Un credente di fronte all’evoluzione

Forastiere MicheleLa pausa estiva crea talvolta occasioni d’incontro e di discussione che gli impegni di lavoro quotidiani rendono di norma difficili, se non impossibili. Grazie all’impegno di un gruppo di giovani volenterosi e all’ospitalità di un parroco curioso di cose di scienza, quest’estate Michele Forastiere ha avuto modo di parlare in pubblico della teoria dell’evoluzione, inquadrandola correttamente nel contesto di un dialogo rispettoso tra scienza, filosofia e fede. Qui di seguito riportiamo una sintesi del suo intervento.

 
 
di Michele Forastiere*
*professore di matematica e fisica
 

Il mio libro è il frutto di diversi anni di riflessione personale su quelle domande fondamentali che ognuno di noi si pone almeno una volta nella vita: chi siamo, da dove veniamo, perché esiste il mondo – insomma, le questioni dell’origine e dell’evoluzione dell’Uomo e dell’Universo. Per una sorta di deformazione professionale (sono un fisico) non ho potuto fare altro che affrontarle da una prospettiva rigorosamente galileiana. Ora, chiunque si ponga l’obiettivo di scandagliare scientificamente il problema dell’origine si imbatte inevitabilmente nella teoria evolutiva attualmente più diffusa e accreditata: la Sintesi Moderna dell’evoluzione, discendente diretta e aggiornata della celebre teoria della selezione naturale di Charles Darwin (“L’origine delle specie mediante selezione naturale, ovvero la conservazione delle razze favorite nella lotta per la vita”, 1859).

È nota più o meno a tutti – nelle sue forme più varie, da quelle serie a quelle scherzose – l’immagine della marcia del progresso umano che scaturì dall’opera successiva di Darwin relativa alla comparsa dell’Uomo sulla Terra (“L’origine dell’Uomo e la selezione sessuale”, 1871): immagine che suggerisce, in modo schematico ma efficace, l’idea della discendenza dell’Uomo da un antenato scimmiesco (sebbene si dovrebbe dire più correttamente, secondo i biologi evolutivi, che l’Uomo e le scimmie moderne discendono da un antenato comune ormai estinto).

Credo sia altrettanto noto il fatto che la teoria di Darwin suscitò fin da subito aspre polemiche, in parte perché si pensò che infliggesse un duro colpo all’immagine dell’Uomo come signore e padrone della Natura, ma soprattutto perché negava apertamente l’immagine della Creazione biblica dell’Uomo dal fango. In realtà, il fastidio fu provato principalmente da parte delle varie confessioni protestanti legate a un’interpretazione letterale della Bibbia, mentre va sottolineato il fatto che la Chiesa Cattolica non si pronunciò mai ufficialmente né sulla teoria di Darwin (di cui non mise mai all’Indice le opere) né sull’evoluzione in genere (fino al famoso discorso di Giovanni Paolo II del 1996, che “apriva” alla teoria scientifica dell’evoluzione).

Tuttavia, nel corso degli anni non ho potuto fare a meno di notare che molti continuano a usare la teoria di Darwin come argomento anti-teista. A questo punto io, da scienziato e credente, ho sentito la necessità di provare a capirci qualcosa di più rispetto a quanto imparato a scuola, sentito in TV e letto nelle riviste e nei libri di divulgazione scientifica. È d’obbligo un’importante precisazione a quest’ultimo proposito. Quando si parla di “darwinismo”, si tende in genere a fare confusione tra il livello scientifico e quello filosofico. Diciamo subito che il darwinismo filosofico è un principio esplicativo della Realtà che è basato sul materialismo (nega quindi l’esistenza di Dio e di ogni forma di trascendenza); in quanto tale, dunque, è una rispettabile posizione metafisica – che però, in sé e per sé, non può ritenersi migliore o preferibile a qualunque altra posizione metafisica. Viceversa, il darwinismo scientifico (vale a dire, ogni teoria scientifica che si ispiri direttamente all’opera di Darwin) è uno schema interpretativo della porzione fisica della Realtà, che perciò deve rientrare nell’ambito della scienza galileiana.

Ora, è risaputo da secoli in filosofia che nessuna teoria scientifica (anche ammesso che sia stata verificata al di là di ogni possibile dubbio), è in grado di dimostrare l’esistenza o l’inesistenza di una parte di Realtà trascendente quella naturale (di cui la porzione fisica, quella esplorabile dalla scienza, è un sottoinsieme). Dunque, sbaglia gravemente chi pensa che il darwinismo scientifico possa portare acqua al mulino delle basi metafisiche di quello filosofico. Da scienziato, non da credente, atteggiamenti di questo genere mi sono sempre stati antipatici. Ho cercato allora di evidenziare, nel portare a termine il libro, a quali conclusioni filosofiche si possa lecitamente giungere a partire dallo “stato di fatto” delle attuali conoscenze sull’evoluzione biologica.

Vediamo innanzitutto quali sono le conoscenze oggi “scientificamente accertate” (in senso galileiano) sull’evoluzione biologica: la Terra si formò all’incirca quattro miliardi e seicento milioni di anni fa, in un angolo non particolarmente interessante della Galassia. Appena nato il nostro pianeta era un posto molto sgradevole, del tutto inadatto a ospitare la vita. Per dirne una, era sottoposto a un incessante bombardamento di meteoriti e comete, che ne rendeva la crosta incandescente. Gli oceani primitivi apparvero subito dopo che la temperatura scese abbastanza da permettere la condensazione dell’acqua. Questo succedeva più o meno tre miliardi e seicento milioni di anni fa; solo cento milioni di anni dopo proliferavano già i primi organismi unicellulari. È fuori di dubbio che qualcosa sia cambiato, da allora a oggi: forme viventi diversissime si sono avvicendate sulla scena nelle successive ere geologiche; hanno prosperato per un po’, recitando il loro ruolo nel dramma della vita; poi hanno finito per cedere il passo a nuovi attori. Le prove scientifiche di questa vicenda inesauribile sono assolutamente schiaccianti e provengono da varie aree di ricerca, che spaziano dalla biologia alla paleontologia, dalla chimica alla fisica delle particelle. [da “Evoluzionismo e cosmologia”, pag. 11]

Vi sarebbe poi da aggiungere l’innegabile constatazione che questa lunghissima vicenda ha portato, infine, alla comparsa sulla scena di un’unica specie animale dotata di intelletto, di linguaggio simbolico, di progettualità: l’Homo sapiens sapiens. In questo video si può vedere come viene normalmente divulgata la teoria dell’evoluzione darwiniana (N.B.: il  video è stato pubblicato nella sezione “A ragion veduta” del sito UAAR). Questo, si può dire, è con buona approssimazione il modello evolutivo rappresentato dalla Sintesi Moderna a partire all’incirca dagli anni ‘50. Raccontata così, la storia appare assolutamente pacifica e assodata – sembrerebbe che nulla vi sia da aggiungere o modificare. Comunque, tale e tanta fu considerata la forza esplicativa di questo schema, da spingere il filosofo Jacques Monod a scrivere (nel suo testo fondamentale “Il Caso e la Necessità”, del 1971): «[Le alterazioni nel DNA] sono accidentali, avvengono a caso. E poiché esse rappresentano la sola fonte possibile di modificazione del testo genetico, a sua volta unico depositario delle strutture ereditarie dell’organismo, ne consegue necessariamente che soltanto il caso è all’origine di ogni novità, di ogni creazione nella biosfera. Il caso puro, il solo caso, libertà assoluta ma cieca, alla radice stessa del prodigioso edificio dell’evoluzione […]. Possiamo affermare, in definitiva, che la teoria darwiniana ha i suoi capisaldi nel Caso e nella Necessità: la variazione casuale lenta e graduale dei caratteri attraverso la modificazione del patrimonio genetico (Caso) e la selezione naturale nelle sue varie forme, compresa quella sessuale (Necessità)».

Va detto che molti biologi evolutivi e filosofi della scienza sostenitori del materialismo hanno avuto gioco facile a sconfinare nella metafisica, ispirandosi alle concezioni di Monod. Il loro ragionamento si può riassumere più o meno come segue: “Se il vero motore dell’innovazione biologica è la variazione lenta e casuale dei caratteri, così come emergono dagli errori di copiatura e mutazioni del DNA, allora non è possibile rintracciare nella Natura un Disegno di cui l’Uomo sia l’oggetto, e dunque Dio o non esiste o non si interessa a noi. L’Uomo è solo il risultato di un cieco meccanismo generatore dei cambiamenti, giunto per puro caso a superare in intelligenza e capacità ogni altro essere vivente”. Già a questo livello basilare si può tuttavia comprendere che, se anche lo schema di Monod fosse vero, non sarebbe lecito trarre una simile conclusione metafisica. In altre parole, non è possibile escludere l’esistenza di un Creatore – in particolare, di un Creatore onnisciente e provvidente che agisce nel mondo in modo misterioso per “cause seconde” (conformemente alla concezione filosofica di san Tommaso d’Aquino) – tirando in ballo semplicisticamente il “Caso”. Quella del Caso, infatti, è una categoria “filosofica” dietro cui è sempre possibile nascondere la semplice ignoranza di una serie di concause sconosciute. Si tratta, in effetti, di una verità arcinota a chi si occupa seriamente di evoluzione e che – se vogliamo – è testimoniata dal fatto che esistono molti biologi darwinisti cattolici (per citarne solo qualcuno, ricordiamo Francisco Ayala, Fiorenzo Facchini, Stanley Miller). D’altro canto, lo stesso Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, il premio Nobel Werner Arber, è un convinto darwinista.

Per capire meglio questo concetto, proviamo a fare una semplicissima considerazione (in pratica, si tratta di una rivisitazione, al rovescio, di un argomento usato dallo stesso Darwin). Immaginiamo di studiare su un lunghissimo periodo una popolazione di pecore selvatiche che vivono in Scozia. È chiaro che si adatteranno meglio al freddo ambiente nordico quelle che si trovano ad avere per caso, fin dalla nascita, il vello più folto e lungo; dunque, è logico pensare che saranno più protette dal freddo e dunque si riprodurranno meglio queste ultime rispetto al resto del gregge, e le pecore a pelo più corto saranno eliminate da una lunga serie di inverni particolarmente rigidi. Si tratta, qui, di un caso di microevoluzione naturale: vale a dire, la comparsa di una nuova varietà all’interno di una specie. Ora: se a selezionare volontariamente le pecore, tramite incroci, ci fosse stato un pastore scozzese allo scopo di ottenere una maggiore produzione di lana (microevoluzione guidata), in che modo si potrebbe distinguere il risultato finale del processo naturale da quello guidato? Insomma, supponiamo di imbatterci, passeggiando in una fredda brughiera del nord, in una bella pecora lanosissima; ebbene, credo che senza maggiori informazioni non riusciremmo a capire se essa appartiene a una razza ottenuta tramite allevamento o ad una adattatasi all’ambiente nel corso di molte generazioni.

Ora, il darwinismo considera la macroevoluzione, cioè la comparsa di VERE innovazioni – nuovi organi (per es. l’occhio), nuove funzioni (per es. la respirazione aerea), nuovi piani corporei (per es. lo scheletro interno) – soltanto come la somma di una lunghissima catena di diversificazioni microevolutive analoghe a quella appena descritta. Chi può dire, allora, se tutto questo immenso processo sia stato effettivamente spontaneo e casuale, e non invece voluto e misteriosamente guidato da un Creatore onnipotente, in un Universo dotato di una certa dose di “libertà” di fondo? Qui si possono fare – e, credetemi, sono state fatte! – tante ulteriori considerazioni, sottilissime e profonde; tutte, però, portano alla stessa identica conclusione: in nessun caso, nemmeno se la validità scientifica della teoria darwiniana dell’evoluzione fosse provata al di là di ogni possibile dubbio, sarebbe possibile escludere a priori l’esistenza di un Creatore provvidente.

Vediamo perché. Intanto, la variazione casuale e la selezione naturale devono pur agire su degli esseri viventi già “funzionanti” e capaci di riprodursi; dunque, procedendo all’indietro nel tempo verso antenati comuni via via più semplici (secondo lo schema darwiniano dell’albero della vita che si arricchisce di rami col passare del tempo, per differenziazioni successive delle specie viventi) si deve giungere per forza ad un Primo Antenato semplicissimo, ovvero ad un primo meccanismo riproduttivo biochimico distinto dalla materia inanimata: e di quest’ultimo, a tutt’oggi, la scienza non sa dire assolutamente nulla. In altre parole, la scienza non può escludere a priori l’intervento di una Volontà creatrice che abbia portato all’esistenza il più antico antenato comune di tutti i viventi. 

Ancora, se pure un domani la scienza dovesse arrivare a confermare che tale “Primo Antenato” possa essere comparso spontaneamente dalla materia inanimata (vale a dire, solo per effetto di processi fisico-chimici spontanei – che so, fulmini scatenati nel brodo primordiale per milioni di anni), si dovrebbe comunque riconoscere che le cause che ne hanno determinato la comparsa dipendono a loro volta da una catena di eventi che, andando all’indietro nel tempo (dalla formazione del Sistema solare, all’esplosione della supernova vicina che ha inseminato di elementi pesanti la nube primordiale da cui esso è derivato, alla condensazione della materia in galassie, alla separazione della luce dalla materia), conducono dritto dritto a quel primo evento che è noto come Big Bang e del quale la scienza non è in grado di individuare una causa immanente. La scienza moderna, perciò, non può in nessun modo escludere la possibilità che un Creatore onnisciente abbia liberamente voluto e posto in essere un Universo le cui stesse leggi fisiche avrebbero portato, a tempo debito, alla comparsa di una prima forma vivente, dalla quale alla lunga sarebbe poi scaturito un essere pensante “fatto a Sua immagine e somiglianza”.

In realtà si scopre che, al di là di queste semplici considerazioni, c’è molto di più da dire sul rapporto tra scienza e fede (più in generale tra ragione e fede): ed è quello che ho cercato di fare nel mio libro. Il fatto è che lo schema darwinista, per quanto apparentemente monolitico e inattaccabile, mostra con tutta evidenze crepe che si estendono dalla versione scientifica a quella filosofica. In primo luogo, bisogna osservare che, quando si parla di evoluzione biologica darwiniana – soprattutto di quella dell’Uomo – più che di CASO si dovrebbe parlare di CONTINGENZA. Risulta infatti empiricamente evidente che non è possibile spiegare l’intero complesso della macroevoluzione come una successione lenta e graduale di moltissimi passi elementari di microevoluzione (l’effetto, realmente osservato in pratica, del puro caso unito alla selezione naturale), dal momento che un gran numero di eventi macroevolutivi assolutamente cruciali nella storia della vita sono stati determinati da una serie di straordinari e irripetibili colpi di fortuna, non necessitati in alcun modo dalle condizioni precedenti. Tale constatazione, si badi bene, non è affatto di matrice creazionista, ma è ampiamente e “laicamente” accettata dalla maggior parte dei biologi evolutivi (a partire dal grande paleontologo Stephen Jay Gould).

Vediamo dunque qualcuno dei colpi di fortuna che hanno portato alla comparsa dell’Uomo – inteso come essere vivente capace di osservare il mondo e di porsi domande su di esso (lasciando per il momento da parte la straordinaria “fortuna” che ha portato alla nascita del primo meccanismo di riproduzione biologica dalla materia inanimata, la cosiddetta abiogenesi):

a)  Comparsa della fotosintesi, quindi separazione dei viventi in autotrofi ed eterotrofi. In mancanza di ciò, non si sarebbe mai potuto instaurare una catena alimentare completa (carnivori-erbivori-vegetali-detritivori; ovvero: produttori-consumatori-decompositori), né del resto si sarebbe mai potuto produrre l’ossigeno destinato a fornire energia agli animali superiori: tutto sarebbe finito miliardi di anni fa.
b) Comparsa delle cellule con nucleo e degli organelli cellulari, secondo la teoria della endosimbiosi di Lynn Margulis. In mancanza di ciò, non sarebbero mai potute esistere cellule abbastanza efficienti (dal punto di vista energetico, ma non solo) da poter dare origine agli organismi superiori.
c)  Differenziazione “esplosiva” di organismi viventi complessi all’inizio del Cambriano.
d) Evoluzione dell’occhio, avvenuta diverse volte nel corso delle ere in gruppi di animali imparentati solo alla lontana.
e) Estinzione, a causa di eventi catastrofici irripetibili, di interi gruppi (come i dinosauri) che, con ogni probabilità, non avrebbero mai potuto raggiungere un elevato livello di intelligenza individuale, e in particolare sviluppare un’intelligenza simbolica.

Nessuno degli eventi citati può essere spiegato mediante variazioni lente e graduali da qualcosa di preesistente, ma è stato unico e irripetibile, cioè contingente. Ora, se si prova a stimare la probabilità che la serie di tali eventi possa essere avvenuta per puro caso – ovvero, tramite le normali interazioni chimico-fisiche spontanee e rimescolamento casuale della materia dell’intero Universo nel corso di 14 miliardi di anni – si scopre che questa è talmente bassa, che il fatto che noi ci troviamo qui a riflettervi sopra è da considerarsi di per sé miracoloso (nel senso che comunemente si dà al termine). In altre parole, è come se l’Universo stesso avesse costantemente “cospirato”, “truccando le carte” fin dal Big Bang per far emergere l’Uomo dalla materia inanimata.

Dal punto di vista strettamente scientifico, questa osservazione ci porta a ritenere che, quasi certamente, o siamo i soli esseri pensanti nell’Universo (e in tal caso abbiamo il dovere di continuare a chiederci come mai esistiamo, visto che la probabilità della nostra esistenza sfiora – anzi, tocca decisamente – l’impossibilità matematica), oppure devono esistere leggi specifiche della complessità biologica (non ancora scoperte) che regolano e guidano l’evoluzione ma che in qualche modo, necessariamente, trascendono la fisica e la chimica oggi conosciute.

Passando al piano filosofico, a cosa ci conducono queste considerazioni? A ben vedere, secondo me vi sono poche alternative:
a) se si dà per scontato il materialismo si deve necessariamente credere nell’Universo caotico, infinito ed eterno di Democrito, Epicuro e Giordano Bruno – naturalmente nella versione moderna di questo concetto, vale a dire il Multiverso. La credenza in tale Assoluto immanente, tuttavia, è in totale contrasto con la scienza e la ragione: ha lo stesso valore logico di una superstizione – indimostrata,  indimostrabile e priva di senso.

b) se non si dà per scontato il materialismo vi sono due ulteriori possibilità:
1) Si può credere che l’evoluzione apparentemente “casuale” sia in realtà provvidenzialmente e misteriosamente guidata attraverso una successione di eventi contingenti – le “cause seconde” di San Tommaso – da un Creatore eterno (ed è quello   che fanno i darwinisti credenti);
2) si continua ad andare alla ricerca di una teoria scientifica dell’evoluzione che non dipenda in modo tanto cruciale dal Caso come agente di innovazione biologica, così come fanno le teorie darwiniane.

Questo è quanto dicono la scienza e la filosofia. Come si vede, alla luce delle attuali conoscenze umane, non resta molto spazio per credere ragionevolmente in un Assoluto immanente, che per forza di cose dovrebbe essere eterno e infinito, e perciò stesso in contraddizione con la ragione umana. Credervi è certamente possibile: ma è bene essere consapevoli del fatto che si tratta di una credenza di valore equiparabile a quello di una superstizione.

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37 commenti a Un credente di fronte all’evoluzione

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  1. Giorgio Masiero ha detto

    Avendo letto il libro di Forastiere, l’ho apprezzato per la capacita’ di spiegare in termini comprensibili anche a non biologi (come me) i fatti e i tentativi di spiegazione scientifica della presenza di tante specie biologiche in Terra, da un lato; e dall’altro lato, di spiegare facilmente anche ai non fisici, le varie teorie cosmologiche moderne. Per questo lo raccomando a chiunque sia interessato in queste tematiche, a cominciare dagli insegnanti.
    In merito all’articolo di oggi, ho una sottolineatura e una domanda.
    Forastiere fa riferimento al fatto che la Chiesa cattolica mai ha condannato Darwin, ben separando gli ambiti scientifici da quelli filosofici e teologici. E in particolare cita il discorso di Giovanni Paolo II del 1996, per segnalare l’apertura all’evoluzionismo scientifico. Ecco, qui mi preme sottolineare come il Papa, con molta finezza, usi sempre il plurale per parlare di “teorie scientifiche” (oltre che di quelle filosofiche), a significare secondo me 2 cose:
    1) che quella darwiniana (anche se i filosofi darwinisti sostengono il contrario) piu’ che una teoria, e’ un calderone di tante anche molto diverse e contrastanti opinioni. Si pensi per es., al Monod che considera la vita un evento unico terrestre e al Kauffman che considera l’Universo pullulante di vita…
    2) che comunque, dall’abiogenesi all’evoluzione fino all’ominizzazione, nelle attuali teorie scientiche dell’evoluzione l’aspetto speculativo e aggiustato a posteriori prevale nettamente su quello scientifico accertato. Dal Cambriano al cranio di Dmanisi, c’e’ un sacco di evidenze sperimentali che pongono problemi tuttora insoluti, ora come 150 anni fa. E non saprei dire un solo vero progresso scientifico che si sia fatto dopo Darwin in termini di spiegazione della speciazione.
    La domanda che vorrei fare a Forastiere e’ la seguente: hai fatto l’esempio delle pecore, come evento di microevoluzione per selezione naturale. Ma la pecora col vello folto e lungo c’era gia’ all’inizio (“per caso”, dici) insieme alle altre. Quindi la selezione naturale non ha fatto microevoluzione in positivo, ma ha fatto solo scomparire le varieta’ piu’ deboli. Lo stesso accade con l’uso degli antibiotici sui batteri: si dice che creano batteri sempre piu’ resistenti, ma secondo me si dovrebbe dire che uccidendo alcune specie lasciano il campo per lo sviluppo maggiore di altre gia’ esistenti e piu’ resistenti, non per la creazione di nuove. La domanda e’: la microevoluzione e’ un “fatto”, o e’ solo una congettura ragionevole?

    • Michele Forastiere ha detto in risposta a Giorgio Masiero

      La microevoluzione positiva è, naturalmente, solo una congettura ragionevole: essa implica che l’informazione aggiuntiva necessaria al rafforzamento di certi tratti fenotipici sia, in qualche modo, già presente potenzialmente nel pool genetico della specie.
      PS: Grazie per le tue belle parole!

      • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Michele Forastiere

        Grazie a te, Michele. Ne risulta in ogni caso che anche la microevoluzione, se avviene, avviene “per caso”, avendo la selezione naturale solo un ruolo distruttivo di specie già esistenti. C’è qualche darwinista che mi può spiegare perché Darwin invece considera la selezione naturale ALL’ORIGINE delle specie, al punto da aver scritto che se la cosa fosse un giorno smentita la sua teoria crollerebbe come un castello di carte?

  2. Jacques de Molay ha detto

    Gentile prof. Forastiere, c’è un passaggio dell’articolo che, probabilmente a causa di una mia mala interpretazione, non mi convince. Mi riferisco a questo:

    La scienza moderna, perciò, non può in nessun modo escludere la possibilità che un Creatore onnisciente abbia liberamente voluto e posto in essere un Universo le cui stesse leggi fisiche avrebbero portato, a tempo debito, alla comparsa di una prima forma vivente, dalla quale alla lunga sarebbe poi scaturito un essere pensante “fatto a Sua immagine e somiglianza”.

    Dico che non mi convince perchè posta la faccenda a tal modo, senza maggiore elaborazione, si è portati a scorgere (almeno da parte mia) un ammiccamento al deismo e forse anche al traducianesimo. Mi spiego:

    1)Al deismo, perchè pare si stia facendo riferimento ad un dio che metta in moto la “macchina” per poi lasciarla funzionare in base alle leggi impartitele. Da queste premesse però, sarà facile arrivare poi all’ipotesi (apparentemente ottemperante al rasoio di Occam, tra l’altro) che “forse la macchina è sempre esistita, non c’è allora bisogno del progettista nè del macchinista”;

    2) Al traducianesimo, perchè sembrerebbe che l’Uomo possa venire ad essere, ad un certo punto della storia, solamente in virtù delle leggi fisiche (seppur stabilite da un Legislatore) che governano il Mondo. Per come la vedo io, questo non può essere, non per l’Uomo almeno dato che la sua Anima non può sorgere, spontaneamente ed in totale autonomia, dalle proprietà della materia.

    Se ho frainteso il Suo pensiero chiedo venia, Le sarei grato tuttavia se avesse la voglia di spendere qualche parola al riguardo.

    La ringrazio.

    • Michele Forastiere ha detto in risposta a Jacques de Molay

      Nessun ammiccamento, per carità, caro Jacques! Il fatto è che la scienza non può dire niente sull’esistenza o meno di un Creatore. Perciò, avrei potuto ugualmente dire: La scienza moderna, perciò, non può in nessun modo escludere la possibilità che un Creatore onnisciente abbia liberamente voluto e posto in essere un Universo le cui stesse leggi fisiche avrebbero portato, a tempo debito, alla comparsa di una prima forma vivente, dalla quale alla lunga sarebbe poi scaturito – non senza una serie di Suoi opportuni interventi – un essere pensante “fatto a Sua immagine e somiglianza”.
      Un cordiale saluto.

      • Jacques de Molay ha detto in risposta a Michele Forastiere

        Ho capito prof, La ringrazio. Le propongo però anche una mia versione:

        La Scienza moderna, perciò, non può in nessun modo escludere la possibilità che
        l’Universo e le Leggi che lo governano siano, al pari della musica che il musicista produce nell’atto del suonare e che cesserebbe nel momento in cui interrompesse la propria esecuzione, liberamente volute e sostenute nell’essere, in ogni istante, da un Creatore Trascendente.

        Da parte mia, credo che in questo modo si evitino i “problemi” inerenti al come/quando/perchè Dio sarebbe intervenuto nello svolgersi degli eventi, giacchè è Egli stesso la Causa Prima ed il Fine Ultimo di quella realtà che, in Sua assenza, non sussisterebbe nemmeno per un istante.

        Un saluto ed un grazie per l’articolo.

  3. Max ha detto

    Ho letto con grande interesse, ma quando ho incontrato

    “Nessuno degli eventi citati può essere spiegato mediante variazioni lente e graduali da qualcosa di preesistente, ma è stato unico e irripetibile, cioè contingente. Ora, se si prova a stimare la probabilità che la serie di tali eventi possa essere avvenuta per puro caso – ovvero, tramite le normali interazioni chimico-fisiche spontanee e rimescolamento casuale della materia dell’intero Universo nel corso di 14 miliardi di anni – si scopre che questa è talmente bassa, che il fatto che noi ci troviamo qui a riflettervi sopra è da considerarsi di per sé miracoloso (nel senso che comunemente si dà al termine). In altre parole, è come se l’Universo stesso avesse costantemente “cospirato”, “truccando le carte” fin dal Big Bang per far emergere l’Uomo dalla materia inanimata.”

    Mi sono chiesto come hai si siano calcolate queste probabilita’.

    • Max ha detto in risposta a Max

      *come si siano

      • Michele Forastiere ha detto in risposta a Max

        Caro Max, un calcolo esatto completo (ammesso che si possa parlare di esattezza matematica in un contesto che, pur scientifico, rimane altamente congetturale) non credo sia mai stato fatto – né, probabilmente, potrà mai essere univocamente fatto. Nel mio libro ho accennato a una possibile catena di eventi contingenti collegati alla comparsa dell’Uomo: per loro natura, solo ad alcuni di essi si può associare un valore sensato di probabilità. Uno di questi, per esempio, è quello della comparsa di un meccanismo primordiale di traduzione-replica organica, e corrisponde a un ormai famoso calcolo di Koonin (vedi per esempio qui: https://www.uccronline.it/2011/06/25/lenigma-dellabiogenesi-ii-parte/).
        Un caro saluto.

      • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Max

        Il calcolo di autoassemblaggio casuale di una sola proteina (senza considerare il folding) è stato fatto da me qui:
        http://www.enzopennetta.it/2013/01/i-3-salti-dellessere/
        Un calcolo di assemblaggio casuale di una cellula “semplificata” (a dna immaginari molto semplici: P < 10^-40.000) si può trovare qui:
        F. Hoyle and W. Chandra, “The extragalactic universe: an alternative view”, Nature 346:807–812, August 30, 1990

  4. Giuseppe ha detto

    Non capisco tutto questo spendersi per “rileggere” la teoria dell’evoluzione. Ogni fenomeno di questo universo, dalla formazione degli ammassi di galassie fino alla comparsa dell’uomo, non depone a favore o sfavore dell’esistenza di un creatore trascendente. L’evoluzione umana è naturale tanto quanto la caduta di un sasso, che poi quest’ultimo fenomeno sia più facile da spiegare rispetto al primo, è un altro paio di maniche. Secondo me si tende troppo a confondere il processo con il significato. La scienza della natura si occupa dei processi, non dei loro significati. Trovo questo articolo un po’ furbo, perché fondamentalmente non fa altro che utilizzare il discorso scientifico per veicolare conclusioni del tutto personali.

    • Max ha detto in risposta a Giuseppe

      Caro Giuseppe, sono anche io convinto che i processi fisici, come la caduta di un sasso o l’evoluzione, non portino ne’ a credere ne’ a non credere in un Creatore trascendente. Mi pare che anche Michele Forastiere lo dica chiaramente. E, come dicevano gia’ gli scolastici ed i filosofi medievali del Medio Evo, “fenomeni naturali richiedono spiegazioni naturali”. Nel nostro lavoro, questa e’ una regola assolutamente fondamentale.

      Il problema e’ che ci sono alcuni scienziati, anche di chiara fama, i quali affermano proprio che lo studio dei fenomeni naturali porta a non credere in alcun Creatore. E molti ci credono…

      • Giuseppe ha detto in risposta a Max

        In realtà sembra che lo dica chiaramente, ecco perché giudico furbo il presente articolo. Ovviamente qui nessuno può, e vuole, sindacare sulla legittimità del credere o meno, ci mancherebbe.

  5. Alessandro ha detto

    Ho una domanda per l’autore (o per chi è in grado di rispondermi) su questa parte dell’articolo: “a) se si dà per scontato il materialismo si deve necessariamente credere nell’Universo caotico, infinito ed eterno di Democrito, Epicuro e Giordano Bruno – naturalmente nella versione moderna di questo concetto, vale a dire il Multiverso. La credenza in tale Assoluto immanente, tuttavia, è in totale contrasto con la scienza e la ragione: ha lo stesso valore logico di una superstizione – indimostrata, indimostrabile e priva di senso.” La fisica mi appassiona ma non ho sufficiente (anzi per niente) competenza per valutare la bontà di una teoria. Quella del Multiverso l’ho incontrata diverese volte è (pur restando una teoria) l’ho sempre percepita come abbastanza accreditata. E’ quindi davvero così priva di senso come si dice nell’articolo? Se si perchè? (Per carità, come se doveste spiegarlo ad un bambino anche a pena di non essere poi così precisi). Grazie.

    • Giuseppe ha detto in risposta a Alessandro

      La congettura del multiverso al quale fa riferimento l’articolo probabilmente è quella legata al cosiddetto “cosmic landscape” concepito nell’ambito della teoria delle stringhe, anche se gli stessi modelli cosmologici basati sull’inflazione caotica prevedono la formazione di continue “bolle”, una delle quali sarebbe appunto il nostro universo. La congettura del multiverso è invisa ai credenti fondamentalmente per due motivi: il primo è che uno scenario del genere lascerebbe intendere che la realtà fisica sia molto più vasta di quella attualmente concepibile, talmente vasta e, soprattutto, illimitata, da non aver bisogno di un atto creativo ad opera di un creatore, vanificando la necessità del creatore stesso; il secondo motivo è che il cosiddetto principio antropico non sarebbe più necessario per spiegare quelle coincidenze esistenti in natura che hanno reso possibile l’origine dell’uomo, che a questo punto non sarebbe più il destinatario (e padrone) dell’universo stesso, ma solo una comparsa. Tra l’altro è per quest’ultimo motivo che i credenti (non tutti però) generalmente rigettano anche la sola possibilità dell’esistenza di altre forme di vita intelligente.

      • Jacques de Molay ha detto in risposta a Giuseppe

        Mi perdoni Giuseppe, ma non vedo come la possibilità di una realtà fisica illimitata escluda l’esistenza di un Creatore/Causa di tale realtà.
        Uno dei motivi per cui Giordano Bruno fu accusato di eresia fu il sostenere che un Creatore infinito dovesse NECESSARIAMENTE produrre un effetto infinito (gli infiniti mondi). Io invece sostengo che non necessariamente DEBBA, ma che volontariamente POSSA.

        Dov’è il conflitto?

      • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Giuseppe

        La congettura del multiverso non e’ piu’ invisa ai credenti cattolici, Giuseppe, dal 1277, quando il vescovo di Parigi Etienne Tempier dirimette positivamente la questione tra gli Scolastici. Cio’ che e’ inviso ai credenti e’ che
        1) essa sia spacciata da alcuni scienziati per una teoria scientica e che
        2) sia usata da altri per comprovare l’inesistenza di Dio.

      • Daphnos ha detto in risposta a Giuseppe

        Anch’io ci tengo a rispondere personalmente alla questione da te sollevata. Quando dici che uno scenario del genere lascerebbe intendere che la realtà fisica sia molto più vasta di quella attualmente concepibile, talmente vasta e, soprattutto, illimitata, da non aver bisogno di un atto creativo ad opera di un creatore, vanificando la necessità del creatore stesso, non capisco se è un tuo pensiero personale o hai citato qualche divulgatore. In entrambi i casi, mi sembra una proposizione non solo non consistente, ma soprattutto viziata da un errore concettuale che, purtroppo, è anche quello di numerosi credenti. Te lo dico perché mi sono molto interessato alla cosa, ed è uno dei motivi per cui ho “abiurato” la divulgazione scientifica che mi ha cresciuto da ragazzo fino a qualche anno fa.

        In primo luogo, bisogna considerare che due oggetti di dimensioni diverse come potrebbero essere, ad esempio, un cucchiaio e una cattedrale gotica, hanno entrambi bisogno di un creatore, di un ideatore, per essere realizzati, ma se proprio devo pensare che uno dei due si sia formato per caso e non come effetto di un progetto, istintivamente penserei che sia l’oggetto più piccolo ad essersi assemblato da solo; mai e poi mai riuscirei a credere che un edificio enorme si sia formato come conseguenza dei soli agenti atmosferici. Quindi, sempre istintivamente parlando, dovrei essere portato a pensare che un multiverso estremamente vario e infinito su vari ordini abbia PIU’ bisogno di un creatore rispetto a un universo relativamente piccolo e datato solo qualche migliaio di anni…

        Lasciando perdere questa considerazione, alla quale non do assolutamente credito ma serviva solo a mostrare come, a seconda dei punti di vista, si possa rigirare la frittata come si vuole, vorrei fare notare a tutti come, purtroppo, quella del disperdere il concetto di Dio in uno spazio grande sia una tattica usata spesso per allontanare i credenti dalla fede sfruttando i loro limiti concettuali. Ne parlai anche qualche mese fa, ricordo… si fa presto a parlare di un Dio infinito, ma purtroppo, vista la difficoltà di visualizzare tale concetto, la mente umana tende erroneamente a limitarlo. Si diceva che il mondo avesse 6000 anni, no? Ma poiché Dio ha creato il mondo, come non figurarsi un Dio, diciamo così, vecchio di 6000 anni lui stesso? Poi ci si accorse che in realtà la Terra stessa ha molto più di 6000 anni, e poi che anche l’universo è a sua volta molto più anziano della Terra. Molti persero la fede non tanto per la difficoltà a ritenere solo allegorica una parte della Scrittura, ma proprio perché il loro concetto di Dio, cioè quello di un benevolo vegliardo di 6000 anni, immagine comprensibile e tutto sommato rassicurante, risultava troppo limitato rispetto alle nuove dimensioni che il mondo andava acquisendo! Questo succede anche oggi, dal momento che molti, avendo interiorizzato le nuove dimensioni spazio-temporali dell’universo, immaginano Dio seduto sempre appena al di fuori dell’universo come è conosciuto ora. Ma se quest’universo fosse destinato ancora a ingigantirsi nelle nostre conoscenze? Quel Dio che contempla da vicino la sua “piccola” creazione di 14 miliardi di anni, una volta allargate le coordinate, sparirebbe. E, in alcuni casi, non riuscirebbe più a trovare un altro posto.

        Io personalmente non me la prendo con chi sostiene, predica o sponsorizza la teoria del multiverso. Certo, tendo a innervosirmi quando mi trovo di fronte a esempi di divulgazione scientifica di tipo scandalistico, come quello del “calcolo della distanza in chilometri tra te in questo universo e il tuo gemello nel più vicino universo parallelo”… Tuttavia sono costretto a notare che alcuni, avendo (anche solo inconsciamente) realizzato che la strategia dell’espansione dell’universo conosciuto può essere usata come grimaldello per scardinare la fede dei più deboli, ne fanno un uso impreciso e indiscriminato solo per raggiungere il loro obiettivo tutt’altro che disinteressato! E sono certo che sia questa cosa e nessun’altra a dar fastidio anche agli altri credenti che popolano questo sito.

        • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Daphnos

          Perfetto, Daphnos! Tant’è, come spiego più sotto, che
          1) il multiverso è una congettura della metafisica scolastica cattolica del XIII secolo, solo tradotta in svariati modelli matematici dai cosmologi moderni e
          2) la congettura è stata ufficialmente dichiarata compatibile con la fede cattolica nel 1277.

        • Alessandro ha detto in risposta a Daphnos

          Daphnos, quel che dici è certmente vero. Io stesso, da non credente, prima di assestarmi su determinate convinzioni personali sono caduto in gran parte delle suggestioni che descrivi. Non credo però che in realtà la malafede sia così diffusa e che siano poi in molti ad attentare alla fede dei più deboli di concetto. Se non altro perchè questa accusa(stucchevole da una parte e dall’altra) credenti e non credenti se la rimpallano da tempo immemorabile (se ci pensi, con argomenti molto simili ai tuoi, qualcuno liquidò la religione come oppio dei popoli). Ti faccio un esempio partendo da quello tuo della chiesa e del cucchiaio. Girando la frittata, potrei dirti che se dovessi immaginare un Dio onnipotente penserei che questi, dovendo creare l’universo, lo faccia nella maniera più semplice possibile e non metterbbe in moto un meccanismo che dura 14 miliardi di anni partendo da un punto densissimo di energia per arrivare, attraverso cataclismi galattici, a creare un essere complesso come l’uomo, unico, solo e perso tra raggi gamma, buchi neri e ammassi di galassie. Sarebbe ben più sorprendente e probante l’esistenza di Dio, un uomo fatto in un momento, con un singolo atomo pensante e sensiente, immesso in un contesto necessario e sufficente a quelle che sono le sue esigenze (il paradiso terrestre). Naturalmente, anche questo mio esempio è fuffa che gioca sull’impossibilità di esprimere a priori un giudizio di valore sugli attributi semplice e complesso. Però assai spesso (e in una certa misura anche nell’articolo che commentiamo) la complessità dell’uomo e dell’universo è usata come argomento per liquidare come superstizione l’idea che Dio non esista e per magnificare la somma intelligenza del creato come riflesso della somma intelligenza di Dio, e allora le tue accuse possono appunto rimpallarsi agli scienziati credenti. Il punto, a mio avviso, è che siamo poi tutti d’accordo che la scienza non ha ancora provato nè negato Dio (a meno che, mentre scriviamo in questo sito, ci siamo persi l’assegnazione del Nobel in tutte le discipline all’uomo capace di tale poderosa dimostrazione). Il problema di Dio, se affrontato da un punto di vista meramente speculativo, si risolve nella questione di fondo del perchè qualcosa esiste (anzi, del perchè qualcosa è), come poi faceva notare Giuseppe nel suo primo intervento con l’esempio del sasso che cade. Certo, ci si può limitare ad affrontare solo la questione di fondo, ma io credo che sia comunque naturale che uno scienziato, che oggi si trova a studiare con metodo, appunto, scientifico l’orgine dello spazio e del tempo (per dirne una) si trovi inevitabilmente a farsi domande ulteriori rispetto all’indagine sulle proprietà di una particella (altrimenti sarebbe un alieno)e che quindi, quelli che ne hanno l’attitudine, facciano seguire e divulghino(pure con fare dimostrativo) le considerazioni filosofiche che riescono a formulare a partire dal loro osservatorio privilegiato (un pò come si fa nell’articolo che commentiamo, che poi immagino sia anche la sintesi di considerazioni ben più lunghe ed argomentate). Tutto questo a mio modo di vedere non rappresenta un’aggressione alla fede o alla non fede. Non si vuole sconvertire nessuno nè somministrare oppio. Tutto questo anzi aiuta chi legge a raggiungere una maggiore consapevolezza delle proprie convinzioni, che saranno tanto più salde quante più obiezioni saranno costrette a superare. In definitiva, proprio perchè non vi è nessun conflitto tra fede e ragione gli argomenti degli altri non dovrebbero innervosire, ma essere discussi e confutati con argomenti per alimentare un dibattito che rimane (oltre che estremamente affascinante) di non secondaria importanza pratica (Dato per concesso ovviamnete ogni esempio conclamato di scorrettezza intellettuale che mi sottoporrai).
          (P.S. nessuno ha soddisfatto la mia curiosità sul multiverso, anche se il fatto che tutti lo abbiate “degradato” da teoria a congettura mi ha dato un’idea…il perchè immagino sia difficile da spiegare e mi tocca dunque leggere. Grazie comunque.)

          • Jacques de Molay ha detto in risposta a Alessandro

            Io credo che “l’errore” sia nel considerare la realtà fisica come quella attuale, nel pensarla “fatta e finita” così come la vediamo in questo stesso istante. Eppure, se ci pensi mettendoti per un attimo nei panni del teista, il passaggio dal non essere all’essere, dal nulla al TUTTO, deve davvero essere avvenuto in un solo istante. Il fatto è che quel TUTTO è “in divenire”, continuo mutamento, e non potrebbe essere altrimenti dato che dobbiamo fare i conti con la dimensione temporale, senza la quale ogni cosa accadrebbe in un solo istante e quindi nulla sarebbe effettivamente possibile.

            • Alessandro ha detto in risposta a Jacques de Molay

              Certo, ho già provveduto da solo a definire fuffa tutta quella parte del mio “ragionamento” ed anzi, dopo aver assimilato (con somma fatica) l’idea che il tempo è relativo, potrei ulteriormente obiettare a me stesso, con la scientificità di cui sono capace, che alla “velocità a cui si muove Dio” tutto per Lui è avvenuto in un solo istante e in “un solo spazio”. Il tempo e lo spazio così come li conosciamo li avrebbe quindi creati per consentire lo svolgersi della vita umana. Potrei certo pormi, scendendo di un gradino il livello del ragionamento, la domanda se noi per Dio siamo un battito di ciglia quale ruolo giochi nella nostra esistenza, ma non potrei negare Dio come plausibile. Tutto questo per dire che non ho problemi a mettermi nei panni del teista e ha riconoscere la logicità della fede, anzi, mi piace farlo e confrontarmi con le tesi altrui cui accredito, salvo prova contraria, onestà di fondo. Questo mi premeva sottolineare con il mio intervento e mi dispiace che spesso i credenti si sentano aggrediti da posizioni contrarie.

              • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Alessandro

                I credenti, Alessandro, si sentono “aggrediti” da un mare d’ignoranza. Chi non e’ credente, ma ha un minimo di cultura, li rispetta. E tutti dobbiamo rispettarci l’un l’altro, ha predicato oggi il papa, indipendentemente da razza e religione, perche’ questa diversita’ e’, nel rispetto reciproco, la ricchezza dell’umanita’.

              • Jacques de Molay ha detto in risposta a Alessandro

                Io direi piuttosto che in un eterno presente “non ci si muova affatto”, per cui, se l’ho interpretato correttamente, il tuo discorso sul ruolo che giocherebbe nella nostra esistenza non lo considero valido, ma questa in effetti è tutta un’altra storia.

                PS. Non so a quale caso nello specifico ti riferisca, ma convengo che alle volte alcuni stiano un po’ troppo sulla “difensiva”.

          • Daphnos ha detto in risposta a Alessandro

            Ciao Alessandro, grazie per la tua risposta. Ho visto i tuoi interventi alcune volte nei giorni scorsi e li ho molto apprezzati (anche se non sempre condivisi). Ti devo dare anch’io ragione quando parli dell’impossibilità di esprimere a priori un giudizio di valore sugli attributi semplice e complesso, considerazione alla quale vorrei aggiungerne un’altra, ovvero che spesso il dialogo intorno a Dio viene ostacolato da una non condivisione delle definizioni che precedono i ragionamenti stessi: secondo me questi elementi impediscono un discorso sereno e causano molte incomprensioni. Premettendo anche che do completamente ragione a Giuseppe quando parla dell’evoluzione e la descrive come più complessa, ma non diversa, dal moto in un corpo in caduta libera, e fa notare come nessuno usi il moto uniformemente accelerato come argomento contro Dio (a parte Richard Dawkins quando parla della conversione all’ateismo di Julia Sweeney, ma è meglio evitare ora di deridere quel personaggio), e premettendo anche che quella del Dio che non avrebbe motivo di aspettare tanto per far comparire l’uomo è solo una speculazione, come giustamente riconosci, e alla quale potrei rispondere con altrettante speculazioni di valore identico, vorrei che tu capissi i motivi della mia presenza su questo sito: devo dire che li hai centrati 🙂 .

            Purtroppo, quando affermi che la discussione sul senso del mondo alla luce della ricerca scientifica a mio modo di vedere non rappresenta un’aggressione alla fede o alla non fede, parli a titolo personale, e mi piacerebbe che molti condividessero il tuo pensiero. Se sono qui in questa pagina è proprio perché ci sono delle persone, anche molto in vista, che non solo strumentalizzano la ricerca scientifica stessa per aggredire chi non la pensa come loro, ma ritengono l’aggressione stessa un servizio all’umanità e al progresso. Io, che provengo da un’area geografica largamente secolarizzata come l’hinterland fiorentino, non ho mai avuto problemi a confrontarmi con i non credenti o con i credenti progressisti, coetanei ma soprattutto più anziani; non sono stati certo loro a farmi innervosire, come dici tu. Poi, crescendo, ho scoperto che: un professore di logica afferma che siccome la parola “cretino” deriva da “cristiano”, ne consegue che i cristiani sono cretini; l’ospite fisso di Piero Angela, il cui programma ammiravo estasiato, scrive libri infuocati in cui si domanda quale stregoneria permetta all’uomo contemporaneo di credere in Dio e negli oroscopi anziché nella scienza; un gruppo nutrito di cervelloni afferma che, siccome centinaia o migliaia di anni fa, non si sa bene, si è scatenata una guerra in nome di Dio, chi oggi crede in Dio deve essere considerato un potenziale terrorista… spero che tu riesca a immedesimarti in me. Una volta superata la fase kafkiana di disorientamento, cresce la sensazione di essere preso per il deretano. Sensazione confermata dai commenti che leggo in rete da parte di miei coetanei, i quali l’anno scorso scrivevano entusiasti “avete visto bigottoni? E’ stato il bosone di Higgs a creare l’Universo, non Dio! Ahahahahah XD XD XD”, e che mi fa maturare il pensiero che, malafede o meno, il semplice creare confusione intorno all’argomento Dio e contemporaneamente offrire un'”alternativa” sufficientemente semplice, pratica e accattivante, del tipo “no c…o io credo nella scienza!!!” che è valida anche se non se ne sa niente, sicuramente farà guadagnare consensi, ma non rappresenta un buon servizio, neanche per la scienza stessa. Anzi, a mio parere rischia di creare intolleranza. Mi dispiace se tu percepisci qualcosa di simile in senso inverso, ma io in questo momento vedo molte più minacce nella fazione che ho appena descritto, piuttosto che in coloro che ritengono assurdo non credere in Dio. Almeno, dal punto di vista della visibilità, secondo me è così. Rispetto ovviamente le loro posizioni, ma sulla comunicazione ho molto da ridire!

        • Giuseppe ha detto in risposta a Daphnos

          Perché pensa che abbia avuto la necessità di ricorrere a qualche forma di divulgazione?

          • Daphnos ha detto in risposta a Giuseppe

            Per ciò che ha detto Alessandro: io credo che sia comunque naturale che uno scienziato, che oggi si trova a studiare con metodo, appunto, scientifico l’orgine dello spazio e del tempo (per dirne una) si trovi inevitabilmente a farsi domande ulteriori rispetto all’indagine sulle proprietà di una particella (altrimenti sarebbe un alieno)e che quindi, quelli che ne hanno l’attitudine, facciano seguire e divulghino(pure con fare dimostrativo) le considerazioni filosofiche che riescono a formulare a partire dal loro osservatorio privilegiato

            e perché ricordo di aver letto un discorso praticamente identico sul settimanale scientifico del “Sole 24 Ore”.

  6. nullapercaso ha detto

    Bravo, sei l’ unico che ha considerato, senza presunzione, che nessuno ha la verità in mano.

  7. Umberto P. ha detto

    Bell’articolo, su cui sono generalmente d’accordo. Da agnostico, comprendo bene quando dite che nessuna teoria sceintifica ha mai potuto argomentare sull’esistenza o inesistenza di Dio. Così pure, non ho mai visto alcuna antitesi tra il big bang e la Creazione: anzi, una “esplosione del cosmo” è porprio quanto più si avvicina a quel concetto.
    Così pure la creazione dell’uomo così com’è sembra assolutamente improbabile, ma nessuno può negare con certezza che non ci sia stata un’intelligenza superiore a monte, quando gli acidi nucleici giravano nudi nel brodo biologico.
    Certo nella Bibbia ci sono scritte differenti cose, ma io, da agnostico esterno provo a ragionare senza preconcetti su “Dio” in generale, slegato dalle religioni umane. E non capirò mai come fate con sicurezza a discernere quali passi della Bibbia sono metaforici, e quali invece da prendere alla lettera.

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Umberto P.

      Sì chiama esegesi biblica, ed è una scienza come la storiografia o l’ermeneutica giuridica. Scienze che vanno studiate o, in impossibilità, per le quali ci si affida al lavoro di esperti di fiducia. Come su tutto.

    • Emanuele ha detto in risposta a Umberto P.

      Il primo capitolo della Genesi non è metaforico… Solo non si occupa del come, ma del perché delle cose. Soprattutto, si occupa di posizionare l’uomo nell’universo, non di spiegare come sia nato l’universo. Di fatto è un trattato di antropologia, non di cosmologia o biologia.

  8. Giorgio Masiero ha detto

    @ Giuseppe
    Il multiverso inflazionario nasce nel XIII secolo all’interno della Scolastica, soprattutto nell’elaborazione di Riccardo di Middleton, e viene dibattuto accesamente, tra l’università di Parigi e quella di Oxford. Rompendo con la nozione tradizionale (greca, aristotelica e anche platonica) di un universo finito, Riccardo sostiene la possibilità di un universo infinito, non in senso attuale, ma capace di espandersi e di crescere e dividersi indefinitamente oltre ogni limite dato. Come si sa l’università di Parigi era lo “Studium” della Chiesa cattolica nel Medio evo, cioè il luogo principale di elaborazione del pensiero filosofico, teologico e scientifico. Le tesi di Riccardo furono dibattute accesamente e da alcuni teologi viste contrarie alla fede. Il 7 marzo 1277, il vescovo di Parigi Etienne Tempier, rettore dell’università, condannò una lunga lista di proposizioni (dove la “condanna” non va intesa nel senso di anatema verso un’eresia, ma piuttosto come il divieto ad insegnare ufficialmente all’università una proposizione come fosse dogma cattolico). Tra queste condanne, figurava anche la proposizione che la concezione di Riccardo fosse errata.
    Il fisico e matematico francese Pierre Duhem fa risalire al 7 marzo 1277 l’inizio della scienza moderna perché “il vescovo di Parigi proclamò solennemente che potevano esistere più mondi e che l’insieme delle sfere celesti poteva senza contraddizione [né con la logica, né con la teologia] essere animato da un moto di recessione”. Per quanto mi riguarda, anche senza l’enfasi di Duhem, certamente il 1277 segna la data in cui è diventata possibile nell’ambiente cristiano, e più in generale scientifico europeo, la nascita della moderna cosmologia, rispetto allo staticismo greco.
    Come ho detto anche nel mio ultimo articolo, appartiene all’impulso iconoclastico suicida dell’Occidente se molti ignorano (e disprezzano senza nemmeno conoscere) la speculazione metafisica medievale. La ringrazio della domanda, Giuseppe, perché mi ha dato l’idea di approfondire l’argomento in un futuro articolo.

    • Max ha detto in risposta a Giorgio Masiero

      Da appassionato di Storia della Scienza, ringrazio Giorgio per queste informazioni.

      Tra l’altro, in questi giorni ho letto che il buon Giordano Bruno citava Nicolo’ Cusano nei suoi lavori per i quali sarebbe stato condannato. Cusano ammetteva la possibilita’ che potessero esistere altri esseri senzienti su altri mondi e non la riteneva in contrasto con la teologia cristiana. Lungi dal finire male, Cusano divenne cardinale e mori’ pacificamente nel suo letto.

      Nelle ultime domande/risposte in questo blog, tenuto da un ateo anch’egli appassionato di Storia della Scienza:

      http://www.blogger.com/comment.g?blogID=6774463840913796679&postID=8999540686269602425

    • Giuseppe ha detto in risposta a Giorgio Masiero

      La ringrazio per l’esaustiva spiegazione, davvero tutto molto interessante. Ignoravo che un dibattito di tale portata potesse aver avuto luogo addirittura tre secoli prima di Galileo…

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