Se Dio è buono, perché permette il male? Risponde San Tommaso
- Ultimissime
- 07 Apr 2017
Un recente intervento del domenicano Angelo Bellon ricorda le parole di Tommaso d’Aquino, quando affronta il tema del male spiegando che Dio ne trae sempre un bene maggiore, fosse anche una fede più cosciente. Il dolore diventa allora circostanza per rinascere, non l’ultima parola sulla vita.
Un Dio buono, perché permette il male?
La domanda è ineludibile, scuote l’anima di tanti credenti dubbiosi e non credenti.
Eppure, è anche vero che per chi vive una fede profonda, l’esistenza del dolore e del male (anche quello innocente) non crea scandalo, non è un’obiezione. Perché?
Dio permette il male ma ne trae un bene maggiore.
Ne abbiamo parlato tante volte, scindendo innanzitutto il male commesso per un uso sbagliato della libertà da parte dell’uomo da quello verso il quale l’uomo non ha apparenti colpe (disastri naturali, malattie ecc.).
Se nel primo caso la responsabilità è umana ed è conseguenza del peccato originale e di una libertà usata male, nel secondo caso si può dire che, è vero, Dio permette il male. Lascia una certa libertà alla natura, consente che gli uomini malvagi sbaglino, non impedisce le ingiuste avversità della vita.
Perché? Perché da esso riesce sempre a trarne, misteriosamente, un bene maggiore.
Ha dimostrato di agire così nell’evento centrale della storia umana: ha permesso l’ingiusta morte in croce di Suo figlio da parte degli uomini e ne ha tratto un bene maggiore. Con la resurrezione ha tolto alla morte l’ultima parola, per tutti gli uomini. Dal male ingiusto, un bene più grande.
San Tommaso: le prove servono a purificare la fede.
Un approfondimento di questo è arrivato recentemente dal teologo padre Angelo Bellon, quando ha spiegato che non sempre siamo non responsabili del male che tocca la nostra vita:
«Il male ce lo diamo da noi stessi, privandoci della sua grazia, che la sacra Scrittura presenta come scudo, come protezione. Quando fai qualcosa di male, ti privi della benedizione divina. In questo senso nella Sacra Scrittura si legge che “chi pecca, danneggia se stesso”. Ed è per questo che Giovanni Paolo II ha detto che il peccato è sempre un atto suicida (Reconciliatio et Paenitentia 15)». Ma, a volte, ha proseguito, «anche i giusti e i santi devono passare attraverso tante tribolazioni. Ecco la motivazione che ne dà San Tommaso: “La cura circa i tralci buoni consiste nel renderli ancora più fruttuosi: ogni tralcio che porta frutto lo pota, perché porti più frutto […], ossia perché cresca nella virtù, cosicché i suoi quanto più sono puri, tanto più portino frutti» (Commento al Vangelo di San Giovanni 15,2)».
Padre Bellon cita giustamente Tommaso d’Aquino, il quale insegna che il bene maggiore che Dio ricava dal male può anche essere una fede più matura, più consistente che dona quindi maggior respiro alla vita e apre la porta della salvezza.
«Le prove servono a purificare la fede», spiega ancora padre Bellon. «Se ben accolte, radicano maggiormente in Dio. Mai come in quei momenti si avverte che solo lui è il nostro Salvatore. Le prove servono a tenerci uniti a Dio, ad aprirci a Lui, a confidare solo in Lui. E in questo modo permettono a Dio di esprimere in noi la sua onnipotenza divina».
E’ un’esperienza che tutti possono sperimentare, compresi i non credenti.
Il male come circostanza, non come ultima parola.
Abbiamo già parlato dell’ateo militante Scott Coren, che si è convertito a seguito di una malattia che ha colpito sua figlia. Piuttosto che chiudersi nel dolore, ne ha cerato un senso e, trovatolo, lo ha comunicato anche a lei.
E’ pieno di testimonianze di persone che, a causa della malattia, hanno visto rifiorire la loro vita quando hanno accolto la croce come circostanza e non come ultima parola. Oggi, scandalosamente, guardano al male ricevuto come condizione per un bene maggiore: aver trovato il Significato della loro vita, sia nella salute che nella malattia.
Val la pena riprendere integralmente una parte di una bella e recente omelia di Papa Francesco, rivolta alle vittime del terremoto. Vi consigliamo di leggerla attentamente:
«Nel mistero della sofferenza di fronte al quale il pensiero e il progresso si infrangono come mosche sul vetro, Gesù ci offre l’esempio: non fugge la sofferenza, che appartiene a questa vita, ma non si fa imprigionare dal pessimismo. Da una parte c’è la precarietà della nostra vita mortale, oppressa da un male antico e oscuro. Dall’altra c’è la speranza che vince la morte e il male e che ha un nome: la speranza si chiama Gesù. Egli non porta un po’ di benessere o qualche rimedio per allungare la vita, ma proclama: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà”. C’è chi si lascia chiudere nella tristezza e chi si apre alla speranza. C’è chi resta intrappolato nelle macerie della vita e chi, con l’aiuto di Dio, solleva le macerie e ricostruisce con paziente speranza. Non lasciamoci imprigionare dalla tentazione di rimanere sfiduciati a piangerci addosso per quel che succede; non cediamo alla logica inconcludente della paura, al ripetere rassegnato che va tutto male e niente è più come una volta. Questa è “l’atmosfera del sepolcro”; il Signore desidera invece aprire la via della vita, quella dell’incontro con Lui, della fiducia in Lui, della risurrezione del cuore, la via dell’“Alzati! Alzati, vieni fuori!”. E’ questo che ci chiede il Signore, e Lui è accanto a noi per farlo».
La redazione
36 commenti a Se Dio è buono, perché permette il male? Risponde San Tommaso
Complimenti alla redazione.
Un articolo in linea con il tempo liturgico che stiamo vivendo.
“Non mi sembra possibile che quest’universo fantasticamente meraviglioso, questa incredibile estensione di tempo e di spazio e di differenti tipi di animali, e tutti i differenti pianeti e l’insieme degli atomi con i loro movimenti, eccetera, insomma tutta questa cosa complicata possa essere semplicemente un palcoscenico, in modo che Dio possa osservare gli uomini combattere per il bene e il male. Perché questa è la visione propria della religione. Il palcoscenico è troppo grande per un tale spettacolo.” (Richard P. Feynman)
Considerando che senza Dio e l’uomo sarebbe uno spettacolo senza spettatori, in realtà le due convivono in un unico spettacolo più grande
Giusto!
Dio non osserva gli uomini combattere per il bene e il male; per definizione Dio non può che essere parte di questo confronto perché gli uomini non possono che essere parte di Dio, il bene non può che essere parte di Dio, il male non può che essere parte di Dio. Anche il palcoscenico, come lo spettacolo intero, é parte di Dio; con buona pace di Feynman (a sua volta parte di Dio e comunque “grande” uomo, a prescindere dalla boutade…). Una religione che pone il senso del tutto nel fatto che il tutto deve essere spettacolo per Dio non può essere, poi, una “religione”; nessuna religione in quanto tale comporterebbe questo altrimenti non esisterebbe il libero arbitrio.
Sul “libero arbitrio” ci sarebbe molto da dire. Almeno riconosce che è stato un grande uomo.
E se io ti dicessi che la scelta della “conoscenza del bene e del male” è una scelta dell’Uomo, tu cosa mi diresti?
Infatti Dio non osserva dall’alto gli uomini, è sceso in mezzo a loro facendosi compagno. Il cristianesimo nasce da questa iniziativa di Dio nei nostri confronti, libero di non crederci ma dì a Feynamn che avrebbe avuto ragione se avesse parlato prima dell’anno 0 a.C.
“Padre Nostro, se io a volte provo dolore e piango per uno sconosciuto che muore come un cane insanguinato sulla strada, o per un’altra persona che a mala pena conoscevo, consunta nelle carni da un tumore, come puoi, Padre, permettere che patologie e sciagure affliggano perpetuamente la Tua opera perfetta, la Tua amatissima immagine e somiglianza, l’uomo?
Quando porrai, Padre, fine a questo dolore che perdura da tempo indefinito? Quando ci libererai da una natura che ci è ostile fin dal concepimento? Noi che fummo creati per non conoscere mai l’oblio umido e freddo della nuda terra, Caro Padre Nostro.”
Redazione guardate che non ci avete azzeccato: anche i drammi naturali sono conseguenza del libero arbitrio: l’ uomo ha voluto la conoscenza, che significa conoscenza anche del male e della morte: terremoti e malattie sono la conseguenza di tale scelta.
per fortuna non fai il teologo….
Da un punto di vista teorico il male è sempre utile anche quanto subito ingiustamente, perché è una esperienza utile, in quanto arricchisce la nostra anima. Una sorta di “palestra” che può renderci migliori. Oppure peggiori, il libero arbitrio è anche questo. Certamente le condizioni di partenza talvolta sono talmente diverse che si può vedere delle iniquità. Chi è sempre vissuto in un ambiente violento può diventare terrorista. Chi ha sempre vissuto in maniera agiata può permettersi di “filosofeggiare” e discutere su cosa è bene e cosa è male. A questo si potrebbe obiettare che agli occhi di Dio il giudizio potrebbe essere ben diverso da quello umano e far diventare il terrorista migliore del benestante che discute su cosa sia bene e cosa sia male, mostrando però sempre un atteggiamento egoista verso i più deboli. Oppure si potrebbe prendere a prestito la filosofia orientale dove ad una certa esperienza di vita ne seguiranno molte altre e quindi un male subito può essere effetto del “Karma”. Se, cristianamente o adottando l’approccio orientale, ci sentiamo comunque “eterni” dovremmo sempre vedere il male come una esperienza temporanea che non può che migliorarci. In fondo se potessimo scegliere tra un anima che vive in una sorta di campana di vetro e una che invece, consapevole della sua immortalità, vuol farsi una “avventura” e gustarsi tutte le esperienze possibili, per poi ritornare all’ovile, quale strada sceglieremmo? Forse è questo il senso del peccato originale. Ciò detto a livello pratico io vorrei augurarmi una vita molto comoda, dove ci sente realizzato, intelligente, bello e ammirato da tutti. Ma forse questo è egoismo e in fondo alla mia anima ci potrebbe essere qualcosa che mi richiama al senso del dovere e a non lasciarmi andare ad una sorta di accidia spirituale. Credo però che credenti (come me, sia pure con molte risposte da trovare) o atei, dovremmo concordare che l’approccio di sentirsi eterni aiuta in maniera concreta a superare le difficoltà. Tengo però a precisare che non si crede per disperazione ma sempre e comunque per scelta, perché il nostro intelletto è in grado di trovare quegli indizi della nostra immortalità e dell’esistenza di una coscienza universale anch’essa eterna ed infinitamente superiore alla nostra.
Caro Corrado, sarei un pò più prudente a pronunciare frasi come quelle iniziali del tuo post, queste, nello specifico:
“Da un punto di vista teorico il male è sempre utile anche quanto subito ingiustamente, perché è una esperienza utile, in quanto arricchisce la nostra anima. Una sorta di “palestra” che può renderci migliori.”
Ebbene, una persona che magari ha perduto il proprio famigliare o amico, in un tragico sinistro stradale, (non dipeso dalla sua negligenza), oppure a causa di una grave patologia esiziale, potrebbe domandarti se era proprio strettamente necessario, che quel caro innocente morisse in modo barbaro, per dare una formazione di vita, alla vita di quello che rimane.
Sarei casomai d’accordo, che alcune esperienze negative di vita possano contribuire a rendere più umili e sagge quelle persone a cui madre natura non ha provveduto a fornire fin dalla nascita, ma la morte, Corrado, una morte tragica non insegna niente, se non che quella persona che viene a mancare, era davvero importante nella nostra quotidianità e che non serviva una formazione del dolore.
……Da un punto di vista teorico il male è sempre utile anche quanto subito ingiustamente, perché è una esperienza utile, in quanto arricchisce la nostra anima…..
Corrado Luciani :
Provi tenere questo discorso con gente affetta da terribili ed irreversibili malattie, o gente che è stata mutilata fisicamente da fattori naturali tipo terremoti, vada a vedere cosa dicono persone in fase terminale cha soffrono irreversibilmente le « pene dell’inferno » ! dopodiché ne riparleremo….
NB : Il MALE (quello che NON dipende dalla nostra volontà ) NON POTEVA ESISTERE PRIMA DELL’UOMO…..QUINDI IL MALE L’HA INDISCUTIBILMENTE VOLUTO IL SUO DIO CHE RITENGO UN POCHINO SADICO !…Punto !
….l’approccio di sentirsi eterni aiuta in maniera concreta a superare le difficoltà…..
Vero ! Ma questo sentimento puo’ essere risentito razionalmente (la materia barionica che ci compone è eterna, piccola consolazione certo ! ma che considero reale non illusoria) senza dovere credere –irrazionalmente- in una entità divina qualsiasi ! Le ripeto che quando il nostro cervello soffre, non fa altro che inventare storie fantasmatiche, incluse le varie divinità, per alleviare o mascherare il dolore !…L’animismo in primo (nato circa 400 mila anni fa) e le religioni poli e monoteiste sono solo la conseguenza dovuta alla difficoltà di NON capire che dobbiamo considerare la morte come un avvenimento naturale e sopprattutto, per ovvie e pertinenti ragioni, indispensabile e NON tragica ! La morte va sdrammatizzata non vissuta come un avvenimento tragico generatore di angosce e paure irrazionali a volte insopportabili….
P.S. E se la morte non esistesse, bisognerebbe -per il benessere animale, umano incluso- inventarla !
Forse mi sono spiegato male e provo a spiegarmi meglio. Io stesso ho paura del dolore e della morte di persone per cui provo affetto. Io stesso vorrei vivere felice in eterno e auguro a tutti altrettanto ma ahimé sappiamo che non è possibile. Possiamo trovare allora una spiegazione almeno teorica a queste nostre sofferenze soprattutto quanto subite ingiustamente? Secondo me si e riprovo a spiegare il perché. Per ogni cosa c’è il rovescio della medaglia. Il nostro libero arbitrio ci dà anche la possibilità di scegliere di evitare il dolore della perdita di una persona cara: basta non amare mai. Però ritengo che valga la pena di rischiare, goderci l’amore finché dura e farsi una ragione di vita anche quando finisce. Perché credere significa anche credere che non solo quell’amore ritornerà in uno stato spirituale che chiamiamo paradiso, ma che sarà molto più intenso e rivolto a tutto (ovvero Dio e tutte le sue manifestazioni, inclusi gli uomini). Razionalmente dovremmo umilmente ammettere che è una questione di probabilità, non di certezze, che quanto io dica sia vero. Non ne possiamo essere certi ma nemmeno escluderlo e non possiamo nemmeno quantificare le probabilità, perché dipendono dall’importanza agli indizi che la nostra ragione ci porta a vedere, perché siamo dotati di libero arbitrio. Se potessimo avere certezze non avremmo più questo dono. Ritengo tuttavia che credere sia una scommessa vincente perché non solo non ci costa nulla ma, come hai ammesso tu stesso, ci porta un aiuto immediato. Quindi riadattando l’argomentazione di Pascal, nell’affrontare il male ingiusto, possiamo scegliere di fare una strana scommessa in cui si può decidere di incassare qualcosa subito (la giustificazione al male) e avere una certa probabilità di avere un bene infinito in un futuro prossimo; oppure decidere di non avere nulla per essere certi di non avere nessun bene nel futuro e rischiare perfino di avere un male infinito. Ecco perché secondo me se l’ateismo è emotivo, cioè si è atei perché non si trova una spiegazione teologica al male, paradossalmente si è irrazionali. Se invece si ritiene di essere atei (ateismo forte intendo) perché si ritiene di aver dimostrato l’inesistenza di una coscienza infinita si pecca di superbia (così come del resto si ritenga di avere dimostrato l’esistenza di Dio). Io credo in Dio perché ho fede e sento che c’è qualcosa in me che sopravvive alla morte. Lo sento e basta e so già che non posso dimostrarlo, così come non posso dimostrare il contrario. I miei dubbi non sono dati dal fatto che non sono sicuro che Dio esista, ma da come Egli agisca o altri di tipo teologico. Ad esempio ritengo che qualcosa di me ci fosse ancor prima del mio concepimento e questo qualcosa ha fatto la scelta di “uscire dalla campana di vetro” della felicità eterna per arricchirsi di esperienze ma che prima o poi farà ritorno all’ovile. Questo è a mio parere il cosiddetto “peccato originale”. Confido anche in un Dio che non ci condanna alla dannazione eterna ma, se rimaniamo ostinati a non ritornare all’”ovile”, alla non esistenza. Tengo a precisare che il “ritornare all’ovile” non significa necessariamente essere credenti, ma anche atei purché si sappia sviluppare l’amore, il bene comune e altri valori coerenti con il pensiero di Dio. Probabilmente le mie convinzioni non sono in linea con il cattolicesimo, ma ritengo che Dio ci permetta di fare queste disquisizioni filosofiche. E spero soprattutto di aver chiarito che sono contrario al male ma che possiamo trovare una sua spiegazione.
Certo, Corrado, Dio ci permette di fare qualunque disquisizione filosofica. Lo permise anche a me, fin da quando avevo sette anni di età, non appena compresi l’esistenza della morte, vagando come un disperato tra le stanze vuote della casa di mio nonno, chiamandolo inutilmente, non convinto di quelle parole che mi avevano detto che lui non c’era più.
Al male io non trovo alcuna spiegazione. Scusami se malgrado la tua analisi sia razionalmente ben strutturata, la mia emotività non può condividerla.
In me c’è un irresoluto bisogno di giustizia su di una natura che tante volte considero avversa e malvagia alla nostra esistenza.
..la morte è il salario del peccato…tutti, prima poi, dobbiamo morire….non le pare, caro Fabio? comprendo il suo dolore che, potrebbe benissimo rassomigliare al mio ma, occorre farsene una ragione…se non ricordo male, mi pare di aver letto che il male e la morte, siano entrato nel mondo, dopo la disubbidienza dei Primi Due…infatti, Adamo ed Eva, senza peccato erano non erano destinati alla morte .. ma all’ascesa in Cielo…così dice la Bibbia…[ fino a ieri ] però, si può sempre-volendo- approfondire magari leggendo ” Il male e la Libertà ” di san Tommaso D’AQUINO….chissà che non giovi ai seguaci di Giobbe 🙂 🙂
Caro Franco, spesso ho riflettuto sul fatto che per l’errore di due persone, una moltitudine di popoli, in un tempo infinito, abbiano dovuto pagare delle colpe non commesse.
Dobbiamo farcene una ragione?
Sì, magari come il protagonista de “Il Processo” di Franz Kafka? 🙂
Non potevo esserci io, quella volta, al posto di Adamo? Forse non mi sarei fatto corrompere così facilmente. O in alternativa, ci poteva essere Robespierre! Avrebbe tagliato la testa al serpente. 😀 Con la ghigliottina, certamente.
Faccio eufemismo, rispondendo all’ironica frase conclusiva del tuo post, dove hai tirato in ballo Giobbe, ma in cuor mio sento ritornare nuovamente freddo.
Immagina che un cecchino stia per ucciderti, quando un’improvvisa scossa di terremoto gli fa crollare addosso i ruderi nei quali era appostato: quel terremoto, per te, è stato un bene o un male?
Devo complimentarmi con te, Lorenzo, perché sai amalgamare fantasia, ironia, cinismo e logica, come ben pochi sanno fare.
Ti rispondo che se accadesse un evento come quello da te fantasticato, mi sentirei certamente fortunato e non starei lì a valutarlo se bene o male, specie se sotto a quelle macerie, oltre ad un mancato assassino, vi fossero anche persone totalmente estranee a lui.
Posso ringraziare Dio di donarmi la salute, ritenermi fortunato della Sua benedizione e protezione su di me, ma c’è sempre un pensiero che mi turba e che va a chi sta molto male.
La sofferenza, la malattia, la vecchiaia, la morte, sono ingiurie sulla dignità dell’uomo.
L’opera eccelsa di Dio Padre, l’uomo, che Lui compì con tanto amore, distrutta a poco a poco da una natura ostile e micidiale.
Han fatto più morti le innumerevoli patologie, che le guerre. Anche perché, con un pò di buon senso e diplomazia, il bellicismo si può fermare, ma molte malattie degenerative o letali, no.
Prima affermi che la morte del cecchino è un colpo di fortuna e che non stai li a valutare se è bene o male e poi che la morte (quindi anche quella del cecchino) è ingiuria sulla dignità dell’uomo: noti nulla di contraddittorio?
No, Lorenzo, nessuna incongruenza, perché io son chiaro e coerente in ciò che dichiaro.
Ho infatti scritto che la malattia, il dolore e la vecchiaia sono ingiurie sulla dignità dell’uomo, l’opera perfetta di Dio.
Se invece un uomo muore per cause violente, dipendenti esclusivamente dalla propria volontà, (tipo mercenario, sicario, assassino), e non da cause ascrivibili a quel lato ostile insito nella natura, non ho ragioni di ritenerle ingiurie sull’opera perfetta di Dio Padre, in quanto la perfezione stava anche nell’assenza di violenza, odio, rancore e desiderio di vendetta nei suoi pensieri.
Auspico di essere stato più chiaro, stavolta.
P.s. Ho dato a te dei consigli di salute per i tuoi amici, nell’altro articolo. Leggili, se non l’hai ancora fatto.
Anche l’assunzione di curcuma, meglio se fresco, ha effetto di apoptosi su alcuni tipi di cancro, oltre che di prevenzione.
La malattia? Quando interrompe un lavoro troppo stressante è la benvenuta.
Il dolore? Quello psicologico fa crescere, quello fisico, con i moderni farmaci, non fa paura.
La vecchiaia? E’ vita vissuta.
Dovresti però spiegarmi perché quel cecchino (che faceva quel lavoro per salvare la vita ai figli) è morto per colpa sua e non per colpa del terremoto e se ritieni la sua morte un bene o un male.
P.s. Uno di quei miei amici non può ascoltarmi ed all’altro dovrei spiegare troppe cose.
Lorenzo, uccidere non è MAI un lavoro, quindi non può essere definito lavoro, quello del cecchino.
Ripeto, la perfezione stava nel corpo e nella psiche: assenza di dolore, malattia e vecchiaia nel primo, ed assenza di odio, rancore e vendetta nella seconda.
Scrivi che la malattia è benvenuta quando interrompe un lavoro stressante. Sì, certo, vaglielo a dire ad un operaio malato di asbestosi, o peggio, di cancro ai polmoni, dopo aver lavorato per anni con le fibre di amianto!
Scrivi che il dolore psicologico fa crescere. A volte lo può, ma tante altre volte annichilisce, rende folli le persone!
Scrivi che il dolore fisico viene alleviato dai farmaci. Sì, appunto, allieva, senza toglierlo del tutto, ma non cura la patologia che lo causa e che magari ti porta pure alla morte, come nel caso di un benvenuto tumore al polmone, che ti ha permesso d’interrompere un lavoro stressante!
Riassumendo i tuoi interventi, quante volte, pur facendo attenzione a non scrivere mai la parola bene o male, hai commentato sulle base della tua conoscenza di ciò che ritieni perfetto, desiderabile, benvenuto.. od imperfetto, indesiderabile, sgradito…
Ti ricorda nulla la “conoscenza del bene e del male”?
Certo, mi riporta ad una mia precedente risposta a Franco 56, dove ironicamente mi rammaricavo del fatto di non essere stato io, o Robespierre, al posto di Adamo, quando questi ingenuamente si fece propinare dalla persuasione del famigerato nemico incantatore.
Caro Lorenzo, decine e decine di miliardi di anime hanno patito eventi così bestiali, sia a livello fisico/organico, sia psichico ed umano, che tante volte mi sono chiesto se vi sia qualcosa o qualcuno al di là del del cielo visibile e del buio, poiché, se c’è, deve allora soffrire in maniera indicibile, nel riascoltare l’eco assordante di una moltitudine di morti che gli invocano giustizia e che urlano dolore al Suo cospetto da da un tempo remoto ed indefinito.
É soltanto una grazia, che io non sia ateo.
Io Amo Dio, ma non posso comprendere, né giustificare, questo atavico e infinito dolore che si accanisce sulle nostre piccole e fragili anime.
@Fabio
Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.
E diceva: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu».
Noti qualche differenza tra i due comportamenti?
Certo, che li noto, Lorenzo.
Slealtà nel primo, abnegazione nel secondo.
Ma quello che continuo a ripetere e che a quanto pare non riesci a comprendere, sono sostanzialmente tre punti pragmatici:
– per lo sbaglio di un uomo solo, miliardi e miliardi di uomini, (razze animali comprese), hanno dovuto pagare una colpa che mai avevano commesso. Tant’è vero, che si dice che perfino un bambino appena nato, erediti la colpa di Adamo ed Eva.
– il lungo fattore cronologico, cioè da milioni di anni, questa colpa di Adamo non trova mai soluzione finale, qui su questa Terra, sebbene Gesù Cristo si sia anche fatto martirizzare per espiare la nostra colpa.
– l’aspetto avverso ed ostile di una natura che si accanisce indefessa sui nostri poveri corpi, provocando patologie, invalidità, vecchiaia, dolore.
Perché un conto è quando l’uomo è causa volontaria del suo stesso nocumento, (guerra, omicidio, suicidio, gesti sconsiderati, violenze, negligenza, spregiudicatezza), ma un altro conto, invece, è quando egli subisce a livello organico e/o psichico, le ineluttabili forze matrigne di una natura che mira ad annientarci, non solo negli aspetti biologici, come le innumerevoli patologie, ma anche in quelli geofisici, come i terremoti, le violente radiazioni solari, gli uragani, gli tsunami, le erruzioni vulcaniche, le frane, le valanghe, tutte cause di dolore e morte, non dipendemti dalla volontà umana.
Quando un uomo muore per fattori non dipendenti dalla propria volontà o colpa, ma causati dalla natura matrigna, mi porta a comprendere che NON C’É GIUSTIZIA in questo universo!
Sarebbe come arrestare arbitrariamente un uomo, processarlo senza alcuna prova o colpa a suo sfavore e mandarlo alla pena capitale.
Adamo ed Eva che sia o non, caro Lorenzo, non c’è una logica, una spiegazione, una giustificazione, a quello che accade.
Ci limitiamo a dire banalmente che è così, oppure che i pensieri di Dio sono imperscrutabili, o che l’uomo vive per poi morire.
Quando sento certi discorsi, scuoto la testa e cerco di allontanarmi dalla fonte sonora che li emette, per non starci male, o peggio, impazzire, credimi.
É da quando sono bambino, che attendo che quel Padre del cielo e della terra, ci dia giustizia, che ci doni un pò di quiete, di serenità, di felicità ed appagamento, anche e soprattutto su questo mondo, un’esistenza senza più dolore, traumi, angosce, immersi in una natura finalmente MATERNA e in pace coi nostri simili.
Amen
É soltanto una grazia, che io non sia ateo.
Io Amo Dio, ma non posso comprendere, né giustificare, questo atavico e infinito dolore che si accanisce sulle nostre piccole e fragili anime….
Fabio
concordo pienamente su cio’ che scrivi; vorrei solamente farti osservare che non è solo la specie umana purtroppo che soffre a volte terribilmente da quando esiste, ma anche moltissime altre specie che, come sai benissimo, sarebbe grottesco o ridicolo considerare che abbiano trasgredito le “leggi divine” o peccato!
NB La mia incommensurabile ignoranza non mi permette di sapere se Dio esiste o no, nonostante cio’ rifiuto energicamente credere in un dio con attributi cristiano-cattolici per evidenti motivi che conosci benissimo. Un saluto da Bruxelles
Caro Alessandro, il trauma più brutto che subisce un essere umano è comprendere l’esistenza della morte, non importa di chi o di cosa, fosse anche un cane o un uccellino, è comunque un trauma, anche perché si da il caso che l’essere umano scopra l’esistenza della morte fin dalla tenera età.
Nel mio caso specifico, la scoprii molto presto e fu proprio con un animale, più precisamente il mio cane di razza Collie. Avevo neanche sei anni, ed una mattina, aprendo la porta del garage di casa mia, trovai il pavimento pieno di sangue, ce n’era dappertutto. Impressionato, ma anche incuriosito da quella scena drammatica, seguii le tracce ematiche, vedendo che portavano fuori casa. Appoggiato su di una muretta c’era il mio cane che stava spirando. Aveva il sangue che gli bagnava le labbra. Gli andai vicino e mi misi a piangere, capendo che stava molto male. Gli carezzai la testa e vidi lui guardarmi per l’ultima volta con una dolcezza infinita. Poi chiuse gli occhi. Passai dei giorni di dolore indicibile. Mio padre lo seppellì come fosse stato una persona. Vidi anche lui piangere. La causa della morte del mio cane, fu avvelenamento da ingestione, con conseguente emorragia interna. Scoprimmo che si era cibato di un ratticida.
Io considero la morte come qualcosa che non dovrebbe esistere.
Vedere il corpo di una persona inanimato, irrigidito, cianotico, è un’immagine che mi turba, mi angoscia.
Osservare quegli organi preposti ai cinque sensi, (occhi, orecchie, mani, bocca, naso), che improvvisamente perdono di significato, di utilità, di senso, è un’ingiuria alle leggi della biologia e della vita umana stessa.
Il nostro organismo possiede un sistema immunitario formidabile, che potenzialmente potrebbe proteggerci da qualsiasi antigene, veleno e tumore.
Abbiamo una differenziazione dei leucociti, dove ognuno ha dei compiti precisi, poi il supporto di due tipi di linfociti “T e B”, le cellule N.K. i suppressor, i macrofagi, potremmo far fronte a qualsiasi patologia, prolungando a tempo indefinito la vita, MA… Ma qualcosa nel tempo ha ridotto l’efficienza perfetta del nostro sistema immunologico, ed è così che una piccola goccia di veleno d’ape o di ragno ci può essere fatale, scatenando in noi uno shock anafilattico. É così che i tumori divengono metastasi, malgrado l’intervento delle N.K. É così che un virus o un protozoo, oppure un batterio, ci può colonizzare l’organismo, senza un’adeguata vaccinazione preventiva, oppure senza l’inoculazione di tetracicline o sieri immunologici già attivi.
Si è guastato qualcosa, rendendoci vulnerabili anche agli acari della polvere. Ma sono convinto che in principio l’essere umano fosse biologicamente immune a qualsiasi cosa. Qualsiasi. Probabilmente invecchiava, ma non veniva infettato da nulla.
Ma anche l’invecchiamento doveva avvenire molto, ma molto più lentamente, rispetto a quanto invece non accada oggi.
La Bibbia dice che i nostri antenati antidiluviani vivevano secoli e secoli. Matusalemme visse quasi MILLE ANNI!
Com’è possibile ciò?
Nella mia ignoranza più totale, ipotizzo due fattori determinanti:
il primo, dovuto ad un sistema immunitario che non lasciava scampo a nessun antigene, quindi ci rendeva invulnerabili biologicamente;
il secondo, dovuto alla composizione atmosferica, ossia alla presenza di uno strato di ozono molto più pregnante, in grado di assorbire maggiormente le radiazioni solari e renderli meno dannossi all’epidermide umana, quindi scongiurandone un’invecchiamento precoce.
Ovviamente le mie sono semplici supposizioni e niente più.
Ma sono convinto, caro Alessandro, che in principio Dio avesse creato un organismo, il nostro, biologicamente indistruttibile.
…..Ma sono convinto che in principio l’essere umano fosse biologicamente immune a qualsiasi cosa…..
Caro Fabio
Ritengo che le tue supposizioni siano scientificamente infondate !
La speranza della durata media della vita degli uomini preistorici (paleolitico), ma non solamente, variava a seconda delle diverse epoche e luoghi d’abitazione da circa 20 a 40 anni, questa era la norma, coloro che poteveno vivere più a lungo erano eccezioni rare, forse anche rarissime…Il 43% dei bambini non oltrepassava l’età di 15 anni !
Diversi studi archeoantropologici vanno in questa direzione, e anche se diversi reperti mancano per approfondirli, su questo non sembra esserci dei dubbi fondati.
P.S….E, come diceva giustamente Arthur Schopenhauer, « esigere l’immortalità dell’individuo, equivale a perpetuare un errore all’infinito »….E qui gli argomenti scientifici –o razionali- che lo confermano non mancano !
Son d’accordo con Schopenhauer, sul fatto che rendendo immortale l’uomo, si perpetuerebbe un errore all’infinito, (quindi anche lui si considerava un errore? Mi verrebbe da chiedergli), ma questa sua affermazione è condivisibile, SOLO se si generalizzano le brutture dell’essere umano dal punto di vista della storia, dipendenti dalla sua esclusiva volontà, senza tener conto che vi sono invece altri esseri umani i quali amavano e amano vivere e che la loro esistenza è stata sempre votata alla cultura o alla scienza, per il benessere, il progresso o il piacere dei propri simili, oppure altri esseri umani, che sebbene non scienziati, né artisti o filosofi, nella loro umiltà quotidiana, si sono adoperati nel loro piccolo verso gli altri, aiutandoli, confortandoli, o insegnando loro i veri valori morali e civili della vita. Tutto ciò, il buon Schopenhauer non deve certo averne tenuto conto, essendo egli di carattere misogino, ma soprattutto misantropo.
Da un punto di vista storico/antropologico della condotta umana, generalizzandola ed estremizzandola, potrei essere d’accordo con lui, ma a me piace vagliare qualsiasi cosa, separare le fasi della materia, dividere il frumento dal loglio, ed è per questa ragione, che sebbene consideri Schopenhauer una grande mente, forse la più grande dopo quella dei noti filosofi greci, contesto la sua affermazione e dico che anche per un solo uomo buono d’animo, pur se portandosi appresso quell’ingiusto ed atavico retaggio del peccato originale, (come scrivevo a Lorenzo), l’esistenza umana meriterebbe di avere perpetuazione!
Da tanto non scrivo. Sono ancora qua, con i miei dubbi e la mia sete. Con il mio boccone che non va nè giù nè su. Io ho conosciuto più di una persona che ha perso la fede per un lutto inaspettato (figlio). In questo caso, anche in ottica cristiana, non riesco a vedere dove sia il bene maggiore.
Caro Umberto, il cristianesimo come è iniziato? Quando Gesù si è rivolto a Giovanni e Andrea, sentendosi seguito, e ha detto loro: “Cosa cercate?”. E loro: “Maestro, dove abiti?”. E lui: “Venite e vedete”. Vuoi anche tu “vedere”? Con il cuore aperto consegnati alla comunità cristiana più vicino a te o conosci persone che non perdono la fede, ma che la sanno testimoniare con la loro vita (non tanto con le parole). Allora vedrai anche tu e forse, se Dio vorrà, il boccone andrà giù. Un abbraccio e un augurio di Santa Pasqua.
Credo che alla fin fine, la fede aiuti a darsi una spiegazione sul dolore e sul male nel mondo. E’ anche vero però, che per quanto possa consolare, essa sia solo un’illusione inventata dall’uomo per dare un senso alla vita, una risposta alla morte, una serie di principi di comportamento. Personalmente, non mi spaventa la fine vita: non essendoci nulla prima di nascere, non vedo perchè debba esistere qualcosa dopo la morte! Ritengo che, per vivere, il semplice buon senso è superiore a qualsiasi ideologia!
In realtà è la fede nel nulla ad essere un’illusione inventata dall’uomo per poter vivere come meglio crede, senza dover rendere conto a nessuno, ad alcun Legislatore ultimo. L’ateismo è un confort inventato dall’uomo per poter continuare a vivere con una comoda morale relativista, è molto semplice essere atei mentre è difficilissimo essere veri cristiani. Tra i due certamente l’uomo ha inventato il primo e non il secondo.