Leone XIV vs Ratzinger: false contraddizioni sulla pena di morte

leone ratzinger scrosati

Il nuovo attacco di Luisella Scrosati (“La Nuova Bussola Quotidiana”) a Leone XIV. Parole e intenzioni mai dette sulla pena di morte e contrapposte indebitamente a Ratzinger.


 

Prosegue l’opposizione a Leone XIV come fu per Francesco.

Ieri il card. Raymond L. Burke ha smentito di essere autore di video in cui critica il Papa, generati invece con l’intelligenza artificiale.

Non ha mai rimproverato il Santo Padre «riguardo al suo insegnamento e al governo della Chiesa», a cui giura «obbedienza, amore filiale e rispetto incrollabile».

Non c’erano dubbi, ma ha fatto bene a precisarlo.

Non è invece fake l’opposizione a Leone XIV proveniente dalla testata conservatrice “La Nuova Bussola Quotidiana” che, com’è noto, cercò di impedire che venisse eletto pontefice appellandosi ai cardinali in Conclave.

 

Chi è Luisella Scrosati de “La Nuova BQ”

A contrastare il governo del Papa è in particolare Luisella Scrosati, l'”esperta” tradizionalista di teologia a cui si affida il direttore Riccardo Cascioli.

Di lei aveva accennato il canonista Rosario Vitale, ritenendola una «commentatrice di molteplici tematiche senza alcuna competenza specifica dichiarata». Scrosati è infatti dotata solo di una laurea in filosofia.

Nel luglio scorso, Luisella Scrosati aveva già colpito Leone XIV sul formulario liturgico dedicato al rispetto della creazione, definendolo volgarmente una «“Messa ecologista”».

Quattro giorni dopo, lo stesso Pontefice chiese di pregare per «la conversione di tante persone, dentro e fuori della Chiesa, che ancora non riconoscono l’urgenza di curare la casa comune».

Fu naturalmente una coincidenza ma fa capire la totale divergenza di posizioni.

 

Scrosati contrappone Leone a Ratzinger

Pochi giorni fa Luisella Scrosati è tornata all’attacco su “La Nuova BQ”.

Ha infatti contrapposto Leone XIV a Benedetto XVI, accusandolo di «confondere i piani tra aborto, pena di morte, migranti» e denunciando la sua visione «fortemente fuorviante e persino, suo malgrado, lesiva di quella vita umana che giustamente vuole difendere».

Scrosati se la prende con il Santo Padre per questa richiesta di coerenza morale: «Chi dice “sono contrario all’aborto ma sono a favore della pena di morte” non è realmente pro-life». Allo stesso modo di «chi dice “sono contro all’aborto ma sono d’accordo con il trattamento disumano dei migranti”».

Il Papa tocca un punto dolente dei conservatori e Luisella Scrosati reagisce, ma lo fa trasfigurando il pronunciamento e scrivendo che Leone XIV avrebbe dichiarato che «aborto e pena di morte debbano entrambi essere rifiutati sempre, a prescindere».

Ma il Papa non l’ha mai detto, né ha mai operato un’equivalenza morale dei due temi.

L’autrice de “La Bussola” ha proseguito contrapponendo queste parole mai pronunciate di Leone con il “Memorandum” (2004) del card. Joseph Ratzinger, nel quale l’allora Prefetto scrisse che «non tutte le questioni morali hanno lo stesso peso morale dell’aborto e dell’eutanasia».

Essere in disaccordo con il Papa sulla pena capitale o sulla decisione di fare una guerra, scrisse Ratzinger, «non sarebbe da considerarsi» ragione valida per vedersi negata «la santa comunione». Infatti «può essere consentito fare ricorso alla pena capitale» e «ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici» su questo, «non però in alcun modo riguardo all’aborto e all’eutanasia».

bussola scrosati leone xiv

 

Leone XIV coerente con Ratzinger e Wojtyla

La contrapposizione dei Papi tra loro è un’operazione di basso livello operata da anni da “La Nuova BQ” anche ai danni di Papa Francesco. Certamente sarebbe radicalmente disapprovata da Benedetto XVI.

Il punto è che, come abbiamo visto, per concretizzare tale contraddizione, Luisella Scrosati travisa le parole di Leone XIV.

Non ha mai detto che la pena di morte va rifiutata «a prescindere» e quando il Papa parla di un’«etica coerente della vita» non sta dicendo che ogni problema morale ha lo stesso grado o peso, ma che tutti influiscono sulla cultura della vita e sulla dignità umana.

Lo affermava anche Giovanni Paolo II: «La dignità della vita umana non deve mai essere negata, nemmeno a chi ha fatto del male», pertanto «si decida di abolire la pena di morte, che è crudele e inutile».

Anche Benedetto XVI accostò l’opposizione alla pena di morte a una questione di rispetto della dignità umana, auspicando «iniziative politiche e legislative per eliminare la pena di morte e continuare i progressi sostanziali realizzati per adeguare il diritto penale alle esigenze della dignità umana dei prigionieri».

Ben prima di Leone XIV, quindi, furono i suoi predecessori a pronunciarsi in tal senso. E nessuno di loro equiparò moralmente temi diversi come l’aborto, la pena di morte o l’accoglienza dei migranti.

 

Valori negoziabili e non negoziabili

Per capire questo occorre spiegare la differenza tra valori non negoziabili e valori negoziabili.

Vi sono principi che non dipendono dalle circostanze ma derivano dalla legge naturale e pertanto precedono ogni decisione politica. Non sono “negoziabili” in quanto non possono essere compromessi, modificati o bilanciati con altri interessi. Tra essi rientra la difesa del diritto alla vita del concepito.

Esistono invece valori “negoziabili”, tra cui la tutela dell’ambiente, la distribuzione della ricchezza, le politiche economiche, le politiche migratorie e l’opposizione alla pena di morte.

Essere “negoziabili” non significa che sono valori “in vendita”, ma che possono essere oggetto di prudente discernimento politico. Sono anch’essi valori ma si valutano i mezzi migliori per realizzarli (il valore della giustizia sociale è “negoziabile” in quanto, ad esempio, ci sono varie strade possibili per raggiungerla: tassazione, welfare, sussidiarietà ecc.)

 

Pena di morte, la Chiesa ha sviluppato il Magistero

Rispetto alla pena di morte, già Giovanni Paolo II e poi Benedetto XVI la definirono contraria alla dignità umana e quindi alla cultura della vita.

Ma, al contrario della difesa del concepito, si tratta di un valore “negoziabile” in quanto ci possono essere casi in cui è legittimo applicarla, cioè quando la soppressione del reo è l’unica strada per garantire la sicurezza sociale.

Oggi però, grazie ai moderni sistemi carcerari, tale eccezione è «praticamente inesistente», spiegava Giovanni Paolo II. Per questo Papa Francesco specificò che «oggigiorno la pena di morte è inammissibile, per quanto grave sia stato il delitto del condannato». Ribadiamo: oggigiorno, non “a prescindere”.

Preso atto di questo, la Chiesa nel 2018 ha modificato il Catechismo rendendo «inammissibile» il ricorso alla pena di morte.

Lo spiegò chiaramente l’allora prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, Luis F. Ladaria: «Se la situazione politica e sociale di un tempo rendeva la pena di morte uno strumento accettabile per la tutela del bene comune», oggi non è più così per i seguenti motivi:
– La più viva coscienza che la dignità di una persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi;
– L’approfondita comprensione del senso delle sanzioni penali applicate dallo Stato;
– La messa a punto di sistemi di detenzione più efficaci che assicurano la doverosa difesa dei cittadini;

La Chiesa ha dunque operato un legittimo sviluppo del Magistero su un tema “negoziabile” come quello della pena di morte.

 

Seminare divisione

Prima di accusare Leone XIV di incoerenza, di opposizione a Benedetto XVI e di pronunciare parole «fortemente fuorvianti» e addirittura lesive della «vita umana», Luisella Scrosati avrebbe dovuto prepararsi meglio.

Dopo aver male interpretato Leone XIV, avergli fatto dire che l’opposizione alla pena di morte è «a prescindere» e aver usato queste inesistenti intenzioni per contrapporlo a Ratzinger, Scrosati non ha tenuto conto degli sviluppi intermedi della dottrina della Chiesa.

Che senso ha riportare un commento di Ratzinger del 2004 sul poter essere in disaccordo con il Papa circa la pena di morte quando nel 2018 l’orientamento del Catechismo è stato modificato, aggiornandolo legittimamente alla situazione attuale?

Il card. Burke, criticando chi lo contrappone a Leone XVI, afferma chiaramente che «l’uso deliberato della falsità per seminare divisione all’interno della Chiesa è gravemente peccaminoso», precisando che il «Maligno cerca sempre di confondere i fedeli e di mettere fratello contro fratello all’interno del Corpo Mistico di Cristo», chiedendo di pregare «per coloro che creano e diffondono tali inganni».

Sante parole.

Autore

La Redazione

6 commenti a Leone XIV vs Ratzinger: false contraddizioni sulla pena di morte

  • Alfonso ha detto:

    La licitud de la pena de muerte es una verdad de fide tenenda, definida por el Magisterio ordinario y universal de la Iglesia, de manera constante e inequívoca. Quien afirme que la pena capital es en sí un mal incurre en herejía.
    La doctrina de la Iglesia quedó claramente formulada en la carta del 18 de diciembre de 1208 en que Inocencio III condenó la postura valdense, con estas palabras que tomamos del Denzinger: «De potestate saeculari asserimus, quod sine peccato mortali potest iudicium sanguinis exercere, dummodo ad inferendum vindictan non odio, sed iudicio, non incaute, sed consulte prodedat» «De la potestad secular afirmamos que sin pecado mortal puede ejercer juicio de sangre, con tal que para inferir la vindicta no proceda con odio, sino por juicio, no incautamente, sino con consejo» (E. Denzinger, El Magisterio de la Iglesia. Manual de los símbolos. Definiciones y declaraciones de la Iglesia en materia de fe y costumbres, nº 425, Editorial Herder, Barcelona 1963).
    Esta misma postura fue reiterada por el Catecismo del Concilio de Trento (Tercera parte, nº333) y el Catecismo de San Pío X (Tercera parte, nº 415). Ahora el papa Francisco ha firmado un rescriptum que modifica el Catecismo con esta nueva formulación: «La Iglesia enseña, a la luz del Evangelio, que la pena de muerte es inadmisible, porque atenta contra la inviolabilidad y la dignidad de la persona, y se compromete con determinación a su abolición en todo el mundo».
    Según el prefecto de la Congregación para la Doctrina de la Fe, cardenal Luis Ladaria, el nuevo texto sigue las huellas de Juan Pablo II en la encíclica Evangelium vitae, pero la diferencia es como de la noche al día. Juan Pablo II considera en dicha encíclica que en las actuales circunstancias históricas la Iglesia debe ser partidaria de la abolición de la pena capital, pero afirma que la pena de muerte no es en sí injusta y que el mandamiento no matarás sólo tiene valor absoluto cuando se refiere «a la persona inocente» (nº 56-57). El papa Francisco, por el contrario, considera que la pena capital es de por sí inadmisible, con lo que niega abiertamente una verdad definida de modo infalible por el Magisterio ordinario de la Iglesia.
    Para justificar está alteración invoca a la evolución de las circunstancias sociólogicas: «Durante mucho tiempo el recurso a la pena de muerte por parte de la autoridad legítima, después de un debido proceso, fue considerado una respuesta apropiada a la gravedad de algunos delitos y un medio admisible, aunque extremo, para la tutela del bien común. Hoy está cada vez más viva la conciencia de que la dignidad de la persona no se pierde ni siquiera después de haber cometido crímenes muy graves. Además, se ha extendido una nueva comprensión acerca del sentido de las sanciones penales por parte del Estado. En fin, se han implementado sistemas de detención más eficaces, que garantizan la necesaria defensa de los ciudadanos, pero que, al mismo tiempo, no le quitan al reo la posibilidad de redimirse definitivamente.»
    Ahora bien, el concepto de dignidad de la persona no se altera en razón de los tiempos y las circunstancias históricas, del mismo modo que no se altera el significado moral de la justicia y de la pena. Pío XII explica que cuando el Estado recurre a la pena de muerte no pretende erigirse en dueño y señor de la vida humana, sino que simplemente reconoce que el propio criminal, por una especie de suicidio moral, se ha privado a sí mismo del derecho a vivir. Según el Santo Padre, « Aun en el caso de que se trate de la ejecución de un condenado a muerte, el Estado no dispone del derecho del individuo a la vida. Entonces está reservado al poder público privar al condenado del «bien» de la vida, en expiación de su falta, después de que, por su crimen, él se ha desposeído de su «derecho» a la vida» (Discurso del 14 de septiembre de 1952).
    Por su parte, los teólogos y moralistas han explicado a lo largo de los siglos, desde Santo Tomás de Aquino hasta San Alfonso María de Ligorio, que la pena de muerte no se justifica por la mera necesidad de proteger a la sociedad, sino que posee además un carácter retributivo al restablecer un orden moral vulnerado, teniendo además un valor expiatorio, como en el caso del Buen Ladrón, que lo unió al supremo sacrificio de Nuestro Señor.
    El nuevo rescriptum del Papa Francisco expresa el evolucionismo teológico condenado por San Pío X en la encíclica Pascendi y por Pío XII en la Humani generis, que no tiene nada que ver con el desarrollo homogéneo del dogma del que habló el cardenal John Henry Newman. La condición indispensable para el desarrollo del dogma es que las nuevas afirmaciones teológicas no contradigan la enseñanza anterior de la Iglesia, sino que se limiten a explicarla más y profundizar en ella.
    En conclusión, que como en el caso de la condena del control de natalidad, no se trata de una opinión teológica que sea lícito debatir, sino de verdades morales que pertenecen al Depósito de la Fe y que por tanto es obligatorio aceptar para no dejar de ser católicos. Esperamos que los teólogos y Pastores de la Iglesia intervengan lo antes posible para corregir públicamente este último y grave error del papa Francisco.

  • Alfonso ha detto:

    La doctrina de la Iglesia quedó claramente formulada en la carta del 18 de diciembre de 1208 en que Inocencio III condenó la postura valdense:

    «De potestate saeculari asserimus, quod sine peccato mortali potest iudicium sanguinis exercere, dummodo ad inferendum vindictan non odio, sed iudicio, non incaute, sed consulte prodedat»

    «De la potestad secular afirmamos que sin pecado mortal puede ejercer juicio de sangre, con tal que para inferir la vindicta no proceda con odio, sino por juicio, no incautamente, sino con consejo»

    (E. Denzinger, El Magisterio de la Iglesia. Manual de los símbolos. Definiciones y declaraciones de la Iglesia en materia de fe y costumbres, nº 425, Editorial Herder, Barcelona 1963).

  • Alfonso ha detto:

    ¿No deberían protestar también todos los cardenales en muchos otros casos, por ejemplo cuando el Papa introduce arbitrariamente una enmienda teológica y eclesiásticamente errónea en el Catecismo Católico, que contradice las claras palabras de Dios en las Sagradas Escrituras (ya en el Libro del Génesis)[5] y muchas declaraciones doctrinales de papas sobre la pena de muerte formuladas en la tradición ininterrumpida y también hechos históricos,

  • Alfonso ha detto:

    Independientemente de lo que ocurra en el derecho civil, el problema es más delicado para un creyente cuando surge desde una perspectiva religiosa. La Iglesia Católica (con el consenso, por otro lado, de los ortodoxos y protestantes, y con la excepción de algunas sectas heréticas menores de reformados como los menonitas y los cuáqueros) nunca ha negado que la autoridad legítima posea el poder de infligir la muerte como castigo. La propuesta de Inocencio III, confirmada por el Cuarto Concilio de Letrán de 1215, según la cual la autoridad civil «sin pecado puede infligir la pena de muerte, siempre que actúe motivado por la justicia y no por el odio y la aplique con cautela y no indiscriminadamente» es un asunto de fide (Vittorio Messori dixit).
    Por lo tanto, si el maestro reconoce la legitimidad de la pena de muerte, la única explicación es que los teólogos y las conferencias episcopales en su conjunto hayan ido más allá al definir cualquier tipo de pena capital como «contraria al espíritu cristiano» o «discordante con el Evangelio». Este es un intento desesperado de los obispos por eliminar o reducir el anticatolicismo de la izquierda. Los obispos (y también el papa) creen que apoyar las batallas culturales de la izquierda liberal disminuirá su anticatolicismo y su apoyo al aborto. Por supuesto, es una estrategia fallida; Amnistía Internacional se ha convertido en un grupo de presión proaborto. En otras palabras, los obispos sacrifican a las víctimas y a sus familias en un patético esfuerzo por ganarse el apoyo de los liberales. En cuanto al papa Francisco, no niego su buena fe en materia de pena capital y cadena perpetua, pero sí su mediocridad teológica comparada con la de Benedicto XVI y el profundo desprecio de Bergoglio por el tomismo.Diana Cohen Agrest es una filósofa argentina y activista por los derechos humanos de las víctimas de delitos violentos. También es una de las principales expertas latinoamericanas en las desastrosas consecuencias para la sociedad civil que han tenido las reformas penales que propone el Papa. Le recomiendo que contacte con Diana Cohen Agrest para comprender mejor la fallida filosofía penal del Papa. Un juez colombiano niega (por ahora) la libertad condicional a Alfredo Garavito, asesino de 189 niños Indignación colombiana por la petición de liberación anticipada del asesino en serie https://www.latimes.com/world-nation/story/2021-11-01/colombian-outrage-over-early-release-plea-for-serial-killer

  • Alfonso ha detto:

    El empeño de conferencias episcopales y diplomaticos vaticanos por abolir la pena de muerte se basa en el deseo,sin base en la realidad, de que los progresistas no sean tan hostiles a la Iglesia Católica. Tambien en la falsa creencia de que la abolición de la pena capital llevará a suprimir la legislación proabortista, en realidad ocurre justamente lo contrario: menos pena de muerte para asesinos más saborto para bebes inocentes. Adam Smith señalaba: ´´La piedad con los culpables es crueldad con los inocentes´”No en vano la autoridad lleva la espada y está al servicio de Dios para castigar al delincuente.”
    Romanos, 13

    “Castigar los homicidas y los sacrílegos y los delincuentes no es desparramar sangre, sino realizar un servicio de la ley San Jerónimo. (Comment. In Jeremiam IV, 22 (PL XXIV, 811)).

    “No violaron el “No matarás” aquellos que hicieron las guerras por orden de Dios, aquellos que ejerciendo pública autoridad según sus propias leyes —y esto es justísimo— castigaron con la muerte los criminales” San Agustín (De Civitate Dei, I, 21 (PL XVI, XXXV)).

    “Si fuera necesaria para la salud de todo el cuerpo humano la amputación de algún miembro, por ejemplo, si está podrido y puede inficionar a los demás, tal amputación sería laudable y saludable. Pues bien: cada persona singular se compara a toda la comunidad como la parte al todo; y, por tanto, si un hombre es peligroso para la sociedad y la corrompe por algún pecado, laudable y saludablemente se le quita la vida para la conservación del bien común” Santo Tomás de Aquino. (Summa Theologica II-II, q. 64, a. 2)

    “Es lícito quitar la vida al prójimo cuando se combate en guerra justa, cuando se ejecuta por orden de la autoridad suprema la condenación a muerte en pena de un delito y, finamente, en caso de necesaria y legítima defensa de la vida contra un injusto.

  • Pietro Calore ha detto:

    Articolo da applausi!
    Nella mia tesi di laurea magistrale in filosofia (sì, cara Scrosati, anche da filosofi si possono dire cose sensate) ho fatto un focus corposo sul rapporto tra la dottrina cattolica e la pena di morte, e le conclusioni sono le medesime di questo articolo.
    P.es. l’argomento di S. Tommaso (IIa IIae, q. 64, art.2.) a favore della pena di morte, si è compreso che va rigettato proprio perché l’Aquinate ne fonda la liceità fondamentalmente sull’affermazione per cui “col peccato l’uomo abbandona l’ordine della ragione: egli perciò decade dalla dignità umana” (ad III).
    MA, come ha detto il card. Ladaria, il Magistero della Chiesa (sia di GPII che BXVI, cara Scrosati) ha compreso “la dignità di una persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi” per cui, come riconosce lo stesso Tommaso: “uccidere un uomo è in se stesso un male: poiché siamo tenuti ad amare con la carità tutti gli uomini”.