Eutanasia, dieci grandi ragioni contro il suicidio di Stato

dj fabo eutanasiaAlla fine Dj Fabo si è fatto uccidere. I Radicali hanno sapientemente sfruttato la sua vita e la sua morte per i loro miseri scopi, selezionandolo tra tanti proprio in corrispondenza di una legge sul testamento biologico alla Camera. Marco Cappato si è autodenunciato, puntando alla gloria personale del martire per poter resistere sulla scena mediatica qualche giorno di più, campando sulle spalle dell’ex dj.

E’ triste anche leggere chi accusa Fabiano Antoniani di essere un “vigliacco”, mostrando incapacità di mettersi cristianamente nei panni di quest’uomo e di provarne umana compassione. L’eutanasia, come ha sempre spiegato Livio Melina, è una «risposta sbagliata, umanamente e moralmente sbagliata, ad un problema vero, reale e drammatico» (L. Melina, Corso di bioetica, Piemme 1996, p. 210). Fabiano, che ha chiesto la presenza di un sacerdote prima di partire per la Svizzera, immerso nella cultura laicista, ossessionata dalla morte e dal suicidio, che non riconosce alcun senso profondo della vita -se non un mero e realativistico “bene” finché le cose vanno, appunto, bene-, si era convinto che l’eutanasia fosse l’unica strada percorribile. E sembra essere oggi la convinzione di tutti, conservatori e liberali, di destra e sinistra (da Il Giornale e da Matteo Salvini fino al Gruppo l’Espresso e a Roberto Saviano, uniti dalla stessa battaglia per l’eutanasia legale).

In tanti casi, purtroppo, le obiezioni all’eutanasia risultano sentimentalistiche e poco strutturate, ed è comprensibile data la difficoltà della tematica: molto più facile diffondere facili slogan sulla dolce morte che affrontare le complesse argomentazioni contrarie. Non è nemmeno immediata la convergenza tra credenti e non credenti, sopratutto quando i primi avanzano solo argomenti -seppur legittimi- come l’indisponibilità della vita in quanto dono di Dio. Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia della Vita, ha giustamente ricordato che si tratta di una «sconfitta per tutti». Riteniamo perciò doveroso richiamare le ragioni della nostra posizione, di ordine sociale, morale, giuridico, politico e medico. Sono argomentazioni umane contro il suicidio di Stato, perché l’affermazione del valore incondizionato e della dignità ontologica di ogni vita umana non ha un carattere più confessionale dell’affermazione secondo cui essa non possiede un valore intrinseco. Abbiamo cercato di uscire dal tecnicismo per renderle accessibili a tutti (semplificando necessariamente una realtà più complessa), qui sotto le nostre dieci ragioni.

 

1) NESSUN DIRITTO A RENDERE LO STATO COMPLICE DEL PROPRIO SUICIDIO.
Certamente ognuno ha il diritto di vivere e morire con dignità, di ricevere trattamenti antidolorifici adeguati, rifiutare l’accanimento terapeutico e trattamenti sproporzionati e di accedere a cure palliative. Tuttavia non esiste alcun diritto di pretendere che la classe medica e lo Stato siano complici della propria morte, che pratichino intenzionalmente l’omicidio e commettano il reato di “omicidio del consenziente”. Inoltre, ciascuno ha la “facoltà” di sopprimersi ma da qui a sostenere l’esistenza del diritto a disporre della propria vita, c’è un passo che il nostro umanesimo giuridico vieta di compiere. Il suicidio, infatti, non è mai stato riconosciuto come diritto e non figura nella Dichiarazione dei Diritti dell’uomo. Non può esistere in una società civile il diritto di disporre di un altro, o di sé mediante l’aiuto di un altro. Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, ha dichiarato: «non esiste un diritto costituzionale alla morte. La Costituzione indica che la salute di ciascun cittadino è anche “interesse della collettività”, ma la salute presuppone la vita».

Il prof. Etienne Montero, docente di Diritto civile all’Università di Namur (Belgio), ha giustamente sottolineato: «E’ falso presentare il “diritto all’eutanasia” come corollario del diritto di disporre di se stessi. L’eutanasia, infatti, non riguarda solo il diritto rivendicato da alcuni di disporre della propria vita, ma anche quello concesso alla categoria dei medici di procurare la morte di altri uomini. Ora, una società non può appropriarsi di un tale diritto senza ledere gravemente il valore sociale della persona» (in Eutanasia, Ares 2005, p. 194). Il fondamento dell’ordinamento giuridico, secondo il quale nessun uomo può disporre della vita di un altro -nemmeno se consenziente- verrebbe completamente stravolto. E’ cruciale che il divieto di uccidere rimanga alla base della società democratica, come garanzia di comprensione, di apertura e di tolleranza, in particolare verso i più deboli. Lo stato di necessità del paziente non può mai giustificare la violazione di tale divieto in quanto «alla preoccupazione di alleviare la sofferenza corrisponde l’omicidio. Come potrebbe lo stato di necessità discolpare il medico che, per eliminare la sofferenza, toglie la vita, quando, cioè, il valore sacrificato è il bene supremo, condizione e supporto di tutti gli altri beni?» (p. 196).

 

2) NON ESISTE L’AUTODETERMINAZIONE TOTALE DELLA PROPRIA VITA.
E’ persistente l’errata convinzione che il singolo sia il solo arbitrio della propria esistenza, invece, ha spiegato Ste­lio Mangiameli, docente di Dirit­to costituzionale all’Università di Teramo, «non c’è un diritto all’autodetermina­zione nella Costi­tuzione che discenda, in particolare, dall’articolo 32, la norma che riguarda la tutela della salute». Lo Stato, infatti, è chiamato a proteggere la vita e la salute dei propri cittadini, anche contro la loro stessa volontà: non esiste alcuna autodeterminazione radicale poiché la vita non è a disposizione del cittadino. A dimostrarlo è la legge che rende obbligatorie le cinture di sicurezza in automobile, avente come unico scopo quello di salvaguardare la vita del guidatore, anche se lui non è d’accordo. Allo stesso modo è da intendersi l’obbligo di indossare il casco protettivo in moto o in un cantiere. Non esiste alcuna autodeterminazione assoluta tale tanto da pretendere che un chirurgo ci amputi un braccio solo sulla base della nostra libera volontà ed esplicita richiesta, nessun ospedale avvierebbe terapie specifiche (una cura antitumorale, ad esempio) semplicemente perché lo richiede la libera coscienza del paziente, allo stesso modo il principio del rispetto alla vita impedisce al paziente di chiedere, in nome dell’autonomia assoluta, cure inutilmente aggressive o senza alcuna efficacia prevaricando la coscienza e la decisione del medico. Senza contare che accettare questa presunta totale autonomia del paziente, lasciandogli la schiacciante responsabilità di ogni iniziativa, vorrebbe dire negare l’esigenza di competenza legata alle decisioni mediche. Gli interessi in gioco sono quindi talmente grandi che la volontà del malato non può esserne il criterio determinante: l’autonomia del paziente esiste, ma non è assoluta ed è controbilanciata dalla responsabilità di curarsi, poiché la salute rappresenta anche un bene sociale.

Occorre inoltre sottolineare l’illusione che la richiesta di eutanasia sia davvero manifestazione di un atto libero di autonomia: quando il paziente arriva a chiedere la morte è sempre in una fase di poca lucidità che compromette la reale autonomia della sua richiesta. La legge belga del 2002, ad esempio, garantiva l’accesso all’eutanasia se si fosse dimostrata «sofferenza fisica o psichica costante e insopportabile che non può essere alleviata». E’ una contraddizione dare tanto peso alla libera volontà di una persona che si trova smarrita ed in preda a indicibili sofferenze, è errato pensare che il malato in un tale stato psicofisico possa prendere una decisione veramente libera. I tentativi di suicidio sono segnali di disagio, di sconforto e una persona in tale stato non ha alcuna lucidità per essere consapevolmente autonoma. Come ha spiegato ancora il giurista belga Etienne Montero, docente di Diritto civile all’Università di Namur, «la tesi dell’autonomia è quantomeno un po’ ingenua. Si suppone che gli ospedali siano pieni di pazienti perfettamente lucidi, al riparto da ogni manipolazione da parte dell’equipe sanitaria, da ogni pressione cosciente o incosciente dei familiari; che siano perfettamente informati sul loro stato di salute» (in Eutanasia, Ares 2005, p. 192).

 

3) LA DIGNITA’ DELLA VITA E’ INTRINSECA ED INDIPENDENTE DALLA MALATTIA.
Preso atto dei primi due punti, uno degli argomenti più usati a sostegno dell’eutanasia è che ciascuno sarebbe giudice della propria dignità, dando una nozione squisitamente soggettiva e relativa di essa, misurabile secondo metri diversi: concedere la morte sarebbe così un favore a colui che ritiene la sua vita priva di dignità. Al contrario, invece, la dignità del vivere ha una nozione oggettiva, sulla quale si basano le nostre tradizioni filosofiche e giuridiche. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ad esempio riconosce la «dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana» e considera come oggettivo che «i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana». La dignità ontologica è a prescindere da quanto un singolo uomo percepisca, in un tal momento, degna o meno la sua vita: la sola appartenenza al genere umano, si evince dalla Dichiarazione universale appena citata, rende degna la sua vita. Se lo Stato ed il medico danno seguito alla richiesta di morte assistita, invece, è perché arbitrariamente ritengono e concordano sul fatto che la vita del tale paziente non valga più la pena di essere vissuta: la decisione di praticare l’eutanasia fa sempre seguito ad un arbitrario giudizio di valore sulla qualità della vita e attribuire questo potere al medico e allo Stato è riconoscere, nella legge, che alcune vite sono effettivamente indegne e senza valore.

Ne consegue una indebita discriminazione statale verso le migliaia di persone che vivono nelle stesse, se non peggiori, condizioni di chi chiede l’eutanasia e che non ritengono affatto indegna la propria vita. A vivere come Dj Fabo, infatti, c’è Matteo Nassigh, che ha addirittura chiesto all’ex dj di ripensarci. Un’altra è Rita Coruzzi, tetraplegica, che è a sua volta intervenuta recentemente. Non esistono criteri oggettivi per definire quale vita non sia dignitosa, non è la gravità a determinarlo e nemmeno la consapevolezza della propria condizione. C’è un valore intrinseco della vita che resiste anche se viene meno il valore attribuito alla vita da noi stessi o dagli altri: «L’attacco che la malattia porta al valore attribuito di una persona non riesce mai a distruggere completamente la sua dignità», ha spiegato il bioeticista Daniel Sulmasy, direttore del MacLean Center for Clinical Medical Ethics dell’Università di Chicago. «Se un paziente è in coma e noi diciamo che ha perso la razionalità, e quindi il fondamento della propria dignità ed il proprio valore, diciamo una cosa sbagliata. Quando consentiamo ai medici di uccidere un paziente, ancorché con il suo consenso, stiamo dicendo che esistono persone a proposito delle quali possiamo a buon diritto affermare che non hanno valore. E se è così, il fondamento etico della medicina viene minato irreparabilmente, insieme a quello di tutta la morale».

 

4) POCHISSIMI PAESI HANNO LEGALIZZATO L’EUTANASIA.
A nostro avviso la verità non è mai dettata dai numeri e continueremmo a sostenere una tal convinzione anche rimanessimo soli. Tuttavia, da un punto di vista esclusivamente laico (dunque relativista), non può essere ininfluente il consenso sociale tanto che, per creare pressione verso l’approvazione di una legge, sempre si utilizza l’argomento del “tutti gli altri Paesi ecc.”. Sul tema della morte assistita nessuno avanza questa affermazione in quanto soltanto Olanda, Belgio (anche sui minori), Svizzera e Oregon hanno approvato l’eutanasia attiva (Lussemburgo ha una legislazione particolare). Nel resto del mondo, ad accettarla sono stati solo Cina, Colombia e Giappone. Quasi tutti i paesi mondiali, quindi, non ritengono civile e dignitoso il suicidio di Stato e non hanno alcuna intenzione di diventare complici della morte dei loro cittadini. In Italia, va precisato rispetto al dibattito odierno, l’eutanasia attiva continuerebbe ad essere vietata anche se fosse già vigente la legge sul testamento biologico discussa alla Camera.

 

5) LE PRINCIPALI ASSOCIAZIONI MEDICHE SONO CONTRARIE.
Un altro dato frequentemente dimenticato è che il rispetto e la protezione della vita, mediante le sue azioni terapeutiche, costituisce il fondamento dell’etica medica: è ciò su cui si basa il rapporto di fiducia medico-paziente, il quale verrebbe a mancare -assieme al vincolo di solidarietà sociale- non appena la classe medica venisse investita dal potere inedito di procurare la morte. Il principio medico basilare (ippocratico) è la salvaguardia della vita (senza ovviamente sconfinare nell’accanimento terapeutico): dare la morte è violazione del fondamento della medicina. Per questo tutte le principali associazioni mediche si sono schierate contro all’eutanasia e al suicidio assistito, tra esse: la World Medical Association, la American Psychiatric Association, la British Medical Association, la Association for Palliative Medicine, la British Geriatric Society, l’American Medical Association, la German Medical Association, l’Australian Medical Association, la New Zealand Medical Association, la Organización Médica Colegial de España, la Società di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, la Massachusetts Medical Society, l’American Nurses Association ecc.

Il bioeticista Daniel Sulmasy dell’Università di Chicago, ha spiegato che «l’opinione pubblica non si rende conto che questa pratica mina le basi stesse della medicina». Lucien Israel, specialista in Neurologia e attuale vice-presidente dell’Union nationale inter-universitaire (UNI), ha aggiunto: «Non si può offrire questa immagine del medico agli studenti di medicina o la medicina diventerà qualcosa di terribile. È assolutamente indispensabile manifestare il rispetto totale della vita umana».

 

6) PIANO INCLINATO.
Una volta accettata la legittimità dell’eutanasia volontaria in nome dell’autonomia, ha spiegato il prof. Francesco D’Agostino, docente di Filosofia del diritto presso l’Università degli studi di Roma Tor Vergata, «si giunge facilmente e rapidamente ad accettarla anche se involontaria, in nome di principi ritenuti all’inizio troppo fragili, come quello della compassione o del consenso presunto da parte del paziente alla sua soppressione» (in Eutanasia, Ares 2005, p. 8). L’approvazione di una legge sull’eutanasia libera, infatti, porta inevitabilmente a conseguenze incontrollabili: il fenomeno del piano inclinato (o slippery slope). Per fare accettare la legge, ha riflettuto Etienne Montero, docente di Diritto civile all’Università di Namur (Belgio), «si giura che sarà applicata esclusivamente su esplicita richiesta e in casi “limite”. Ma, una volta eliminato il divieto, l’atto eutanasiaco si banalizzerà, il senso della trasgressione svanirà, e ciò che una volta era proibito rischierà di apparire a poco a poco come normale» (in Eutanasia, Ares 2005, p. 190).

La dimostrazione nei fatti è ciò che è accaduto nei Paesi Bassi, dove l’eutanasia era illegale ma non perseguita, poi è diventata legale solo per chi era in grado di esprimersi e scegliere liberamente. Oggi subiscono l’eutanasia anche persone che non sono in grado di intendere e di volere, perché la famiglia decide al posto loro: il 32% delle morti per suicidio assistito sono non-volontarie. Senza contare la legalizzazione, prima per i malati terminali, poi per gli anziani, dei depressi ed infine dei bambini. Dopo dieci anni la legge belga sull’eutanasia è stata dichiarata “fuori controllo” dall’Istituto europeo di bioetica, mentre 1 su 30 decessi in Olanda avviene oggi per eutanasia (compresi anziani, depressi, persone scontente della vita ecc.). Secondo uno studio ad un paziente su cinque l’eutanasia viene somministrata senza che questi abbia dato il suo esplicito consenso. Nel 2012 diversi medici e scienziati belgi hanno firmato un articolo scrivendo: «Per depenalizzare l’eutanasia, il Belgio ha aperto un vaso di Pandora. Come previsto, una volta tolto il divieto, si cammina rapidamente verso una banalizzazione dell’eutanasia. Dieci anni dopo la depenalizzazione dell’eutanasia in Belgio, l’esperienza dimostra che una società che sostiene l’eutanasia rompe i legami di solidarietà, fiducia e sincera compassione che sono alla base del “vivere insieme”, arrivando ad auto-distruggersi». Nell’Oregon, invece, dopo cinque anni dalla legge Measure 16, al suicidio assistito ha avuto accesso non chi sperimentava un’agonia insopportabile, ma chi viveva una perdita di autonomia (85%), l’incapacità di svolgere attività che rendono la vita attraente (77%), la perdita di funzioni organiche (63%), il fatto di pesare su famiglia e amici (34%).

 

7) CONSEGUENZE SOCIALI PER TUTTI.
Alcuni ritengono che la richiesta di eutanasia esprima una scelta privata e che in una democrazia laica e pluralista nessuno possa opporvisi in nome delle proprie convinzioni morali o religiose. Tale convinzione è sempre contraddetta dal motto latino “Lex creat mores” (la legge crea costume): ogni legge crea una mentalità e ha un profondo impatto sul tessuto sociale e sulla vita di chi è a favore e di chi è contrario. Nessuna “scelta privata”, dunque, il suicidio di Stato è inoltre un atto tutt’altro che neutrale: il permesso statale di togliere la vita equivarrebbe a consacrare una visione ben precisa, e di parte, della persona umana, veicolando valori sociali, morali e culturali che di necessità influenzano tutti. Verrebbe iscritta nella legge una visione antropologica ben precisa, imponendola a tutti gli uomini. Per questo si può rifiutare l’eutanasia senza urtare il pluralismo caratteristico delle democrazie moderne ed in nome della salvaguardia di interessi generali ritenuti superiori, tra cui l’integrità della professione medica, i fondamenti dell’ordinamento giuridico, la protezione di tutti i malati della società ecc.

Ad esempio, la sola possibilità di accedere legalmente all’eutanasia creerebbe indebite pressioni mentali sui disabili e malati, facendoli sentire ancora di più un peso sociale. «Il messaggio diffuso che è una scelta dignitosa abbandonare la vita quando vengono meno determinate condizioni è molto pericoloso, e rischia inoltre di colpevolizzare chi invece accetti di affidarsi al sostegno di altri convincendolo che sarebbe meglio liberarli del proprio peso», ha detto Luciano Eusebi, ordinario di Diritto penale all’Università Cattolica di Milano. Un paziente, tutt’altro che pienamente libero e autonomo nelle sue decisioni, sarà ancor di più fragile e incline a cedere alla pressione esercitata dalla sola esistenza della legge sull’eutanasia, si sentirebbe egoista a non accettare di alleggerire l’esistenza delle persone che si prendono cura di lui, convincendosi di essere solo uno sperpero economico. Se anche lo Stato riconosce l’esigenza di dare la morte a persone come lui, allora davvero la sua vita è in una condizione realmente priva di dignità. Si sentirebbe un mostro ad ostinarsi nel rifiutare di esercitare il suo “diritto” all’eutanasia. «Una volta che l’eutanasia sarà legalizzata, la norma si ribalterà e la domanda da porre alla persona vulnerabile diventerà: perché non ti sei ancora suicidata?», ha spiegato il bioeticista americano Daniel Sulmasy. Credendo di dover assecondare le richieste di eutanasia, la società corre il rischio di suscitarle, con varie pressioni più o meno inconsce. Un sondaggio del 2011 ha rilevato che ben il 70% di oltre 500 disabili intervistati teme che l’apertura al suicidio assistito possa esercitare pressione sui pazienti vulnerabili spingendoli a “porre fine alle loro vite in modo prematuro”. Iona Heath, presidente del Royal College of General Practitioners, ha scritto sul British Medical Journal: «L’influenza che una legislazione sulla morte assistita può avere sul paziente è intrinsecamente rischiosa. E’ fin troppo facile per le persone malate e disabili credere di stare diventando un fardello intollerabile per le persone più vicine a loro. In tali circostanze una richiesta di morte assistita diventa una sorta di sacrificio da parte della persona morente, con la complicità interessata dei parenti, professionisti e tutori».

 

8) EFFICACI ALTERNATIVE ALL’EUTANASIA.
Oltre ai pochi casi mediatici sfruttati dagli avvoltoi radicali, esiste una realtà di migliaia di disabili che non ha alcuna intenzione di porre fine alla sua vita. Questo dimostra che le alternative ci sono e uno Stato civile dovrebbe investire sulle risorse che permettono il sostegno a queste persone, non togliere il problema uccidendo i disabili. Le alternative sono il sostegno psicologico, la cura affettiva, le cure palliative e, nei casi terminali, anche la sedazione profonda (o il coma farmacologico). Proprio il progresso nelle cure palliative ha superato la necessità di chiedere la morte assistita in caso di dolore, il principale testimone di questo è stato l’oncologo Umberto Veronesi, che ha affermato: «Nessuno mi ha mai chiesto di agevolare la sua morte. Ho posto da sempre un’attenzione estrema al controllo del dolore e, per mia fortuna, nessuno dei miei pazienti si è mai trovato in una condizione di sofferenza tale da chiedere di accelerare la sua fine». Sul British Medical Journal si legge: «adeguate cure mediche, consulenza e una presenza amorevole accanto al malato spesso rimuovono la richiesta di eutanasia».

Solitamente alcuni sostengono che tali alternative non sarebbero efficaci in quanto esisterebbe una presunta eutanasia clandestina, quindi tanto varrebbe depenalizzarla. Tale argomento nasce da una confusione tra il diritto ed i fatti: il diritto non indica ciò che è, ma ciò che deve essere. Se dovesse limitarsi a ratificare il fatto compiuto, non avrebbe più alcuna funzione normativa e perderebbe la sua ragion d’essere. L’adeguamento del diritto ai fatti è un mito duro a morire, senza contare che l’esistenza di una eutanasia clandestina è tutta da dimostrare. Non esistono studi in merito, solo dichiarazioni di qualche militante pro-eutanasia come l’Associazione Luca Coscioni, smentita dal prestigioso Istituto di ricerche farmacologiche di Milano. Infine, la legalizzazione dell’eutanasia in Olanda, ad esempio, non ha affatto contribuito a far emergere il fenomeno della clandestinità: il rapporto Van der Wal e Van der Maas (La Aia, 1996) ha certificato che quasi un migliaio di eutanasie è stato praticato senza il consenso del paziente ed oltre il 50% dei medici non ha compilato il modulo da inviare al pubblico ministero in caso di eutanasia.

 

9) L’EUTANASIA E’ FALSA COMPASSIONE.
Il malato che chiede la morte in realtà invoca una compagnia che lo assista, gli stia vicino e lo aiuti a trovare un senso al suo soffrire. «La vera radice del dolore», ha scritto Johan Menten, oncologo e primario del reparto di Radioterapia e cure palliative di Lovanio (Belgio), «è la perdita del senso della vita, che espone l’essere umano alla peggiore sofferenza possibile» (in Eutanasia, Ares 2005, p. 61). La richiesta di eutanasia non è la manifestazione di un autonomo esercizio di disponibilità in merito alla propria vita, ma la dichiarazione di essere caduti in stato di abbandono. Perché l’uomo può portare qualunque dolore ma se non ne afferra il significato del motivo per cui lo fa allora cede alla minima sofferenza, non è un caso che Dj Fabo abbia scritto nel suo testamento: «Le mie giornate sono intrise di sofferenza e disperazione non trovando più il senso della mia vita ora». Il suo fisiatra, che lo ha seguito negli ultimi anni, Angelo Mainini, ha dichiarato: «nessuno è stato in grado di dare a Fabo la motivazione sufficiente a continuare ad amare la sua. In decenni a contatto diretto con pazienti come Fabo vediamo che il problema è avere o non avere qualcosa per cui valga la pena vivere. Penso a tante persone come lui, anche più sofferenti, che a un certo punto trovano la spinta per voler proseguire sulla strada della vita». Al contrario, la tetraplegica Rita Coruzzi è riuscita ad accettare felicemente la stessa disabilità di Fabiano proprio quando, ha scritto, «ho riscoperto la vita e ne ho trovato il lato positivo. Ho imparato per esperienza diretta che non è mai troppo tardi, anche nelle condizioni più improbabili, per sentirsi vivi e avere un motivo per dire alla vita il tuo personale “grazie”».

Negare al disabile o al malato la compagnia che chiede, l’aiuto a trovare il significato della sua vita che lo aiuterebbe ad accettare la sua condizione, è un tradimento morale della sua reale richiesta. Il card. Carlo Maria Martini ha detto che «mostruoso è l’amore che uccide, la compassione che cancella colui del quale non può sopportare il dolore, una filantropia che non sa se intenda liberare l’altro da una vita divenuta di peso o liberare sé dal peso dell’altro» (C.M. Martini, citato in D. Tettamanzi, Eutanasia. L’illusione della buona morte, Piemme 1995, p. 27-28). E’ “falsa compassione” quella a favore dell’eutanasia, ne ha parlato più volte anche Papa Francesco. Il compianto Salvatore Crisafulli, paralizzato a letto dal 2003 a causa di un incidente automobilistico, ha scritto con le palpebre queste parole: «Ma cos’è l’eutanasia, questa morte brutta, terribile, cattiva e innaturale mascherata di bontà e imbellettata col cerone di una falsa bellezza? Dove sarebbe finita l’umana solidarietà se coloro che mi stavano attorno durante la mia sofferenza avessero tenuto d’occhio solo la spina da sfilare del respiratore meccanico, pronti a cedermi come trofeo di morte, col pretesto che alla mia vita non restava più dignità? Credetemi, la vita è degna di essere vissuta sempre, anche da paralizzato, anche da intubato, anche da febbricitante e piagato. Sì, la vita, quel dono originale, irripetibile e divino che non basta la legge o un camice bianco a togliercela, addirittura, chissà come, a fin di bene, con empietà travestita da finta dolcezza».

 

10) L’EUTANASIA NON E’ CIO’ CHE CHIEDE LA MAGGIORANZA DEI MALATI.
Che vi sia un consenso comune tra le persone sane verso l’eutanasia non stupisce, d’altra parte la disinformazione mediatica è a livelli estremi. Chiunque preferirebbe morire in fretta e senza sofferenze piuttosto che sommersi dai tubi e tormentati da atroci dolori. Ma si omette di dire ai futuri pazienti che è vietato ogni accanimento terapeutico, che rimarranno responsabili delle decisioni che li riguardano e che non esistono più dolori che la medicina palliativa non può controllare. Inoltre il soggetto, divenuto disabile, cambia radicalmente idea sulla vita rispetto a quando immaginava la sua condizione da sano. Lo sa bene chi lavora quotidianamente con i malati gravi, come Bernardette Wouters, vicepresidente dell’Associazione europea di cure palliative: «Tutti gli operatori sanitari sanno che il parere di una persona sana e quello di un malato sono due cose totalmente diverse. Molti pazienti ricoverati in unità di cure palliative per terminarvi la loro vita avevano giurato che non avrebbero mai sopportato di non essere autosufficienti, che si sarebbero suicidati in quel caso…e invece non tornano più sull’argomento. Se l’eutanasia fosse davvero ciò che i pazienti desiderano, l’Inami (Institut national d’assurance maladie invalidité) non avrebbe più problemi finanziari da molto tempo, le case di riposo e di cura sarebbero vuote, deserte le corsie dei reparti ospedalieri per malattie croniche…». E ancora: «La maggior parte di richieste sono indotte dal dolore, dalla paura di soffrire, dalla disperazione, dall’accanimento terapeutico, dall’abbandono della famiglia o degli operatori sanitari o dalla mancanza di senso» (in Eutanasia, Ares 2005, p. 74,75). Tutte situazioni risolvibili.

Il fisiatra di Dj Fabo, dott. Mainini, direttore sanitario della fondazione “Maddalena Grassi”, ha detto: «Fare una legge su situazioni così mutevoli significherebbe voler dare confini netti e cose che non possono averli. Un caso come quello di Fabo, tra centinaia di disabili, non ci è mai capitato prima: la stragrande maggioranza chiede di ricevere tutte le cure possibili per una vita pienamente degna, e purtroppo non le hanno. Questo è il grande diritto inascoltato, vivere, ma non viene difeso con la forza con cui si reclama un diritto di morire. All’inizio molti pensano di voler morire, ma con il tempo il giudizio nel 99% dei casi muta, strada facendo cambiano le priorità e, con il giusto accompagnamento, riescono ad apprezzare ciò che quella loro nuova vita può offrire. Se attorno hanno persone che amano e scadenze attese con gioia, come la nascita di un nipotino o la laurea di un figlio, anche solo riuscire a fare quel sorriso o muovere la testa li appaga pienamente». Lo stesso ha detto Piero Morino, direttore dell’unità di Cure palliative della Asl Toscana centro.

La più vasta indagine su questo tema ha mostrato che solo il 7% dei pazienti affetti da sindrome locked-in ha manifestato pensieri o intenzioni di morte. Inoltre, ha proseguito la Wouters, «l’esperienza dimostra che alcuni pazienti vogliono sentirsi dire “no!”. Perché “no!” significa che si è ancora pronti a spendersi in un rapporto». Sappiamo, inoltre, che chi arriva a chiedere l’eutanasia molto spesso soffre di disturbi depressivi e dunque si è soventemente privati della possibilità di una richiesta davvero autocosciente. L’agnostico Lucien Israel, luminare francese dell’oncologia, ha detto: «I rarissimi malati che, spontaneamente, mi hanno chiesto di aiutarli a morire se le cose si fossero complicate, non hanno rinnovato la loro richiesta nel momento in cui questa poteva essere soddisfatta. Altro che autodeterminazione: per me, l’eutanasia è una richiesta che proviene dalle persone sane che vogliono disfarsi di una malato grave o in fase terminale»Il caso straordinario di un paziente che richiede lucidamente l’eutanasia, quindi, non può legittimare una legislazione: è sbagliato, infatti, costruire una norma generale sulla base di un caso eccezionale o marginale. Esiste il divieto, infatti, ad adottare “leggi per casi specifici”.

 

dj fabo eutanasia

La redazione

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86 commenti a Eutanasia, dieci grandi ragioni contro il suicidio di Stato

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  1. sara ha detto

    Eutanasia e Aborto=> Eugenetica.

  2. Norberto ha detto

    Cara redazione, con questo articolo vi siete superati: semplicemente F-A-N-T-A-S-T-I-C-O e utilissimo. Complimenti!

  3. Agostino Pasta ha detto

    Articolo interessante, grazie!

    Penso però che ci siano almeno due errori di stampa, che sarebbe opportuno correggere:

    1) i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana nella dignità e nel valore della persona umana contiene una ripetizione

    2) Il caso straordinario di paziente che richiede lucidamente l’eutanasia può legittimare una legislazione dovrebbe essere Il caso straordinario di un paziente che richiede lucidamente l’eutanasia non può legittimare una legislazione

  4. Shiva101 ha detto

    “non c’è un diritto all’autodetermina­zione nella Costi­tuzione che discenda, in particolare, dall’articolo 32, la norma che riguarda la tutela della salute”

    e un diritto naturale e se non c’è nella costituzione allora ce lo mettiamo, tantopiu quando in quei casi è proprio la salute che non si può più tuteleare.

    “quando il paziente arriva a chiedere la morte è sempre in una fase di poca lucidità “

    quando portate i malati a lourdes hanno pochissima lucidità, quando chiedono l’eutanasia NO, sono sempre BEN coscienti come le dichiarazioni di Britany e altri casi analoghi hanno dimostrato parlando in prima persona perfettamente lucidi.

    Avete argomenti debolissimi.

    “POCHISSIMI PAESI HANNO LEGALIZZATO L’EUTANASIA”

    e tantissimi hanno il matrimonio gay.. quindi?

    La falsa compassione è quella che imponete ai malati verso i quali esercitate indebite pressioni approfittandovi della loro disperazione facendo credere loro di guarire con le preghiere e con le acque miracolose.

    Il vostro potere sulla società sta scomparendo ogni giorno di più, quando la classe politica non vi appoggerà più sarete finiti del tutto.

    “Ad esempio, la sola possibilità di accedere legalmente all’eutanasia creerebbe indebite pressioni mentali sui disabili e malati”

    Le indebite pressioni quando le esercitate voi sui malati per sfruttare loro e i loro amici e famigliari per alimentare proselitismo e turismo religioso

    • lorenzo ha detto in risposta a Shiva101

      To be, or not to be, that is the question:
      Whether ‘tis nobler in the mind to suffer
      The slings and arrows of outrageous fortune,
      Or to take arms against a sea of troubles,
      And by opposing end them? To die, to sleep…

  5. Steve ha detto

    Sul discorso eutanasia ho le mie idee che sono molto contrastanti, idem l’aborto. Alla fine sono laico e ciò si rispecchia anche nel fatto che non sono TOTALMENTE d’accordo con questo articolo, ma in parte.

    Ma sulla valutazione del Cappato concordo in pieno. Pessimo, fintamente pietoso, abilissimo nel fare di se stesso una specie di eroe dei diritti civili, ma ovviamente solo per pubblicità a se stesso e ad un partito, quello dei radicali, in via di estinzione.

    Pessimo veramente. L’autodenuncia e i suoi post studiatissimi e attoriali sono la conferma di ciò.

    • Klaud ha detto in risposta a Steve

      So da due giorni chi sia questo Cappato, ma se fosse astuto e simulatore come dici, sarebbe nel PD da un pezzo.

      • lorenzo ha detto in risposta a Klaud

        Ti suggerisce niente l’aforisma: meglio il primo in Gallia che il secondo a Roma?
        Hai idea di quanto danaro gestiscono quei “quattro gatti” dei radicali?

      • Steve ha detto in risposta a Klaud

        Ahahhaha… effettivamente non hai tutti i torti

  6. Vincent Vega ha detto

    Pur essendo cattolico, e affermando senza dubbio che voterei contro a questa legge per impedirla, affermo anche di essere un ipocrita. Si, perché non sono affatto sicuro, proprio per nulla, che se capitasse una disgrazia di tali proporzioni, come quella accaduta a dj Fabo, a me o a un mio caro io agirei diversamente.

    Perciò il mio consiglio è questo: affermiamo l’ideale, difendiamolo, ma asteniamoci dal giudicare quella persona, come ho visto su alcuni blogs cattolici che parlano di “anima persa’ e di “condanna all’inferno”.

    Ricordiamo che il corpo di questo poveretto era diventato un involucro inerte che conteneva un cervello funzionante… una cosa tanto orribile che non posso pensarci per più di due secondi senza provare un profondo disagio, ed anche in quei due secondi mi si gela il sangue.

    Personalmente, avrei voluto essere ucciso per molto, molto, molto (ma molto!) meno di così, quindi mi mantengo ben lungi dal giudicare una tragedia di queste immani proporzioni.
    Se qualcuno si sente di pontificare, stando ben al sicuro sulla riva, riguardo ad uno sventurato che vede col binocolo in mezzo alla peggiore delle bufere, faccia pure, io mi astengo.

    Se qualcuno in grado di sentenziare su qualcosa di così tremendo lo faccia pure..
    Io ritengo che si tratti di un qualcosa di molto più grande di me, credo che solo Dio possa giudicare una simile circostanza..

    Pensate al momento preciso nel quale quel povero ragazzo realizzò che non si sarebbe mai più mosso nè avrebbe mai più visto nulla, pensate in che indicibile abisso d’orrore possa essere precipitato in quel momento. Mi vengono i brividi di terrore solo al pensiero!
    Non dico davanti a tre anni in quello stato, ma soltanto davanti a quell’istante tutte le parole si dissolvono ; non perchè non abbiamo ragione in linea puramente teorica, ma perchè non abbiamo neppure un accenno di pallida idea di cosa possa aver provato qul ragazzo in quel momento.
    E CERTE COSE NON E’ POSSIBILE GIUDICARLE DAL DI FUORI.

    Per finire dico questo: chi parla di anima persa pecca di giudizio temerario, prima di tutto perché non può sapere lo stato dell’anima di questa persona (cfr Catechismo 2282 e 2283) in secondo luogo perché l’altra notte, quando sapevo che stava per morire, avendone dato notizia la tv, ho pregato per lui la Coroncina della Divina Misericordia, chiedendo a Cristo di dare a quest’anima la Grazia della conversione e della perseveranza finale.

    Cito le promesse di Cristo http://www.festadelladivinamisericordia.com/page/coroncina-della-divina-misericordia.asp

    1) Chiunque reciterà la Coroncina alla Divina Misericordia otterrà tanta misericordia nell’ora della morte – cioè la grazia della conversione e la morte in stato di grazia – anche se si trattasse del peccatore più incallito e la recita una volta sola….(Quaderni…, II, 122)

    2)Quando verrà recitata vicino agli agonizzanti, mi metterò fra il Padre e l’anima agonizzante non come giusto Giudice, ma come Salvatore misericordioso.Gesù ha promesso la grazia della conversione e della remissione dei peccati agli agonizzanti in conseguenza della recita della Coroncina da parte degli stessi agonizzanti o degli altri (Quaderni…, II, 204 – 205)

    3) Tutte le anime che adoreranno la Mia Misericordia e reciteranno la Coroncina nell’ora della morte non avranno paura. La Mia Misericordia li proteggerà in quell’ultima lotta (Quaderni…, V, 124).

    Riguardo alla seconda promessa, Santa Faustina ha spiegato nel diario che la vicinanza non deve necessariamente essere fisica, se si sa che una persona sta per morire e si prega la Coroncina per lei vale la promessa di Cristo anche se è lontana fisicamente (del resto molti pregano la Coroncina per “gli agonizzanti, i suicidi e coloro che moriranno di morte improvvisa” nel giorno stesso, e di certo Dio salva molte anime per queste preghiere, figuriamoci quando sono dirette per una persona ben precisa), perciò penso proprio che si sia salvato.

    Senza contare che sicuramente anche altri avranno pregato per lui. Ma, ad ogni modo, anche se una sola persona avesse pregato la Coroncina per lui, di certo gli avrebbe ottenuto la medesima Grazia, poiché Cristo stesso ha preso l’impegno di fare ciò, legando la Sua promessa, perciò anche se fossi stato l’unico a pregare per lui (e per fortuna non è cosi) Egli lo avrebbe salvato, non certo perché io sia “speciale” o abbia dei poteri spirituali particolari, essendo tutto meno che un Santo, ma semplicemente perché non può rinnegare Se stesso e la Sua parola.

    La Coroncina della Divina Misericordia non è una semplice arma, è una bomba atomica contro l’inferno e la perdizione delle anime.

    Detto questo ribadisco la mia ipocrisia, visto che mi oppongo ad un qualcosa di cui, probabilmente, usufruirei se fossi nelle terribili condizioni in cui è stato quel ragazzo. Mi oppongo perché è contro un comandamento di Dio e perché non mi sfuggono le derive che poi potrebbero darsi, nondimeno rimango un ipocrita.

    • Livio ha detto in risposta a Vincent Vega

      Credo sia scontato affermare che un conto è vivere la situazione con tutto il bagaglio psicologico che comporta, un altro è “immaginare” di essere in quelle tali condizioni.

      • Salvatore ha detto in risposta a Livio

        Condivido la sua opinione. E’ facile parlare e sentenziare quando si gode ottima salute e non ci si trova in certe situazioni.

        • sara ha detto in risposta a Salvatore

          Giusto, tanto vale abbattere i costi con l’iniezione di massa per malati,mentali e fisici…

          Poi mi chiedo, tolti quelli chi rimane?
          I bambini li abbattono prima di nascere…a gia’ gli animali.

          • Vincent Vega ha detto in risposta a sara

            Nessuno ha affermato che sia giusta una iniezione di massa stile terzo reich, anzi per la dottrina è sbagliatissimo anche per chi è in condizioni come Dj Fabo.

            • sara ha detto in risposta a Vincent Vega

              Non e’ una questione di dottrina Vincent.

              Di valori non negoziabili che lo stato deve tutelare altrimenti come diceva un vecchio psichiatra, la conseguenza e’ la follia. Il bene da tutelare e’ la vita, sempre, il resto ogniuno e’ libero di ammazzarsi come vuole…

              Su internet modi per farti un veleno in casa ne trovi a quantita’.

              Perche’ un terzo deve farti una iniezione, perche’ il servizio sanitario coprirti le spese, perche’ fare una legge che contraddice i valori e i beni fondanti e tutelati da tutte le carte dei diritti umani del mondo…solo per giustificare la tua azione.

        • Livio ha detto in risposta a Salvatore

          Non si tratta soltanto di sentenziare dalla posizione di colui che gode di ottima salute. Il malato sicuramente vuole stare meglio, ma affronta il suo male vivendolo in prima persona. Questo comporta una prospettiva totalmente differente, esiste una sorta di “adattamento” alla condizione che è totalmente sconosciuta al tizio con la salute di ferro e ipotizza sul quanto si troverebbe disperato a stare immobilizzato in un letto.

    • sara ha detto in risposta a Vincent Vega

      Quindi anche solo pensare lontanamente, minimamente, di striscio, che possa potenzialmente essere una cosa che si avvicina all’idea di sbagliato e’ da ipocriti?

      • Ghigo Renzulli ha detto in risposta a sara

        Ovviamente è sbagliato, eccome! In quanto al lato oggettivo senza dubbio.

        Ipocrita sarebbe stagliare giudizi sulla persona come ho visto fare in altri blogs.

        • sara ha detto in risposta a Ghigo Renzulli

          Non giudico la persona, ma e’ un atto innaturale che viene ostentato come atto di fede eroica dai media, supportato da molti che poi si fanno pubblicita’ su carcasse altrui.

          Scaricando sullo stato gli oneri di azioni che nessuno ha le palle di compiere veramente.

          Cappato e i radicali coerenti fino alla fine avrebbero dovuto compiere l’atto di persona.

          Siamo in uno Stato liberale, il suicidio si puo’ compiere, parlare di diritto alla morte ostentando casi di sofferenza e’ disgustoso, credo che quel poveraccio sia stato usato e lasciato solo a se stesso.

          Non capisco perche’ legalizzare il suicidio scaricando la responsabilita’ sullo stato e su terzi allo scopo di giustificare una azione contronatura.

          In Belgio si e’ arrivati alla deriva, abbattono anche i depressi, i ragazzini con problemi psichici o malattie e danno la pillola killer gratis dai 65 anni in su..

          Credo che si giochi un po’troppo sulla scia del sentimentalismo e del pietismo per far passare cose che legalizzate avrebbero un impatto sociale devastante, considerando che ogni legge muta un sistema di valori, sperimentazione pura sulle nuove generazione per il capriccio di pochi radicali.

          Fateci caso il giochetto e’ sempre lo stesso, usato, riproposto ritritato dai media, come per le unioni civili….

          • sara ha detto in risposta a sara

            La finestra di Overton => INGEGNERIA SOCIALE= come cambiare un sistema…

            Benvenuti nell’Era delle nuove dittature moderne.

            • sara ha detto in risposta a sara

              Infine, quando ormai l’Eutanasia sara’ stata ben assorbita e praticata a raffica e sara’ ormai consuetudine percepirla come normalita’ nell’immaginario collettivo si passera’ al livello successivo : L’OMICIDIO CONSENZIENTE.

      • Vincent Vega ha detto in risposta a sara

        Ovviamente è sbagliato, eccome! In quanto al lato oggettivo senza dubbio. Sarebbe sbagliato dotrrinalmente affermare che un gesto simile possa essere “buono in se”.

        Ipocrita sarebbe stagliare giudizi sulla persona come ho visto fare in altri blogs.

        Che poi io stesso sia un ipocrita che, pur affermando questo, nelle sue terribili condizioni forse avrebbe agito allo stesso modo, è un altro discorso.

        Forse questa mia ipocrisia deriva anche dal fatto che mi è oggettivamente difficile comprendere perché una persona debba vivere in quello stato per chissà quanti anni (quando all’epoca del Concilio di Trento uno in quelle condizioni non sarebbe durato a lungo) quando c’è una vita eterna davanti, infinitamente migliore di quella di qualsiasi corpo sano su questa terra. Questo è obiettivamente difficile da comprendere (sarebbe forse più comprensibile se dopo la morte non ci fosse nulla, un attaccamento alla vita carnale con le unghie e con i denti anche in condizioni così infernali). Almeno per me.

        Ma questo è un problema mio, non pretendo certo di modificare la dottrina per una mia incomprensione.

        • sara ha detto in risposta a Vincent Vega

          Certo lo capisco, ma vorrei fare un discorso laico, perche’ qui e’ in ballo il valore della Vita, la questione religiosa e’ qualcosa di piu’ per la comprensione ma non indispensabile.

          Concorderai con me che sfondando un portoncino il passo per lo spalancare unportone e’ breve, come per l’aborto…tantopiu’ che non si puo’ riassumere in una mera legge le 50 sfumature di casi possibili a livello di malattia, percezione psichica, coscienza, consapevolezza ecc ecc…

          Solo che qui si parla di Vita, sanita’, cura ecc ecc…

          Dal Belgio gli anziani scappano o si fanno tatuare sul braccio:” Non mi ammazzate”.

          • Vincent Vega ha detto in risposta a sara

            @Sara

            “Concorderai con me che sfondando un portoncino il passo per lo spalancare unportone e’ breve, come per l’aborto,”

            Esatto, il problema principale è questo, fermo restando che, anche in casi drammatici come quello di dj Fabo, c’è comunque una grave violazione del quinto comandamento.

            Infatti è anche per questo che ho pregato per lui l’altra notte, perché morire commettendo un peccato oggettivamente molto grave come quello non è di buon auspicio. Tuttavia ho pregato il Signore perché gli dia la Grazia della perseveranza finale, confidando nella Sua promessa, perciò ho la certezza morale che si sia salvato. Satana dovrà cercarsi qualcun altro. 😉

            Anche la Madonna a Fatima disse che molte anime si perdono perché non c’è nessuno che preghi per loro, impetrando loro la Grazia della perseveranza finale (che è l’unica che cinta davvero).

            • sara ha detto in risposta a Vincent Vega

              Ti dico una cosa: Io son convinta che questa persona sia stata manipolata, quindi mi astengo da giudicare il suo atto.

              Il problema per cui si dibatte e’ dover creare una legge che tuteli il suicidio.
              L’articolo e’ abbastanza esaustivo per cui mi astengo dal fare un papirone.

              Per quanto su tante cose non sia d’accordo con te, apprezzo il buon proposito e la speranza che non ti abbandona mai specie per tutti i casi “critici”.

              Spero di finire in TV un giorno, chissa’ che magari pregherai pure per me.

              • Vincent Vega ha detto in risposta a sara

                @Sara

                “Ti dico una cosa: Io son convinta che questa persona sia stata manipolata, quindi mi astengo da giudicare il suo atto.”

                Ma l’atto in realtà possiamo giudicarlo senza problemi, semmai è l’attore (in questo caso Dj Fabo) che è meglio che ci asteniamo dal giudicare. I peccati vanno giudicati, il giudizio sui peccatori deve essere molto più prudente e delicato.

                “Il problema per cui si dibatte e’ dover creare una legge che tuteli il suicidio.”

                Lo so, e non mi sfuggono le implicazioni e le derive che potrebbero venirne, con gente uccisa perché depressa o perchè anziana o altre mostruosità.

                “Per quanto su tante cose non sia d’accordo con te, apprezzo il buon proposito e la speranza che non ti abbandona mai specie per tutti i casi “critici”.”

                Me l’ha trasmessa Papa Francesco, un tempo ero completamente diverso, molto più “giudice spietato”.

                “Spero di finire in TV un giorno, chissa’ che magari pregherai pure per me.”

                Ma non c’è bisogno, posso pregare per te anche se non vai in tv 😀

                • sara ha detto in risposta a Vincent Vega

                  Si giudicare l’atto in quel senso intendevo.

                  L’atto in generale, ma c’e’ chi vuole rimetterla sempre sul personale…

            • Fabio ha detto in risposta a Vincent Vega

              Gesto NOBILISSIMO E BELLISSIMO da parte tua, Vincent, aver pregato per Fabiano nel momento del suo trapasso.
              Dio te ne renderà merito.
              Hai la mia stima.

              • Vincent Vega ha detto in risposta a Fabio

                Ti ringrazio Fabio.

                Ne ho parlato unicamente perché spero che chi legge possa farne tesoro e, qualora avesse delle persone sull’orlo della morte, preghino per loro la Coroncina, per impetrare loro la Grazia della perseveranza finale.

                Ci tengo perché non si tratta di una semplice preghiera come tante, è l’offerta di Cristo al Padre in Corpo, Sangue, Anima e Divinità, è una vera e propria offerta Eucaristica, e Gesù ce l’ha donata per salvare le anime.

                Non si tratta di una semplice preghiera, ma di una vera e propria arma letale contro “i principati e le potestà” (Ef 6,12), una vera e propria sciagura per l’inferno.

                Le parole di Cristo sono chiare

                ‘Quando verrà recitata vicino agli agonizzanti, mi metterò fra il Padre e l’anima agonizzante non come giusto Giudice, ma come Salvatore misericordioso.Gesù ha promesso la grazia della conversione e della remissione dei peccati agli agonizzanti in conseguenza della recita della Coroncina da parte degli stessi agonizzanti o degli altri” (Quaderni…, II, 204 – 205)

                E ho parlato di questo mio gesto non per farmi pubblicità ma perché spero che chi legge ne faccia tesoro, per se e per gli altri.

                • Fabio ha detto in risposta a Vincent Vega

                  É la mia coroncina preferita, Vincent.
                  L’ho spesso recitata pure io, sia per i vivi, sia per i defunti.
                  Pensavo al Grande dono che Gesù Cristo ci ha fatto attraverso questa coroncina, non ancora pienamente soddisfatto di essersi fatto martirizzare per l’umanità, ha voluto aggiungere un’ulteriore “arringa difensiva per noi” e specialmente per coloro i quali, a causa di alcune condotte di vita recidivamente sbagliate, sarebbero potenzialmente condannati dal Padre.

                  “Parla al mondo della mia infinita misericordia e dii loro che desidero salvarli tutti”, così disse Gesù a Santa Faustina Kowalska.

          • Romeo ha detto in risposta a sara

            Dopo aver visto il documentario L’euthanasie, jusqu’où? Non mi stupirei fosse vera questa cosa del tatuaggio… tuttavia è per sentito dire che lo riporti o ci sono fonti su internet che puoi condividere? Grazie.

        • positrone76 ha detto in risposta a Vincent Vega

          Premesso che come al solito sono d’accordo con Vincent ne faccio un discorso di libero arbitrio…

    • Taigura Araphael ha detto in risposta a Vincent Vega

      ho apprezato molto questo tuo equilibrato intervento. Pur non allontanandoti dalla tua fede hai dimostrato di essere obiettivo e di avre affrontato la questione con la delicatezza che merita. A differenza di molti commenti rozzi e che hanno ben poco di umano.

      • sara ha detto in risposta a Taigura Araphael

        Facile stare dietro ai riflettori a giudicare il palcoscenico.

        Le poche volte che il mio occhio accidentalmente ha posato l’attenzione sui tuoi pochi commenti ha notato che son piu’ rivolti contro qualcuno che fatti per esprimere pareri personali, farse perche’ manca il contenuto per poterlo fare…

        E con te la chiudo qui.

        • Taigura Araphael ha detto in risposta a sara

          Bene immaginavo quindi, che sententodi tirata in causa saresti la prima a rispondermi.
          Dato che è ben evidente che il tuo livello culturale è decisamente ed oggettivamente inferiore al mio, ti pregherei in futuro quando commento su argomenti che riguardano scienza e filosofia di contestare in maniera costruttiva. Curioso di vedere quanto sarai capace di tenermi testa……

          “Facile stare dietro ai riflettori a giudicare il palcoscenico”

          Ma tu guarda come cambia la prospettiva, pensa un po che io leggendo questa frase avevo in mente te….

          • sara ha detto in risposta a Taigura Araphael

            Ha tutta l’aria di un duello da Far West..

            Stai sereno sei il migliore.

          • Panthom ha detto in risposta a Taigura Araphael

            Ma piantala di fare il bulletto e rispondi a sara nei contenuti, altrimenti astieniti. Il tuo concetto di continua gara con i tuoi interlocutori, a cui devi “tener testa” è ridicolo ed infantile. Prova a crescere e ad alzare il tuo livello culturale.

      • Vincent Vega ha detto in risposta a Taigura Araphael

        @Taigura

        “ho apprezato molto questo tuo equilibrato intervento. Pur non allontanandoti dalla tua fede hai dimostrato di essere obiettivo e di avre affrontato la questione con la delicatezza che merita. A differenza di molti commenti rozzi e che hanno ben poco di umano.”

        Non sono equilibrato, Taigura, sono ipocrita. Sono ben lontano dall’eroismo che sarebbe richiesto a un cristiano. Probabilmente Gesù mi direbbe “vai dietro a me Satana, perché ragioni secondo gli uomini e non secondo Dio”.
        E bada, sono sincero, non lo dico per qualche ragione “altra”.

        È per questo che ho bisogno della Sua Misericordia, io più di altri.

        • Steve ha detto in risposta a Vincent Vega

          Non essere troppo severo con te stesso. Non sei ipocrita, probabilmente qui dentro sei l’unico che interpreta realmente ciò che è il cristianesimo e con cui mi trovo tendenzialmente sempre d’accordo.

          Siamo umani, nessuno è un eroe. Sono molto in linea con te sul discorso di come la fede possa incidere su una situazione come questa: se si ha fiducia nella vita eterna, paradossalmente si può avere più bramosia di lasciare quella carnale, se in condizioni terribili come quelle di fabo…

          Non so ora se fosse una persona religiosa o meno, se si fosse fatto una sua idea, ma tantè.

          • Vincent Vega ha detto in risposta a Steve

            @Steve

            “situazione come questa: se si ha fiducia nella vita eterna, paradossalmente si può avere più bramosia di lasciare quella carnale, se in condizioni terribili come quelle di Fabo”.

            In effetti è anche questo il problema. Mi è sinceramente difficile capire come, in una situazione come quella (dove l’unica cosa che faceva quel povero Cristo era dire “dolore, dolore” senza poter fare altro, in una condizione di immobilità assoluta e cecità) possa essere preferibile vivere in questa valle di lacrime piuttosto che raggiungere l’aldilà.

            Per questo spero che DIO abbia misericordia con quelli che si trovano nella sua situazione, e ho pregato proprio per questo l’altro giorno, confidando nella promessa di Cristo fatta sulla Coroncina della Divina Misericordia.

            Su diversi blogs vedo che molti pontificano su quella persona, parlando di “anima persa” (e peccando conseguentemente di giudizio temerario) ed entrando sul personale, ma avrei voluto vedere loro cosa avrebbero fatto al suo posto. Purtroppo, come dice il Papa, è davvero difficile camminare nella Legge del Signore senza essere rigidi.

            Io, pur con i miei peccati e le mie ipocrisie, se non altro ci provo .

            • Taigura Araphael ha detto in risposta a Vincent Vega

              Aggiungo solo una cosa…..non rimproverarti tanto, perchè se tu giudichi con gli occhi di un uomo, come dicevo anche gli altri lo fanno con lo stesso parametro(anche se apparentemente sono più in linea con la dottrina), con la differenza che nel tuo giudizio c’è quel pizzico di sensibilità in più…….

              • Vincent Vega ha detto in risposta a Taigura Araphael

                Diciamo che riconosco che a livello di dottrina una determinata scelta è condannabile senza se e senza ma, esattamente come il secondo matrimonio a fronte di un primo valido.

                Io cerco semolicemente di distinguere il peccato dal peccatore, perché so che dove c’è il primo, anche grave, il peccatore può, talvolta, non essere pineamente colpevole.

                Ad esempio non riesco ad immaginare molti cattolici gestire la situazione di Dj Fabo in maniera molto migliore della sua, perché vivere una vita in quel modo è un vero inferno.

                È roba da Santi, senza se e senza ma. E quanti, tra di noi, sono Santi? Eh, anche questo è un bel problema. Quando “ragiono come gli uomini” lo faccio non perché non conosca l’ideale ma perchè so quanti pochi di noi riuscirebbero a tenere botta in una situazione infernale come quella, non essendo dei Santi (i cristiani che vivono le virtù della Fede in modo eroico).

                Inoltre voglio fare presente che anche la tecnologia pone seri problemi: all’epoca del Concilio di Trento uno che facesse un incidente (chessò, in battaglia, o cadendo da un’altezza considerevole, ovviamente all’epoca le automobili e le moto erano ancora “in mente Dei”) che lo riducesse in condizioni anche solo paragonabili a quelle di Dj Fabo sarebbe morto in poco, pochissimo tempo.

                Oggi c’è la possibilità di andare avanti chissà quanto in quelle condizioni e magari si arriverà al punto che gente ridotta tetraplegico a 30 anni (o a 40. Come dj Fabo) venga tenuta in vita in quel modo fino a 90 anni, magari in futuro ci si potrà arrivare.

                È giusto, questo? Eh, bella domanda. Fare l’amore con un preservativo è un atto intrinsecamente malvagio (così dice la dottrina) mentre tenere in vita un povero Cristo per chissà quanti decenni in una condizione nella quale in qualunque altra epoca dell’umanità sarebbe morto subito sarebbe una cosa buona in se?

                Non so, non so davvero, è problematico. Molto.

                Ovviamente oggi ci curiamo anche dal cancro e da malattie che un tempo sarebbero state fatali, e invecchiamo molto meglio e più tardi, ma c’è anche il rovescio della medaglia, e cioè di produrre “vite non-vite”, cioè esseri umani tenuti in vita obtorto collo in mezzo ad atroci sofferenze per chissà quanti decenni quando la natura andrebbe in altra direzione.

                Non lo so; ripeto che è una questione delicatissima. Che Dio mi risparmi la croce di trovarmi in una situazione simile, a me e ai miei cari.

            • Fabio ha detto in risposta a Vincent Vega

              Io spero che il Signore abbia misericordia per tutte le persone che in stato di disperazione, rimorso, assoluta solitudine, emarginazione, incomprensione o indifferenza del mondo nei loro confronti, si suicidarono, che non le condanni ad ulteriori pene, dopo averne passate pure troppe su questo mondo.
              Signore, abbi pietà degli animi fragili e sensibili. Così gli direi.

        • Taigura Araphael ha detto in risposta a Vincent Vega

          Ricordo in passato quando ti sei espresso sul divorzio e lo spirito con cui affrontavi la questione era lo stesso. Dal mio punto di vista, il tuo è un atteggiamento equilibrato, ma ti parlo da ateo. Credo che la tua sia semplicemente empatia e immedesimazione verso in tipo di sofferenza umana che non hai mai provato sulla tua pelle, ma di cui ne comprendi la atrocità…..
          Forse è vero che tendi a volte a ragionare come gli uomini e magari non sei in un completo stato di grazia, ma di sicuro buona parte di coloro che si scagliano contro il caso a priori, non lo fanno perche sono in grazia, ma perchè da pappagalli la dottrina recita più o meno così e sono facili a quel tipo di giudizio che gesù condannava. Come dice Steve, forse sei troppo duro con te stesso….

          • Vincent Vega ha detto in risposta a Taigura Araphael

            Ti ringrazio.

          • Max ha detto in risposta a Taigura Araphael

            No, immedesimarsi con le persone nelle condizioni peggiori e’, a mio modesto giudizio, un pilastro del Cristianesimo.
            Non dimentichiamoci che per tale religione Dio ha sofferto pene inenarrabili. Avrebbe potuto starsene in cielo nella sua gloria, ed invece ha toccato il fondo della condizione umana.

            • Taigura Araphael ha detto in risposta a Max

              Non lo metto in dubbio, purtroppo molti esaltano la parte divina della figura di gesù, minimizzandone quella carnale. Infatti con le mie parole ci tenevo ad evidenziare quanto alcuni si discostassero dalla figura di gesù…..
              Consiglio a tutti l’ultima tentazione di cristo in proposito, il miglior film fatto su gesù. Nonostante sembra allontanarsi dall’ortodossia, descrive bene questo aspetto. Non bisogna mai dimenticarsi, di quel “Padre mio, perchè mi hai abbandonato?”

              • Max ha detto in risposta a Taigura Araphael

                …e dove metti Giobbe e l’Ecclesiaste, anche ?

                Eppure anche quei terribili libri, insieme con “Padre mio, perchè mi hai abbandonato?”, fanno parte della Parola di Dio.

    • Pippo ha detto in risposta a Vincent Vega

      mi scusi Vega, premesso che commenti lunghi come quelli che lei ha l’abitudine di postare non li leggo neppure, le chiedo se lei non possa esercitare il dono della sintesi esprimendo il suo pensiero in termini più stringati

      • Vincent Vega ha detto in risposta a Pippo

        Ma può semplicemente continuare a non leggermi, fa ancora prima. 😉

        Saluti.

        • Pippo ha detto in risposta a Vincent Vega

          è quello che già faccio, non ho problemi, un difetto, se mi posso permettere, di questi forum, è proprio la mancata limitazione della lunghezza dei post. 500 caratteri sarebbero più che sufficienti per esprimere la propria posizione.

      • Max ha detto in risposta a Pippo

        Non sempre la brevita’ e il farsi capire con poche parole sono considerate virtu’.

  7. sara ha detto

    Se dovesse capitare di stare molto molto male => NON PORTATEMI DA CAPPATO.

  8. beppino ha detto

    L’eutanasia di Stato quando “parte” non é una conquista di civiltà; semmai é una indiretta attestazione che la società é stata incapace di garantire a persone sfortunate quel “contributo” integrativo in grado di non far perdere la speranza. E’ inquietante come nei Paesi dove l’eutanasia di Stato é garantita una percentuale non trascurabile di persone che la cercano affermano che la motivazione principale per accedere al suicidio “pubblico” é il non voler essere di peso ai diretti famigliari. Se la vita, a semplice richiesta, con facilità può essere tolta vuol dire anche che vale (o può valere) poco; ed é sempre su chi rimane che in un modo o nell’altro ricade il costo non saldato (quindi un guadagno… in realtà) per il fatto di non essere riusciti a (o meglio non aver esperito l’obbligo etico di) valorizzarla.

  9. sara ha detto

    Volete sapere quanto si spende per andarsi a fare l’iniezione letale?

    Ovviamente il tutto supportato dalle associazioni radicali…12/15.000 €uro.

    Ditemi se non e’ IDEOLOGIA pura questa.

    Sappiate che hanno la loro Agenda, e vogliono arrivare a completarla prima di fine legislatura.

  10. lorenzo ha detto

    Si chiede una persona che frequentava Dj Fabo:
    Perché non siamo riusciti ad aiutarlo, ad aprire le sbarre di questa gabbia per far entrare scoperte, voci, incontri che avrebbero potuto dare a questo giovane generoso la voglia di condividere col mondo le novità ancora in serbo per lui. Perché lui e la sua fedele ragazza sentivano che l’amore e la vita erano cose ormai non ricuperabili?

    Quest’altra persona sente invece che l’amore e la vita non dipendono dalla salute che una persona ha o non ha ed ha fatto una scelta diversa:
    http://www.ilrestodelcarlino.it/rovigo/cronaca/mattia-mantoan-1.2932423

  11. Luca ha detto

    Secondo l’articolo, lo stato
    1) non potrebbe garantire il diritto al proprio suicidio
    2) non garantisce l’autodetermiunazione
    3) – 10) sono conseguenza di questa tesi.

    Proverei a rovesciare la questione. Può lo stato sancire l’obbligo ad una sofferenza fisica e/o psicologica che l’individuo non é in grado di sopportare ?

    Perché se la risposta fosse negativa come io penso possa essere, allora
    3) la dignità della vita sarà anche intrinseca ed indipendente ma deve per forza essere incarnata dall’individuo e una vita obtorto collo non può rispondere a questa esigenza
    4) L’individuo può comunque scegliere un diverso paese. Ne consegue di fatto che l’individuo e la vita sono questione strettamente personali. Anche sociali, é ovvio, ma solo nella misura che la volontà personale consente.
    5) Il rapporto di fiducia m edico-paziente non può implicare il diritto del mio medico di obbligarmi ad una sofferenza non desiderata.
    6)Io credo che chi mi vuol bene abbia il compito assai ingrato e non desiderato di decidere per me qualora io non fossi in grado di farlo. Esattamente perché la vita non é solo chimica ma anche o soprattutto relazione. Il problema é innanzitutto culturale, di fronte alla morte e alle relazioni. Una buona legge dovrebbe o comunque potrebbe essere costruita attorno a questi semplici principi.
    7) C’é tutto un mondo di cultura positiva della vita (e per converso della morte, soprattutto se pensiamo che non si tratta della fine di tutto) che oggi manca totalmente e andrebbe riproposto all’educazione di tutti. Queste mancanze non saranno mai colmate in una società dove il bene supremo (la vita) diventa un puro e semplice dovere.
    8)L’unico punto sul quale (spero) siamo tutti assolutamente ed incondizoionatamente daccordo
    9) La sofferenza non può avere nessun senso né valore autonomo. Possiamo concepirla come manifestazione della nostra incompiutezza, se preferite del peccato originale, ma non sarò mai per nessuno un valore positivo. Proprio per questo diventa semplicemente inevitabile e necessario che la decisione ultima di fronte ad una sofferentza irrimediabile sia lasciata alla persona
    10) Idem. Non é ciò che chiede la maggioranza, ma qualcuno la chiede. Nessuno di noi può entrare nella coscienza di un altro e decidere cosa può o non può sopportare, perciò …

    • Taigura Araphael ha detto in risposta a Luca

      concordo su tutto ciò che hai detto.

    • Michele ha detto in risposta a Luca

      Mi pare che il leitmotiv del tuo intervento sia che la sofferenza è valido motivo per chiedere e ottenere l’eutanasia. Stante che il grado di sofferenza è soggettivo, pongo anche a te la domanda che ho posto sotto a Klaud: se moglie e figli perissero in un incidente causato da me, la sofferenza psicologica di averli persi per colpa mia giustifica la mia richiesta di eutanasia? Dal tuo punto di vista non mi puoi rispondere che sì.
      Il problema è che parlare di “diritto a morire” è come dire “legno di ferro”, una contraddizione in termini: se è diritto soggettivo serve poter esser vivi per esercitarlo, la morte è la negazione della vita. Come faccio a chiedere come diritto ciò che è la negazione della possibilità di esercitare ogni diritto? E’ come pretendere di tagliarsi le gambe per poter saltare di più.
      Qua non si tratta di pazienti in SVP, per i quali si potrebbe anche dire che la vita è solo chimica, qua sono soggetti in grado di intendere e volere, ovvero pienamente umani ed in relazioni con gli altri.
      La contraddizione di chi giustifica l’eutanasia sta qua: finché non la risolve come “argomento” rimane solo il sentimentalismo.

      • Luca ha detto in risposta a Michele

        Detto che la morte é un evento che contempla necessariamente la vita, che perciò é parte stessa della vita, il tuo a me pare un inutile sofisma. Che risposta diamo a chi soffre a tal punto da desiderare di togliersi la vita? E’ difficile da immaginare e non ci provo nemmeno. Tuttavia c’é chi vive questa condizione e a quanto pare si tratta di una condizione che arriva ad essere totalmente refrattaria ad ogni nostro tentativo di soccorso o di lenimento. Di fromte a queste situazioni davvero non so dire cosa possa significare l’amore e temo che possa rispondere solo l’individuo.

        • Michele ha detto in risposta a Luca

          Perché sofisma? Non capisco, veramente non chiedo per provocare, ma per capire. Tu mi chiedi che risposta diamo a chi soffre. Difficile darti una risposta, lo ammetto. Per chi ha fede il problema quasi neppure si pone; per chi non ce l’ha, se aiutato da familiari e amici, quasi sicuramente è lo stesso. Si pone per chi è abbandonato a se stesso. E in questo caso cosa fare se intende morire?
          Provo a dare una risposta: se qualche malato intende morire e se trova qualcuno disposto ad aiutarlo, allora che lo faccia. Ma che lo faccia come un accordo tra loro due, e soltanto loro due, senza pretendere il benestare statale. Se sei convinto di fare una cosa giusta la fai, legale oppure no, così come chi per amore verso un figlio(umanamente comprensibilissimo) testimonia il falso e svia il corso della giustizia. Nessuno avrà parole di fuoco per costui, gli verranno riconosciute delle attenuanti, ma non potrà pretendere di cambiare il male in bene.

  12. Mansueto ha detto

    L’eventuale legge che da tanti viene proposta sarebbe anche contradditoria: se si afferma che bisogna lasciare la scelta della morte a discrezione di chi subisce quelle condizioni, con ciò si lascia intendere che ci sono persone che sceglierebbero di morire e altre che, pur versando in identiche condizioni, deciderebbero di continuare a vivere; la legge quindi ammetterebbe implicitamente che non sono le condizioni di per loro a determinare la scelta, ma è il come vengano avvertite da chi ne è affetto.
    Se allora il criterio da seguire è “lasciare libero di morire colui che avverte non valga più la pena di vivere”, perché a quel punto obbligare chi, per i più disparati motivi, vuole suicidarsi a desistere dai propri intenti? Di solito chi viene beccato a mettere in opera il proprio suicidio viene bloccato e si cerca di convincerlo a ripensarci, ricorrendo magari al sostegno di strutture sanitarie, di uno psicologo, uno psichiatra o altro. Con una legge con quella ratio, continuare a fare così costituirebbe una disparità di trattamento; la “gravità” delle condizioni nei casi dei malati non sarebbe giustificazione valida perché:
    1)il legislatore, come nessun altro, non ha la sfera di cristallo per poter sapere che le condizioni del malato resteranno irreversibilmente “gravi” – ossia che nessuno possa farlo ricredere, come nel caso dei suicidi, o che nel corso della vita dello stesso la medicina non possa progredire al punto da guarirlo totalmente o, comunque, da portarlo a condizioni per lui più accettabili – e non può quindi lasciare che vengano date soluzioni “definitive e irreversibili” (la morte) a questioni cui non si ha certezza assoluta siano altrettanto “definitive e irreversibili”.
    2)per poter ammettere differenze di trattamento bisogna stabilire una linea di demarcazione esatta tra chi può e chi non può ricorrere a quella legge. Tale linea di demarcazione, per essere esatta, dovrebbe basarsi su un criterio oggettivo, ma la legge stessa in partenza si basa su un criterio soggettivo (ciò che il paziente stesso avverte come “grave”), perciò non sarebbe fattibile.
    P.S. Anche Giuliano Guzzo ha di recente scritto un articolo sulla vicenda, mi è parso interessante. Voi che ne pensate?

    • Luca ha detto in risposta a Mansueto

      La soglia del dolore é legata alle capacità di sopportazione del soggetto, perciò non si vede come possa essere determinata in senso oggettivo

      • Mansueto ha detto in risposta a Luca

        Infatti, se la legge è basata sul criterio soggettivo della capacità di sopportazione del soggetto, non applicarla ogniqualvolta il soggetto si ritiene incapace di sopportare il dolore sarebbe incoerente e inutilmente discriminatorio, quindi si dovrebbe lasciare campo libero a chiunque voglia morire e perciò anche ai depressi che vogliono suicidarsi, seppur fisicamente sani.
        P.S. per dolore intendo quello emotivo, come mi pare intenda anche tu, visto che per quello fisico esistono le cure palliative.

  13. Fabio ha detto

    Non desidero scontrarmi con nessuno, per quello che mi appresto a scrivere, ed anche spero di non peccar di presunzione, ma due settimane fa, leggendo una breve intervista rilasciata da Fabiano, in arte Dj Fabo, l’aspetto sul quale mi sono soffermato a leggere e rileggere, è stato il suo dolore per non poter più vedere, quel buio in cui lui diceva di vivire.
    Credo che la cecità, più della paresi, sia stata la causa principale del suo desiderio di ricorrere all’iniezione letale.
    Giusto? Sbagliato?
    In quanto Cristiano, dico assolutamente sbagliato, ma da semplice uomo non mi pronuncio.
    Dire vista è dire luce e colore, dire luce e colore è dire vivere.
    Lasciati dire un’ultima cosa.
    Quando ho saputo della sua morte, ho guardato il crocefisso e per un attimo ho avuto come “uno sbalzo temporale”, immaginando di vedere Gesù che guariva i ciechi come sta scritto nel Vangelo, ed un immane senso d’impotenza che saliva dentro di me e che mi dava vertigine.

  14. Sebastiano ha detto

    Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia della Vita, ha giustamente ricordato che si tratta di una «sconfitta per tutti».

    Se lo ricordava anche quando ha fatto il panegirico per Pannella (che diceva le stesse identiche cose di Cappato, e ne ha dette anche di peggio), magari ne traeva gran giovamento.

    • Xlove ha detto in risposta a Sebastiano

      In quel caso parlava di casa carcerati e non di eutanasia. Purtroppo il tradizionalista medio non riesce nemmeno a usare un minimo di razionalità nelle sue cieche condanne al mondo ecclesiale. Socci parte con l’idiozia e tutti gli idioti suoi lettori la diffondono a sfinimento senza nemmeno provare a ragionare con la propria testa, troppo convinti che stia “venendo giù tutto”. Siete folli…

      • sara ha detto in risposta a Xlove

        Che strani toni per un nick cosi’ inclusivo e amorevole…

      • Vincent Vega ha detto in risposta a Xlove

        Beh, cara Xlove, effettivamente qualcosa che “sta venendo giù” c’è, ovvero il modello tridentino di Chiesa (cioè il modo di essere Chiesa stabilito da quel Concilio), del resto la Chiesa, pur nella continuità dottrinale e di principi (che non può venire meno) ha già cambiato “faccia” diverse volte.

        Ora siamo al tramonto definitivo del modello ecclesiale inaugurato quasi cinque secoli fa, modello già messo pesantemente in discussione col CVII, e questo per molti è fonte di disorientamento.

  15. Sophie ha detto

    Se dovessi ammalarmi gravemente tenetemi lontani i Cappato e uccellacci del malaugurio vari.

    • Klaud ha detto in risposta a Sophie

      Ti auguro con tutto il cuore di non trovarti mai in quel frangente.
      Ma penso che chi vi si trovasse, la più grande sciagura sarebbe trovarsi intorno solo persone che non prenderebbero in nessuna considerazione la sua volontà.
      Magari con un consolante ”Il dolore avvicina a Dio…”

      • Michele ha detto in risposta a Klaud

        Il punto è fino a che punto vada rispettata la volontà. La volontà può eliminare la radice stessa della sua esistenza, ossia la vita? Se sì, allora si cade un circolo vizioso.

        • Klaud ha detto in risposta a Michele

          Michele, Sara, Sophie

          Nelle condizioni esattamente uguali a quelle del dj, cosa avreste deciso?

          • Vincent Vega ha detto in risposta a Klaud

            @Klaud

            “Nelle condizioni esattamente uguali a quelle del dj, cosa avreste deciso?”

            Eh, bella domanda. Anzi è LA domanda.

          • Vincent Vega ha detto in risposta a Klaud

            Per questo io affermo di essere un ipocrita, perché se posso condannare una determinata scelta in astratto poi, nel concreto, se mi ci dovessi trovare, non so come agirei.

            • francoclassecinquantasei ha detto in risposta a Vincent Vega

              …come fai a dire anzitempo che sei un ipocrita? magari quando ti trovi in quella situazione ti dimostri un eroe…abbi Fede…

              • Vincent Vega ha detto in risposta a francoclassecinquantasei

                Li bisogna essere Santi, non eroi. La Santità è dono di Dio, perciò dipenderebbe innanztutto da Lui, in quel caso. 😉

                Ad ogni modo spero che voglia risparmiarmi una croce del genere, che non augurerei al mio peggior nemico.

              • Vincent Vega ha detto in risposta a francoclassecinquantasei

                Parlo di Santi non a caso. Padre Pio, che è stato un vero e proprio “alter Christus”, nel vero senso della parola, avendo patito i dolori della Passione, per Sua stessa ammissione senza Dio non avrebbe saputo fare altro che “peccare e peccare”.

                Di sicuro senza delle Grazie efficaci straordinarie non avrebbe mai potuto sopportare ciò che ha sopportato nella sua vita, sia nel fisico che nello spirito. Nessun cristiano cattolico “normale” potrebbe sopportare ciò che ha vissuto Padre Pio, senza delle Grazie più che straordinarie.

                Perciò siamo tutti nelle mani di Dio. Se Dio vuole può fare anche del peggiore spacciatore un grande Santo, mentre l’uomo da solo, con la sua sola volontà, non può fare nulla. (GV 15,8).

          • lorenzo ha detto in risposta a Klaud

            Mi sono posto anch’io la domanda e perciò ti rispondo: se le persone che mi stanno attorno non mi facessero un peso per loro e non vi fosse sofferenza fisica avrei scelto la vita.
            Tieni infatti presente che, molto spesso, anche se le persone che circondano un malato danno ad intendere che gli vogliono bene, il messaggio che trasmettono è: ma quando ti togli dai piedi?

          • Michele ha detto in risposta a Klaud

            Ti rispondo tranquillamente che, a differenza della sicumera di coloro che sostengono che in tali condizioni mai vorrebbero vivere (andiamo nei centri per disabili e ve ne trovo quanti ne volete che prima dell’incidente che li ha resi paralizzati ragionavano così e adesso non pensano all’eutanasia manco per sbaglio), non lo so, perché non ritengo neppure concepibile prendere oggi, in una situazione del tutto differente, una decisione per un domani che posso solo lontanamente configurarmi. Se voi ne siete capaci ammiro la vostra fantasia, davvero.

            Anzi, ti dirò di più: penso che mi sentirei più propenso a volere la morte nel caso in cui, dopo essermi sposato e fatto dei figli, li vedessi perire in un incidente, magari causato dal sottoscritto. Penso che la sofferenza che devo subire sarà molto meno sopportabile del rimanere paralizzato.
            In questo caso me lo volete riconoscere il “diritto” al suicidio assistito oppure no? Eh sì, si tratta della mia vita e della mia sofferenza, mica vorrete dirmi che il mio dolore in questo caso non è sufficientemente degno del suicidio assistito? Non rispondermi che posso suicidarmi da me: di rimanere spiattellato ad agonizzare dopo essermi gettato da un viadotto non ho alcuna voglia, né ho dimestichezza nell’uso delle armi. Voglio che il mio “diritto a morire” mi venga riconosciuto, è la mia vita e su essa decido solo io, o no?

            Come vedi, le domande capziose si rivelano un’arma a doppio taglio per chi le pone… Se vuoi discutere sono qua disponibile, ma facciamolo con argomentazioni razionali (io te ne ho presentata una, puoi sempre tentare di mostrare dove sbaglio), senza sviare il discorso.

            • Klaud ha detto in risposta a Michele

              Cosa ci sia di capzioso lo sai solo tu. La domanda era elementare: essere cieco, paralizzato e mooooolto sofferente.
              Già il supporre delle varianti a proprio vantaggio è indice di poca propensione alla sofferenza.
              È rivelatore di un certo modo di pensare anche il concepire di farla finita in un caso come quello che hai immaginato…
              Non è più coraggioso restare e prendersi le proprie responsabilità, visto che comunque saresti in buona salute?
              A me è capitato di vedere un ricoverato in un ospedale per lungodegenti: passava le giornate abbandonato su una sedia a rotelle, la testa riversa all’indietro
              e incessantemente urlava ”Fatemi morire!”. E non lo cag**va nessuno. È per questo che non me la sento di decidere per gli altri. Per me stesso è ‘sì’.

              • Michele ha detto in risposta a Klaud

                Capziosa perché intenzionata a porre in difficoltà il rispondente facendo vedere come l’opposizione all’eutanasia venga solo da chi, sotto sotto, è solo un ipocrita in buona salute. Magari mi sbaglierò, ma l’impressione che la domanda lo fosse capziosa era elevata.
                Strano il tuo atteggiamento (che non è tuo personalmente, ma di tutti i pro-eutanasia che finora ho incontrato): non te la senti di decidere per gli altri, accetti che chi soffre abbia diritto a porre termine alla sua vita, però devo soffrire come pensi tu, perché se soffre in maniera differente a come pensi tu allora no, non è più padrone della propria vita, ma ci sono mille distinguo. Anzi, fai pure la morale: poco propenso alla sofferenza, poco coraggioso (per inciso, qua nessuno ha dato giudizi sulla persona di dj Fabo, tu, nell’esempio che ti ho portato, non ti risparmi), deve assumersi le sue responsabilità (come se farsi x anni di carcere per omicidio colposo cancelli il dolore della perdita).
                Insomma, ragioni esattamente come i “cattolici integralisti” cui vuoi opporti: pretendi di sapere cosa gli altri vivono, soffrono, patiscono e ovviamente, in base a tale “sapienza”, regolare la vita altrui.
                Non mi aspetto ovviamente argomentazioni: sono anni che dibatto su internet con voi e so bene che basta scavare un po’ e non vi ritrovate più. Ed alla fine cosa rimane? Il caso pietoso, che nel Paese dove D’Urso e De Filippi sono star televisive, avrà comunque successo.

                P.S. Il tale che hai visto in ospedale forse si era ridotto così proprio perché non se lo cag**va nessuno. Se qualcuno fosse andato lì a confortarlo (non tu, anch’io so quanto sono manchevole sotto questo aspetto) probabilmente il “Fatemi morire!” non l’avrebbe urlato.

      • sara ha detto in risposta a Klaud

        Quindi se domani mi andasse di vendermi un organo o schiavizzarmi dovrebbero tutti applaudirmi e non osare intralciare il mio volere?…

        E mettiamo caso che il “volere”( come lo chiami tu) fosse influenzato da determinate circostanze, situazioni o terze persone?.

        Ammirevole l’approssimazione di tutto alla semplice parola ” Volonta’”.

        Se magari ne ricavassi anche una formula matematica la si potrebbe addirittura applicare come condizione “sine qua non”.

        Il bigottismo lo lasciamo a casa, ma la Ragione e’ andata gia’ in pensione da un pezzo.

      • Sophie ha detto in risposta a Klaud

        La più grande sciagura è avere uno sciacallo che mi gira intorno e fa le sue battaglie sfruttando il mio dolore.

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