Giuda Iscariota, il traditore: perché non è un’invenzione

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La figura di Giuda Iscariota è un’invenzione dei Vangeli? Giuda è esistito veramente? Un breve approfondimento sulla storicità di Giuda, traditore di Gesù e sulle obiezioni alla sua storicità.


 

L’apostolo Giuda Iscariota è esistito veramente?

Tutti sanno che è colui che nei Vangeli tradì Gesù: ma quali sono gli elementi storicamente affidabili e quali meno?

E, soprattutto, perché ne parliamo? Non ci sono nuovi studi o libri che se ne occupano, in realtà nessuno studioso di rilievo ha mai dubitato della sua esistenza storica.

 

Chi sostiene l’invenzione di Giuda Iscariota

A sostenere che Giuda Iscariota sia un’invenzione sono i Testimoni di Geova e recentemente, come ci è stato segnalato, Pierluigi Fratarcangeli, romanziere di Ripi (Frosinone).

Un vecchio utente qui su UCCR che oggi gestisce un canale YouTube monotematico contro la Chiesa e il cristianesimo, tra i pochi spazi rimasti sul web in lingua italiana in cui l’anti-teismo militante sembra sopravvivere.

E’ già piuttosto inquietante l’idea di qualcuno che dedichi giornate preziose a registrare ed editare video (in gran parte scandalistici) contro qualcosa, ancor di più se per farlo si utilizzano fonti che chiamare inaffidabili è poco.

Relativamente a Giuda Iscariota, definito un’invenzione dei Vangeli, fa infatti riferimento a Uta Ranke-Heinemann, una teologa femminista tedesca nota per aver sostenuto in solitaria le tesi di Rudolf Bultmann, aver chiesto le dimissioni di Ratzinger e aver abbandonato il cristianesimo nel 2002. Nessuna formazione specialistica e accademica nell’ambito del cristianesimo primitivo.

Non stupisce che gli argomenti usati contro l’esistenza storica di Giuda siano pochi e molto caserecci.

 

L’esistenza storica di Giuda Iscariota

Come già accennato, nessuno studioso di rilievo ha mai avanzato dubbi sull’esistenza storica di Giuda Iscariota e, anzi, la sua storicità e quella dei dodici discepoli risulta essere uno degli elementi meglio attestati.

Ci sono addirittura autori, come lo studioso (scettico) John Dominic Crossan che hanno messo in dubbio l’esistenza dei Dodici ma non quella di Giuda, concludendo1J.D. Crossan, Who Killed Jesus?, HarperCollins 1995, p. 75 che certamente si trattò di un seguace storico di Gesù e che, di fatto, lo tradì.

Un studioso di livello che si è occupato dell’esistenza storica di Giuda Iscariota è Bart D. Ehrman, presidente del Dipartimento di studi religiosi dell’Università della Carolina del Nord e noto agnostico. Non ne ha parlato per confermarne o meno l’esistenza, non ce n’è bisogno in quanto nessuno ne dubita.

Piuttosto, dopo aver ritenuto l’esistenza dei Dodici discepoli «una delle tradizioni meglio attestata nelle fonti»2B.D. Ehrman, Jesus. Apocalyptic Prophet of the New Millennium, Oxford University Press 1999, p. 186, Ehrman ha usato Giuda per dimostrare l’autenticità storica dell’annuncio di Gesù ai suoi discepoli che sarebbero stati seduti sui troni delle tribù d’Israele (Mt 19,28 // Lc 22,30).

Una frase impossibile da inventare successivamente alla morte di Gesù, scrive lo studioso americano, proprio perché «uno di questi dodici aveva abbandonato la sua causa e lo aveva tradito. Nessuno pensava che Giuda Iscariota si sarebbe seduto su un trono glorioso come governante nel Regno di Dio»3B.D. Ehrman, Jesus. Apocalyptic Prophet of the New Millennium, Oxford University Press 1999, p. 186.

Giuda, per Ehrman, è la chiave per concludere che l’affermazione «risalga a Gesù stesso»4B.D. Ehrman, Jesus. Apocalyptic Prophet of the New Millennium, Oxford University Press 1999, p. 186.

Stessa cosa anche per il non credente e scettico Maurice Casey, docente emerito di Nuovo Testamento e cristianesimo primitivo presso l’Università di Nottingham.

La figura storica di Giuda e il suo tradimento, scrive nelle poche parole che gli dedica, «ha una perfetta ambientazione nella vita di Gesù e né la chiesa primitiva, né gli evangelisti avevano alcun motivo di creare»5M. Casey, Jesus of Nazareth: An independent historian’s account of his life and teaching, T&T Clark 2010, p. 427.

Addirittura Wolfgang Trilling, docente di Nuovo Testamento all’Università di Erfurt, ritiene il tradimento di Giuda l’argomento più forte a favore dell’esistenza pre-pasquale dei Dodici6W. Trilling, Studien zur Jesusüberlieferung, Verlag Katholisches Bibelwerk 1988, p. 208.

In modo molto simile ha scritto il celebre biblista americano J.P. Meier, pur considerando anch’egli superfluo occuparsi di dimostrare l’esistenza storica di Giuda.

Nella sua monumentale opera, lo studioso si occupa piuttosto delle prove a favore dell’esistenza storica dei Dodici discepoli, evidenziando il soddisfacimento di vari criteri storici e concludendo che «le ipotesi secondo le quali i dodici sarebbero nati solo nei primi giorni della chiesa sono da considerare pura congettura»7J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, vol 3, Queriniana 2003, p. 157.

Relativamente a Giuda Iscariota, in maniera simile ai suoi colleghi lo usa come ulteriore conferma dell’esistenza storica dei Dodici.

Oltre al criterio della molteplice attestazione di forme e fonti (il tradimento di Giuda è già radicato nelle antiche fonti pre-marciana e pre-giovannea8J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, vol 3, Queriniana 2003, p. 161), viene rilevato il criterio dell’imbarazzo: nessun cristiano avrebbe mai inventato che Gesù fu consegnato e tradito «dal suo intimo discepolo Giuda, che in tutti e quattro i vangeli porta il lugubre titolo di “uno dei dodici”»9J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, vol 3, Queriniana 2003, pp. 157, 158.

Ma ecco le parole di J.P. Meier:

«Non c’è nessuna ragione cogente per cui la chiesa primitiva avrebbe dovuto inventare una tradizione così scomoda come quella del tradimento di Gesù da parte di Giuda, uno dei suoi dodici prescelti. Perché la chiesa avrebbe dovuto far tanta fatica per creare una storia che immediatamente si sarebbe dovuta affannare a spiegare a spiegare, sfugge da ogni logica»10J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, vol 3, Queriniana 2003, p. 160.

 

Perché Giuda viene chiamato Iscariota?

Ciò che sappiamo di Giuda non è comunque molto, a parte un dato abbastanza certo: il suo secondo nome (o soprannome) Iscariota.

Nel corso dei secoli sono state presentate varie ipotesi per spiegarlo, come la derivazione da sicari, o dalla radice semitica sqr (“mentire”) o skr (“consegnare”), o che fosse un tintore di porpora, o che avesse i capelli rossi.

L’opinione più popolare è che “Iscariota” indichi il luogo d’origine, in particolare la località Kerioth in Giudea. Tutti tentativi, commenta il biblista, sono però «contestabili».

L’unica tesi più attendibile si basa su alcuni passi di Giovanni in cui Giuda è chiamato figlio di Simone Iscariota (Gv 6,71; 13,2.26). Se il padre si chiamava così è probabile che Iscariota designasse effettivamente la città di origine, ma quale? Alla fine, conclude J.P. Meier, «il soprannome rimane un enigma»11J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, vol 3, Queriniana 2003, p. 218.

 

Perché Gesù scelse Giuda se sapeva che lo avrebbe tradito?

Ma andiamo ad analizzare gli “argomenti” usati contro la storicità di Giuda.

Il primo argomento è l’inclusione di Giuda tra i Dodici, anche se Gesù sapeva fin da principio chi era colui che lo avrebbe tradito.

Inoltre, Gesù promette a «voi che mi avete seguito» i 12 troni per giudicare le 12 tribù di Israele (Mt 19,28). L’obiezione è che avrebbe dovuto prometterlo a 11 discepoli soltanto, non a 12.

Innanzitutto, come già detto, sia B.D. Ehrman che J.P. Meier ritengono il tradimento di Giuda tra le cose più storicamente certe12B.D. Ehrman, Jesus. Apocalyptic Prophet of the New Millennium, Oxford University Press 1999, p. 216 13J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, vol 3, Queriniana 2003, p. 160 nella tradizione evangelica.

Per quanto riguarda il fatto che Gesù abbia davvero profetizzato il tradimento di Giuda non ci sono invece molti appigli storici.

Il biblista J.P. Meier suggerisce alcuni paralleli con il Salmo 41 (Sal 41, 10) e avanza la possibilità che questa profezia possa essere opera della chiesa primitiva, imbarazzata dal dover far fronte al fatto storico del tradimento14J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, vol 3, Queriniana 2003, pp. 160, 161.

Ma questo, se fosse vero, confermerebbe semplicemente la storicità del tradimento di Giuda.

Infatti, aggiunge il biblista statunitense, «è il fatto sconcertante che provoca la presenza dei testi della Scrittura, non viceversa». Perciò, «il fatto che Giuda, uno dei dodici, abbia consegnato Gesù alle autorità è saldamente radicato nella tradizione storica e, inoltre, come conseguenza logica, ne deriva l’esistenza del gruppo detto dei dodici, al quale Giuda apparteneva»15J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, vol 3, Queriniana 2003, pp. 160, 161.

Se non si può negare storicamente né l’esistenza di Giuda, né il suo tradimento, resta da capire perché Gesù lo incluse tra i Dodici. Questa obiezione tradisce una limitata conoscenza del Nuovo Testamento e un’altrettanto amatoriale conoscenza della metafisica, in questo caso la prescienza divina.

Il primo a sottolineare il paradosso è lo stesso Gesù, dicendo ai discepoli: «Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!» (Gv 6,70-71). Un diavolo, non il diavolo, riferendosi all’imitazione della malizia diabolica (Sapienza 2,24).

La supposta consapevolezza di Gesù sulle intenzioni di Giuda non avrebbe impedito di includerlo tra i Dodici, perché il tradimento fu una decisione libera. La promessa iniziale dei troni riflette infatti l’inclusione di tutti nel progetto di salvezza, ma non elimina la possibilità che qualcuno possa scegliere di escludersi.

San Tommaso d’Aquino, rifacendosi alla spiegazione di Giovanni Crisostomo, ha sottolineato che alla scelta di Giuda da parte di Gesù «non viene tolta né la libertà del libero arbitrio, né la possibilità di peccare. Perciò il Signore scelse Giuda mentre non era ancora cattivo, ma la sua scelta non gli tolse la possibilità di peccare»16Tommaso d’Aquino, Commento al Vangelo di San Giovanni, 6,71.

Quando Giuda tradì, non fu Gesù a revocargli il trono, ma Giuda stesso a rifiutarlo. L’episodio mostra che Gesù fornisce la possibilità di salvarsi a chiunque, ed anche che la libertà concessa da Dio prevede la possibilità di tradire e rifiutare la salvezza.

Anche il giovane ricco si rifiutò di seguire Gesù (Mt 19,16-22), ma nessuno si è mai posto la sciocca domanda del perché Gesù lo abbia comunque invitato a seguirlo se “già sapeva che non lo avrebbe fatto”. Sono obiezioni amatoriali, lo abbiamo già premesso.

Il rapporto tra prescienza divina e libertà umana è un tema ricorrente nella teologia cristiana: conoscere non equivale a predeterminare, Dio, anche se onnisciente, non interferisce con la libertà umana.

Quando Gesù parla dei 12 troni, si riferisce escatologicamente alla partecipazione dei discepoli al giudizio finale in quanto rappresentanti della Chiesa (del nuovo Israele). Ma la posizione di ogni singolo discepolo non era irrevocabile.

Infatti, dopo il tradimento e la morte di Giuda, gli Atti degli Apostoli (1, 15-26) indicano che il suo posto fu assegnato a Mattia così da ripristinare il numero originale. Questo suggerisce che la promessa non era legata rigidamente agli individui presenti in quel momento, ma al ruolo che i Dodici dovevano ricoprire nel disegno salvifico.

 

Perché le autorità ebraiche avevano bisogno di Giuda?

Secondo i polemisti, Giuda Iscariota sarebbe un’invenzione dei Vangeli in quanto le autorità ebraiche che lo arrestarono non avrebbero avuto alcun bisogno di Giuda: sarebbe semplicemente bastato seguire Gesù per conoscerne la posizione.

Questa conclusione è fantasiosa, ma effettivamente gli esegeti non hanno giudizi univoci sull’esatto ruolo di Giuda.

Secondo R.E. Brown, ad esempio, Giuda potrebbe aver cooperato per informare le autorità su «quando e dove avrebbero potuto più facilmente arrestare Gesù, senza attirare l’attenzione pubblica e senza clamore»17R.E. Brown, The Death of the Messiah, Yale University Press 1998, p. 321.

Per J.P. Meier, invece, tutte le discussioni su questo «per quanto siano d’interesse teologico, sono insolubili da un punto di vista puramente storico, poiché ci mancano dati sicuri»18J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. Compagni e antagonisti, vol 3, Queriniana 2003, p. 158.

Più interessante il commento di B.D. Ehrman, il quale suggerisce che le autorità ebraiche e romane abbiano beneficiato moltissimo di Giuda in quanto cercavano un pretesto per arrestarlo.

Lo si evince dalle accuse mosse contro Gesù durante il processo, quando il governatore romano Ponzio Pilato gli chiede più volte se fosse il Messa, il Figlio di Dio o il Re dei Giudei (Mc 14,61; 15,2; Gv 18,33; 19,19).

Eppure negli insegnamenti pubblici, Gesù non disse mai di essere il Re dei Giudei e sulle altre dichiarazioni rimase abbastanza enigmatico, non esponendo mai in maniera netta la sua divinità e rivelandosi gradualmente anche ai discepoli stessi.

Le autorità romane, da dove trassero allora l’idea che lui si dichiarasse così? «È possibile, in effetti, che sia proprio questo ciò che Giuda tradì»19B.D. Ehrman, Jesus. Apocalyptic Prophet of the New Millennium, Oxford University Press 1999, p. 216, spiega B.D. Ehrman.

Ovvero, Gesù insegnava privatamente ai suoi discepoli cose che in pubblico non diceva e ciò rende plausibile che il contenuto del tradimento di Gesù non riguardasse semplicemente la localizzazione geografica «ma gli insegnamenti privati di Gesù, che, come si scoprì, implicavano un reato capitale»20B.D. Ehrman, Jesus. Apocalyptic Prophet of the New Millennium, Oxford University Press 1999, p. 216

 

Perché Giuda tradì Gesù?

Quale fu il movente che spinse Giuda a tradire Gesù? Le varie versioni su questo diventano nei polemisti un altro motivo per sostenere che Giuda Iscariota sia un’invenzione dei Vangeli.

B.D. Ehrman non ritiene storicamente accurato (usando il criterio di dissimilarità) che il motivo del tradimento fosse l’avidità e il denaro (Mt 26, 14-15 // Gv 26,4-6), perché i 30 denari d’argento sembrano riferirsi al compimento di una profezia nella Bibbia ebraica (Zaccaria 11,12)21B.D. Ehrman, Jesus. Apocalyptic Prophet of the New Millennium, Oxford University Press 1999, p. 217.

Mentre Luca sostiene la motivazione demoniaca piuttosto che umana (Lc 22,3) (ripetendo una tradizione speciale in quanto compare anche in Giovanni, accanto alla spiegazione dell’avidità: Gv 13, 2-27), altre ipotesi ritengono che Giuda si sarebbe disilluso una volta resosi conto che Gesù non aveva intenzione di assumere il ruolo di messia politico-militare.

Oppure, altra tesi simile, Giuda avrebbe voluto “forzare la mano” a Gesù, pensando che se fosse stato arrestato avrebbe finalmente scatenato la rivolta per rovesciare i Romani.

Ognuna di queste spiegazioni ha una certa validità, osserva B.D. Ehrman, ma la verità resta enigmatica22B.D. Ehrman, Jesus. Apocalyptic Prophet of the New Millennium, Oxford University Press 1999, p. 218.

 

Perché Gesù affidò proprio a Giuda la cassa comune?

Gesù viene definito ingenuo per aver affidato la cassa comune del gruppo dei Dodici proprio a Giuda Iscariota, un ladro: Gesù sa tutto, è il Figlio di Dio, e gli affida pure la cassa!

Effettivamente il quarto evangelista Giovanni sostiene che Giuda «era un ladro» e, «siccome teneva la cassa» comune dei Dodici, «prendeva quello che vi mettevano dentro» (Gv 12, 6). Giovanni ripete l’elemento di Giuda come tesoriere del gruppo nel momento in cui lascia l’ultima cena per tradire Gesù (Gv 13, 28-30).

Perché affidare la cassa proprio a lui?

Sembra un controsenso, ma non si tratta di ingenuità, né di incoerenza con la missione di Gesù. La sua scelta su Giuda non deriva da un errore di giudizio: non lo esclude dal gruppo, anche se ne conosce i difetti, offre un esempio di misericordia e di inclusione, fino all’ultimo momento. Giuda aveva la possibilità di agire diversamente, ma scelse il tradimento.

Gesù non agisce secondo criteri umani di efficienza o calcolo, ma secondo un disegno divino che tiene conto della libertà di ciascuno. Dà fiducia anche a chi non la merita, usa i paradossi per sovvertire le logiche umane:

  • Pranza assieme ai peccatori;
  • Si invita a casa del “criminale” Zaccheo;
  • Mette gli ultimi al posto dei primi;
  • Pone i bambini come modello di chi è il più grande nel Regno dei cieli;
  • Lascia le pecore per cercare quella smarrita;
  • Gioisce per un peccatore convertito piuttosto che per 99 giusti;
  • Prega per chi lo perseguita, offrendo l’altra guancia;
  • Mette il rinnegatore Pietro a capo della Chiesa;
  • Cavalca un asino per entrare a Gerusalemme;
  • Dona la cassa comune a chi è avido e lo tradirà (Giuda);

Chi avanza queste obiezioni su Giuda pensando di affermare chissà quali tremende obiezioni ignora che San Tommaso d’Aquino si è già soffermato su tutto questo quasi 800 anni fa.

Oltretutto i polemisti dimenticano che, oltre a essere addetto alla cassa comune, Giuda fu probabilmente presente durante l’istituzione dell’Eucarestia. Un argomento ben più scandaloso agli occhi dei moderni denigratori dei Vangeli!

 

Giuda non ebbe il tempo di tradire Gesù

Le obiezioni alla storicità di Giuda includono anche delle piccole bugie.

Si sostiene che Giuda avesse un alibi di ferro in quanto, secondo i sinottici, Giuda partecipò fino alla fine all’Ultima cena e da nessuna parte si dice che se ne andò prima. Quindi non avrebbe avuto il tempo di tradire Gesù.

Al contrario, Giovanni si sarebbe inventato l’uscita anticipata di Giuda perché si sarebbe accorto della contraddizione.

In realtà non c’è alcuna contraddizione tra i sinottici e il vangelo di Giovanni, quest’ultimo aggiunge semplicemente il particolare dell’uscita anticipata di Giuda omesso dagli altri tre evangelisti (Gv 13,26-30). Esattamente come omette il particolare della preparazione pratica della cena, presente invece negli altri vangeli (Mc 14,12-16; Mt 26,17-19; Lc 22,7-13).

I quattro vangeli sono fonti indipendenti le une dalle altre e ogni evangelista racconta ciò che gli interessa trasmettere, non avevano intenzione di creare una cronologia esatta e identica degli eventi.

Tuttavia, in Giovanni la sequenza temporale degli avvenimenti riguardante Giuda non contraddice quella di Marco, Matteo e Luca: per tutti e quattro Gesù annuncia il tradimento da parte di un discepolo quando sono tutti presenti, durante la cena. Solo Giovanni aggiunge che, in seguito, Giuda abbandonò il gruppo anticipatamente.

 

La morte di Giuda e le contraddizioni tra i testi

Un ultimo argomento contro l’esistenza storica di Giuda Iscariota sono le due versioni presenti nel Nuovo Testamento: impiccagione per Matteo e precipitazione per gli Atti degli Apostoli. Gli altri tre evangelisti non riportano nulla.

E’ davvero un errore ingenuo usare una discordanza per giungere a negare un fatto storico.

Bisognerebbe altrimenti negare l’affondamento del Titanic visto che i superstiti, com’è noto, si contraddirono tra loro su dettagli fondamentali e impossibili da dimenticare: chi riferì di aver visto la nave rompersi in due prima di affondare e chi disse che fosse affondata intatta.

 

Concludendo, l’esistenza storica di Giuda Iscariota non è mai stata seriamente contestata da studiosi qualificati del cristianesimo primitivo. Né dai credenti, né dai non credenti (entrambi citati in questo approfondimento).

Le poche obiezioni avanzate da critici amatoriali si rivelano inconsistenti e basate su un ingenuo fraintendimento dei testi evangelici e del contesto storico.

Come per molti altri aspetti del cristianesimo, ciò che emerge da Giuda è una figura che, pur nella sua tragicità ed enigmaticità, contribuisce a illuminare la narrazione evangelica. Un testo che, dopo oltre 2000 anni, continua a essere bersaglio di anticlericali e polemisti incapaci di tollerarne la disarmante attualità, la forza e l’universalità del messaggio.

Autore

La Redazione

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