La fede e il benessere psicofisico: distinzioni da effetto placebo

«Con questo articolo diamo avvio alla collaborazione con Maria Beatrice Toro, psicologa, psicoterapeuta e docente presso l’Università La Sapienza di Roma. Dal 2008 è Direttore Didattico della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo Interpersonale SCINT di Roma e coordinatore scientifico presso l’Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale (ITCI)».

di Maria Beatrice Toro
*psicologa, psicoterapeuta e docente presso l’Università “La Sapienza” di Roma

 

Gli studi che individuano maggiori livelli di benessere e di salute nei credenti colgono diversi aspetti di un fenomeno affascinante e complesso, che tocca stili di vita, modi di pensare, assetti affettivi ed emotivi, pratiche quali la preghiera e la meditazione, la frequentazione regolare di funzioni e celebrazioni religiose, l’abitudine a effettuare esercizi spirituali. Se è vero, infatti, che le persone religiose potrebbero godere di maggiore salute – come riporta la letteratura scientifica sull’argomento – poiché tendono ad assumere stili di vita più sani (in conseguenza all’accettazione di prescrizioni e regole di vita che scoraggiano una serie di pratiche dannose), sembra, tuttavia, importante sottolineare come non tutto si possa spiegare in base a questo tipo di  premessa.

 

La letteratura scientifica indica maggior benessere nei credenti.

Non sono in molti a dubitare seriamente che uno stile di vita salutare contribuisca a migliorare il benessere ed è altamente probabile che condividere il medesimo stile moderato con la collettività dei credenti rafforzi la propria determinazione e la fermezza nel mantenere i propositi. Fin qui niente di illuminante, se non la constatazione che chi crede ha maggiore motivazione nel seguire delle buone pratiche ed è incline ad autodisciplinarsi in modo più efficace rispetto a chi non crede. Un altro dato che può in parte spiegare il benessere delle persone religiose riguarda la minore vulnerabilità alla depressione; questa si lega, probabilmente, al contrasto del sentimento di disperazione e a una buona capacità di riconoscere i momenti in cui si ha bisogno di aiuto, che distingue i religiosi dagli scettici. I credenti hanno un maggiore sentimento di fiducia nel poter ricevere aiuto. La cosiddetta “inaiutabilità”, una percezione che è caratteristica di chi tende a sviluppare disturbi depressivi, viene mitigata, nei credenti, dal messaggio che si può fidarsi e che quando si è in difficoltà si può chiedere, con la preghiera, ma anche con il ricorso agli altri.

Ciò che mi appare interessante è tentare di sondare il senso di tali specificità di pensiero e comportamento, introducendo elementi propriamente psico-biologici e correlandoli al maggior benessere psicofisico. Torno, allora, come primo esempio, alla capacità di autodisciplina, provando a delineare il motivo grazie a cui i credenti risultano in grado di controllarsi di più, come riporta una gran mole di letteratura scientifica sull’argomento. Una delle ragioni può risiedere nel fatto di mettere grande impegno ed energia nel perseguire obiettivi, allorché questi obiettivi vengano percepiti come fondamentali, o, ancor più, come sacri. Non si tratterebbe, però, di una specificità esclusiva delle persone religiose, ma riguarderebbe, piuttosto, tutte quelle persone che possiamo definire “molto determinate”.  Il discorso si approfondisce se si vanno ad osservare gli effetti dei sentimenti e delle attività tipiche dei credenti, cercando di individuare quale sia il loro impatto sulla mente umana e sulla qualità della vita. Un passo importante è, allora, sottolineare il senso di speranza e fiducia che caratterizza chi dà una prospettiva positiva e un senso alle cose. È una sorta di “nutrimento spirituale”, che, nella maggior parte dei casi, può migliorare l’affettività, innalzare l’autostima e promuovere atteggiamenti costruttivi.

Ci si può soffermare, poi, sul contributo apportato da pratiche fondamentali collegate alla fede, quali la preghiera, solitaria o collettiva, la meditazione, la partecipazione alle celebrazioni, per andare a vedere nel dettaglio come possano incidere su stati psicofisici e qualità mentali, quali la volizione e l’autocontrollo. Tutti questi atteggiamenti e comportamenti si ripercuotono, infatti, nel funzionamento cerebrale in modo peculiare, favorendo lo sviluppo di alcune caratteristiche. Gli effetti maggiori riguardano l’attivazione di aree importanti, nei lobi parietali e temporali, nella corteccia anteriore del giro del cingolo e nella corteccia prefrontale mediale. Tali aree hanno a che fare con le cosiddette “capacità meta cognitive”:  riflessione, empatia, capacità di auto-regolazione. La fede e la preghiera comportano, in particolare, modalità di attivazione cerebrali molto diverse dalle attivazioni che si osservano nei fenomeni di suggestione, che passano per altre vie neurali e altri sistemi psicofisiologici. Gli effetti, che oggi si sa essere benefici, della preghiera e della meditazione vanno distinti da quelli del rilassamento, delle pratiche suggestive e ipnotiche, dell’effetto placebo.

 

La fede e l’effetto placebo, la grande differenza.

Nell’effetto placebo, infatti, i meccanismi neurofisiologici che sono attivi nei soggetti altamente suggestionabili non risultano sovrapponibili a fenomeni osservati nei credenti. I meccanismi della suggestione coinvolgono, anche qui, aree specifiche del cervello, che hanno a che fare con i cosiddetti “sistemi del reward”, quei circuiti neurali che si attivano in base a quanto un’attività sia gratificante. In particolare, una serie di studi ha approfondito il meccanismo psicofisico indotto nel paziente in seguito alla somministrazione di sostanze che non hanno nessuna reale proprietà farmacologica, ma che in molti casi dimostrati riesce ad alleviare un dolore o addirittura a migliorare lo stato fisico. Secondo la definizione di Shapiro: «Placebo è ogni procedura deliberatamente attuata per ottenere un effetto o che, anche senza che se ne abbia nozione, svolge un’azione sul paziente o sul sintomo o sulla malattia, ma che oggettivamente è priva di ogni attività specifica nei confronti della condizione oggetto di trattamento. Tale procedura può essere attuata con o senza consapevolezza che si tratti di un placebo». Si tratta di un fenomeno che ha molto a che fare con la suggestione, ma ha caratteristiche peculiari che lo distinguono dagli altri tipi di suggestione, quali l’ipnosi e l’autoipnosi. Una ricerca condotta dai di neurologi del Department of Psychiatry and Molecular and Behavioral Neuroscience Institute dell’Università del Michigan, coordinati da Jon Kar Zubieta, ha individuato, in particolare, un settore del sistema limbico, il Nucleus Accumbens che viene potentemente coinvolto quando si attiva l’effetto placebo. Questo nucleo e il sistema endorfinico della dopamina intervengono, infatti, quando ci si aspetta di ricevere un aiuto e influenzano la risposta alle cure mediche. La pratica religiosa attiva meccanismi cerebrali differenti e sovrapporre l’effetto placebo ai fenomeni legati alla fede, al di là della propria personale posizione sull’argomento, sarebbe, comunque, un errore scientifico abbastanza grossolano.

Fatta, dunque, questa importante distinzione, vorrei concludere questa breve riflessione con un approfondimento, suggerito dagli studi di Andrew Newborg e Eugene d’Aquili, pionieri nella ricerca dei meccanismi neurobiologici della fede. I due studiosi affermano, riportando l’ampia letteratura in materia, che i comportamenti religiosi contribuiscono alla buona salute per la loro capacità di riduzione dello stress. Una preghiera silenziosa, o una meditazione, o la partecipazione a una celebrazione attivano la funzione parasimpatica, rafforzando la risposta immunitaria agli agenti patogeni, riducendo frequenza cardiaca e pressione sanguigna, nonchè la concentrazione ematica di ormoni quali il cortisolo.

C’è, però, anche un tipo di attivazione ulteriore, che può essere innescato dalla preghiera intensa e continuativa. Questa pratica favorisce il raggiungimento della percezione che le cose abbiano un senso unitario. E’ il cuore spirituale dell’esperienza religiosa, il momento in cui si nella mente si apre lo spiraglio della trascendenza, reso possibile dalla struttura stessa del nostro cervello. Le specificità umane rendono infatti possibile questo tipo di intuizione e di dialogo, in cui si trascende se stessi; i suoi complessi effetti non si spiegano agevolmente ricorrendo a sovrapposizioni con altre attività e stati mentali.  Se vogliamo indagare la natura di questa capacità di auto trascendenza dell’essere umano ed i suoi effetti, spesso benefici, è importante partire dall’ipotesi che si tratti di qualcosa di diverso, di un fenomeno originale, una peculiarità di funzionamento assunta dalla coscienza umana quando entra in gioco l’esperienza di Dio.

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60 commenti a La fede e il benessere psicofisico: distinzioni da effetto placebo

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  1. Francesco B. ha detto

    Un altro membro per la nostra squadra 😀

    • Paolo Viti ha detto in risposta a Francesco B.

      Beh non credo di far parte di una squadra sinceramente…se non quella di chi ama la verità, qualunque essa sia e da qualunque parte arrivi.

  2. Alcor vega ha detto

    Grazie per l’articolo che trovo bello e interessante

  3. Ercole ha detto

    Caspita che argomento interessante! Trattato in modo davvero bene. Complimenti alla dottoressa. La psicologia, sopratutto dopo Freud, ha avuto sempre grande contrasto con la religione. Il tema trattato è uno dei piani di lavoro comuni che fanno senz’altro avvicinare le due sfere.

    • Ermanno ha detto in risposta a Ercole

      Credo anch’io che Freud abbia davvero giocato un ruolo pesante su questo. C’è una sorta di dipendenza del mondo psichiatrico verso di lui, lo si è visto quando Onfray ha tentato di attaccarlo. Si è scatenato il finimondo.

      • Vronskij ha detto in risposta a Ermanno

        E’ più che vero che Freud ha fato molti danni alla religione, ma nello stesso tempo ha scoperto nel testo greco il complesso di Edipo come l’equivalente del peccato originale del testo ebraico. In più il complesso di Edipo dimostra la relazione fatale tra eros e thanatos, e in senso più negativo tra perversione sessuale e la criminalità, come parte della natura caduta del uomo. La verità dipende da che prospettiva si vedono le cose, puoi vedere la stessa verità da posizioni diversi.

        • lorenzo ha detto in risposta a Vronskij

          “… ha scoperto nel testo greco il complesso di Edipo come l’equivalente del peccato originale del testo ebraico…”
          Mi potresti per favore spiegare meglio cosa avrebbe scoperto Freud?

          • Vronskij ha detto in risposta a lorenzo

            L’opera “Edipo Re” si apre con la presentazione della città di Tebe afflitta dalla sterilità (sesso) e dalla pestilenza (morte); i cittadini chiedono perciò aiuto a Edipo, re della città, perché aveva liberato Tebe dalla Sfinge. Secondo oracolo di Delfi per salvare Tebe è necessario scoprire e esiliare l’uccisore di Laio (il predecessore di re Edipo).
            Viene convocato l’indovino Tiresia che afferma la colpevolezza di Edipo stesso, il quale avrebbe ucciso il padre e si sarebbe unito in un rapporto incestuoso con la madre. Il re, sdegnato, scaccia Tiresia e prosegue le ricerche, non credendo assolutamente a ciò che ha udito. Dopo una complicatissima trama Edipo, ostinato ad andare fino al fondo, scopre in fine che Laio è il suo padre, e per di più ucciso da lui stesso, mentre la sua moglie Giocasta, era sua madre. Conclusione: Giocasta si suicida, Edipo si acceca trafiggendosi gli occhi, e poi si allontana dalla città in volontario esilio.

            La situazione edipica (parricida e incesto con madre) Freud lo trova come invariante in molte opere artistiche (accompagnati da dati biografici) e nei sogni dei suoi pazienti.

            Non esiste testimonianza migliore per comportamento “normale” dell’uomo verso Autorità in qualunque posizione padre biologico o non, autorità politica o religiosa (re, presidente o papa), Dio (padre nel cielo). Per capire meglio si deve accettare il concetto Dio padre e madre insieme, purtroppo taciuto dalla Chiesa, anche se dichiarata da papa Luciani. In conclusione il comportamento “normale” è uccidere Dio celeste e violentare la Madre terra, la pratica di ogni giorno testimoniato splendidamente dai giornali.

            Spero che non ricominci la tua cantilena di supposizioni fantasiose intorno il mio background corrotto.

            • Antonio72 ha detto in risposta a Vronskij

              Totem e tabù.
              Non so cosa intendi per Dio padre e madre insieme, ma ha poco a che vedere con il complesso edipico e le prove testimoniali antropologiche che Freud, nel suo Totem e tabù, preleva a piene mani dalla vasta documentazione di Frazer.
              Malinoski pensava di averlo convalidato “ex-contrario” in campo antropologico quando scoprì in Nuova Guinea delle società matrilineari.
              Se il complesso edipico comportava A) ambivalenza verso la figura del padre B) il tabù dell’incesto rivolto alla madre, all’interno di una società matrilineare in cui figura fondamentale non si costituisce il padre ma lo zio materno, è verso di questi che dovrebbe rivolgersi l’ambivalenza; mentre il tabù dell’incesto dovrebbe riguardare la sorella.
              Ed era proprio quello che avveniva nelle Tobriand.
              Ovviamente i freudiani classici obiettavano parlando di rimozione alla fonte della struttura repressiva, ovvero con il concetto di “repressione rimossa” su cui lo stesso Malinowski non risparmiò la sua ironia e conseguentemente rifiutò di accettare la fondamentalità del complesso di Edipo nei confronti di tutti i processi culturali e sociali. Freud sosteneva che “Edipo” era l’origine; per Malinoski esso era la manifestazione di una funzione in rapporto ad “imperativi primari”, ma non assoluta.
              Poi vabbè arriva anche Jung con i suoi archetipi che si differenzia dal suo amato-odiato padre della psicanalisi per essere un pochino meno monotematico. Tanto che le cronache raccontano di un’ultima imbarazzante preghiera del padre della psicanalisi che ammonisce Jung “a non abbandonare la strada maestra del sesso!”.

              • Vronskij ha detto in risposta a Antonio72

                Antonio perché hai degnato di replicare in un campo (psicologia, antropologia) definito da te sciocchezze. Non si lotta contro le sciocchezze, guarda e passa.

                Non mi stupisce il fatto che Malinowski & com. negano la fondamentalità del complesso di Edipo. E chi se ne frega di quel che vuol trasmettere una tragedia greca o un libro di psicologia, dopo che si è negato il peccato originale, la fondamentalità del cristianesimo?

                • Antonio72 ha detto in risposta a Vronskij

                  Veramente non solo Malinokski, perchè come saprai la psicoanalisi o psicologia dinamica non comprende solo i freudiani. Qualche passetto in avanti lo si è fatto anche in quel ramo della psicologia. Detto in parole povere la psicoanalisi moderna non crede che l’essenza umana si fondi sul complesso di Edipo, ovvero che tutti gli uomini vogliano inconsciamente violentare la madre ed uccidere il padre. Insomma oggi si punta di più sull’affettività e sulle relazioni interpersonali piuttosto che sulle pulsioni primitive di carattere prettamente sessuale. Che poi la psicoanalisi sia una sciocchezza, non credo, tuttavia di certo non è scienza, e questo è un dato oggettivo.
                  Nemmeno credo che il peccato originale c’entri qualcosa con il complesso d’Edipo, piuttosto la tua teoria mi ricorda vagamente la tesi di Campbell e di altri. Secondo questa tesi l’uomo mangiando il frutto dell’albero della conoscenza, non solo del bene e del male, ma anche della vita e della morte (eros e thanatos), del maschile e femminile, ecc.. è caduto nel campo del tempo che ha carattere duale. Quindi, secondo Campbell, nel Giardino dell’Eden non vi era alcuna differenza tra l’uomo e Dio: “Dio cammina nel fresco della sera nel giardino dove si trovano anche l’uomo e la donna. Poi l’uomo e la donna mangiano la mela, che rappresenta la conoscenza degli opposti, e quando scoprono di essere diversi scoprono anche la vergona. Non avevano mai pensato a se stessi come a opposti. Maschile e femminile sono una delle opposizioni; un’altra è quella tra umano e divino, un’altra ancora quella tra bene e male. Le opposizioni primarie sono quella sessuale e quella tra esseri umani e Dio. Poi viene l’idea del bene e del male nel mondo. Potremmo dire che Adamo ed Eva si sono esclusi dall’unità senza tempo proprio attraverso un atto di riconoscimento della dualità. Per entrare nel mondo devi riconoscere l’esistenza di coppie di opposti.”
                  Questa teoria, oltre che essere palesemente autocontraddittoria (lo potrebbe rilevare anche il prof. Masiero), è lontano centomila anni luce dalla teologia cattolica.

                  che vede nella caduta dell’uomo

                  • Alcor vega ha detto in risposta a Antonio72

                    Non solo io direi di dare un occhiata anche a Milton Erikson che in un certo senso ribalta tutti questi concetti ritenendoli non necessari per le guarigioni di patologie

                    • Antonio72 ha detto in risposta a Alcor vega

                      Come saprai non ho tanta stima della psicoanalisi: già quando sento parlare di “patologia” mi viene da chiedere “di che tipo?” e di conseguenza quando si parla di guarigione dalla patologia mi viene da chiedere “guarigione da che?”.
                      Se intendiamo come patologia la nevrosi, nel mondo contemporaneo è difficile che qualcuno non ne sia affetto. Allora se la patologia diventa normalità ed anche sinomino di infelicità, significa che non è necessario uscirne per poter convivere in una società di fatto malata e arida spiritualmente e quindi infelice. A meno che non sopraggiunga la consapevolezza, allora ci si accorge di “stare male”. Ma l’uomo moderno è troppo distratto da altro per potersene accorgere, e poi non ha tempo perchè uno dei principali comandamenti è rincorrere i minuti, fino a spaccare il secondo. Inoltre il mondo moderno è così inetto e materialista che ad un disagio spirituale risponde con la diffusione di potenti farmaci, perchè non è tanto la patologia personale che si vuole curare, piuttosto forzare l’individuo ad adattarsi allo standard predominante di una società assurdamente violenta e competitiva (in linea con la selezione naturale neodarwiniana, come lo è la stessa psicoanalisi di Freud).
                      Se poi qualcuno ha mai provato una volta l’esperienza che l’articolista definisce di “spiraglio alla trascendenza” capisce che tutti, più o meno, stiamo male nella quotidianità, capisce che la coscienza vigile che ci rende liberi sia qualcosa di speciale, molto più dell’inconscio meccanico che accomuna l’uomo con tutti gli altri esseri viventi e da cui provengono gli impulsi più primitivi. Non a caso Freud rovesciava proprio questo punto di vista, come alcuni filosofi contemporanei che si occupano di spiegare la mente, ed in particolare la coscienza umana.
                      Per Freud il religioso è un nevrotico in quanto non può adattarsi allo stile di vita (nevrotico) imposto dalla modernità.

                  • Vronskij ha detto in risposta a Antonio72

                    Antonio72
                    Per chiarire una volte per tutte: io non sono freudiano e neanche junghiano, e meno che meno neofreudiano e neojunghiano, perché sono convinto che i processi della coscienza sono di un ordine più alto di quelli della subcoscienza. Non mi siedo su un divano psicoanalitico, e neanche consiglio ai altri. Cosi risparmi i stralunghi commenti su Campbell e compagnia bella che oggi vano di moda.

                    Pero non posso non riconoscere il merito di Freud di scoprire, da un altro punto di vista (anche contraria), esistenza del peccato originale nelle persone. E non campato in aria, ma dettagliatamente: relazione fatale tra perversione sessuale e il crimine, testimoniata in Genesi “Il giorno che mangiate (la mela della strega direbbe Campbell) morirete” (morte spirituale). Quando Adamo ed Eva hanno sentito vergogna, hanno coperto le loro parti sessuali, non la bocca. Mangiare, nel senso originario della parola, per una dona aveva il doppio significato di mangiare e di fare sesso (la vagina è una bocca tagliata verticalmente). Tutto qui.

                    Lo so che “la psicoanalisi moderna non crede che l’essenza umana si fondi sul complesso di Edipo” e che “oggi si punta di più sull’affettività e sulle relazioni interpersonali piuttosto che sulle pulsioni primitive di carattere prettamente sessuale”. Ma diversamente da te, so bene perché succede questo. Il compito principale della cultura postmoderna è di nascondere le tracce dei fonti originari, esistenza di ogni evento originario e la possibilità di indagare fenomeni su questi eventi. Non è il problema di quel che è successo nei primordi di storia, il problema è che un inizio implica una fine, e per conseguenza un scopo, una finalità e una opera da completare.

                    Da questo punto di vista Freud rimane superiore ai suoi detrattori postmoderni, quando sono positivisti come lui. Non perché lui era migliore dal punto di vista del suo credo antireligioso, ma perché lui credeva che poteva sostituire la religione con un’altra surrogato religioso. Si sa che il metodo della confessione psicoanalitica è la coppia della confessione religiosa.

                    • Antonio72 ha detto in risposta a Vronskij

                      Che dire….ovviamente non condivido una sola parola, soprattutto l’ultima frase. A questo proposito quello che avevo da dire l’ho già detto.

            • lorenzo ha detto in risposta a Vronskij

              Con i tuoi interventi, dimostri sempre più che i tuoi studi sono stati fatti in una scuola con un curriculum che trasuda “socialismo reale” (Светский гуманизм) e che la tua cultura è tipica dell’Est Europa.
              Quello che invece non riesco a farti capire è che di questa tua cultura devi andarne fiero perché non è per nulla inferiore alla nostra: è diversa, ed è proprio dal confronto delle diversità che si può avere una crescita reciproca.

              – Il concetto Dio padre e madre insieme è già presente nell’antico testamento: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. (Is 49:15)”

              – Il complesso di Edipo non ha nulla a che vedere con il peccato originale perché, a meno di una forzatura del racconto per assimilarlo a miti greci ed in tal modo svuotarlo del suo significato, cosa che nelle scuole dell’ex impero sovietico era sistematicamente attuata con lo studio della storia delle religioni, Adamo non voleva in alcun modo ne uccidere ne sostituirsi a Dio, ma voleva diventare come Lui con le sue sole forze.

              • Vronskij ha detto in risposta a lorenzo

                Lorenzo
                Il concetto Dio padre e madre insieme lo vedi dappertutto se lo vuoi vedere. Il problema è che per la Chiesa vengono fuori rompicapi che mettono in discussione il celibato, poi le eresie tipo Dan Brown. Crolla tutto.

                Il mito dell’Edipo non svuota da significato il mito del peccato originale, anzi lo fortifica come complementare, e spiegandolo in modo più dettagliato (vedi il mio nuovo commento sopra in risposta ad Antonio).

                Tu dici: “Adamo non voleva in alcun modo ne uccidere ne sostituirsi a Dio, ma voleva diventare come Lui con le sue sole forze”. Io rispondo: diventare come Lui con le sue sole forze vuol dire uccidere Dio e sostituirsi a Lui. E’ un stato di anima che prende forma concreta gradualmente nella storia. Già dopo una generazione Caino uccide Abele, il quale, per Caino, era simbolicamente in posizione di Dio, come il preferito di Lui. Questo è il modello originale, la matrice che ha sfornato le stragi dei uomini di Dio nella storia. Da qui fino a Nietzsche, e poi Stalin la strada non è tropo lunga.

                • Vronskij ha detto in risposta a Vronskij

                  Mi spiego: esempio di Nietzsche è per illustrare idea dell’uccisione di Dio, mentre di Stalin per idea “sostituirsi a Lui”.

                • lorenzo ha detto in risposta a Vronskij

                  Il concetto di Dio padre, non è inteso come contrapposizione a madre, ma come Colui che è all’origine del tutto, l’archetipo del Genitore universale.
                  Già nella creazione viene affermato che il nostro essere maschio e femmina è parte integrante della nostra uguaglianza con Dio.
                  Vedere in Dio un maschile contrapposto al femminile, è farne una figura antropomorfa a nostro uso e consumo: Dio è il completamente altro.
                  Il problema del celibato rilegge, invece, l’assimilazione a Cristo in quanto uomo, non a Dio Padre.

                  Riguardo al problema del peccato originale, Freud, ebreo ed appassionato fin da giovanissimo allo studio della bibbia, può essere letto come una metafora dello stesso peccato: il tentativo di comprendere l’essenza di Dio facendo affidamento sulle proprie forze.
                  La lettura sessuale che egli ne dà è completamente fuorviante: sesso e peccato originale non hanno tra loro alcun legame.

                  Vediamo brevemente il testo:
                  “ …Dio (Io Sono ciò che Sono) disse: facciamo (verbo a plurale) l’Uomo (singolare collettivo: maschio + femmina) a Nostra (plurale) Immagine, e a Nostra Somiglianza…”
                  Poi Dio creo un giardino delimitato da quattro fiumi; due noti: il Tigri e l’Eufrate; due ignoti: il Pison ed il Ghicon e vi pose l’Uomo.
                  Nel racconto viene ora nuovamente narrata la creazione della donna (nel capitolo precedente infatti, al versetto 27, già si dice che “Dio creò l’Uomo, a sua immagine, maschio e femmina”); quì si vuole mettere in risalto la pari dignità tra i due sessi “carne della mia carne e osso delle mie ossa.
                  Al cap. 3 il serpente, invitandoli a cibarsi dell’albero della conoscenza del bene e del male, affermando: “ …si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene ed il male…”, utilizza delle verità per affermare il falso.
                  E’ infatti vero che i loro occhi si sono aperti, ma quando è avvenuto, si sono resi tragicamente conto di essere delle semplici creature indifese: “…ho avuto paura perché sono nudo (la nudità è sinonimo dell’insicurezza subentrata, qui evidenziata dalle parole “ho avuto paura”)”.
                  L’inganno è invece in quel “diventerete come Dio”.

                  Che la volontà di Dio fosse quella che diventassimo come Lui è stata messa il luce dall’Incarnazione quando Cristo, assumendo la nostra natura umana, ci ha resi partecipi della Sua natura divina.
                  Purtroppo la volontà di Dio era quella che nostro diventare come Lui fosse una realtà di dono, mentre l’Uomo l’ha trasformata in realtà di rapina.

                  Cristo ci ha insegnato che l’essere come Dio è un farsi riempire da Lui; per Adamo, l’essere come Dio, era una preda da fagocitare: è questo il peccato originale.

                  • Vronskij ha detto in risposta a lorenzo

                    Pensavo che stavi dicendo qualcosa di nuovo. Non fai un passo senza leggere il catechismo. Ho impressione che anche le scale li fai tenendosi alla ringhiera … .

                    • lorenzo ha detto in risposta a Vronskij

                      Veramente il catechismo volevo consultarlo, ma non l’ho fatto: ho lavorato sull’originale greco e sulle traduzioni comparate.
                      Però, se trovi che sono fedele al catechismo, è per me un motivo di merito e ti ringrazio.

  4. Alessandro M. ha detto

    Complimenti anche da parte mia, uno dei più bei articoli sul tema che ho letto. Posso chiedere alla dott.sa qualche link verso studi scientifici che attestano questa differenza di attivazione dall’effetto placebo?

  5. Carmine V. ha detto

    ho avuto molto piacere a leggere un articolo di questo tipo, sopratutto perché gli psicologi che affrontano questo argomento solitamente lo fanno per dire proprio l’opposto. se è possibile rivolgersi direttamente all’autrice anche io volevo farle una domanda. è questa: spiegare dal punto di vista evolutivo e neuroscientifico la nascita della fede, può in qualche modo avere qualcosa da dire sull’autenticità di tale “sentimento”? cioè mi spiego facendo un confronto: se qualcuno mi spiegasse perché dal punto di vista biologico e chimico io voglio bene alla mia ragazza, questo significa che il mio sentimento non è davvero autentico? spero di essermi fatto capire. ringrazio per l’eventuale risposta

    • Leonardo Paolo Minniti ha detto in risposta a Carmine V.

      Non vorrei rispondere prima io di Maria Beatrice, però credo che sarà difficile scoprire perché l’uomo possa aprirsi alla trascendenza al contrario di qualunque altro essere vivente. E anche il fatto che qualcuno mi spiegasse perché io ora stia scrivendo questa risposta, non significa certo che io allora non voglia scriverlo o che tu non esista. Spiegare il “come” è un aiuto, non è certo un ostacolo.

  6. Alcor vega ha detto

    Inoltre vorrei aggiungere e scusate se rubo spazio ai commenti, che io occupandomi di fisioterapia e molto spesso agendo nella riabilitazione in ambito neurologico e neuropsicologico vedo e testo che la persona credente (al di là del successo terapeutico)hanno uno sprint in più interiormente sembrano avere una felicità interiore che esula dal semplice fatto di stare meglio perchè riempono le loro giornate o perchè si aggrappano a qualcosa ,è una cosa molto differente e ringrazio ancora la dottoressa di aver gettato le luci su questo tipo di meccanismi

    • Nofex ha detto in risposta a Alcor vega

      Ma io credo che non possa che essere così. Insomma non lo dico in modo arrogante, ma partire da un “pieno”, ovvero da una prospettiva di senso compiuto della vita, un significato riconosciuto e sperimentabile, non può essere uguale a chi parte da un “vuoto”, da un relativismo, da una prospettiva ultima di non-senso (come appunto si chiama il blog dell’ateo più famoso d’Italia). Capisco che siamo in una società in cui vale il principio della parità dei diritti dell’utopia del multiculturalismo, però mi pare una questione sperimentabile in prima persona, oltre ad avere una conferma dal mondo scientifico come ha spiegato in modo impeccabile Maria Beatrice.

    • Daphnos ha detto in risposta a Alcor vega

      Alcor, sei la stessa persona che scrive sul gruppo Facebook “Scienza e Fede”? Se sì, come fai a prendere tanti insulti da Paolo Comandini e tirare avanti senza incazzarti?

      • Alcor vega ha detto in risposta a Daphnos

        Si sono io eh eh che ci posso fare non sopportano quando li fai notare che hanno delle conoscenze scientifiche più ideologiche che altro

  7. Laura ha detto

    Grazie molte! Post davvero bellissimo, spero in una collaborazione proficua con la dottoressa. Queste tematiche sono davvero poco affrontate seppur importanti per una visione razionale della propria fede.

  8. EnricoBai ha detto

    complimenti…mi è stato molto utile. bello anche il suo sito, molto curato.

  9. Rebecca ha detto

    Credo che alla confusione abbia contato molto anche l’importazione delle religioni orientali, le quali invece sfruttano il potere auto-suggestivo della meditazione.

  10. Carlo ha detto

    Io (agnostico) mi appresto a fare un esperimento su me stesso (da molto tempo pensato e mai messo in atto).

    “Sfidando” mia madre mi sono proprosto di iniziare da domani la recita del Rosario.

    Vi aggiornerò sulla situazione ogni tot giorni.

    • joseph ha detto in risposta a Carlo

      ok allora. tienici aggiornati.

    • Norberto ha detto in risposta a Carlo

      E’ una cosa molto bella. Vorrei però dirti questo: trova solo chi sta cercando. Se lo fai come “sfida per vedere cosa succede”, non accadrà nulla e dopo un giorno di stuferai. Se stai cercando davvero, qualcosa cambia. Il cristianesimo lo si incontra comunque attraverso un volto amico, questo è il metodo di Cristo (così ha iniziato con gli apostoli). Per cui l’esperimento, se posso permettermi, sarebbe seguire una persona cristiana che stimi e provare a stargli vicino. Gesù non ti viene incontro sfidandolo ma cercandolo davvero. Comunque grazie per averlo condiviso con noi.

      • Paolo Cattani ha detto in risposta a Norberto

        Ma se davvero le vie del Signore sono infinte, perché non accettare che si possa partire da una “sfida”? Magari nion accadrà nulla, ma ciò è esattamente quello che pensava l’allora ateo dott. Carrel accettando di accompagnare alcuni malati a Lourdes 😉

  11. dome ha detto

    Anche io vorrei iniziare come Carlo, anche dileggiandomi con una lettura quotidiana.
    Non ho la presunzione di affermare di aver letto la Bibbia per intiero; però
    l’ho studiata.
    Ora il problema nasce sulla comprensione di tale testo, mi è difficile confrontarmi con l’Antico Testamento, non riesco a capire quel Volto divino così diverso da Gesù.
    In seguito a ciò, non riesco a capire il significato di libertà in senso pieno.

    • Paolo Viti ha detto in risposta a dome

      Capisco la difficoltà di approccio dell’Antico Testamento, sopratutto se siamo abituati al Nuovo. Quello che traspare nell’A.T. è il volto di un padre duro e severo, che intende educare il suo popolo (di dura cervice) all’abbandono di idoli. Così lo sfida continuamente e lo mette alla prova, perché sia pronto poi per l’arrivo di Gesù. Devi leggerlo con questa prospettiva, il Nuovo è il compimento del Vecchio.

      Sulla libertà…qual’è la questione che non capisci?

      • dome ha detto in risposta a Paolo Viti

        Qual’è la vera libertà veramente vera, credere in modo dogmatico e fissatorio (non sto dicendo se è giusto o sbagliato, sto cercando di capire) o essere quello che si è veramente, rischiando coscienziosamente la propria disfatta.
        Se mi rispondi con la prima, vorrei capire come possa essere “libertà” avendo restrizioni di mentalità e impostazioni.

        • lorenzo ha detto in risposta a dome

          “…conoscerete la verità e la verità vi farà liberi.” (Gv 8.32)

        • Michele Silvi ha detto in risposta a dome

          E’ libertà essere schiavi delle proprie pulsioni?
          Solo chi rifiuta, chi calpesta, chi distrugge il peccato può dirsi libero, la libertà nel peccato è solo un’illusione: l’omicida era libero di non uccidere, eppure si è fatto incatenare del suo desiderio distorto, e ne è rimasto schiavo.
          Libertà è far aderire la volontà propria alla Volontà di Dio senza bisogno della Legge, perché nemmeno quella della Legge è vera libertà (libertà incatenata, per essere precisi). In definitiva, solo i Santi possono dirsi davvero liberi, ma chi può dirsi davvero Santo?

  12. Carlo ha detto

    Ragazzi, io sono agnostico ma non stupido.Se con la recita del rosario o comunque con la fede si sta meglio mi convertirò e seguirò la fede. Se invece dopo un paio di mesi vedo che non cambia nulla resterò nel mio agnosticismo.

    Ps:Piccola domandina…tecnica. Esiste un sito dove si spiega come recitare il rosario?Non ho capito molto ad essere sincero…

    • lorenzo ha detto in risposta a Carlo

      Adesso mi sono convinto che, forse, sei sincero perché, nel leggere il tuo intervento di ieri, mi sono chiesto: come può un agnostico sapere come si recita il S. Rosario?
      Forse, mi sono detto, quello “Sfidando” rivolto alla madre stava a significare che ti eri arreso alle sue insistenze: se è così, recitalo assieme a lei.
      Invito tutti a pregare per te.

    • Norberto ha detto in risposta a Carlo

      Giustamente Lorenzo suggerisce la condivisione di questo gesto con qualcuno. Io sono d’accordo, come ho suggerito sopra. Magari con qualche amico anche (non solo con la mamma) o con il parroco della tua parrocchia, insomma è la comunità (quindi la chiesa, il popolo dei fedeli è la chiesa!) che si coinvolge con te, con la tua iniziativa.

      Rosario: se hai la coronicina, una Ave Maria ogni granello (i granelli sono dieci e quindi dieci Ave Maria) e al granello più grosso un Padre Nostro e un Gloria. In sintesi: un Padre Nostro ogni dieci Ave Maria, per cinque volte (tanti sono i misteri da contemplare). Per iniziare direi che è sufficiente così.

      P.S. se vai dal tuo parroco e gli comunichi questo sicuramente sarà felice di dirlo con te e insegnarti.

    • joseph ha detto in risposta a Carlo

      Si dice che il Rosario faccia miracoli. Viste le premesse, ce ne sarebbe davvero bisogno. Scusa la brutalità, ma messa così sembra un contratto. Prestazione X in cambio di Prestazione Y. Mah, vediamo. Un consiglio: quando preghi, ascolta.

    • Antonio72 ha detto in risposta a Carlo

      Una critica (chiamiamola così) che aveva mosso una volta un ateo dell’UAAR (quello sì stupido) era che solo gli sciocchi sono convinti che, pregando per la pace, il mondo sarebbe migliore, in quanto l’esperienza ci racconta il contrario, ovvero guerre su guerre nonostante le preghiere.
      La mia risposta fu: “Se tutti pregassero per la pace, non rimarrebbe più nessuno disposto a fare la guerra”. Ovviamente intervento censurato, d’altronde come tutti gli altri.
      In realtà la preghiera è efficace, ma solo quando alla preghiera si accompagnano la convinzione e la fede. Se prego pensando al sugo che potrebbe bruciare, tanto vale che rimetto a posto il rosario, ed afferro il cucchiaio di legno.
      La distrazione e la leggerezza sono le vere cause che rendono inefficaci la preghiera. Il problema non è quindi la preghiera ma colui che prega.
      (Ne ho la prova sperimentale e tanto basta…a me).

      • lorenzo ha detto in risposta a Antonio72

        Dio è infinito, l’Uomo limitato.
        Ipotizzando 1000 il valore della preghiera ben fatta e 0,0001 quello della preghiera mal fatta, la distanza tra le due preghiere e Dio è, per entrambe, infinita.
        Dio, delle nostre preghiere, non ha alcun bisogno: siamo noi che abbiamo bisogno della preghiera per aprirci a quell’Amore genitoriale che Dio impaziente di darci, per abbandonarci a quell’abbraccio con il quale è ansioso di stringerci a Se.

        • Antonio72 ha detto in risposta a lorenzo

          Non credo sia così.
          Ovviamente non intendo la distanza tra Dio e l’uomo, ma il riferimento alla preghiera. Se Dio non ascolta, la preghiera è inutile o diventa un mantra come un altro.
          (Mt 6,5-6) (Lc 17,5).

          • Antonio72 ha detto in risposta a Antonio72

            Anzi mi correggo: non credo che tra l’uomo e Dio esista questa distanza infinita.

            • lorenzo ha detto in risposta a Antonio72

              Sul fatto che tra Dio e l’Uomo non esista alcuna distanza, hai perfettamente ragione.
              Era semplicemente un modo per mettere in risalto che Dio, delle nostre preghiere non ha bisogno: “Sono mie tutte le bestie della foresta, animali a migliaia sui monti. Conosco tutti gli uccelli del cielo, è mio ciò che si muove nella campagna. Se avessi fame, a te non lo direi: mio è il mondo e quanto contiene. Mangerò forse la carne dei tori, berrò forse il sangue dei capri?” (Sal 49.10-13).

              “Ora, nel pregare, non usate inutili ripetizioni come fanno i pagani, perché essi pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro SA LE COSE DI CUI AVETE BISOGNO, PRIMA CHE GLIELE CHIEDIATE.” (Mt 6.7-8)

              La preghiera che Dio preferisce, è quando riusciamo a trasformare tutta la nostra vita in una offerta che, come battezzati e quindi compartecipi del Sacerdozio di Cristo, e siamo abilitati ad offrirGli: le nostre gioie ed i nostri dolori, i nostri successi ed i nostri insuccessi, le nostre cose buone ed anche, perché no, le cattive: dovremmo cioè diventare “come bambini” che si affidano ciecamente nelle mani del Genitore.

              • Antonio72 ha detto in risposta a lorenzo

                Ma siamo noi ad avere bisogno delle nostre preghiere! E se pensassimo veramente che Dio non fosse in ascolto o indifferente, che senso avrebbe la preghiera? E se il mondo fosse perfetto e l’animo umano privato del tutto dall’angoscia esistenziale, dalla sofferenza e dal dolore, che senso avrebbe la preghiera?

                “Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.” (Mt 6,6)

                “Ed ecco una donna, che soffriva d’emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Pensava infatti: -Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita – Gesù, voltatosi, la vide e disse: – Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita-. E in quell’istante la donna guarì.” (Mt 9,21-22).

                La tua interpretazione della preghiera non mi piace perchè è troppo astratta. Dopottutto siamo essere umani con necessità umane. O forse vuoi negare questa speranza alla madre che prega per il figlio gravemente malato?

    • lorenzo ha detto in risposta a Carlo

      Puoi anche andare su sat2000:
      http://www.tv2000.it/
      Puoi seguire il S. Rosario ogni giorno in diretta da Lourdes alle 18.00 ed in replica alle 20.00, oppure puoi andare all’archivio e seguirlo quando a te è più comodo.
      Auguri.

  13. Alcor vega ha detto

    Alessandro 72 scusa se rispondo qui allora diciamo che in linea generale Freud non era un ottimo ipnotista a differenza del suo maestro Charkov (siamo ancora agli albori quando psichiatria e neurologia non hanno ancora avuto una divisione)allora dovette adattare i suoi metodi terapeutici attraverso la psicanalisi.Milton Erikson ha un concetto differente non parte dal fatto che ci sia stato un passato che abbia scaturito una patologia( e qui parlo di patologie psichiatriche cioè disturbi istrionici compulsivi ossessivi ecc)nè va o scava la ricerca di questo passato , cioè lui afferma che il cervello attraverso delle metamodalità possa liberarsi da suddette patologie. Ora quello che ho detto prendilo con le pinze nel senso che ho riassunto molto discorsi complessi.Di Milton poi è famoso tutto il seguito della PNL che ormai ha ben poco più di scienza ma molta propaganda cmq è un argomento interessante quello di Erikson perchè mette l’individuo e il suo potere terapeutico in senso volitivo personale piuttosto che un approccio più lungo e passivo di Freud

  14. Antonio72 ha detto

    Scusa se ti rispondo tardi, il fatto che all’inizio credevo che ti riferissi a qualcun’altro, solo dopo mi è venuto un certo sospetto.
    Secondo me è vero che l’inconscio non abbia tutta questa carica di negatività che le assegna l’interpretazione freudiana (l’Es censurato dall’Io, la rimozione, ecc…), ovvero sia molto più ampio di come lo immaginava Freud (che tra l’altro ricordo che non ne fu lo scopritore). Sarei pazzo a sostenere che la creatività e l’intuizione non siano caratteristiche prettamente inconsce. Gli artisti in particolare affermano “Se ti fermi a pensare sei morto!”, nel senso che le loro performance, come suonare un pianoforte, eseguire una danza, ecc.. sono di fatto inconsce. Vale anche per gli sportivi e, per quanto riguarda le intuizioni, anche per gli scienziati. Inoltre non si può negare che l’inconscio primitivo, essendo un prodotto dell’evoluzione molto più antico della coscienza vigile, spesso è indispensabile nel casi di vita e di morte, e quindi assume momentaneamente il comando della macchina cerebrale (chi ha mai avuto un incidente automobilistico sa di cosa parlo). Se non fosse così, pochi di noi riuscirebbero ad invecchiare. Tuttavia…attenzione a non confondere questa parte dell’inconscio primitiva che serve per tutelare la nostra sopravvivenza (il famoso istinto di sopravvivenza) con l’inconscio creativo. Quest’ultimo infatti non può essere completamente slegato ed indipendente dalla coscienza. La prova? Se non fosse così chiunque potrebbe avere un’intuizione scientifica come la ebbe Einstein ed altri grandi scienziati, e chiunque potrebbe suonare il pianoforte, ecc… L’esperienza ci dimostra il contrario perchè tutte queste attività creative sono il frutto di un lungo lavoro cosciente (in particolare lo studio e la costanza nell’applicazione pratico/teorica), le cui scorie (le definisco così) precipitano nell’inconscio e possono essere recuperate dalla coscienza volontariamente, anche se la tempistica non è sempre quella che ci potremmo aspettare. Che la coscienza non possa attingere dall’inconscio è quindi falsificato dall’esperienza, anche perchè altrimenti si avrebbe un sovraccarico cosciente insostenibile. In questi casi la volizione ha una funzione che equivale pressapoco a quella dello starter nella corsa dei cento metri. Ma senza volizione non parte nulla. Anche la cosiddetta intuizione spontanea non è poi così tanto spontanea, piuttosto è estremamente ritardata. Detto questo, non ho alcuna fiducia nella terapia ipnotica proprio perchè, anche se facesse emergere dall’inconscio qualche elemento utile (e non capisco come invece non potrebbe avvenire il contrario), in ogni caso la coscienza vigile avrebbe l’ultima parola, proprio per le ragioni di cui dicevo prima. Quindi tanto vale lavorare direttamente con la persona cosciente, tra l’altro mi pare che quest’ultima sia la terapia più diffusa e accettata in psicoanalisi.
    Inoltre, anche dal punto di vista etico, ci possono essere dubbi sulla permissività di una tecnica di intromissione nell’inconscio individuale, aggirando la coscienza vigile. Non può dirsi infatti un rapporto “alla pari” come nelle sedute terapeutiche tradizionali, in cui in ogni caso si stabilisce un dialogo tra due persone adulte, anche se è proprio questa la difficoltà della terapia, in particolare la nota problematica del transfert e controtransfert. Ovviamente non mi riferisco al caso degli psicotici gravi e similari, in cui buona parte del contributo terapeutico proviene dalla somministrazione degli psicofarmaci.

    • Vronskij ha detto in risposta a Antonio72

      Antonio
      Vedi cosa hai scritto: “Sarei pazzo a sostenere che la creatività e l’intuizione non siano caratteristiche prettamente inconsce. Gli artisti in particolare affermano “Se ti fermi a pensare sei morto!”, nel senso che le loro performance, come suonare un pianoforte, eseguire una danza, ecc.. sono di fatto inconsce. Vale anche per gli sportivi e, per quanto riguarda le intuizioni, anche per gli scienziati”.

      Hai dimenticato i religiosi.

      Ma tu sei più freudiano di Freud e più junghiano di Jung. Da dove ti viene questa sicurezza che artista è guidato dal subconscio in basso e non da un Supercoscienza in alto che lo tira per i fili come un burattino? I affreschi che coprono i muri di Vaticano sono testimonianza del subconscio?

      Sono a bizzeffe le testimonianze in prima persona dall’mondo dell’arte (anche dall’arte moderna spacciata comunemente come guidata dall’inconscio irrazionale), che considerano la creazione un processo dove la coscienza ha la prima mano. Il sano processo artistico, come ogni altro processo creativo (religioso, scientifico, filosofico, ecc), cerca di ridestare la coscienza dal caos melmoso primordiale della subcoscienza. Il fuoco creativo e la scarica voltaica che salda un unita rotta in primordi, da quei tempi la coscienza è affogata nella melma del subcoscienza. Tutto lo sforzo culturale e di farla nuotare finche arriva alla riva (la Terra Promessa).

      Nel punto focale del contatto tra la coscienza e la subcoscienza si scatenano le forze titaniche della creatività, ma sempre, insisto ancora sempre, controllate dalla coscienza. Altrimenti la catastrofe.

      • Antonio72 ha detto in risposta a Vronskij

        Evidentemente hai letto male parlavo infatti di processi inconsci, ovvero non comandanti o controllabili dalla coscienza vigile, se non i suoi effetti.
        Poi se vuoi chiamala anche Supercoscienza o come ti pare (anche se non è una definizione scientifica e ricorda tanto il SuperIo di Freud). Per me non esiste questa distinzione tra alto e basso, ma solo quella tra un processo conscio e quindi consapevole, ed uno inconscio e quindi inconsapevole. La scelta tra il bene ed il male è frutto sempre di una scelta libera e consapevole, e conseguentemente non ritengo che sia né un processo inconscio né uno superconscio (anche se ques’ultima è una definizione inesistente), per il semplice fatto che altrimenti non potrebbe essere una scelta libera e consapevole.
        La mia sicurezza proviene dalle prove sperimentali neuroscientifiche che, a dire il vero, si spingono anche oltre, ma non vorrei approfondire qui.
        Che l’animo umano sia un caos melmoso o un inferno dantesco, è una tua opinione personale, e questa sì che assomiglia alla tesi freudiana.

        • Vronskij ha detto in risposta a Antonio72

          Antonio
          Se sei veramente una persona onesta e non pazza leggi un’altra volta cosa hai scritto:

          “Sarei pazzo a sostenere che la creatività e l’intuizione non siano caratteristiche prettamente inconsce. … le loro (dei artisti) performance, come suonare un pianoforte, eseguire una danza, ecc.. sono di fatto inconsce. Vale anche per gli sportivi e, per quanto riguarda le intuizioni, anche per gli scienziati”.

          Non ce modo di leggere male, hai detto più che espressamente la creatività e intuizione culturale appartengono all’inconscio. Chi vuoi raggirare?

          Male hai letto tu, e dubbio con intenzione, soltanto replica per replica, aggrappandosi ad interpretazione del termine Supercoscienza. Vedi bene che io lo usato con maiuscola, nel senso di Dio che da ispirazione a i creatori. Vedi che dopo ho usato il termine la coscienza con “c” minuscolo.

          In fine arrivi anche a calunniare. Dove ho scritto che “l’animo umano sia un caos melmoso o un inferno dantesco”? Ho scritto soltanto che la subcoscienza, meta dell’animo umano (in più la coscienza), è un caos melmoso (tale per causa di una rottura primordiale tra coscienza e subcoscienza) dove è affogata la coscienza, e ogni sforzo culturale mira a far uscire alla riva (Terra Promessa). In un altro commento più in altro, replicando a te, ho scritto chiaro e tondo che sono convinto che i processi della coscienza sono di un potere di ordine molto più alto che i processi della subcoscienza.

          Mi sembra che usi i altri come tamburi per far sentire i tuo tam-tam intellettuali. In questo modo non c’è più discussione.

          • Antonio72 ha detto in risposta a Vronskij

            Si ho capito, Vronskij, ma se non leggi tutto e prendi solo la parte che ti interessa. Leggi tutto e poi eventualmente critica.
            Da parte mia ho perfettamente capito quello che hai scritto, perchè a differenza di te, non estrapolo delle frasi dal contesto per rigirarmele come più mi pare, e ribadisco il giudizio che ho prima espresso!
            Vuoi insistere ancora o cosa?!

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