Medici e donne africane danno ragione al Papa sui preservativi

Hanno destato scalpore le anticipazioni sul libro-intervista di Benedetto XVI circa l’uso del condom in alcuni casi particolari. Il Papa non ha affatto giustificato moralmente l’esercizio disordinato della sessualità, ma ritiene che l’uso del profilattico per diminuire il pericolo di contagio dell’AIDS, sia un primo atto di responsabilita, un primo passo sulla strada verso una sessualità più umana, piuttosto che il non farne uso esponendo l’altro al rischio della vita. Per questo padre Federico Lombardi ha dichiarato che questa «non può essere certo definita una svolta rivoluzionaria». Il profilattico continua comunque a rimanere non strettamente necessario. Prima di sentire il parere dei medici, vale la pena ascoltare le parole delle donne africane, come ad esempio Rose Busingye, infermiera ugandese che passa la sua vita ad accogliere e curare gli ammalati di Aids a Kampala: «In pochi anni si è passati dal 21 per cento della popolazione infetta al 6,4 per cento di oggi. Lo abbiamo fatto senza distribuire preservativi, ma educando le persone. Anche grazie al nostro presidente. Qui non abbiamo medicine, si muore di malaria, di dissenteria. E ci vogliono mandare i preservativi. Ma che coraggio hanno di fronte al mondo di dire che il bisogno dell’Africa è un preservativo?» (da Il Foglio, 20/3/09).

Il dott. Renzo Puccetti, specialista in Medicina Interna e Segretario dell’associazione “Scienza e Vita” di Pisa e Livorno, membro dell’Unità di Ricerca della European Medical Association e Ricercatore in merito all’utilizzo dei contraccettivi, spiega perché il Papa ha ragione quando afferma che l’uso del profilattico non basta per combattere l’AIDS, ma occorre innanzitutto un cambiamento culturale. Lo scienziato parla del suo libro, intitolato appunto: “Il Papa ha ragione”, scritto in occasione delle dichiarazioni del Papa sul profilattico durante il suo viaggio in Africa: «Insieme a Cesare Cavoni, abbiamo svolto un lavoro per cercare di mettere in evidenza i fatti: che cosa disse veramente il Papa, come la stampa ci ricamò sopra con notevole creatività, quali sono gli effetti della strategia volta a contrastare l’AIDS in Africa affidandosi alla distribuzione e diffusione del preservativo, conosciuti attraverso le fonti clinico-epidemiologiche. Nel nuovo libro il Papa dice che il preservativo “non è il modo vero e proprio per vincere l’infezione da HIV”. Non mi sembra di notare alcun mutamento di posizione. Quello a cui si riferisce, la giustificabilità dell’uso del preservativo da parte di una prostituta, mi pare costituisca un classico esempio di applicazione della casistica in ambito morale. Ora è chiaro che le parole del Papa non giustificano certamente la moralità della prostituzione, una intrinseca falsificazione del significato dell’atto sessuale, ma colgono nell’uso del preservativo da parte di questa donna concreta un primo passo verso una presa di coscienza della dignità del proprio corpo come entità inscindibile dalla propria persona».

Perché la contraccezione non riduce gli aborti?
Il dott. Puccetti risponde: «Teoricamente per impedire gli aborti e realizzare i propri obiettivi riproduttivi affidandosi alla contraccezione le donne dovrebbero adottare metodi contraccettivi in modo perfetto per circa 27 anni, un obiettivo che per chi conosce i dati è del tutto irrealistico. Inoltre molte fonti attestano che i determinanti immediati dell’aborto non poggiano solamente sulla contraccezione, ma vi sono molti altri elementi, soprattutto di ordine comportamentale a loro volta radicati nella formazione delle convinzioni. La promozione e diffusione della contraccezione si associa a cambiamenti comportamentali caratterizzati da un maggior rischio di gravidanze indesiderate ed una maggiore attitudine ad abortire in tali circostanze vanificando, o persino capovolgendo l’attesa riduzione degli aborti. Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Galles, Scozia, Svezia, Olanda sono tutti terreni in cui queste dinamiche si sono realizzate. Non dobbiamo limitarci ad invocare la necessità di un’educazione sessuale nelle scuole se prima non si comprende che questa, al di là delle buone intenzioni, riducendosi ad educazione genitale con molta probabilità non risolve i problemi. La contraccezione tende ad impoverire la volontà delle persone, la capacità di dominio delle proprie pulsioni. Non si tratta di ipotesi, ma di fatti che una vera scienza non può disconoscere». L’intervista è apparsa su Zenit.it

Conferma il tutto il dott. Antonio Masuri, capo di una missione in Kenya. A Il Messaggero spiega: «Il profilattico senza conoscenza non basta. Il nostro primo lavoro è quello di educare la persona alla tutela della salute e ad una sessualità più legata ai sentimenti. L’esperienza ci insegna che purtroppo anche laddove arrivano grandi quantità di profilattici le persone continuano a scambiarsi il virus. Proponiamo sessualità consapevole, se occorre anche l’astinenza in certi casi».

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I più grandi scienziati membri della Pontificia Accademia delle Scienze

E’ molto difficile ancora oggi sostenere l’avversità tra scienza e religione, quando i migliori scienziati del mondo sono membri della Pontificia Accademia delle Scienze. Lo ricorda Edwin Cartlidge su FoxNews. Cartlidge è l’ex caporedattore della rivista ingelse Physics World, che ora collabora regolarmente con argomenti di fisica e questioni connesse (i suoi lavori appaiono regolarmente su New Scientist). Ricorda: «Tutti i membri della Pontificia Accademia delle Scienze concordano ampiamente sul fatto che la scienza moderna non sia assolutamente in contrasto con la fede religiosa». Nel mese scorso, durante l’annuale Sessione Plenaria dell’Accademia delle Scienze, Benedetto XVI ha affrontato il tema: “L’eredità scientifica del XX secolo” (qui parti del suo discorso). Lo ha fatto di fronte a celebri uomini di scienza, lodando le conquiste più recenti. Cartlidge dice: «Il Papa ha ricordato che la Chiesa cattolica incoraggia la ricerca scientifica e, rivolgendosi al pubblico ha ricordato che non bisogna né temere la scienza, né trattarla come una panacea in grado di rispondere a tutte le nostre più profonde domande esistenziali». Sono poi intervenuti vari membri dell’Accademia, tra i quali il premio Nobel Charles Townes che ha descritto la storia della sua invenzione del laser. Il biologo Werner Arber ha invece apprezzato il fatto che i lavori dell’accademia influenzino realmente il pensiero del Papa sul mondo scientifico. Cartlidge ricorda anche che «l’evento scatenante del conflitto tra scienza e religione fu la condanna di Galileo Galilei per il suo supporto all’eliocentrismo di Copernico. Il divario è poi aumentato a causa di incompresioni sulla teoria darwiniana. Tuttavia l’esistenza della Pontificia Accademia delle Scienze consente alla Chiesa cattolica di interfacciarsi con la scienza moderna». L’accademia è stata creata nella sua forma attuale nel 1936 da Papa Pio XI, lo scopo fu proprio per assicurare che la Chiesa Cattolica fosse tenuta al passo con le attuali scoperte scientifiche. La qualità scientifica non è l’unico criterio per l’adesione all’Accademia, e nemmeno la posizione esistenziale (sono presenti infatti anche alcuni “non credenti” e agnostici). Il Papa accetta o rifiuta nomine basandosi anche sulla base di un “elevato profilo morale”. Ad esempio, il biologo Edward De Robertis ha dichiarato che il suo recente ingresso nella Pontificia Accademia della scienza è stato concesso soltanto a seguito di un dialogo con un cardinale di Los Angeles. Il fisico ricorda pure che «Albert Einstein non superò questo criterio perché aveva una relazione extraconiugale».

Tra gli attuali membri più illustri della Pontificia Accademia delle Scienze troviamo: il biologo premio Nobel David Baltimore, il chimico premio Nobel Paul Berg, il biologo premio Nobel Gunter Blobel, il fisico premio Nobel Claude Cohen-Tannoudji, il chimico premio Nobel Paul Jozef Crutzen, il biochimico premio Nobel Christian de Duve, il chimico premio Nobel Mafred Eigen, il fisico premio Nobel Gerhard Ertl, il fisico premio Nobel Theodor Wolfgang Hänsch, il fisico premio Nobel Klaus von Klitzing, il fisico premio Nobel Tsung- Dao Lee, il chimico premio Nobel Jean-Marie Lehn, il chimico premio Nobel Mario Molina, il chirurgo premio Nobel Joseph E. Murray, il chimico premio Nobel Ryoji Noyori, il fisico premio Nobel William D. Phillips, il chimico premio Nobel John Charles Polanyi, il fisico premio Nobel Carlo Rubbia e tanti altri. In passato altri celebri scienziati membri sono stati: Marconi, Carrel, Planck, Bohr, Heisenberg, Dirac, Schrodinger, Fleming e Lemaitre.

P.S.: non ne fanno parte invece celebri Premi Nobel come Richard Dawkins e Pierciccio Odifreddi.

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Ricercatori americani: «il divorzio offre il doppio di probabilità di ictus ai figli»

Il divorzio, primo grande successo ottenuto dalla cultura laicista e anticristiana, si è rivelato e si rivela un grandissimo successo contro l’uomo (come tutti gli altri obiettivi del mondo anticristiano). Un esempio è ciò che ha dimostrato proprio in questi giorni (casualità?) la Gerontological Society of America (GSA) durante la 63esima riunione scientifica annuale a New Orleans tra il 19 e il 23 novembre 2010: i bambini che sperimentano il divorzio dei genitori hanno oltre il doppio di probabilità di soffrire di un ictus a un certo punto della loro vita (qui è possibile consultare l’articolo). Questa constatazione -riporta il sito di divulgazione scientifica Science Daily– si basa su un campione rappresentativo della comunità di oltre 13.000 persone. L’analisi dei dati è stata condotta da diversi ricercatori coordinati dall’Università di Toronto. Uno dei ricercatori, Esme Fuller-Thomson, ha dichiarato: «Nonostante la non presenza di altri fattori di rischio – tra cui lo status socioeconomico, salute mentale e altre esperienze infantili sfavorevoli- la propensione per l’ictus di coloro che hanno vissuto il divorzio dei genitori è rimasta significativamente elevata». La notizia è stata pubblicata anche da Medical News Today e da The Medical News.

Possiamo dire che la ricerca conferma i risultati a cui arrivò la dr. Lisa Strohschein nel 2005, quando dimostrò che il divorzio dei genitori espone a un maggior rischio i bambini di uso del Ritalin -uno stimolante utilizzato in medicina per il trattamento del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività-, rispetto ai bambini i cui genitori stanno insieme. I risultati sono stati pubblicati dal Canadian Medical Association Journal.

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Il carcere di Pitesti: una delle "grandi opere" dell’ateismo comunista

Non ci sono solo le missionarie opere cristiane, anche l’ateismo comunista ha prodotto le sue. Oltre alla cultura illuministica, sfociata presto nella ghigliottina francese, l’ateismo si è anche molto impegnato nel ‘900. Una sua maggiore opera fu avviata in Romania e per quanto incredibile possa sembrare, è la prova esistente di un luogo ben peggiore di Auschwitz. Si chiama Pitesti, 130 km a nord di Bucarest. Qui, tra il 1949 e il 1952, è stato condotto il più orrendo esperimento concentrazionario del dopoguerra. Gli oppositori del regime comunista (principalmente studenti universitari, liberali, conservatori, religiosi e cristiani di tutte le confessioni) furono condotti in questo carcere speciale con l’obiettivo di rieducarli, di farne degli “uomini nuovi”, come sosteneva il segretario generale del Partito comunista, la stalinista Ana Pauker (1893-1960). È quanto racconta il giornalista del Corriere della Sera, Dario Fertilio, in un libro-testimonianza uscito da qualche mese nelle librerie: (Musica per lupi. Il racconto del più terribile atto carcerario nella Romania del dopoguerra). Quello che accadde a Pitesti in quegli anni, secondo Fertilio, si tratta di una tortura ininterrotta, attuata di giorno e di notte secondo regole precise, e concepita come un fine in se stesso. L’obiettivo? Distruggere l’anima, perché chi pensava di avere un’anima era già un “malato”, nemico del popolo, da rieducare e, se proprio si rifiuta, da giustiziare usando le torture più diaboliche, sia fisiche che psichiche (giudizio molto simile a quello degli esponenti del disperato ateismo contemporaneo). Il giornalista racconta a Il Giornale alcune di queste torture: «Pestaggi per mezzo di fruste, cinture, lance; sospensioni al soffitto con pesi da 40 chili per ore e giorni consecutivi; rottura delle dita delle mani e dei piedi; nutrizioni forzate a base di sale con divieto di bere; cozzi procurati delle teste, al modo delle incornate tra cervi; bruciature delle piante dei piedi; percosse alle tibie per mezzo di barre metalliche; costrizione a leccare il contenuto delle latrine; partecipazione obbligatoria a torture collettive, induzione a commettere reciprocamente atti di sodomia; sospensioni al soffitto per le ascelle con zaini sulla schiena carichi di pietre; schiacciamento sotto il peso di corpi, varianti fra il numero di quindici e diciassette; sbattimento di crani contro cemento o pareti delle celle; costrizione a dormire in posizioni fisse; perforazione delle piante dei piedi per mezzo di aghi; posizioni obbligate contro il muro, puntando l’uno o l’altro piede, per la durata di tutta la notte; ordine di produrre masse fecali dove successivamente si depongono gli alimenti; induzione a orinare nelle bocche dei compagni; disposizioni di mangiare direttamente dalle gavette cibo bollente, a quattro zampe e senza ricorrere alle mani; immersioni prolungate delle teste nei buglioli; percosse alle casse toraciche sino alla frattura delle costole, ecc…».

L’ideologia ateo-comunista era particolarmente sadica ovviamente con le persone credenti e religiose, le quali dovevano partecipare a processioni in cui a Gesù e Maria venivano rivolti insulti irripetibili ed erano costretti a ricevere l’eucaristia intingendo il pane nell’urina. Seminaristi e religiosi venivano obbligati a subire atti contro la propria volontà, in particolar modo sessuali, costretti a torturarsi a vicenda. Il cattolico doveva essere “rieducato” con un uso pressoché settimanale di orge omosessuali e atti blasfemi (come giaculatorie evocanti satana e parodie dissacratorie dei Sacramenti facendo uso di escrementi e spazzatura), amplificate ancor di più in corrispondenza delle principali feste dell’anno come Natale e Pasqua. «Guarderemo Dio dall’alto in basso!» urlavano Eugen Turcanu (uno dei principali responsabili) e gli altri capi, invitando i credenti che non volevano arrendersi a bestemmiare il più possibile.

Articoli sull’argomento è possibili trovarli su Bastabugie, Ragione e Fede e Il Corriere della Sera.

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Anche Benedetto XVI conferma: la Chiesa nel mondo è in costante crescita

Come tutti sapranno, è uscito un libro di Peter Seewald che raccoglie una lunga intervista a Benedetto XVI. Si intitola “Luce del mondo” e ha già ricevuto le attenzioni della gran parte dei quotidiani nazionali ed internazionali. Anche Avvenire ovviamente vi dedica un articolo, nel quale oltre ai grandi temi del libro (sessualità su tutti) si parla della Chiesa nel mondo e del suo costante aumento. Seewald ricorda a Joseph Ratzinger che “Mai prima d’ora la Chiesa Cattolica ha avuto tanti fedeli, mai un’estensione simile, letteralmente fino ai confini della terra”. Il Santo Padre, anche se non ama parlare dei numeri della Chiesa, risponde: «Sono statistiche che certo hanno la loro importanza. Mostrano quanto la Chiesa sia vasta, quanto ampia sia in realtà questa comunità che abbraccia razze e popoli, continenti, culture e persone di ogni genere. Ma il potere del Papa non è in questi numeri». Infatti citando sant’Agostino, spiega che: «molti che sembrano stare dentro, sono fuori; e molti che sembrano stare fuori, sono dentro». Più avanti l’intervistatore presenta un piccolo bilancio: “Stando all’Annuario Pontificio, nel solo 2009 Lei ha eretto nove nuove diocesi, una prefettura apostolica, due sedi metropolitane e tre vicariati apostolici. Il numero dei cattolici è quindi aumentato ulteriormente di diciassette milioni di unità, quanto gli abitanti della Grecia e della Svizzera messi insieme. Nelle quasi tremila diocesi, ha nominato 169 nuovi vescovi”. E Benedetto XVI risponde: «Innanzitutto devo dire che tutto quello che Lei ha elencato è segno di quanto sia viva la Chiesa. Osservandola soltanto dal punto di vista dell’Europa, sembrerebbe in declino. Ma è solo una parte dell’insieme. In altri luoghi della terra, la Chiesa cresce ed è viva, è molto dinamica. Negli ultimi anni, il numero dei nuovi sacerdoti è aumentato in tutto il mondo, e anche il numero dei seminaristi. Nel continente europeo, sperimentiamo soltanto un determinato aspetto e non anche la grande dinamica del risveglio che in altre parti esiste veramente e che incontro continuamente nei miei viaggi e tramite le visite dei vescovi».

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Un astronomo, un fisico, un filosofo e un teologo contro Stephen Hawking

Dopo le azzardatissime dichiarazioni di Stephen Hawking -sicuramente molto autopubblicitarie- secondo il quale «la «filosofia è morta e non è necessario ricorrere a Dio per dare inizio all’universo», sono state moltissime le repliche di colleghi e scienziati (molte delle quali raccolte nell’articolo Creazione senza Dio? Gli scienziati rispondono a Stephen Hawking). Quest’avvenimento è stato l’occasione per incontri molto interessanti sull’argomento, come quello organizzato dall’astronomo cattolico Piero Benvenuti, intitolato «L’Universo non ha bisogno di Dio?» (9 novembre 2010, Facoltà Teologica, Università degli Studi di Padova), cui hanno partecipato il fisico agnostico, ma che per sua ammissione combatte «ogni scientismo», Silvio Bercia, il teologo laureato in fisica Simone Morandini e il filosofo che si definisce “non credente” Ermanno Bencivenga. Sul web abbiamo trovato l’intervento di quest’ultimo pubblicato su TuttoScienza (supplemento de La Stampa del 17 novembre). Tutti e tre gli intervenuti, si legge su Avvenire, sono convinti che una teoria scientifica, per quanto perfetta, è sempre limitata e non può stabilire o negare l’esistenza di un Creatore, se non erigendo la teoria stessa alla dignità di fede. Il fisico Bergia è addirittura apodittico nel suo giudizio: «Bisognerebbe ricordare, a chi propone una teoria capace, a suo dire, di spiegare ogni cosa e per sempre, che proprio la scoperta dell’espansione accelerata dell’universo è lì a insegnarci che la ricerca non è mai finita». Dal canto suo Ermanno Bencivenga usa le armi della logica filosofica per sostenere quello che ogni persona di buon senso dovrebbe sapere e cioè che «una teoria scientifica non può mai essere verificata e il meglio che ci si possa aspettare da essa è che fornisca un quadro coerente all’interno del quale raccogliere i dati. Senza considerare che gli studi di Kurt Gódel ci dicono che neppure la sua coerenza può essere dimostrata». L’unica cosa che resta, quindi, è la possibilità di impegnarsi nei confronti dei principi teorizzati «con un atteggiamento simile alla fede». E allora, come suggerisce Benvenuti, c’è un limite oltre cui lo scienziato deve essere cosciente di non poter indagare con le armi della scienza, «di fronte al quale la fisica deve avere l’umiltà di lasciare campo alla metafisica». Un limite che non può essere intaccato dalle scoperte scientifiche, anche se rivoluzionarie. «Ciò che non si vuol comprendere – sottolinea Simone Morandini- è che quando il credente parla di Dio Creatore, confessa in Lui la sorgente dell’essere stesso. Quella potenza amante che opera in modo nascosto, ma non per questo meno reale, proprio all’interno di quel mondo descritto in modo così efficace dalle leggi della scienza». Ecco infine lo scritto integrale di Bencivegna.



La Teoria del Tutto si scopre orfana del test decisivo.
di Ermanno Bencivenga, University of California – Irvine

Anche i migliori scienziati non sanno sempre evitare la trappola di slogan di grande effetto mediatico, ma di poca o nessuna sostanza. È il caso di Stephen Hawking, il quale nel recente libro «The Grand Design» giudica a portata di mano una Teoria del Tutto che spieghi in modo necessario l’esistenza e l’evoluzione dell’Universo, e su questa base procede ad affermazioni radicali come «la filosofia è morta» e «non abbiamo bisogno di un Dio creatore».

Da non credente, non solo nell’Onnipotente ma anche nei dogmi dello scientismo, ho partecipato il 9 novembre, davanti a un pubblico attento e numeroso, a una tavola rotonda stimolata dal libro di Hawking e intitolata, appunto, «L’Universo non ha bisogno di Dio?», organizzata dall’astronomo Piero Benvenuti presso la Facoltà Teologica del Triveneto a Padova. Insieme con noi hanno dialogato il fisico di Bologna Silvio Bergia e il teologo di Venezia Simone Morandini.

Il tema che è emerso con maggior chiarezza dal dibattito è quante mediazioni arbitrarie si debbano accettare per arrivare da una rappresentazione plausibile dello stato effettivo della scienza a pronunciamenti come quelli di Hawking. In primo luogo, è noto che di nessuna teoria può essere provata la verità. Il meglio che si possa ottenere è una sua corroborazione sperimentale.

La teoria, cioè, può al massimo fornire un quadro coerente in cui collocare i risultati osservativi. Di necessità, dunque, sarebbe meglio non parlare, e proporre invece la possibilità che le cose stiano come sancito dalla teoria. Anche la possibilità, però, è a rischio: sappiamo dal secondo teorema di Gödel che la coerenza di una teoria potente almeno quanto l’aritmetica elementare non è dimostrabile, se non accettando una teoria più potente. Nel caso specifico della teoria che fonderebbe la spiegazione universale auspicata da Hawking, inoltre, cioè la teoria delle stringhe, c’è il grosso problema che essa non fa nessuna previsione che possa essere sottoposta a controllo sperimentale; quindi non solo non potremo mai sapere se il quadro che offre sia coerente, ma non è neanche chiaro che cosa debba entrare in tale quadro.

Assumiamo, comunque, che una qualche teoria fisica permetta davvero di render conto di tutti i fenomeni che è in grado di descrivere; ciò vuol dire forse che essa renderebbe conto di Tutto? Per raggiungere questa conclusione bisogna accettare un’ulteriore, controversa premessa di carattere riduzionista: che cioè esista un livello ontologico privilegiato al quale ogni cosa e ogni evento possano essere ridotti; che per esempio la natura e il comportamento di una cellula, di un canguro o del Parlamento italiano possano essere spiegati in modo esauriente dalla teoria delle stringhe. Il che rifiuterebbero quanti ritengono assodata l’esistenza di fenomeni emergenti, che non possono essere descritti e capiti se non in un vocabolario che si situi alla loro scala di grandezza e nel loro orizzonte di senso. Tentare di spiegare un organismo in termini delle entità fisiche fondamentali, quali che esse siano, sarebbe per costoro come voler ridurre i flussi giornalieri del traffico agli impegni personali di ogni singolo guidatore.

«Il mondo» è un insieme di strutture fra loro incommensurabili, descritte in linguaggi distinti e di indipendente dignità; e stare al mondo esige attenzione e rispetto per questa diversità. Quando attenzione e rispetto vengono meno e ci sclerotizziamo nell’uso di un unico strumento espressivo, si è suggerito a Padova, il risultato è una teoria del tutto, una delle tante che, ahimè, ci circondano. È una teoria del tutto il creazionismo all’americana, che ha una risposta banale per ogni domanda; lo è la filosofia accademica, incartapecorita e autoreferenziale, di cui si fa benissimo ad annunciare la morte (senza perciò poterne trarre verdetti per la filosofia tout court, che prospera, spesso, proprio nei laboratori di fisica); e lo è anche una teoria scientifica, quando i suoi cultori dimenticano o occultano il suo carattere di coraggiosa avventura, di ipotesi creativa e originale, di scommessa azzardata, e tentano di presentarla, a sé stessi e ad altri, come la Sola e Assoluta Verità.


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    Le rivelazioni di Wikileaks sul Papa: «uomo potente, umile e alla mano»

    In queste ore sta esplodendo la «bomba» Wikileaks. Quasi 3 milioni di file contenenti le comunicazioni fra gli avamposti diplomatici statunitensi nel mondo e il Dipartimento di Stato sono stati resi pubblici attraverso Wikileaks e i maggiori quotidiani del mondo. Ovviamente c’è anche qualcosa che riguarda la Chiesa e papa Benedetto XVI (d’altraparte è pur sempre la VI° persona più influente del mondo, vedi Ultimissima 5/10/10). Dai diciotto documenti del Dipartimento di Stato che sono stati ottenuti da La Stampa, si evince che l’Amministrazione Bush fu colta di sorpresa dall’elezione di Joseph Ratzinger al soglio pontificio perché riteneva che avrebbe potuto prevalere un cardinale latinoamericano. Il 19 aprile del 2005, giorno dell’elezione di Joseph Ratzinger, un telegramma viene spedito da Roma a Washington con la firma «Hardt»: oltre a contenere la notizia ammette la previsione errata fatta dalle fonti vaticane consultate dai diplomatici Usa. Il commento finale è: «Nonostante le speculazioni dei media sul sostegno a Ratzinger da parte di molti cardinali, la sua elezione è stata una sorpresa per molti». Nella pagina seguente Ratzinger viene comunque definito un «cardinale potente» con la reputazione di essere «il guardiano dell’ortodossia teologica». Ma «sebbene i media lo descrivono come un despota autocratico», in un incontro con lui un alto diplomatico Usa lo ha trovato «sorprendentemente umile, spirituale e facile da trattare». Le previsioni immediate si riassumono in tre espressioni: «Continuerà la rotta», «il focus sarà sull’Europa» e «forse sarà una figura di transizione».

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    Entro il 2025 la Bibbia sarà tradotta in tutte le lingue esistenti

    L’Antico Testamento è tradotto ormai in moltissime lingue ma l’ebreo ortodosso lo studia rigorosamente in ebraico, senza permettersi di avanzare alcuna critica. Anche nelle scuole coraniche la musica non cambia: il Corano si studia, a memoria, esclusivamente in arabo, e in arabo viene recitato, nelle occasioni liturgiche, in ogni parte del mondo. Il testo è considerato immutabile in quanto espressione, alla lettera, della parola di Dio. L’operazione di traduzione viene comunque vista con diffidenza, come una sorta di fastidiosa necessità. Nel mondo cristiano la situazione si è fin dall’inizio presentata in maniera diversa: al cuore di esso vi è un annuncio (la “buona novella”), e il messaggio è indirizzato ad ogni singolo essere umano, che deve essere in grado di comprenderlo. Non c’è una lingua speciale, nessuno si è preoccupato di salvaguardare l’aramaico. Piuttosto, fin da subito, si è voluto portare il messaggio di Cristo in ogni parte del mondo, usando il linguaggio locale. Non è una religione del Libro ma dell’incontro umano, della relazione interpersonale, della successione apostolica. Le Scritture servono sempre come richiamo costante e da questo punto di vista si capisce l’impresa che la più grande organizzazione mondiale di traduzione della Bibbia ha voluto intraprendere: entro il 2025 la Bibbia dovrà essere tradotta in tutte le lingue esistenti. The Christian Post ha annunciato che la fondazione ha già raccolto quasi 250 milioni di dollari per questa campagna, in soli due anni. Nel novembre del 2008, appena lanciata l’iniziativa, un donatore anonimo ha fornito una somma sbalorditiva di 50 milioni di dollari. Uno dei promotori, Bob Creson, ha dichiarato che mancano ancora più di 2000 lingue e sono più di 350 milioni le persone che non possono accedere alle Scritture nella loro lingua.


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    Video-shock: «sopravvissuta all’aborto, soppressa per i diritti della donna»

    La sua scioccante testimonianza è molto diffusa all’estero. Si tratta di uno sconvolgente discorso rilasciato l’8 settembre 2008 davanti al Parlamento australiano (ma anche il 22 aprile 1996 ed il 20 luglio 2000 davanti al Sottocomitato Giudiziario del Congresso sulla Costituzione americana) da Gianna Jessen.

    La donna è una ventitreenne americana che è stata abortita perché ritenuta indegna di vivere, ed è invece miracolosamente sopravvissuta. Sua madre, come racconta nel video, si è rivolta alla Planned Parenthood nella California (il più grande ente abortista del mondo) al settimo mese di gravidanza. Un aborto tardivo come ne vengono fatti a migliaia: consiste nell’iniezione di una soluzione salina nell’utero della madre, la quale viene inghiottita dal bambino corrodendolo letteralmente, dentro e fuori. La madre partorisce così un corpo morto entro 24 ore.

    Questo è quanto è capitato a Gianna, la quale è però riuscita a sopravvivere (e come lei tanti altri), probabilmente anche perché il medico abortista non era presente in quel momento. Ha così iniziato ad accettare gli inviti provenienti da ogni parte del mondo, e il video che vi mostriamo sotto ne è una testimonianza (i sottotitoli sono in italiano).

    Ecco alcuni passaggi: «Sono felice di essere viva. Sono quasi morta. Ogni giorno ringrazio Dio per la vita. Non mi considero un sottoprodotto del concepimento, un pezzo di tessuto, o un altro dei titoli dati ad un bambino nell’utero. Ho incontrato altri sopravvissuti all’aborto, sono tutti grati per la vita. Quando parlo, non parlo solo per me stessa, ma per gli altri sopravvissuti ed anche per quelli che non possono parlare…Oggi, un bambino è un bambino, quando fa comodo. È un tessuto o qualcos’altro quando non è il momento giusto. Lo slogan oggi è: “libertà di scelta, la donna ha il diritto di scegliere”, e intanto la mia vita veniva soppressa nel nome dei diritti della donna. Tutta la vita è un dono del nostro Creatore, dobbiamo onorare il diritto alla vita. La morte non ha prevalso su di me… ed io sono così grata!!!»

     

    Qui sotto la testimonianza di Gianna Jessen (pubblicata anche sul nostro canale Youtube)

     
    La redazione

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    50 sacerdoti e migliaia di fedeli anglicani entrano nella Chiesa Cattolica

    Il Vaticano ha recentemente confermato l’ingresso nella Chiesa cattolica di 5 vescovi (vedi Ultimissima 11/11/10) e 50 sacerdoti anglicani. ItaliaOggi informa che ci sono anche migliaia di fedeli anglicani pronti a seguirli, e che la Chiesa cattolica potrebbe cominciare a rivendicare il proprio status ante-Riforma. Uno dei motivi principali di questi avvenimenti -riporta Religion En Libertad– è stata la decisione della Chiesa d’Inghilterra di ordinare delle donne (per una sorta di finta e forzata equiparazione dei sessi). Decisioni azzardate come questa stanno comunque mettendo in ginocchio l’unità fra gli anglicani, tanto che l’arcivescovo Williams ha recentemente avvertito del “rischio di dissoluzione della Chiesa d’Inghilterra pezzo per pezzo” (vedi ToscanaOggi). Così, moltissimi fedeli vedono (o possiamo dire, “ritrovano”) nella Chiesa cattolica un’istituzione sicura e certa delle sue origini, della sua tradizione e della sua autorità. Per questo l’aspettativa di assistere nei prossimi anni ad un grosso ritorno al cattolicesimo è molto alta.

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