Oggi il Papa unirà Russia ed Ucraina sotto lo sguardo di Maria

Una giornata storica, il vicario di Cristo consacrerà l’umanità, in particolare la Russia e l’Ucraina, al Cuore Immacolato di Maria. In contemporanea lo faranno tutte le diocesi del mondo, espressione di una vera cattolicità (cioè universalità) della Chiesa.

 
 
 

Sarà una giornata storica per la Chiesa cattolica.

Oggi Papa Francesco consacrerà l’umanità intera, in special modo la Russia e l’Ucraina, al Cuore Immacolato di Maria. Il medesimo atto verrà ripetuto, in contemporanea, in quasi tutte le parrocchie del mondo.

La protezione celeste è stata espressamente richiesta dalla Chiesa cattolica ucraina a Roma fin dall’inizio dell’invasione russa nel Donbass e ha numerosi precedenti storici a partire dal VIII secolo.

 

La consacrazione a Maria svolta in tutto il mondo

Tutte le diocesi del mondo si sono unite all’appello del Papa, a partire dai vescovi ucraini.

Sotto le bombe, da Kiev ad Odessa, avverrà infatti la consacrazione in contemporanea con Roma, il nunzio apostolico mons. Visvaldas Kulbokas ha spiegato infatti che «per quanto possibile tutti i vescovi e tutti i sacerdoti lo vivranno intensamente».

La preghiera corale alla Vergine per la pace e la fratellanza tra gli uomini verrà innalzata anche a Mosca, dove l’arcivescovo Paolo Pezzi presiederà una messa alle 18 in cattedrale, a cui seguirà alle 19 il collegamento con Roma per seguire in diretta la celebrazione di Papa Francesco. Lo stesso faranno tutte le diocesi russe.

Le adesioni pervenute danno un senso della “cattolicità” della Chiesa, cioè la sua letterale universalità. La stessa celebrazione avverrà infatti in contemporanea anche in tutti i continenti del mondo, alle 18 ora italiana.

Citazione a parte per il Medio Oriente cattolico, anch’esso si unirà al pontefice (il card. Louis Raphael Sako sarà a Baghdad).

 

I laici auspicano l’ingerenza della Chiesa.

Quasi tutti gli osservatori indicano che la consacrazione di oggi sarà anche un atto politico molto chiaro da parte del vicario di Cristo.

A tal ragione vorremmo riflettere anche sul comportamento di opinionisti ed intellettuali circa il ruolo della Chiesa in questo periodo di crisi internazionale.

Se troppo spesso certi ambienti gridano all’ingerenza della Santa Sede nella politica degli stati (si veda il putiferio per la nota vaticana sul ddl Zan), dall’altra sono loro a chiedere al Papa di intervenire in ambiti politici, per lo meno in determinati momenti.

Il presidente ucraino Zelensky nel suo discorso al parlamento italiano ha mostrato infatti di sperare più nell’intervento del Papa che del governo italiano.

Qualche settimana fa, invece, allo storico Sergio Romano, alfiere della laicità, è stato chiesto chi poteva obbligare Biden e Putin a firmare la pace, e lui ha risposto: «Il Papa. Solo il Papa potrebbe chiedere un atto di sincera e buona volontà».

Su Repubblica, il laicissimo Michele Serra osserva che se manca lucidità nei commentatori di fronte agli avvenimenti in Ucraina «la colpa è della nostra paura di essere giudicati ingenui, o matti, come capitò a Francesco quando si denudò di fronte al padre e a tutta Assisi, e di rimbalzo come capita a questo Papa rimasto solo al mondo a gridare “pace!”».

Ed ancora, il 3 marzo scorso: «Però da laico ho un cruccio che adesso vi dico: perché solo dal Papa — uomo magnifico, in questa “legislatura” vaticana — ci si aspettano le parole altissime, il magistero super partes? Che cosa impedisce al mondo secolarizzato il coraggio, la tenacia, la fantasia che servono per sovvertire lo stato delle cose (a vantaggio del quale, va sottolineato, non gioca la presente situazione di guerra)?».

Addirittura su Il Manifesto, si commenta che «solo questo Papa lo dice con chiarezza, e con nettezza rifiuta» la guerra. Lo stesso presidente Sergio Mattarella si è “aggrappato” a Francesco, pochi giorni fa.

E’ noto l’appello al Papa di Domenico Quirico, reporter de La Stampa, che ha chiesto a Francesco di recarsi a Kiev perché «lei non è un politico, è una autorità morale, forse l’ultima in questo mondo dove ogni atto, ogni parola determina rappresaglie».

Perfino Antonio Socci, dopo la recente conversione, parla del Papa come «la voce della ragione e dell’umanità, sempre più Francesco somiglia a Benedetto XVI, si sono snobbate le sue parole sulla voglia di guerra che c’è nel mondo. Si irride pure la sua giornata di preghiera e digiuno per la pace. Ma l’unico realismo è quello del Vicario di Cristo. Se non si invoca subito la via nuova indicata dal Papa, sentendoci “fratelli tutti”, ci aspetta una tragedia planetaria».

Anche un “nemico interno”, il vaticanista Lorenzo Bertocchi (sponsor dell’ex nunzio Viganò, accusatore del Papa) scrive: «In questo momento quindi è la Chiesa cattolica che sembra l’unica a predicare la pace di fronte alle minacce nucleari e alle dichiarazioni bellicose, mentre anche la UE per la prima volta nella storia manda armi a Kiev buttando benzina sul fuoco. Al momento l’unica voce che cerca la mediazione sembra venire da Roma».

Che dire allora di Tomaso Montanari, il controverso rettore dell’Università per stranieri di Siena, il quale riconosce che «le uniche voci che davvero possono dire qualcosa in queste ore sono quelle di chi digiuna e cammina, come il papa: sempre più un gigante tra i nani».

I media che oggi riferiscono la «diplomazia parallela» condotta da Papa Francesco, in particolare dopo la visita all’ambasciata russa e la telefonata al presidente ucraino, sono gli stessi che 8 mesi fa denunciavano «ingerenza» per la nota vaticana contro il ddl Zan inviata all’ambasciata italiana presso la Santa Sede.

 

E’ sempre accaduto: i papi come mediatori di pace.

Si è sempre verificato nei momenti di crisi, soprattutto bellici, che «gli uomini di Chiesa si siano trovati spesso a scongiurare conflitti inutili e terribili, cercando di promuovere una visione pacifica del rapporto tra i popoli»F. Agnoli, Indagine sul cristianesimo, Piemme 2010, p. 187.

In assenza di Cesare, tocca agli uomini di Dio.

Nel XIX secolo, Leone XIII risolse egregiamente il contrasto fra Prussia e Spagna per la sovranità sulle Isole Caroline, mentre Benedetto XV non riuscì a scongiurare la Prima guerra mondiale, nonostante i suoi numerosi tentativi.

Papa Pio XI invece si oppose fortemente all’invasione italiana dell’Etiopia e, come ha scritto Andrea Riccardi, ordinario di Storia contemporanea all’Università degli Studi di Roma Tre, si «batté contro gli “idoli” di nazionalismo e antisemitismo». Durante il ventennio, «la Chiesa era (relativamente) lo spazio più libero nell’Italia fascista» ed «il papa era il grande riferimento, fuori dall’orizzonte di una nazione fascistizzata».

L’enciclopedia Treccani riporta che anche Pio XII, alcuni anni dopo, «sfruttò ogni strumento a sua disposizione per impedire prima, e per circoscrivere poi, la guerra stessa, moltiplicando gli appelli pubblici, le esortazioni per la pace e il lavorio diplomatico, constatando ben presto la sua assoluta impotenza».

Tutti conoscono il ruolo determinante avuto da Giovanni Paolo II nella caduta del muro di Berlino e, in generale, nella sconfitta del comunismo in Europa. Pochi però sanno che Papa Wojtyla all’inizio degli anni ’80 si trovò a dover intervenire politicamente per scongiurare un conflitto imminente tra Cile ed Argentina che si contendevano il possesso del canale di Beagle.

Giovanni Paolo II inviò infatti un emissario, il diplomatico card. Antonio Samoré, che portò ad uno storico accordo di pace tra i due paesi siglato il 29 novembre 1984.

Nel 2013, ancora una volta, la Chiesa si trovò chiamata in causa dall’Argentina perché risolvesse una lunga controversia con la Gran Bretagna sull’isola Malvinas (le Falkland), contesa tra i due paesi da molto tempo.

Tre anni più tardi, fu il partito di opposizione al governo di Nicolas Maduro, in Venezuela, ad invocare l’intervento del Vaticano ed i leader si recarono a Roma per chiedere al papa un ruolo di mediatore. Lo stesso accadde nel 2019, il presidente autoproclamato Juan Guaidò si appellò alla Chiesa e si recò presso la Segreteria di Stato del Vaticano.

Lo stesso pontefice argentino è intervenuto direttamente verso il presidente della Siria, Bashar al-Assad, chiedendogli di «rispettare il diritto internazionale umanitario». Ha anche incontrato il suo oppositore, Nasr Al Hariri, in un tentativo di mediazione tra posizioni difficilmente conciliabili.

 

Tornando all’attualità, è dal 2015 che Francesco invita costantemente Vladimir Putin a promuovere la pace in Ucraina, Medio Oriente, Siria e Iraq.

Oggi il vicario di Cristo unirà Russia e Ucraina sotto il mantello della Madonna.

La redazione

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6 commenti a Oggi il Papa unirà Russia ed Ucraina sotto lo sguardo di Maria

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  1. Katy ha detto

    Ho appena finito di leggere un ennesimo appello al papa da parte di Pupi Avati. Bene ma voglio dire, dopo secoli che anche la società ha imparato le arti della diplomazia si continua a chiedere aiuto al Papa?

    • Simone B. ha detto in risposta a Katy

      E perché no? E’ cmq un uomo molto influente

      • Katy ha detto in risposta a Simone B.

        Beh mi sembra strano che il Papa debba fare anche questo ruolo o comunque che ci si ricordi di lui solo nei momenti di crisi internazionale.

  2. Valerio ha detto

    a parte che avete ignorato tutte le volte che gli esponenti della chiesa sono stati condannati per le implicazioni nei conflitti come un Uganda (e le Flakland che c’entrano!?)

    ma il problema è proprio che l’Ucraina non vuole essere unita alla Russia (consacrazione per altro già fatta in passato da woytla)..

    ma poi: che significa “consacrare”!?

    • Rick ha detto in risposta a Valerio

      Uganda? Ma che dici… Forse Rwanda. Per le Falkland basta leggere l’articolo de Linkiesta

    • Katy ha detto in risposta a Valerio

      Certi atei si abbeverano costantemente con le presunte malefatte degli uomini di chiesa. Ma si può fondare la propria vita sull’odio altrui?

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