Insegnamento religione cattolica scelta dal 90% degli studenti nel 2009-2010

La presidenza della Cei ha diffuso un messaggio in vista della scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica (Irc) nell’anno scolastico 2011-2012: «Siamo persuasi che la dimensione religiosa è costitutiva dell’essere umano e che l’insegnamento della religione cattolica può aiutare i giovani a interrogarsi e riflettere, per elaborare un progetto di vita capace di arricchire la loro formazione, con particolare riferimento agli aspetti spirituali ed etici dell’esistenza, stimolandoli a interpretare correttamente il contesto storico, culturale e umano della società, in vista del loro coinvolgimento nella costruzione della convivenza umana».

Alcuni dati riportati su Avvenire sono stati accompagnati a questo messaggio: nell’anno scolastico 2009-2010, l’insegnamento della religione cattolica è stato scelto dal 90% delle famiglie e degli alunni delle scuole statali (si sale al 90.80% se si tiene conto anche di quanti frequentano scuole cattoliche). Questo alto tasso di adesione, per la Chiesa italiana «attesta la forza di attrazione di questa disciplina, di cui gli stessi avvalentisi sono i testimoni più efficaci. Proprio a questi studenti e alle loro famiglie chiediamo di incoraggiare positivamente quanti non l’hanno ancora scelta, affinché scoprano la ricchezza della dimensione religiosa della vita umana e la sua valenza educativa, finalizzata al pieno sviluppo della persona».

I dati sono confermati dall’Osservatorio socio-religioso Triveneto che fra pochi giorni pubblicherà quelli del 2010-2011: la decisione di avvalersi dell’Irc è stata scelta dal 92,5% dei bambini (famiglie) della scuola dell’infanzia, e dal 93,7% da quelli della scuola primaria. Nella scuola media i dati si aggirano attorno al 91,6%. Gli studenti della scuola superiore che hanno scelto di partecipare all’ora di religione –continua un altro articolo di Avvenire– sono l’83,5%. Nei licei è scelta dall’86,6%, mentre si scende all’82,6% negli istituti tecnici e 79,8% nei professionali. I dati nelle scuole superiori sono molto positivi poiché rimangono alti nonostante la possibilità di entrata/uscita (utilizzata dal 42,5% degli studenti che non desiderano partecipare all’Irc, mentre gli altri preferiscono l’ora alternativa).

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Il silenzio pubblico di Pio XII fu una strategia di sapiente prudenza

Per fortuna la leggenda nera nata attorno a Pio XII si sta sgretolando col passare degli anni. Sono sempre più le prese di posizione degli storici a favore della sua persona e di ciò che veramente fece, anche grazie all’emergere di nuovi documenti negli archivi Vaticani e di mezza Europa.

Ad esempio, è stato annunciato che lo storico gesuita Giovanni Sale, in un articolo di prossima uscita su «La civiltà cattolica», ha rivelato nuovi elementi nel testo della lettera inviata da Papa Pacelli il 3 gennaio 1943, tramite la nunziatura di Berlino, al cardinale Adolf Bertram, presidente della Conferenza episcopale tedesca di Fuldai. Scritta in tedesco personalmente dal Pontefice, è stata finora conservata negli archivi della Santa Sede. In essa si rileva con toni accorati che «l’ultimo decennio di vita, di sequela e di attività cattoliche sul suolo tedesco, è una “via crucis” della quale l’amarezza e l’opera distruttrice nella sua intera impressionante entità soltanto da Dio sono conosciute. Un calvario, ma su di esso la forza d’animo della fede e della fedeltà alla Chiesa dell’attuale generazione si è dimostrata degna del suo eroico passato».

Hitler infatti non nascondeva in alcun modo la sua volontà di estirpare la Chiesa cattolica e ridurre al silenzio quei pastori e quei sacerdoti e laici, che avevano alzato la loro voce – e non erano pochi – contro le crudeltà del regime, a cominciare dall’eutanasia verso le persone più deboli. La lettera fu recapita, come si legge in un appunto del nunzio Cesare Orsenigo, «per mezzo di persona privata», dato che se fosse arrivata nelle parrocchie e fatta conoscere ai fedeli, avrebbe potuto avere conseguenze drammatiche. Per questo, il cardinale segretario di Stato, per esplicita volontà del Papa, affidava «completamente» al presidente della Conferenza episcopale tedesca «per la sua nota prudenza» il compito di valutare «se, come e quando convenga diffondere questa sua lettera tra il clero e il popolo di Germania» perché bisognava evitare che il pontefice «mentre infuria la guerra, intenda fare qualche cosa che possa nuocere al popolo tedesco». Bertram decise perciò di non pubblicare la lettera perché, a suo giudizio, conteneva «certe parole che potrebbero suscitare una fortissima ira sia nel governo, sia nell’episcopato».

Nonostante alcuni imbarazzi in Vaticano per questa scelta, il papa non volle in nulla modificare l’indirizzo da lui stesso dettato in tale materia: dovevano essere i vescovi a decidere ciò che doveva o non doveva essere fatto per il maggior bene della Chiesa. Il cosiddetto “silenzio” di Pio XII era perciò un silenzio esclusivamente pubblico e volontario, con l’unico scopo di non causare l’incrementarsi della violenza contro ebrei e cattolici da parte dei nazisti. Probabilmente, questa saggia scelta, mentre oggi è vista come un errore, fu la condizione per salvare la vita di numerosissime persone. Così la pensano anche intellettuali ebrei, come il rabbino e storico statunitense David Gil Dalin, che ha raccolto le sue analisi e documentazioni storiche nel consigliatissimo saggio La leggenda nera del Papa di Hitler.

La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Ordine e razionalità del cosmo: una delle prove filosofiche di Dio

Le parole rivolte recentemente da Benedetto XVI alla Pontificia Accademia delle Scienze ricalcano perfettamente il punto di vista di molti scienziati. Infatti, lo scienziato investiga la natura «percependo una costante, una legge, un logos [cioè una razionalità nella natura] che egli non ha creato, ma che ha invece osservato». Questa constatazione -continua il filosofo Lodovici su Avvenire– può portare a svolgere un ragionamento (filosofico o prefilosofico) che arriva ad affermare l’esistenza di Dio. È un argomento su cui l’attuale Pontefice ha insistito varie volte, fin da quando era professore universitario, per esempio in quel capolavoro che è la sua Introduzione al cristianesimo (1968), e poi, da Papa, per esempio nel discorso di Ratisbona (2006).

Una delle prove di Dio che la tradizione filosofica ha elaborato parte proprio dall’ordine e dal finalismo del mondo. In altri termini -continua il filosofo-, la natura manifesta delle leggi e queste reclamano un Legislatore come condizione di possibilità, perché, per vari motivi, il caso non le può spiegare. La natura manifesta una razionalità che rinvia a una Ragione creatrice, cioè ad un Logos che la crea comprensibile alla nostra ragione umana e perciò la ragione scientifica può cimentarsi a indagarla. Per questo, mentre non rientra nel campo scientifico affermare l’esistenza dell’Architetto, lo è il ricercare ed individuare il suo progetto. È anche per questo motivo -ricorda Lodovici- che la maggior parte degli scienziati di tutti i tempi è composta da credenti (assai spesso cristiani), tra cui molti ecclesiastici: Galileo, Newton, Galvani, Volta, Heisenberg, Einstein, Maxwell, Fermi, Eccles e Carrel, e gli ecclesiastici Mendel, Stenone, Spallanzani, Mercalli e Florenskij….

E’ lo stesso ragionamento, fra i tanti, di Roger Trigg, epistemologo dell’Università di Warwick: «La ricerca scientifica assume che il mondo sia ordinato. Si dà per scontanto che esistano delle regolarità da osservare. Ma in un certo senso è eccezionale che il mondo fisico sia tanto ordinato. E’ solo questione di caso? L’ordine che la scienza scopre nella natura riflette in qualche modo la mente del creatore dietro le cose. In altre parole, l’ordine ha una base religiosa. In qualche modo Dio ha creato un mondo che ci mosta qualcosa della sua mente e dellla sua razionalità» (da Stannard, La scienza e i miracoli, TEA 2006, pag. 230-231). Il fisico Angelo Tartaglia, membro della Società Italiana di Relatività Generale e Fisica della Gravitazione, ha affermato qualcosa di molto simile nel suo recentissimo libro, La luna e il dito (Lindau 2009): «Considerando l’evoluzione delle specie viventi e dell’universo inanimato, è facile la sensazione che ciò che accade sia, bene o male, inquadrato in un disegno finalistico. Nasce il sospetto che alla base ci sia un progetto intelligente. E’ una sensazione percepita e menzionata sotto tutti i cieli e in tutte le culture»

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Leader pro-choice definisce il feto umano un “tumore” da cui liberarsi

La nota femminista pro-aborto Florence Thomas ha pubblicato un resoconto del suo aborto illegale, eseguito all’età di 22 anni. Durante il racconto si rivolge disumanamente al suo bambino non ancora nato chimandolo “tumore”. La questione ha scatenato un putiferio negli Stati Uniti. Nel racconto la Thomas descrive la sua relazione fuori dal matrimonio: «Mi ricordo le notti di calore e amore. Amore ogni notte, amore a mezzogiorno, e l’euforia di avere il mondo nelle nostre mani. E sì, abbiamo anche corso dei rischi». Dopo la pacchia, il “rischio” inevitabilmente si è trasformò in realtà e una nuova vita cominciò germogliare nel ventre della Thomas, la quale intervenì immediatamente per sopprimerla. Si rivolse ad un medico abortista (il quale verrà espulso dall’Associazione di ginecologi). La Thomas continua il racconto e afferma che dopo l’intervento si sentì «sollevata, Un sollievo immenso. Questo tumore se n’era andato e io potei tornare a vivere». La Thomas, fondatrice del gruppo abortista “Donna e Società”, si è anche detta convinta che sia l’amore della madre e il suo punto di vista a rendere il feto una “persona umana”. Esclude quindi che esso possa avere uno status a sè, indipendente dal giudizio degli altri. Nella cultura laicista esistono molte donne che, come la Thomas, paragonano la gravidanza ad un’infezione. Così l’aborto diventa di conseguenza la medicina da prendere per estirpare il “tumore”. La notizia è apparsa su LifeNews e sempre sullo stesso sito ma in un altro articolo, Matthew Hoffman definisce queste persone come “psicopatiche”, poiché secondo gli specialisti «questa definizione è molto più ampia dell’immagine evocata dalla cultura popolare. Uno psicopatico è qualcuno che è fondamentalmente privo di empatia umana, che vede gli altri esseri umani come meri oggetti di manipolazione. Lo psicopatico, secondo i professionisti, è fondamentalmente egoista, incapace di trascendere il proprio senso personale di sé per riconoscere la dignità degli altri». Non poteva trovare una descrizione più adatta per i profeti della cultura anticristiana.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

John Waters, editorialista dell’Irish Times, racconta la sua recente conversione

John Waters è uno dei giornalisti e commentatori più apprezzati in Irlanda. E’ l’editorialista di punta del The Irish Times e descrive la sua vita «da profugo a pellegrino», come recita il sottotitolo della sua appassionante autobiografia “Lapsed Agnostic” (Marietti, pagine 230, euro 22), di cui Avvenire ne presenta una recensione. Nella vicenda di Waters si nota la parabola di molta intellighenzja europea rispetto al cattolicesimo, transitata dagli sberleffi giovanili anticlericali del ’68 alla sofferta decisione di ritornare a casa: «Mi ha colpito molte volte il pensiero che nasciamo con un senso di Dio, ma poi veniamo convinti dal mondo e da noi stessi che è troppo bello per essere vero. Ci vogliono anni di punizione per ridurci a una condizione a causa della quale non ci viene lasciata altra opzione se non quella di riscoprire questo senso perduto». Il j’accuse del convertito Waters è ferocemente ironico verso quella che lui chiama “generazione Peter Pan”, gli ex sessantottini ora ascesi nelle stanze del potere, culturale, mediatico, politico. Per i quali «Dio, essendo loro imposto da una generazione che sono giunti a disprezzare, dovrebbe essere abolito». Ma la morte di Dio, o meglio «l’assassinio di Dio perpetrato nella cultura post-sessantottina», non ha liberato l’uomo. «La mia esperienza mi dice che possiamo giungere a Dio solo non credendo in Lui. Possiamo trovarLo solo quando lo abbiamo rifiutato e siamo tornati, abbattuti, alla disperata speranza di esserci sbagliati». Dalla sua esperienza Waters trae poi linfa per nuovi giudizi circa l’importante valore pubblico della religione.



Vi regaliamo il bellissimo video dell’incontro svoltosi verso la fine di agosto 2010 durante il Meeting di Rimini, organizzato dal movimento ecclesiale di CL, in cui partecipano John Waters e Mary McAleese, Presidente d’Irlanda.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

USA: sconfitta la parrocchia atea, il Pledge of Allegiance è costituzionale

Importante sconfitta per la religione atea negli Stati Uniti. La parrocchia degli atei Freedom From Religion Foundation ha infatti intentato con grande fervore e dispendio economico una causa nel 2007 contro la recita del Pledge of Allegiance -una sorta di giuramento di fedeltà alla bandiera e alla Nazione- nelle scuole pubbliche.Il testo infatti contiene l’espressione “sotto Dio” (under God) e la pronuncia di queste parole provocherebbe improvvisi malori e rigurgiti laicisti.

Ma la Corte d’Appello statunitense ha ovviamente confermato in questi giorni la piena costituzionalità della recita del Pledge of Allegiance. La legge tra l’altro consente a quei due o tre studenti contrari di rimanere in silenzio e stare seduti seduti e ovviamente impone di rispettare i diritti di quegli alunni che scelgono di parteciparvi.

Il The Christian Post rivela che quaranta membri del Congresso e più di 80.000 americani hanno presentato una memoria volontaria a sostegno della costituzionalità del Pledge. Il Centro americano per la Legge e la Giustizia (ACLJ) ha pubblicato un comunicato in cui afferma: «La decisione della Corte non solo conferma la costituzionalità del Pledge, ma respinge anche un altro tentativo infruttuoso della Freedom From Religion Foundation a distorcere la Costituzione con le sue difettose motivazioni». Ricordiamo che negli Stati Uniti, regno indiscusso della ricerca scientifica e della promozione di cultura sociale, in un recentissimo sondaggio -vedi Ultimissima 25/10/10-, il 95% delle persone ha affermato di credere in Dio (contro un 5% suddiviso tra atei e agnostici).

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Marcello Veneziani: «il divorzio ha sfasciato la famiglia e ha mancato gli obiettivi»

L’1 dicembre di quarant’anni fa l’Italia usciva dalla famiglia ed entrava nell’individualità indifferente, nella crescita di monadi solitarie. Cessava di pensarsi e organizzarsi per famiglie e si emancipava pensandosi e organizzandosi per singoli. Il 1º dicembre del 1970 fu promulgata la legge del divorzio.

Il filosofo Marcello Veneziani ha scritto un interessante editoriale su Il Giornale (che ci permettiamo di riprendere in forma quasi integrale) in cui afferma: «I radicali di Pannella furono l’avanguardia della battaglia sul divorzio, la madre di tutte le battaglie civili che poi seguiranno, aborto incluso. Meno famiglia ma più Stato, grazie a un pervasivo sistema pubblico. Le minigonne, gli hot pants e il mito del libero amore fecero da cornice leggiadra alla liberazione sessuale. L’Italia usciva dalla protezione parrocchiale, entrava sotto la protezione televisiva, libertaria e individualista».

Segue poi un giudizio molto lucido: «Ma a costo di scandalizzare dirò che fu una conquista e una perdita. La testa fu la libertà, i diritti, l’emancipazione, l’autonomia, soprattutto per le donne. La croce fu che la famiglia cominciò a sfasciarsi come principio, fondamento, dovere, denatalità. Su questo ebbero ragione gli antidivorzisti; non era vero che il divorzio lasciava l’indissolubilità del matrimonio a chi voleva la famiglia tradizionale e dava la possibilità di scegliere diversamente a chi non vi si riconosceva. Perché la famiglia prese a sfasciarsi progressivamente, e lo sappiamo. Dite pure che era inevitabile, e aggiungete che fu un bene, se volete; ma non negate il nesso, non solo simbolico, tra il divorzio e la sfamiglia».

Ogni legge porta con sè un cambiamento culturale, per questo non tiene la solita filastrocca dei pro-choice: si all’aborto (all’eutanasia, al testamento biologico ecc…) per chi lo vuole, mentre gli altri non sono per nulla obbligati. Veneziani conclude benissimo: «Tra le promesse mancate del divorzio ve ne sono tre vistose. La prima è che la famiglia è in crisi ma il «familismo amorale» è in auge e produce i suoi peggiori effetti. La seconda è che le violenze non sono diminuite con le separazioni, anzi a volte hanno esiti più tragici. La terza è che il divorzio non ha generato rapporti più franchi tra coniugi, senza le finzioni, i sotterfugi e le scappatelle delle nozze per sempre; anzi le ipocrisie, le frustrazioni, i tradimenti sono aumentati vertiginosamente. È facile sparlare della famiglia arcaica ante-divorzio e del suo assetto incompatibile con la libera modernità. Di solito si ricordano abusi e ipocrisie, il padre-padrone e la gerarchia domestica. Io vorrei ricordare che per ogni abuso c’erano cento casi di dedizione commovente, per ogni violenza c’erano cento sacrifici personali, per ogni etto d’odio c’era un quintale d’amore. Oggi assai meno. Quella struttura arcaica è irripetibile, merita solo giudizi storici e memorie sentimentali ma è alle nostre spalle. Non disprezziamo quel che è alle nostre spalle. Non sputate sui vostri padri e sulle vostre madri».

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

L’Unione Europea: «la difesa dei cristiani diventa da oggi una priorità»

Il filosofo ateo Bernard -Henry Lèvy aveva fatto un appello dalle colonne del Corriere della Sera il 17/11/10: «i cristiani formano oggi, su scala planetaria, la comunità più costantemente, violentemente e impunemente perseguitata […] Esiste oggi un permesso di uccidere quando si tratta dei fedeli del “papa tedesco”? Un permesso di opprimere, umiliare, martirizzare? Ebbene no. Oggi bisogna difendere i cristiani». Sembra proprio che il Parlamento Europeo si sia deciso di dare ascolto all’ennesima presa di posizione. Così pochi giorni fa l’Europarlamento ha approvato, col voto di tutti i gruppi politici, una risoluzione che, condannando i massacri di cristiani iracheni, impegna i governi dell’Ue a premere sui dirigenti di Baghdad perché vengano intensificati «in modo drastico gli sforzi per proteggere i cristiani e le comunità più vulnerabili». Alla rappresentante per la politica estera dell’Ue, Catherine Ashton, viene chiesto di considerare una priorità la sicurezza dei cristiani e di comportarsi in conseguenza. Promotore dell’iniziativa, con il gruppo Ppe di cui fa parte, Mario Mauro che ha espresso «grande soddisfazione» per il voto. In una dichiarazione -ripresa da Avvenire– con il capofila degli eurodeputati Pd David Sassoli, Mario Mauro – che è presidente degli eurodeputati del Pdl, vicepresidente dell’Europarlamento e rappresentante dell’Osce per la lotta alle discriminazioni contro i cristiani – ha sottolineato che la risoluzione «esprime la forte unità dell’Assemblea in difesa dei diritti fondamentali, chiedendo al governo iracheno di agire subito per la difesa della comunità cristiana irachena e per la libertà di religione, ed è anche un chiaro impegno contro la pena di morte chiedendo la sospensione dell’esecuzione di Tarek Aziz». «Il dato politico importante – ha detto ancora Mauro – è che il Parlamento nella sua interezza, oltre a condannare con forza gli attacchi, chiede che venga ristabilito in Iraq lo stato di diritto sulla base del principio della libertà religiosa, che è alla base di tutte le altre libertà, alla base di ogni sistema democratico ed è contenuto nella Costituzione del Paese» (su Il Sussidiario lo stesso Mario Mauro descrive nei dettagli la questione).

Commenti di piena soddisfazione per il contenuto e la forma unitaria del voto sono venuti egualmente da sinistra. A nome dell’intero gruppo di parlamentari Pd, di cui è presidente, Patrizia Toia ha annunciato il voto favorevole dichiarando che «la condanna a morte di Tareq Aziz, insieme a due altri ex funzionari, le uccisioni dei cristiani iracheni a Mosul e gli attacchi ai luoghi di culto cristiano non lasciano indifferente il Parlamento europeo, da sempre sensibile in prima linea per garantire il rispetto dei diritti fondamentali».

Intanto il ministro degli Esteri Franco Frattini ha annunciato che, in occasione della sua visita a Baghdad del prossimo 5 dicembre, chiederà l’istituzione di una commissione governativa irachena che si occupi della libertà di culto dei cristiani. «Voglio parlare della libertà dei cristiani – ha aggiunto – e chiederò con forza che ci sia una commissione governativa irachena che si occupi della libertà dei cristiani di esercitare il loro culto ovunque».

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Fenomeno «Les Prêtres»: tre sacerdoti e 500mila album venduti

La band «Les Prêtres» («i sacerdoti») ha già venduto mezzo milione di cd ed è prima in classifica in Francia. La band è costituita da Padre Jean Michel Bardet, 46 anni, parroco; padre Charles Troesch, 27 anni, viceparroco, e dal seminarista vietnamita Dinh Nguyen Nguyen, 25 anni. Il loro ultimo album si intitola «Spiritus Dei» ed è arrivato il 30 novembre anche in Italia (acquistabile su iTunes): 16 brani di musica classica e pop con testi in latino, francese e italiano. Un mix esplosivo che gli ha portati all’incredibile successo. Anche due pezzi parlati: «Conversazione con Dio» e «La storia di Spiritus Dei». I «Les Prêtres», scrive Il Tempo, nascono in Francia nel 2009 da un’idea di Jean-Michel Di Falco, vescovo di Gap, in Provenza, che si è trasformato in manager discografico per finanziare progetti benefici (edificazione di una chiesa e costruzione di una scuola in Madagascar). Il loro primo album è uscito nel marzo di quest’anno, debuttando direttamente al primo posto della Top50 e mantenendosi tale per ben nove settimane. Sicuramente si sono ispirati dall’altro fenomeno, «The Priests», il trio di preti irlandesi che ha sbancato mezza Europa e America. «La priorità resta essere sacerdoti – assicurano però i tre religiosi – Il successo è bello ma effimero. Faremo altri dischi? Perché no?».

Ecco una serie di video da Youtube (cliccatissimi):

Quand on n’a que l’amour

Sarabande des Prêtres

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Il suicidio di Monicelli: una fine disperatamente coerente per chi non è cristiano

In questi giorni l’Italia è scossa dalla morte di Mario Monicelli all’età di 95 anni. Il grande regista, “padre” della commedia italiana ha scelto un vistoso metodo da disperati: si è buttato dal quinto piano dell’ospedale in cui era ricoverato. Immediatamente i laicisti radicali hanno strumentalizzato il povero Monicelli e -attraverso la leader Rita Bernardini- hanno dichiarato in Parlamento che «sarebbe il caso che la Camera avviasse almeno una riflessione sull’eutanasia». Varie critiche sono emerse subito dal PDL e da Gianfranco Rotondi che ha replicato: «Temo che si trasmetta un messaggio non di carità ma di ammiccamento alle scelte assolutamente non esemplari, nel senso che non debbono essere un esempio. Procurarsi la morte e rifiutare i funerali non significa laicità, ma rifiuto del mistero della morte e penso all’impatto che tutto ciò ha sui giovanissimi». Immediata la reazione anche di Paola Binetti: «Basta, per piacere, con spot a favore dell’eutanasia partendo da episodi di uomini disperati, perchè Monicelli era stato lasciato solo da famiglia e amici ed il suo è un gesto tremendo di solitudine non di libertà». Stessa cosa la dicono i suoi amici più cari, Carlo Verdone e Mimmo Calopresti: «Era depresso e si sentiva solo». E’ la cultura laicista ad essere il vero motivo del suicidio. Una cultura che porta alla solitudine (è noto l’accanimento ateo contro la famiglia) e alla disperazione (“di-sperati”, senza “speranza”, come inneggia il materialismo ateo). Questo fatto ha mostrato dunque quanto radicalmente sia lontana la prospettiva cristiana da quella laica. Per la prima, la vita, il dolore e la sofferenza acquistano un valore assoluto, proprio perché avvicinano a Dio che per primo ne ha subito la drammaticità attraverso il Figlio. Questo porta ad esempio San Francesco a chiamare scandalisticamente la morte “sorella” e tanti ammalati a vivere la loro malattia terribile nella letizia del cuore. Per la cultura atea invece la vita non ha un valore in sè, è sopportabile provvisoriamente se le cose vanno bene, se si è sani e fortunati. Non c’è spazio per il dolore, la malattia e la sofferenza (stati che prima o poi toccano a tutti), che diventano un’enorme ingiustizia insensata (una doppia insensatezza oltre a quella di vivere), un’ennesima frustrazione da subire. L’atto di fede dell’ateo, crea così inevitabilmente un uomo profondamente disperato (cioè “che non attende nulla”, come diceva Pavese), che si autoconvince di essere masochisticamente nient’altro che un condannato a morte (circa 70 anni di pena per gli uomini e 85 per le donne), un “provvisoriamente” vivo. Per gli atei, ad un certo punto la vita diventa una malattia da curare con la morte, che diventa la “medicina”, la “guarigione”, meglio se “dolce”, come un antibiotico alla fragola. L’ateismo è disumano perché è contro la natura dell’uomo stesso, darwinisticamente parlando tendente alla sopravvivenza, alla vita.

Non è un caso che alcune persone vicine a Monicelli parlino di “gesto di coerenza con la sua vita”, confermando il fatto che un ateo, per essere davvero coerente, deve suicidarsi (ma non per questo va giustificato), mentre per il cristiano si parla invece di “incoerenza”. Questa comunque è proprio la “cultura della morte” e della “vita disperata” che cerca negli ultimi secoli di prendere il posto della visione cristiana. Non è un caso nemmeno che nel 2009 una ricerca del Dipartimento di Psichiatria dell’Università del Manitoba in Canada ha stabilito che gli atei si suicidano il doppio dei credenti (vedi qui), mentre vari studi dimostrano che anche la loro intera vita è vissuta mediamente in uno stato di malessere psico-fisico (potete trovarne molti nel nostro sito). I radicali dicono che la morte di Monicelli dovrebbe servire per discutere dell’eutanasia, in realtà noi pensiamo che serva più per prendere coscienza della frustrante e disperante mentalità dei profeti della “cultura della morte”.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace