Lo psichiatra di Yale confuta Freud sulla religione

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Sigmund Freud definì la religione come nevrosi ossessiva. L’eminente psichiatra dell’Università di Yale, S.T. Wilkinson dimostra l’errore di Freud citando i dati scientifici che collegano una miglior salute mentale a chi è più religiosamente impegnato.


 

In un’epoca in cui l’ansia e la depressione sembrano dilagare, una voce autorevole ricorda il potere terapeutico della fede.

Il dott. Samuel T. Wilkinson, psichiatra e docente presso la prestigiosa Yale School of Medicine, dov’è anche direttore medico dello Yale Depression Research Program, ha recentemente firmato un articolo che esplora il legame tra religione e salute mentale, confutando radicalmente le antiche tesi di Freud.

 

Le tesi di Freud contro la religione

Wilkinson traccia le origini della frattura tra psichiatria e religione, risalendo per l’appunto alle teorie di Sigmund Freud.

Il padre della psicoanalisi definì notoriamente la religione come una “nevrosi ossessiva universale”. Questa visione ha influenzato generazioni di terapeuti, portando molti a considerare la fede come un ostacolo alla salute mentale.

Anche Albert Ellis, figura chiave nella terapia cognitivo-comportamentale, sosteneva che la religiosità fosse correlata a disturbi emotivi. Solo in seguitò riformulò la sua visione, riconoscendo che la fede in un Dio amorevole può essere anche espressione di una sana psicologia (divenne anche co-autore di un libro dedicato all’integrazione tra fede e psicologia, scritto con due colleghi cristiani).

Lo psichiatra di Yale sottolinea tuttavia che le teorie di Freud e Ellis (quelle iniziali, per lo meno) erano basate su osservazioni personali piuttosto che su dati empirici.

 

Fede e psicologia, gli studi scientifici più recenti

Solo a partire dagli anni ’80, spiega S.T. Wilkinson, la ricerca scientifica ha iniziato a esplorare sistematicamente il rapporto tra religione e salute mentale, rivelando risultati sorprendenti.

Numerosi studi su larga scala hanno dimostrato che la partecipazione attiva alla vita religiosa è associata a una riduzione dei sintomi di depressione e ansia.

«La maggior parte dei dati», scrive Wilkinson, «contraddice nettamente Freud».

L’eminente psichiatra di Yale cita in particolare un’indagine dell’Università di Harvard su 49mila donne, seguite per 12 anni. I risultati hanno mostrato che la partecipazione religiosa era associata a un’incidenza di depressione inferiore di circa il 30%.

Più in generale, una rigorosa revisione di oltre 400 studi sulla relazione tra religione e depressione, ha concluso che la maggior parte di essi (61%) ha riscontrato una minore depressione tra le persone più religiose e gli studi di qualità più elevata mostrano una forte relazione tra osservanza religiosa e minore depressione.

Questi e molti altri studi sono stati da noi raccolti in un apposito dossier, evidenziando come dall’indagine scientifica emerga una correlazione tra la pratica religiosa e un maggior benessere psicofisico, maggiore felicità, intelligenza e salute mentale.

 

Fede e psicologia, occhio all’equivoco “placebo”!

Ma come si spiegano questi risultati?

Secondo Wilkinson, la fede offre un senso di scopo e significato della vita che inevitabilmente si ripercuote anche sulla salute psicologia.

Inoltre, la partecipazione alla comunità ecclesiale offre una rete sociale solida, un senso di appartenenza a una comunità, matrimoni più stabili, migliori stili di vita: tutti elementi che favoriscono la stabilità emotiva e relazionale. Inoltre, pratiche come la preghiera e la meditazione religiosa possono avere effetti calmanti e rafforzare la resilienza personale.

L’intervento del noto psichiatra americano e i dati da lui esposti confermano che la fede non è solo una questione spirituale, ma ha implicazioni concrete sulla qualità della vita.

Come scriviamo nel nostro dossier, occorre però evitare di cadere in un grave equivoco.

Ovvero, non si deve scambiare un effetto (cioè la miglior salute psicologica) con il motivo per cui le persone credono. Questa è una fallacia argomentativa.

Il fatto che la fede migliori la salute mentale non dimostra che la fede sia un effetto placebo nella misura in cui l’amore tra due persone non è solo un’illusione psicologica falsa o autoindotta soltanto perché produce in entrambi effetti positivi.

Autore

La Redazione

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