo testo –ricorda Avvenire– era stato bloccato da alcuni ministri il 31 gennaio perché mancavano riferimenti chiari alle minoranze religiose, in particolare alle comunità cristiane vittime di recenti stragi (cfr. Ultimissima 3/2/11). La Conferenza dei vescovi cattolici europei (Comece) ha commentato la dichiarazione dei Ventisette definendola «un passo nella buona direzione». «Tuttavia – ammonisce la Comece – la sicurezza e la sopravvivenza delle comunità cristiane, soprattutto nel Medio Oriente, richiedono un’azione concreta». L’Agenzia AsiaNews lamenta il fatto che il documento «cerca di bilanciare le violenze contro i cristiani con quelle contro altre comunità religiose, in un “eccesso” di equilibrio ed equidistanza, non tenendo conto che almeno il 70% delle persecuzioni nel mondo avvengono contro i cristiani». Anche Sophia Kuby, direttrice esecutiva dello European Dignity Watch, una Ong attivissima a Bruxelles  nella difesa di quelli che statutariamente definisce «i tre pilastri più importanti della società: la vita, la famiglia e le libertà fondamentali», è rimasta comunque delusa (cfr. La Bussola Quotidiana).

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Piergiorgio Odifreddi cerca di diffamare Blaise Pascal e Albert Einstein

Nel giro di un mese il nostro Ciccio Odifreddi ci regala due belle odifreddure… Si sa che lui, avendo sempre voluto fare lo scienziato da grande, è costretto ad invidiare coloro che ci sono riusciti. Ha pensato così di inveire contro due grandi uomini di scienza come Blaise Pascal e Albert Einstein. E’ stato però subito bacchettato.

Odifreddura su Pascal. Ne ha parlato sulla rivista Le scienze, scrivendo una marea di inesattezze e forzate manipolazioni tanto da far intervenire addirittura uno dei principali tradurri italiani di Pascal, Bruno Nacci, il quale scrive: «Un articolo imbarazzante perché ra­ramente mi è capitato di imbat­termi, nel merito, in una tale se­quenza di inesattezze a proposito di uno dei maggiori scienziati moderni, nonché il massimo scrittore in prosa del Seicento francese, ma anche – mi si perdo­ni la franchezza – in una visione tanto miope e puerile dell’animo umano». Odifreddi afferma infatti che a 31 an­ni Pascal, sotto l’influsso dei gian­senisti, «era completamente per­so per la scienza». Eppure, nel 1654 Pascal aveva 31 anni e proprio in quell’anno -citando i soli studi scientifici- termina i Traités de l’équilibre des liqueurs et de la pesanteur de la masse de l’air, lavora al Traité des coniques, pubblica il Traité du trian­gle arithméti­que. Nel 1655 scrive De l’E­sprit géométri­que e Introdu­tion à la Géométrie. Nel 1658 indice un concorso inter­nazionale per risolvere il pro­blema della «roulette» di cui rivelerà la soluzione nelle Lettres de Dettonville, capolavoro degli studi matematici che sugge­rirà a Leibniz il calcolo differen­ziale. Per non parlare del carteg­gio con scienziati come Sluse, Fermat e Huygens, o del complesso piano da lui curato nei dettagli per il primo sistema di trasporti pubblici in Europa tra 1661 e 1662, anno della morte. Inutile poi sottolineare come fra i giansenisti ci fossero grandi uomini di scienza, come Arnauld. Poi Odifreddi sostiene che la causa del ritiro (presunto) di Pascal dalle scienze sia stata la follia: «Il 23 novembre 1654 Pascal impazzì, lo testimonia il Memoriale che scris­se quella sera, pieno di frasi senza senso» (è una vita quindi che Odifreddi sarebbe da ricoverare…). Nacci comunque ironizza: «Ohibò. Do­po essermi strofinato gli occhi, ho proseguito la lettura dell’articolo che esporrebbe le prove di que­sta, inedita, pazzia di Pascal. Quello che tutti ritengono un documento di alta spiritualità possa essere interpre­tato come un segno di follia, è pensiero bizzarro se pure lecito». Odifreddi, per autoconvicersi maggiormente introduce poi l’argomento forte: «Pascal era in­fatti reduce da un grave incidente in carrozza sul ponte di Neuilly, in cui aveva letteralmente battuto la testa. In seguito soffrì per tutta la vita di forti emicranie. E quando morì nel 1662, a soli 39 anni, l’au­topsia rivelò evidenti lesioni cere­brali». Peccato -spiega l’accademico- che in queste poche righe l’unico dato certo riguardi l’anno della morte di Pascal. L’incidente sul ponte di Neuilly è un aneddo­to, riportato da un anonimo forse alla fine del Seicento, che dice di averlo saputo da altri e così via. Inoltre è risaputo che Pascal patisse d’emicrania fin dalla prima giovinezza. Sempre per Odifreddi, l’au­topsia avrebbe rivelato «evi­denti» lesioni cerebrali. Lo storico nega però che nel referto autoptico si parli di evidenti fratture cerebrali. Nel reperto (attendibile o meno rispetto alla me­dicina del tempo), al contrario, «si parla di una mancata chiusura in­fantile di certe suture craniche che gli avrebbero causato per tut­ta la vita devastanti dolori alla testa». Quindi: il cancro o la tu­bercolosi. Continua Nacci: «Fermo restando poi che le (supposte) fratture cerebrali causate da un (supposto) inci­dente stradale nel 1654, non gli a­vrebbero impedito di scrivere ne­gli anni successivi, tra l’altro, le Provinciales e le Pensées, bagatelle che anche un pazzo o uno con evidenti fratture cerebrali natural­mente potrebbe scrivere!». Addirittura nella prefezione ai “Pensieri” di Pascal editi dalla Rizzoli,  affidata a Vittorio Enzo Alfieri, vi è specificato che la leggenda nasce dal solito mistificatore Voltaire: «La pazzia di Pascal è leggenda, grossolana interpretazione di razionalisti e materialisti a cui riusciva incomprensibile l’esperienza religiosa di Pascal e la forza paradossale delle sue affermazioni». Più avanti si  afferma che «chiunque ha voluto spiegare il genio di Pascal come manifestazione patologica, e persino trovare nella scrittura di lui l’indizio della febbre, indubbiamente è in errore» (da Pascal, “Pensieri”, Rizzoli, pag.10,11). Ma il matematico impertinente (che qualcuno su Facebook ha soprannominato il “matematico deficente”) dichiara qual’è il suo intento: «Oggi lo si ricorda quasi soltanto per i confusi Pensieri nei quali sprecò il suo talento, ma in gioventù aveva fatto vedere di co­sa sarebbe stato capace, se fosse stato risparmiato dalla conversio­ne». Ecco spiegato il tentativo del noto invasateo scientista di Cuneo. Conclude lo storico Nacci: «Ma se dal 1654 Pascal era già impazzito e invalido (parola di O­difreddi), com’è possibile che in seguito sprecasse il suo talento in quelle opere che, a dire il vero, so­lo il nostro esperto ritiene insigni­ficanti? Quale talento gli era rima­sto? Credo che sia inutile commentare o infierire oltre su un simile pro­cedimento argomentativo lacu­noso e non poco illogico, ma a proposito di «confusione»: non è che l’inconscio, ancora una volta, abbia preso la mano a Odifreddi?».

Odifreddura su Einstein. Ha parlato del grande fisico sull’ultimo numero dell’Espresso. Nell’articolo, Odifreddo si lamenta del “Cortile dei gentili” perché, a suo parere, la Chiesa cattolica accetta di confrontarsi con gli atei moderati e non con gli invasatei. E conclude -non si capisce bene perché- in questo modo: «Come si sa gli scienziati sono quasi tutti atei. E già nel 1930 il più famoso di loro, Albert Einstein, scriveva: “Le idee più belle della scienza nascono da un profondo sentimento religioso. Io credo che questo tipo di religiosità che attualmente si avverte nella ricerca, sia l’unica esperienza religiosa creativa della nostra epoca”». Lo scientista furioso arruola così Albert Einstein come scienziato ateo più famoso della storia. Proprio Einstein che disse di sè: «Io non sono ateo e non penso di potermi definire panteista. Noi siamo nella situazione di un bambino che è entrato in una immensa biblioteca piena di libri scritti in molte lingue. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri, ma non sa come e non conosce le lingue in cui sono stati scritti. Sospetta però che vi sia un misterioso ordine nella disposizione dei volumi, ma non sa quale sia. Questa mi sembra la situazione dell’essere umano, anche il più intelligente, di fronte a Dio. La convinzione profondamente appassionante della presenza di un superiore potere razionale, che si rivela nell’incomprensibile universo, fonda la mia idea su Dio» (da Einstein: His Life and Universe, Simon e Schuster, pag. 27).  Proprio Einstein che sembra rivolgersi all’ex seminarista Odifreddi in questo modo: «Non condivido lo spirito di crociata dell’ateo di professione il cui fervore è in gran parte dovuto a un doloroso atto di liberazione dalle catene dell’indottrinamento religioso ricevuto in gioventù» (Lettera a Guy Raner, 1949). E ancora: «Gli atei fanatici sono come schiavi che ancora sentono il peso delle catene dalle quali si sono liberati dopo una lunga lotta. Essi sono creature che – nel loro rancore contro le religioni tradizionali come ‘oppio delle masse’ – non posso sentire la musica delle sfere» (Isaacson, Einstein: His Life and Universe, Simon e Schuster 2008). Albert Einstein contraddice  ancora il nostro Odifreddi, ad esempio quando scrive: «La scienza contrariamente ad un’opinione diffusa, non elimina Dio. La fisica deve addirittura perseguitare finalità teologiche, poichè deve proporsi non solo di sapere com’è la natura, ma anche di sapere perchè la natura è così e non in un’altra maniera, con l’intento di arrivare a capire se Dio avesse davanti a sè altre scelte quando creò il mondo» (da Holdon, The Advancemente of Science and Its Burdens, Cambridge University Press, New York 1986, pag. 91). E ancora: «Voglio sapere come Dio creò questo mondo. Voglio conoscere i suoi pensieri; in quanto al resto, sono solo dettagli» (da “Einstein: Pensieri di un uomo curioso“, Mondadori ’97). E mentre Odifreddi nei suoi libri sostiene che i cristiani siano tutti dei «cretini», il celebre Premio Nobel si sofferma anche lui sul cristianesimo: «Nessun uomo può disporre della cristianità con un bon mot. Nessuno può leggere i Vangeli senza sentire la presenza attuale di Gesù. La sua personalità pulsa ad ogni parola. Nessun mito può mai essere riempito di una tale vita» (da Einstein, “The Saturday Evening Post”, 26.10.1929). Odifreddi dovrebbe poi dimostrare che la maggioranza dei più grandi scienziati della storia, riportati in quest’elenco ad esempio,  siano atei. Una risposta a Odifreddi è comunque arrivata anche dal settimanale Tempi.

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Nel 2010 più di 10 milioni di pellegrini al Santuario di Aparecida in Brasile

Numeri record per il Santuario di Aparecida, nello Stato brasiliano di San Paolo, ha accolto 10,3 milioni di visitatori nel 2010. E’ il Santuario nazionale del Brasile, nello stato di San Paolo, ed è dedicato alla Nostra Signora di Aparecida, patrona del Brasile. «E’ un numero storico, non solo per il Santuario, ma anche per il Brasile – ha dichiarato il rettore del Santuario, Darci Nicioli a Zenit.it–. Nel nostro Paese, nessun altro luogo riceve tanta gente». L’amministratore del Santuario, padre Luiz Cláudio, ha sottolineato il lavoro svolto da più di 1.200 collaboratori e i progetti di comunicazione del Santuario, tra cui Radio e TV Aparecida, la Rivista di Aparecida e il portale A12.com.. Il prefetto di Chiesa del Santuario, Rodrigo Arnoso, ha invece sottolineato l’accoglienza al Santuario ad opera di oltre mille volontari e i grandi pellegrinaggi che visitano la Basilica ogni anno.

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