Adozioni, la Cassazione corregge la stampa ma la bufala laicista continua

La Cassazione fa marcia indietro sulle adozioni ai single: «Nessuna sollecitazione sui legislatori». Potremmo dire che rettifica, oppure corregge, oppure contraddice quei laicisti affannati dentro le agenzie di stampa che non desiderano altro che travisare delle notizie per coltivare la loro ideologia (come abbiamo dimostrato ad esempio in Ultimissima 25/11/10). Si, perché la notizia che la Corte di Cassazione abbia aperto platealmente ai single sembra sempre più una bufala giornalistica. Infatti tutto è nato per un caso in cui una donna italiana ha chiesto l’adozione di una bambina russa. E la Cassazione ha respinto la richiesta sostenendo che l’adozione dei minori, italiani o stranieri, non può esser riconosciuta alle persone singole. Ha quindi rigettato in gran parte l’istanza. Forse, come ricostruisce Avvenire, qualcuno ha voluto esasperare un’uscita un pò maldestra della Cassazione, che nell’ultima frase della sentenza dice che la Convenzione di Strasburgo del 1967 lascia al legislatore nazionale la facoltà di ampliare l’adozione legittimante, se volesse ammettervi i singoli. Qualcuno ha così colto l’occasione per accendere il falò di una rivoluzione. Oggi però la Cassazione è intervenuta nuovamente, sottolineando che il senso della frase non corrisponde a come certa stampa lo ha interpretato: «non c’è stato alcun invito al legislatore da parte della Corte di Cassazione in materia di adozione».

Alcuni quotidiani però, con La Stampa e La Repubblica in testa, continuano ad intervistare dolcissime donne e uomini single e a propagandare lo slogan: “meglio un single che lasciarli in istituto”, o il denominato “principio del male minore”. Il tutto condito con tanto sentimentalismo e giustificato dal famigerato atto d’amore, che ricorda molto la motivazione per far passare l’eutanasia di stato. Ad esempio, viene intervistata sull’argomento il ministro Prestigiacomo, e anche lei ribadisce: «È chiaro che è meglio che un bambino stia con un solo genitore piuttosto che in un Istituto, ma il problema non è da porre in questi termini. In Italia ci sono molte più coppie disposte ad adottare rispetto ai bambini adottabili. La vera priorità non è quindi l’adozione dei single ma sono i criteri che rendono adottabile un bambino che nel nostro paese sono ancora troppo rigidi. Quando si parla di adozioni bisogna ragionare sempre di cosa è meglio per il bambino ed è indiscutibile che per chi ha già subito il trauma dell’abbandono la soluzione migliore sia una famiglia composta da un padre e una madre». E ancora: «E’ meglio per un bambino essere collocato presso una famiglia. I single che vogliono adottare hanno ottime intenzioni, sia che lo facciano per soddisfare un bisogno di maternità o paternità, sia che lo facciano per fare del bene. Ma per il bambino è meglio essere accolto in una famiglia completa». Insiste: «La legge vigente è giusta per quel che riguarda i single perché l’adozione in casi speciali è già contemplata quando il rapporto affettivo con l’adottante è stabile e duraturo e precedente alla perdita dei genitori». La posizione della Prestigiacomo è quindi chiara e condivisibile: è meglio un single che un orfanatrofio. Ma in Italia le coppie sposate che vogliono adottare sono tante e tutte in attesa. Quindi la “presunta” apertura è inutile e sbagliata anche perché la legge comunque lo permette già. Ma sapete come viene intitolato l’articolo? Così: «Il ministro Prestigiacomo: “Meglio un solo genitore che in istituto”». Cioè, come incanalare l’opinione pubblica e sperare che qualcuno si fermi a leggere solo i titoli. Questa è l’ideologia laicista.

Sulla vicenda tornano comunque anche oggi gli esperti (oltre a quelli di ieri raccolti in Ultimissima 15/2/11):

Il presidente del Forum delle associazioni familiari, Francesco Belletti dichiara: «in casi eccezionali già oggi la legge consente l’adozione da parte di single, ma sottolinea che questi casi devono restare, appunto, delle eccezioni e non diventare un improprio grimaldello per reclamare un allargamento delle maglie della legislazione». Al primo posto c’è il diritto del bambino «ad avere un padre e una madre che si curino di lui» e non, invece, il «desiderio degli aspiranti genitori».

L’editorialista de Il Giornale, Marcello Veneziani, scrive un ottimo commento: «Meglio un genitore adottivo che l’orfanotrofio. Meglio un figlio adottivo chela solitudine. Meglio favorire la nascita di legami affettivi, di mutua solidarietà. Sono d`accordo con le adozioni estese ai single. A condizione che si ribadisca una elementare scala di priorità: precedenza alla famiglia, che offre più garanzie di solidità, poi le coppie di fatto, infine i single. Nessuna discriminazione, ma una scala d’amore nell’interesse primario del bambino. Invece, se leggete i commenti dei moralisti a corrente alternata, vi accorgete che la sottile patina d’amore ricopre uno strato profondo di odio: contro la famiglia tradizionale, innanzitutto, poi contro la Chiesa, il governo e il Parlamento; e in favore, ma guarda un pò, dei magistrati. L’argomento da loro adottato è una buona ragione per respingere le adozioni ai single. Eccolo: ma chi lo dice che una famiglia vera sia meglio di un singolo, siamo sicuri che una coppia sia meglio di uno solo? Signori, sappiamo bene che l’umanità è varia, ci sono famiglie infernali, coppie da schifo o sull’orlo di separarsi. Ma sappiamo che secondo natura e cultura, secondo vita, storia e tradizione, le creature nascono e crescono in famiglia e hanno bisogno di un padre e una madre. E’ quello il loro alveo, su quell’elementare habitat siamo nati e cresciuti, su quelle basi si fonda la civiltà. Poi, certo, le famiglie possono essere pessime o sfasciate, come i single possono essere pessimi o torvi. Ma la legge, e la logica, parte dalla norma e poi si confronta con ciò che la smentisce. Invece no, si vuol capovolgere il diritto, la vita, la logica, partendo a rovescio. Ecco la perfidia e l’odio che si fanno scudo del bambino. Un bel colpo alla famiglia tradizionale, alla Chiesa, alla religione, al governo in carica. E ancora una volta, i giudici che non applicano la legge ma la inventano, si sostituiscono al potere legislativo».

Anche l’Associazione matrimonialisti italiani è contraria all’apertura ai single, per due ordini di motivi, spiega il presidente Gian Ettore Gassani: cOccorrerebbe modificare la Costituzione e cambiare i connotati del concetto di famiglia».

Valeria Rossi Dragone, pre­sidente del Ciai, il Centro italiano aiuti all’infanzia dichiara: «a­prire ai single è un falso problema: non ve­do frotte di single che sarebbero disponibili a questo tipo di ado­zioni, già molto impegnative per due genitori, figuriamoci per uno solo…c.

Donata Nova Mi­cucci, presidente di un altro ente ‘storico’ in Italia, l’Associazione famiglie affidatarie e adottive (An­faa), afferma: . cAprire le adozioni ai single non sposta di u­na virgola la sostanza delle cose. Sono i Paesi di origine a stabilire i criteri per le adozioni: quasi tutti richiedono coppie sposate, oltre ad altre condizioni che possono esse­re opinabili ma alle quale bisogna sottostare. La risposta alla preve­dibile crisi delle adozioni interna­zionali, da qui ai prossimi anni, non sta nell’allargare la platea de­gli aspiranti genitori, che è già so­vrabbondante», ma nella prepara­zione delle coppie»

Per Alberto Gambino, docente di Diritto privato alla Università Europea, è un falso problema giuridico: «il diritto agisce laddove esistono problemi sociali, e il problema della mancanza di coppie che adottino bambini nel nostro Paese non esiste. Al contrario forse bisognerebbe pensare a semplificare le norme per rendere più agevole la procedura già esistente. La legge già prevede che i single possano adottare un bambino in casi particolari specifici. Sono contemplati tutti, da quello della disabilità del bimbo fino a quello della separazione. Si tiene fermo il concetto per cui l’adozione non è un diritto soggettivo di chi vuole adottare, ma quello del bambino, per crescere e svilupparsi, ad avere una famiglia. Il numero delle coppie coniugate pronte ad adottare è di gran lunga superiore al numero dei bambini dichiarati adottabili. Non si comprende perché si dovrebbe dare al bambino un solo genitore quando si ha la concreta possibilità di dargliene entrambi, come peraltro previsto dalla nostra Carta Costituzionale all’articolo 29»

Il sociologo Pierpaolo Donati è preoccupato per la tendenza di privilegiare una cultura “virtuale”, basata su idee e desideri di parte: «Mi sembra che questa sentenza apra a una deriva inquietante: quella che per essere famiglia, e dare una famiglia a un bambino, basti che ci sia qualcuno che se ne occupi. È il trionfo della logica “assistenziale”: che sia uno solo ad allevare un figlio è il “male minore”. Condivido il timore che questa sentenza possa preparare il terreno alle adozioni a coppie omosessuali. Le scienze psicologiche e sociali hanno dimostrato con innumerevoli ricerche come sia meglio, da punto di vista educativo, che un bambino abbia due genitori. E ci sono molte più coppie disposte ad adottare che bambini presenti negli istituti. Che bisogno c’è, dunque, di adozioni ai single? Se non per soddisfare i loro desideri, ovvio, ma questo non è certo il senso dell’adozione»

Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, sostiene che sia in atto una «pericolosa deriva licista». Lo stesso ministro esclude una nuova legge a proposito di adozioni e ribadisce che «già dalla prossima settimana ci sarà occasione per un segnale forte da parte del Parlamento per confermare il valore della vita»..

Anche il presidente dell’Udc, Rocco Buttiglione, critica i giudici che «non devono compiere indebite ingerenze nel campo legislativo che spetta al Parlamento». Ancora: «Il legislatore non deve porre le premesse per la creazione di nuovi legami affettivi che non corrispondano all’interesse del bambino, che ha diritto a un padre e a una madre».

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Russia: dopo 20 anni dalla fine dell’ateismo, il governo è sempre più cristiano

La grande promessa del premier russo, Vladimir Putin è stata mantenuta: una legge, approvata dalla Duma con il solo “no” dei comunisti ha riconsegnato alla Chiesa Ortodossa l’immenso patrimonio sequestrato con violenza e senza scrupoli da regime ateo-sovietico. Una speciale commissione sta già cominciando a occuparsi della restituzione di altri beni: 1600 chiese ed edifici vari sparsi per il Paese e un tesoro ancora tutto da inventariare di oggetti sacri e icone custoditi nei più prestigiosi musei di Mosca e San Pietroburgo. Una vittoria storica per la Chiesa russa -riporta La Repubblica– uscita dalla clandestinità appena vent’anni fa quando la decisione di Gorbaciov di restituire ai cittadini libertà di pensiero e di culto fece il giro del mondo e diede un’ulteriore segnale della fine imminente dell’Urss. In un paese dominato per più di settant’anni da un fallimentare laicismo di Stato, dal divieto di credere in Dio, si assiste lentamente alla ri-conversione del popolo, del governo e dei suoi uomini più rappresentativi. Anzi, una vera e propria alleanza con la Chiesa Ortodossa, Nel 1922, nel pieno della carestia e della rivolta dei kulaki, l’ateissimo Lenin ordinò di «espropriare i beni della Chiesa con la più brutale e selvaggia energia», monasteri, pii istituti e varie proprietà ecclesiastiche furono distrutti o riconvertiti. Stalin, feroce ateo, rinchiuse e perseguitò ogni uomo di fede religiosa. Oggi invece si dice che Putin ostenti sempre più una fede che per anni deve aver evidentemente tenuta segreta, facendosi sorprendere da troupe televisive beninformate, mentre prega in solitudine in una chiesetta di campagna. Senza contare la sintonia di pensiero con il patriarca Kirill. E’ stato il suo intervento ha far bocciare l’anno scorso l’abolizione della parola “Dio” nella versione post sovietica dell’Inno nazionale (com’è stata bocciata negli Stati Uniti, d’altraparte). Sempre il premier si è battuto per il ritorno dell’ora di religione nelle scuole elementari. Per chi ha vissuto con l’ateismo militante, cioè il tentativo disperato di creare una società senza Dio, sa bene a quale profondità di male quest’ideologia può far arrivare. Così anche la Russia, come la Cina, entrambe segnata dall’esplosione dell’ateismo, si stanno riscoprono lentamente sempre più desiderose del cristianesimo.

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Boom di pellegrini in Terra Santa: 3 milioni nel 2010

“Boom” di pellegrini in Terra Santa nel 2010. L’aggettivo è usato dal Patriarcato Latino di Gerusalemme sul suo sito web (noi lo avevamo già anticipato in Ultimissima 24/7/10). Alla fine di novembre, infatti, più di 3 milioni di persone hanno visitato Israele e i Luoghi Santi, superando il totale dello scorso anno. I visitatori -fa sapere Religion En Libertad– provengono da Stati Uniti (500.000), Russia (400.000), Francia (260.000), Gran Bretagna (170.000), Germania (146.000) e Italia (121.000).

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Calcio, Prandelli: «sono cattolico, ma non vado solo a messa»

Il commissario tecnico della Nazionale di calcio, Cesare Prandelli, racconta il suo rapporto con la fede cristiana in un’intervista a “Jesus”, mensile di cultura e attualità religiosa (intervista riportata su La Repubblica). «Sono cresciuto in una famiglia di credenti, poi quando si arriva all’adolescenza molti fanno scelte diverse. Io invece ho continuato a credere e anche a praticare – spiega Prandelli –. Vivo la mia spiritualità andando a Messa, ma non solo». Al giornalista cerca di precisare: «Non mi piace tanto dire quello che faccio, sono cose mie, personali. Parlarne mi mette a disagio, mi sembra di metterle in mostra ma io non devo vendere nulla, non devo proporre nulla, non voglio essere esempio per nessuno. Credo solo che le persone debbano fare quello che sentono, magari dedicare mezz’ora a qualcuno che ne ha bisogno».

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Adozioni, la Cassazione apre ai single ma gli esperti rifiutano

Nella sen­tenza 3572 depositata ieri, la Corte di Cassazione sembra proprio voler a­prire una breccia all’adozione da parte dei single. La Suprema Corte è stata chiamata a giudicare sul caso di una donna di Genova, che aveva chiesto l’adozione pienamente le­gittimante di una bambina con la quale aveva vissuto per due anni pri­ma in Russia e poi negli Stati Uniti, ottenendo anche un certificato di a­dozione da parte del Tribunale del­la Columbia. Rientrata in Italia, la donna ha chiesto il medesimo rico­noscimento ottenendo, però, sol­tanto una parziale “vittoria”. La Cassazione ha poi “esortato” il legislatore italiano a intervenire, ritenendo maturi i tempi affinchè i single possano adottare, con meno difficoltà, i bambini rimasti soli o abbandonati dai genitori naturali.

Giulia Paola De Nicola, docen­te di Sociologia della famiglia all’Università di Chieti e atten­ta osservatrice di ciò che avviene oltre i confini nazionali, ha dichiarato: «La Cassazione è in linea con la pericolosa china su cui pare incamminato l’Occidente. Mi riferisco all’ideologia di genere secon­do cui ciascuno, uomo o don­na che sia, è legittimato a sce­gliere il genere che più gli ag­grada. Una deriva davvero pericolo­sa. Non ci vuole molto a capire che la vera “battaglia” che s’intrav­vede sullo sfondo è aprire alle ado­zioni anche per gli omoses­suali». Occorre, ribadisce la sociologa, «insistere sulla necessità che un bambino abbandonato o orfano abbia la possibilità di ricominciare una nuova vita in una famiglia, con una mamma e un papà». Inoltre, questa decisione potrebbe comportare ulteriori tagli ai fondi, già scar­si, desti­nati alla fami­glia, e ciò «avrebbe ricadute negative sull’intera società. Laddove, in­fatti, la famiglia viene indebo­­lita, a patirne è la collettività».

Il professor Gabriel Levi, neuropsichiatria infantile dell’università «La Sapienza» di Roma, ha dichiarato: «Un bambino non è solo una persona in formazione, destinataria di una educazione, ma è da subito un soggetto attivo titolare di diritti… tutti lo dicono e lo sottoscrivono ma non sempre tutti lo ricordano quando si dovrebbe. La condizione ideale è indubbiamente una coppia di genitori in buona salute, giovani, che possibilmente vadano d’accordo, psicologicamente maturi e motivati. Più ci si allontana da quel punto e da quella ipotesi, più la forbice si allarga magari in nome di interventi legislativi, più oggettivamente si rischia di non rispettare quel diritto supremo e prevalente del bambino, cioè di crescere nelle migliori possibilità». Sulla dittatura dei desideri individuali dice: «Io posso essere un uomo solo, addirittura avere 78 anni, parlo sempre in via teorica, e desiderare un figlio. Il diritto oggettivo c’è. Ma in questo caso, e non possono esserci dubbi, deve prevalere quel diritto del bambino che supera tutti gli altri. Il diritto egoistico dell’adulto di diventare genitore ha il suo spazio. Ma deve sempre e comunque cedere il passo alle ragioni del bambino. Cioè al suo buon diritto di essere allevato al meglio». In conclusione: «Visto il gran numero di coppie che desiderano adottare un bambino e visto il numero limitato di bimbi da adottare, se ora si aumenta il campo, sarà bene combattere la nascita di mercati di adozione»

Giorgio Cavalli, responsabile per l’adozione di Famiglie per l’accoglienza, un’associazione nata nel 1982 che ogni giorno affronta i problemi dei genitori adottivi, ha dichiarato: «Conosco le obiezioni di chi dice: meglio avere un genitore single che lasciare il minore in un orfanotrofio. Ma per esperienza sappiamo che un bambino abbandonato ha bisogno di un padre e di una madre sposati. Non si può proporgli una famiglia dimezzata». Non è un tipo da cadere nel tranello del cosiddetto “male minore”. «La nostra legislazione è già molto chiara: salvo casi particolari legati all’affido, chi adotta sono le famiglie e non i single. La legge 184 risponde infatti al diritto dei minori di avere una propria famiglia, un padre e una madre. Sappiamo benissimo che oggi le relazioni familiari sono molto più labili e ci sono tante separazioni. Ma non mi sembra che l’ideale sia riproporre una situazione altrettanto precaria e instabile come quella di un single. Mi pare soltanto il tentativo di aggirare la famiglia monogamica e quindi aprire in futuro alle pretese adottive di omosessuali singoli o in coppia. Ci sarebbe una maggiore precarietà della struttura familiare: un single incontra difficoltà più grandi nella vita quotidiana, mentre in due ci si aiuta di più. E siamo sicuri che poi unendosi con un’altra persona questa sia disposta ad accettare il bambino? Io non voglio demonizzare i single e il loro desiderio di essere genitori. Non voglio giudicare negativamente la sua situazione, se si è single per scelta o perché la vita l’ha portato ad esserlo: può essere che abbia un profondo desiderio di paternità e maternità che non va disprezzato. Però l’adozione è pensata non per i genitori, ma come risposta al bisogno innanzitutto dei figli di trovare una famiglia e il minore ha il diritto naturale di appoggiarsi a una figura maschile e una femminile sposati». Anche lui conferma che «ci sono moltissime famiglie regolarmente sposate che fanno fatica a ottenere l’adozione. Non è facile ottenere l’idoneità. E forse si può lavorare per migliorare queste pratiche anziché “aprire” ai single. Stiamo attraversando un momento di crisi molto forte, in cui vengono messi in discussione i fondamenti della famiglia. E c’è il tentativo di ridurre anche la famiglia a fatto privato: “Io voglio esser padre/madre”. Anche l’adozione viene ridotta a consumo. La famiglia non è il luogo del privato e basta. Noi continuiamo a testimoniare che sia il luogo primario dell’educazione della persona, affinché sia responsabile e aperta agli altri. Per questo sosteniamo le difficoltà delle famiglie. Un minore abbandonato ha bisogno di una famiglia e non del desiderio della tua generosità».

Il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Consiglio per la famiglia ha espresso il suo parere. Nei procedimenti di adozione, «in linea generale, la priorità è il bene del bambino, che esige un padre e una madre: questa dovrebbe essere la normalità».

Perplessa anche Melita Cavallo, presidente del Tribunale dei Minori di Roma: «Ritengo, come ogni giudice minorile, che un bambino abbia diritto a una famiglia composta da un padre e da una madre. L´attuale legislazione già prevede l´adozione alle persone singole ma soltanto in casi particolari. Vale a dire che non le mette alla pari con la coppia ma se questo bambino ha un rapporto molto forte, molto significativo con una persona singola, quel rapporto viene salvaguardato e viene concessa l´adozione alla persona singola. Quindi non c´è bisogno di colmare alcun vuoto normativo».

Francesco Belletti, presidente del Forum delle famiglie, ha sottolineato che «in Italia ci sia una grandissima disponibilità di coppie pronte all’adozione sia nazionale che internazionale. Non esiste un diritto dell’adulto all’adozione ma esiste soltanto il diritto del bambino ad essere educato in una famiglia. Per questo va garantita la completa genitorialità, il fatto cioè di avere un padre e una madre, a chi è già stato così duramente colpito dalla vita».

Alda Maria Vanoni, giudice ed ex-presidente dell’Associazione Famiglie per l’Accoglienza, ha dichiarato che non c’è nulla di nuovo, poiché «il legislatore italiano fin dal 1983 aveva ammesso, in situazioni precise e numericamente marginali, la possibilità che un minorenne venisse adottato da una persona singola, così prevedendo un’eccezione alla generale e sottolineata previsione degli adottanti come coppia unita in matrimonio. Un’eccezione, cui tuttavia, non sono collegati tutti gli effetti dell’adozione legittimante ammessa solo per una coppia sposata. Quello che lascia perplessi è la considerazione finale – non necessaria nell’economia della decisione – con cui la suprema corte si fa insistente suggeritore di una riforma che spetta solo al legislatore e che coinvolge valutazioni assai delicate e controverse sull’istituto familiare in generale, e sull’adozione in particolare. Il punto di vista da cui valutare ogni eventuale riforma è quello dell’interesse dell’adottando, e non quello del desiderio dell’adottante. Non sembra contestabile che per un bambino è meglio avere due genitori anziché uno solo; la “tenuta” del requisito del matrimonio è, in quest’ottica, fondamentale, e ogni riforma che più o meno surrettiziamente lo aggirasse sarebbe in ultima analisi contro il vero interesse degli adottandi».

Cristiano Gatti scrive un interessante articolo su Il Giornale: «Abbiamo code sterminate di coppie affrante che aspettano un bambino in adozione, eppure già abbiamo deciso di affidare i bambini anche a un genitore solo. Saranno molto lieti, sicuramente lieti, i coniugi che da anni subiscono analisi e interrogatori molto rigorosi, al limite della violenza psicologica, per dimostrare d’essere all’altezza del ruolo cui ambiscono: quello di padre e madre. Li renderà euforici apprendere che un solo genitore può essere persino meglio di loro due messi assieme. La loro interminabile attesa, troppo spesso interrotta imboccando equivoche scorciatoie, ora sarà più leggera e più sopportabile. Avranno una nuova certezza: dalle nostre parti, chiunque può fare il genitore. Che la Cassazione ancora una volta ci metta il becco, sollecitando il Parlamento a disegnare la nuova legge, fa parte ormai di un costume sociale e istituzionale tutto nostro, dove sembra che ciascuno si senta in diritto di ordinare a qualcun altro cosa e come fare.inutile che arrivino i soliti illuminati a spiegarlo «in linea di principio»: sì, un genitore bravo è certamente meglio di due genitori cretini. Ma non è su questa ipotesi accademica che bisogna costruire il bene comune. Il bene comune andrebbe costruito sulle – poche – certezze che le generazioni si tramandano. In questo caso, sembrerebbe solare e indiscutibile che ogni bambino abbia bisogno, dunque diritto, a un padre e una madre. Chi l’ha detto? Chi crede in Dio sa che lo dicono le Sacre scritture, chi non crede sa che così vuole la natura.Tutto è possibile e pensabile, perfino che uno sia più di due.Nell’epoca che ha abbattuto tutti i dogmi, soltanto uno ne è rimasto: il bambino ha bisogno di un padre e di una madre. Non c’è Convenzione, non c’è Cassazione, non c’è nulla che ancora sia riuscito a dimostrare il contrario».

Carlo Giovanardi, presidente della Commissione adozioni internazionali, è anche lui contrario alla sentenza della Cassazione: «É il solito uso dei magistrati che vogliono fare i legislatori ma dimenticano che la legge sulle adozioni è stata approvata all’unanimità dal Parlamento ed è destinata alle coppie sposate nell’interesse del minore. Inoltre, i giudici non dicono nulla di nuovo perché in casi eccezionali la legge premette già ad un single che abbia vissuto all’estero per più di due anni di adottare un bambino sia pure in forma affievolita. Noi abbiamo in Italia migliaia di coppie italiane in attesa da anni. Ora, se alla lista si aggiungono anche i single non se ne esce più, diventa una battaglia ideologica controproducente che incrina anche l’immagine dell’Italia all’estero: il nostro paese ottiene 4000 bambini in adozione perché noi garantiamo regole ferree e molto affidabili, tra cui la presenza di un papà e di una mamma»

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Il “Cortile dei Gentili” parte da Bologna: sintesi dell’evento

Una gremita e attenta aula Magna dell’Università di Bologna, primo ateneo laico d’Europa, ha ascoltato, per quasi tre ore, il Rettore Ivano Dionigi e sua Eminenza il Cardinale Gianfranco Ravasi dialogare su temi quali l’esistenza di Dio, la vita e la morte, il rapporto tra fede e scienza, assieme ad alcuni studiosi in quello che è stato il primo appuntamento del Cortile dei Gentili. Si è trattato del preludio italiano del solenne evento che, in marzo, a Parigi (in collegamento con il Pontefice) vedrà coinvolte istituzioni culturali come la Sorbona, l’Unesco, l’Académie de France e la stessa Notre Dame. Da lì avrà inizio, passando anche per Stoccolma, e Tirana «un lungo e articolato itinerario di ricerca e dialogo», come Ravasi ha definito il Cortile dei Gentili, che in origine era lo spazio dell’antico tempio di Gerusalemme riservato non esclusivamente agli Israeliti. Vi potevano accedere con libertà tutti, indipendentemente dalla cultura, dalla lingua e dall’orientamento religioso. Da qui la scelta del nome per questo nuovo spazio di incontro e di confronto sul tema della fede. All’iniziativa sono intervenuti anche il chimico Vincenzo Balzani, il costituzionalista Augusto Barbera e i filosofi Massimo Cacciari e Sergio Givone. In sala erano presenti il presidente della Regione Vasco Errani (PD), il cardinale Carlo Caffarra, la presidente della Provincia Beatrice Draghetti (PD), il presidente della Fiera di Bologna Fabio Roversi Monaco e il prefetto Angelo Tranfagli.

Il rettore Ivano Dionigi, che aveva subito accettato con orgoglio la proposta del cardinale Ravasi, ha introdotto l’evento (definendolo un «dono all’Università e alla città») salutando anche le numerose autorità e personalità presenti, dicendo: «Col Cortile dei Gentili il dialogo sale in cattedra. L’Alma Mater è un’università pubblica e laica che, ospitando il confronto tra credere e intelligere, non abdica affatto alla propria autonomia. Se è la comunità di donne e di uomini liberi che studiano e che formano le generazioni di giovani: allora anche l’attenzione alla sfera religiosa –sia come dimensione storica sia come riflessione personale – ha non solo diritto, ma anche dovere di piena cittadinanza tra le nostre mura». Ha continuato: «L’università non teme nessuna sfida in un momento in cui i conflitti sono conflitti di ignoranza e non di cultura». Ha poi concluso: «La laicità va intesa come un abito civile dell’uomo che cerca. L’oggetto della ricerca, di cui il dialogo è il mezzo, è la sintesi tra il saggio greco, il profeta ebreo e il legilsatore romano. Abbiamo bisogno di credenti e non credenti credibili». Lontani da questo percorso, come ha ribadito anche Ravasi «sia l’ateismo dello sberleffo, sia la religione devozionale». Ha poi concluso: «Penso che parlare dell’uomo equivalga a parlare di Dio e parlare di Dio equivalga a parlare dell’uomo. Riscoprire fino in fondo la natura, il non limite che è nell’uomo significa porsi le questioni ultime, interpretare la vita come una continua interrogazione, come ricerca della verità che non è mai né comoda né consolatoria».

Il cardinale Gianfranco Ravasi ha poi preso la parola, grato al professore e amico che lo ha ospitato ancora una volta. Ed ha sottolineato lo spirito del Cortile, ricordando tra l’altro la figura di Emil Cioran, il filosofo e saggista rumeno, di cui si festeggiano i cento anni dalla nascita. Ha parlato a lungo di questa nuova iniziativa culturale lanciata dal Vaticano per favorire il dialogo tra credenti e non credenti. Per sollevarsi dalla “nebbia della volgarità”, e trovare un antidoto contro “il male dell’indifferenza e dell’amoralità” che pervadono la società e avvolgono “come un sudario” anche, e soprattutto, la politica. Il card. Ravasi ha poi sottolineato che «il dialogo tra credenti e non credenti va affrontato non nell’ottica del “duello” ma come un “duetto” musicale in grado di produrre armonia. Il desiderio non è quello di stabilire un duello – ha spiegato il porporato – in modo tale che le visioni e le concezioni creino quasi degli scontri ma è di fare qualcosa di simile a quanto accade nella musica, l’esistenza, cioè, del duetto. Il duetto può essere fatto tra un soprano e un basso che sono i due estremi della scala sonora. Eppure, possono costruire armonia». Per il futuro, secondo il cardinale, «c’è la possibilità di allargare il dialogo tra credenti e non credenti portando il “Cortile dei Gentili” non soltanto all’interno di spazi di alcune città, ma stabilendo, ad esempio, una sorta di rete anche nel mondo protestante ortodosso, e con culture diverse ed emergenti come l’Asia e l’Africa». Dal dialogo, continua Ravasi, «abbiamo pensato di escludere alcuni: sostanzialmente i troppo poco atei. Dovremo tuttavia entrare anche lì. In quello che è l’orizzonte della superficialità, dell’amoralità, dell’indifferenza, dell’ovvietà, del luogo comune, dello stereotipo, del secolarismo banale e della religione devozionale incolore e insapore. È il luogo dell’ateismo dello sberleffo se si vuole. Questo ambito è un ambito che si estende, come una sorta di sudario dobbiamo dire, non soltanto sulla cultura, pensavo sulla politica, dove per molti versi è diventato ormai il vessillo». Ricordiamo che l’UAAR, secondo noi principale promotrice di questo ateismo folkloristico e sciocco, era fuori dai cancelli a protestare contro l’iniziativa, come al solito, circondata dalla Digos. Il cardinale ha infine letto una poesia, come sigillo dell’evento, di David Maria Turoldo: «Fratello ateo, nobilmente pensoso, alla ricerca di un Dio che io non so darti. Attraversiamo insieme il deserto, di deserto in deserto andiamo oltre la foresta delle fedi. Liberi e nudi verso il Nudo Essere e là dove anche la parola muore abbia fine il nostro cammino».

Il chimico Vincenzo Balzani, docente dell’Università di Bologna, nel suo intervento dal titolo “Un’alleanza per custodire il pianeta terra” ha posto l’attenzione sul rapporto tra fede e scienza, opposte come il pollice e le altre dita della mano, «ma che insieme consentono di afferrare ogni cosa». Ha iniziato citando la frase pronunciate dall’astronauta Aldrin, mentre il suo piede toccava il suolo della luna: «Siamo venuti qui per vedere la Luna e scopriamo invece la bellezza della terra». Ho poi sottolineato la piena compatibilità tra scienza e religione, parlando delle teorie cosmologiche e del racconto della Creazione in Genesi. Balzani ha anche proposto un’alleanza tra credenti e non credenti in favore delle energie sostenibili, in particolare l’energia solare.

Il costituzionalista Augusto Barbera, già deputato PCI-PDS, dopo aver illustrato i significati storici della parola ‘laicità’ ha spiegato che la contrapposizione tra mondo liberale e mondo cattolico, che sembrava finalmente superata con il Concilio Vaticano II, ha purtroppo ripreso vigore con l’emergere dei nuovi diritti. Per evi­tare que­sto peri­colo è neces­sa­rio a cre­denti e non cre­denti un “metodo laico” che allon­tani sia fon­da­men­ta­li­smi reli­giosi sia fon­da­men­ta­li­smi laici, salvaguardando il pluralismo, conciliando le posizioni di credenti e non credenti, basandosi sul principio di maggioranza. Barbera ha poi criticato il Trattato di biodiritto curato da Stefano Rodotà, che esalta l’autodeterminazione della persona, andando oltre il dettato costituzionale. Sull’aborto ha inoltre ricordato l’esistenza del «diritto alla vita del nascituro» e ha affermato che «la libertà non è un diritto: la libertà di sterilizzarsi è cosa diversa dal diritto a sterilizzarsi». Il costituzionalista è tornato quindi a sottolineare la convergenza tra liberalismo e cristianesimo, fondamentale per la nascita delle costituzioni e per il riconoscimento dei diritti civili, politici e sociali. Il testo provvisorio del suo intervento lo si può trovare su www.landino.it.

Il filosofo Sergio Givone ha lamentato il fatto che oggi il nichilismo stia ormai soppiantando l’ateismo, perché il male, per molti, non sembra rappresentare più un problema. «E’ alla luce dell’i­dea di Dio che il male rivela la sua natura per così dire «innaturale». Il nichilismo, a differenza dell’ateismo, non vuole ve­dere il male, non può vederlo. E questo per la semplice ragione che Dio non è più l’antagonista, il ne­mico: semplicemente non è più. Lo stesso si deve dire del male: non è più. Il nichilismo è subentrato all’a­teismo. Questo nichilismo amichevole e pieno di buon senso, oltre che per­fettamente pacificato, continua a essere la cifra del nostro tempo». Un testo provvisorio del suo intervento lo si può trovare su Avvenire.

L’ultimo intervento, tra i più interessanti, è stato del filosofo Massimo Cacciari, che ha parlato di Ateismo nella cristianità. Secondo l’ex sindaco di Venezia, l’ateismo è consustanziale al monoteismo, e non può essere concepibile al di fuori delle civiltà monoteiste. «La nientità divina, il suo non-essere un ente, è immanente al monoteismo puro, quello che sostiene che Dio non è determinabile e che conduce a una forma popriamente intesa di ateismo». Ha poi continuato dicendo che «non c’è nulla di più morto di una contrapposizione tra fede e ragione. Anzi l’ateismo positivo è benefico per le posizioni dei credenti», perché li spinge a rafforzare la loro fede. Ma, si è chiesto il filosofo, tale ateismo «ha ancora un’effettualità? Abita ancora la nostra cultura?» Cacciari ne dubita, e concorda con Givone che sia stato rimpiazzato da un ateismo pratico sfociante nel nichilismo «che pensa che il niente sia il nulla»: un atteggiamento con cui la Chiesa dovrebbe ben guardarsi dal dialogare.

Un’ultima lettura di Anna Bonaiuto ha preceduto il ringraziamento e il saluto finale del Rettore. Le notizie sull’evento sono tratte dal sito dell’Università di Bologna, Radio Vaticana, Il Resto del Carlino e dal sito dell’UAAR. Un video con alcune interviste e l’iniziale intervento del Rettore è possibile visionarlo su www.dgtvonline.it

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Matteo Renzi (PD): «le parole del Papa sono stimolo per impegno politico»

«In questo clima di profonda crisi delle istituzioni, la parola del Papa è un punto di riferimento per la nostra amministrazione, perché è sbagliato relegare a un mero fatto privato la dimensione religiosa. L’ispirazione religiosa e la fede cristiana non vanno chiuse a chiave nello scrigno del privato». Queste le parole -riprese da La Repubblica– del sindaco di firenze Matteo Renzi, per molti il futuro leader del Partito Democratico. La religione, secondo Renzi, ha una “dimensione pubblica”, e chiuderla nel privato consegnerebbe “questi spazi al fanatismo e all’estremismo”. Il sindaco ha ringraziato l’arcivescovo Giuseppe Betori per la consegna all’amministrazione comunale del messaggio di Benedetto XVI per la 44a giornata mondiale della pace, e ha assicurato: «ci è di stimolo nel nostro impegno politico e ci invita a seguire i valori della libertà religiosa».

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Libro di Emilio Gentile: «fede cristiana fu il comune nemico dei regimi totalitari»

Giampiero Berti, professore ordinario di storia contemporanea a Padova, ha presentato recentemente l’ultimo libro di Emilio Gentile, storico de “La Sapienza” di Roma, intitolato: “Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell’epoca dei fascismi (Feltrinelli, pag. 441, euro 25). Citando l’autore ha introdotto dicendo: «Il comunismo, il fascismo e il nazismo, i regimi totalitari si sono configurati come surrogati della fede religiosa, venuta meno a causa dal processo di secolarizzazione iniziato con l’illuminismo. Con il totalitarismo si è affermata quindi la supremazia di Cesare su Cristo, il primato dell’immanente sul trascendente. Il progetto totalitario fu proteso a veicolare una medesima idea palingenetica di ascendenza nietzscheana, quella dell’uomo nuovo, tradotta nella divinizzazione del proletariato, della nazione e della razza. Di qui la sua micidiale enfasi statocratica formulata nella gigantesca impresa collettiva rappresentata, per l’appunto, dall’azione statale, volta a realizzare obiettivi di sacralità terrena in radicale contrasto con quella cristiana». Con queste parole  Gentile spiega che la coercizione totalitaria verso il cristianesimo non ebbe nei tre regimi la medesima fenomenologia perché, come è noto, mentre con il comunismo essa si dispiegò in modo completo (l’ateismo di Stato fu esplicito e totale, Chiesa ortodosss e ogni forma di vita religiosa vennero spazzate via), con fascismo e nazismo l’atteggiamento verso la religione cristiana si articolò in modo differente. E ciò perché solo il comunismo fu un sistema compiutamente totalitario, mentre per il fascismo e il nazismo si deve parlare di sistemi totalitari imperfetti, dal momento che i loro presupposti non erano universalistici. Ciò spiega perché questa incompiutezza totalitaria generò fra lo Stato e la Chiesa, specialmente nel nostro Paese, un rapporto più complesso e ambiguo. Per quanto riguarda il nazismo –continua lo storico su Il Giornale-, il suo razzismo era inequivocabilmente anticristiano, anche se la radicale e irriducibile avversione nazista al comunismo ingannò la maggioranza dei fedeli, fossero essi luterani o cattolici, i quali vedevano nella Russia dei soviet il trionfo dell’ateismo più abietto.

In Italia si verificò nei primi anni un sostanziale appoggio al regime da parte della Chiesa cattolica, sfociato, come è noto, nel Concordato del 1929. Conciliazione, ovviamente, che non sancì uno svolgimento lineare fra i due poteri, dato che vi furono anche aperti conflitti, come nel 1927, nel 1931 e, soprattutto, nel 1938, quando vennero approvate le leggi razziali. Atteggiamento dunque, questo della Chiesa cattolica, continuamente oscillante fra l’adesione e il plauso, la deprecazione e il silenzio. Già nella seconda metà degli anni Venti però, alcuni cattolici antifascisti – in modo particolare i sacerdoti Luigi Sturzo e Primo Mazzolari, unitamente al giornalista Francesco Luigi Ferrari – compresero il pericolo dell’avanzata integralista del fascismo, proteso a sostituire, con la sua religione politica, la fede nel cristianesimo. Altri importanti spunti del volume si riscontrano infine nella disamina, a livello internazionale, di forme di dissenso ai totalitarismi, rossi e neri, rappresentate dagli incontri svoltisi negli anni Trenta fra sacerdoti, pastori, teologi e intellettuali cattolici e protestanti di diverse nazionalità: francesi, inglesi, tedeschi e americani. Convegni dettati dalla comune volontà di riflettere sul pericolo totalitario per la sua evidente natura di religione politica volta scalzare le basi della civiltà cristiana, creando un pericolo per l’intera umanità. Possiamo dire che con questo ulteriore contributo di Gentile abbiamo la possibilità di osservare e capire il totalitarismo, vagliandolo sotto uno dei suoi aspetti più profondi: quello di essere stato, prima di tutto, diversamente dall’ethos cristiano, un progetto pervaso da un prometeismo dove era stato perso ogni senso del limite e della finitudine umana.

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Cresce il numero di sacerdoti nel mondo

Cresce nel mondo il numero dei sacerdoti ordinati, mentre diminuisce sensibilmente il numero di quanti abbandonano scegliendo di tornare allo stato laicale. A certificare le statistiche è l’Annuarium Statisticum Ecclesiae 2009, preparato dall’Ufficio Centrale di Statistica della Chiesa ed edito dalla Libreria Editrice Vaticana, che sarà presentato nei prossimi giorni. Nel 2009 il numero complessivo dei sacerdoti era 410.593, di cui 275.542 membri del clero diocesano e 135.051 del clero religioso. Nel 1999 erano invece 405.009 suddivisi in 265.012 diocesani e 139.997 religiosi. I dati sono stati resi noti dallOsservatore Romano.

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Nuovo studio su religione e ateismo in Canada

Un nuovo ed importante studio sociologico sulla religione in Canada uscirà fra poco nelle librerie americane. L’importante sociologo e sondaggista canadese, Reginald Bibby, ha infatti ultimato il suo quarto libro, intitolato “Beyond the Gods and Back: Religion’s Demise and Rise and Why it Matters” (Project Canada Books). Dopo aver intervistato per più di trent’anni i canadesi sulle loro tendenze religiose Bibby fornisce diversi, molti dei quali compilati da altri istituti di sondaggio. Elenchiamo brevemente i dati che appaiono nell’ampia recensione che il Vancouver Sun ha fatto del libro.

1) Situazione polarizzata. La prima cosa che traspare, e quella a cui è dedicata ampia parte del libro, è che i canadesi si confrontano costantemente agli statunitensi nella politica, nell’economia, nel cinema, nello sport, nella televisione e nei valori morali. Ma nella religiosità essi sono più simili alle popolazioni di paesi geograficamente più distanti. Infatti, mentre negli Stati Uniti «una persona su due crede in Dio» (cfr. Ultimissima 25/10/10), in Canada la situazione è sempre più polarizzata, cioè viene sempre progressivamente a mancare la “terra di mezzo”. Sempre più persone infatti prendono «solide decisioni sull’essere o meno credenti o se frequentare la Chiesa» e questa tendenza porta il Canada a somigliare a paesi come Israele, Spagna, Russia, Germania e Australia. Questi paesi non sono uniformemente religiosi come ad esempio Pakistan, Nigeria, India o Filippine e non sono uniformemente non religiosi (o anti-religiosi) come Giappone, Svezia, Repubblica Ceca, Hong Kong e Cina.

2) Statistiche. Per quanto riguarda le percentuali di credenti/atei, i canadesi frequentano le chiese in maniera minore degli statunitensi e ci sono molti più atei, il Canada possiede infatti la maggior parte dei non credenti di tutto il Nord America (16% della popolazione). Il 26% dei canadesi frequenta la chiesa una volta alla settimana, similmente alla Germania (30%), all’Australia (23%) e Paesi Bassi (26%). Negli Stati Uniti la frequenza settimanale alle funzioni religiose è significativamente più alta e si attesta al 43 per cento. Mentre, secondo il World Values Survey, più di quattro americani su cinque ritengono che “la vita sia più ricca con la religione”, in Canada lo sostiene il 63% della popolazione. Anche questo dato rende il Paese molto più vicino ai russi che agli statunitensi. Parlando di politica, mentre il 32% degli americani dichiara che gli atei non siano adatti ad avere una carica pubblica, in Canada la percentuale scende al 18%, dato simile ad Australia e Germania.

3) Vita oltre la morte. Un altra questione interessante emerge quando i canadesi affrontano l’argomento della morte e ciò che viene dopo essa. Sorprendentemente, i dati dei sondaggisti rilevano che su questo argomento gli atei si dividono in tante varie “credenze”. Il 50% degli atei infatti è: o «insicuro» sulla vita dopo la morte («unsure about life after death»), o crede che sarà reincarnato («will be reincarnated») o crede che “ci debba essere qualcosa oltre la morte” («there must be something beyond death»). Quindi -calcolando- almeno il 33% degli atei canadesi è sicuramente in contraddizione piena rispetto alla sua filosofia di vita. Tornando all’articolo, si spiega che questa naturale propensione che ha l’uomo verso il “non accontentarsi” è uno degli argomenti forti che i sociologi usano per sostenere che la religione e la teologia non scompariranno mai, poiché solo esse si preoccupa di fornire risposte adeguate circa l’esistenza dell’anima, della morale, della coscienza umana e della vita oltre la morte. «Anche con la crescente polarizzazione religiosa in Canada e in tutto il mondo, non vedremo una diminuzione della propensione della gente a farsi queste domande sulla vita oltre la morte», scrive Bibby.

4) Qualità della vita. I sociologi portano un’altra conclusione: «senza la religione, la speranza sarà difficile da trovare». Questo è ciò che emerge dall’osservazione empirica supportata dai sondaggi. Analizzando le risposte che i canadesi hanno dato circa la morte e la qualità della vita, i risultati dei sociologi canadesi dimostano che «le persone religiose sono molto più inclini a provare un’emozione verso la vita che, in molti casi, tende a migliorarla».

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