La vita prenatale e le capacità sensoriali

 
di Anna Paola Borrelli*
*teologa moralista perfezionata in bioetica

 

Se volessimo raccontare la storia di un bambino non dovremmo iniziare dal momento meraviglioso della nascita, ma retrocedere all’instante del concepimento e a tutta la sua vita prenatale. Quei 9 mesi lasciano tracce importanti che si sedimentano nella sua memoria e definiscono il carattere del nascituro.

C’è una disciplina, la “psicologia prenatale”, che ha fatto la sua comparsa negli anni ’70. Essa «nasce dall’interazione di conoscenze mediche (medicina ostetrico-ginecologica, medicina pre e peri-natale, biologia, ecc.) e conoscenze psicologiche (psicologia dello sviluppo, psicologia della personalità, psicologia dinamica, psicobiologia, ecc.) e […] si prefigge lo scopo di studiare lo sviluppo e le capacità psicofisiologiche, comunicative, relazionali e psicologiche del feto, a partire dal presupposto […] che il feto è in grado di ricevere uno stimolo (intra ed extrauterino), elaborarlo (anche psicologicamente) e dare una risposta» (Pier Luigi Righetti).

Quante volte sarà capitato di chiedersi se il feto sente la voce della mamma, dei familiari o delle persone che lei incontra, se percepisce i suoni e i rumori, se avverte stimoli dolorosi, se lo stress della madre si ripercuote su di lui, se sogna e in caso positivo cosa e a queste saranno seguite un’altra miriade di domande e curiosità che prima o poi tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo posti.  Proviamo allora a decifrare insieme questo fantastico mondo che è la vita prenatale, focalizzando la nostra attenzione sulle capacità sensoriali.

Nella vita intrauterina gli organi di senso hanno uno sviluppo molto lineare e ben ordinato, dapprima si sviluppa il tatto, poi l’olfatto, il gusto, l’udito e infine la vista. «Tutti i sistemi sensoriali sono maturi anatomicamente in utero; certi sono poco stimolati, è il caso della vista; in altri casi, degli stimoli relativamente più ricchi sono presenti prima della nascita: stimoli chimici del liquido amniotico che intervengono sul gusto e l’olfatto, stimoli tattili, stimoli cinestesici e vestibolari legati ai movimenti, stimoli uditivi» (E. Herbinet – M. C. Busnel).

 

 Il tatto
Si sviluppa precocemente ad appena 7 settimane di gravidanza nella zona periboccale, nella 11ª settimana lo troviamo nell’epidermide del viso e nel palmo delle mani, alla 12ª settimana è nella pianta dei piedi, mentre alla 15ª interessa gli arti e il tronco, fino a giungere alla 20ª settimana, ove i recettori cutanei sono espansi in tutto il corpo (Balmaan, 1980). «La letteratura medica e quella fisiologica ritengono che il liquido amniotico e la placenta siano i principali “trasmettitori” e “conduttori” delle stimolazioni colte dal feto» (P. L. Righetti).

Lo psicologo P. L. Righetti dichiara anche che «il feto è in grado di discriminare stimoli tattili dolorosi (se si stimola la pianta del piede del feto con piccolissimi aghi, il bambino aumenta la sua frequenza cardiaca e i suoi movimenti)». Che il feto percepisca dolore oggi non è più un mistero. Basti pensare che «l’anestesia viene proposta da taluni sin dal 4° mese di gestazione (Clark 1994). Protocolli analgesici sono proposti comprendendo la somministrazione di sulfentanyl e pentotal al feto in caso di aborto (Mahieu-Caputo 1999). Anche autori anglosassoni sono d’accordo su questo fatto (Clark 1994)» (C. V. Bellieni), cioè in pratica è provato che il feto che dev’essere abortito proverà certamente dolore, per cui gli si pratica l’analgesia.

Nei Paesi Bassi è stata inventata perfino una disciplina detta “aptonomia” (dal greco “hapsis” toccare) è “la scienza del tatto”, “la scienza del contatto”. Il suo fondatore, Frans Veldman, nell’articolo “Il senso sensato” ribadisce che «a partire dal momento in cui i primi movimenti sono percettibili, momento che può variare a seconda che si tratti di una primipara o di una pluripara, di solito verso il 4°-5° mese di gravidanza, la madre orienta la sua affettività, con un’accresciuta sensibilità, verso il suo bambino; essa lo prende, letteralmente, nelle sue mani, circondandolo affettivamente. La stimolazione percettiva, sentita dal bambino, l’invita a rispondere in modo riflessivo, sempre più anticipante. E a poco a poco si sviluppa, tra la madre e il bambino, un’interazione comunicativa che, quando si ripete regolarmente, si risolve rapidamente in un momento di allegra ricreazione».  Pertanto, la gestante può dilettarsi con suo figlio, stimolarlo, toccarlo, mediante la parete addominale e uterina. Anche il padre non è chiamato fuori da questo perimetro d’amore, è necessario piuttosto che «partecipi a questo “gioco” in cui si incontrano, a partire dai primi movimenti del feto […]. Si accorgerà che, anche per lui, è relativamente facile comunicare con suo figlio nell’utero, come per la madre, giocando con lui, formando con la madre una trinità affettiva serena».

La pelle è un involucro di emozioni e tutto ciò favorisce l’attaccamento tra madre e figlio di cui parlano Bowlby in Inghilterra e Harlow negli USA.  Ma già a partire dalla vita prenatale F. Veldman fa rilevare che purtroppo «questi stimoli affettivi mancano nella maggior parte delle gravidanze e segnala che questo deficit può avere delle conseguenze: certi comportamenti autistici non sarebbero forse indotti a partire dalla vita prenatale, dato che possono apparire delle “engrammation” positive o negative, “archivi mentali del sentimento”, molto prima di quanto generalmente non si pensi? Più i bambini ricevono stimoli significativi, adatti e conformi alla destinazione dell’essere umano, già umano prima della nascita, più la “matrice” dell’esistenza accresce i suoi contorni».

 

L’olfatto
«Già in periodo embrionale sono evidenziabili dei sistemi cellullari che costituiranno il sistema olfattivo principale, trigeminale e vomero-nasale».  Mentre il tatto è il primo organo di senso a svilupparsi, «le strutture chemiorecettive del naso molteplici e complesse, sono fra le prime a formarsi nel corso della vita fetale. I recettori olfattivi primari e i sistemi cerebrali corrispondenti – i bulbi olfattivi – appaiono differenziati tra l’8ª e la 11ª settimana di gestazione […] Nel corso dello stesso periodo, le terminazioni sensitive del nervo trigemino […] sono ripartite in maniera diffusa nella mucosa nasale e sono all’origine delle sensazioni di natura tattile evocate dalle stimolazioni chimiche (il “piccante” dell’ammoniaca o il “fresco” del mentolo, per esempio). Infine, esistono nel feto umano di 5-13 settimane, dietro all’orifizio delle narici, due piccole strutture tappezzate da cellule sensoriali: gli organi vomeronasali» (E. Herbinet – M. C. Busnel).

Questi ultimi consentono di individuare l’odore delle sostanze di cui è impregnato il liquido amniotico. Riguardo al sistema olfattivo il legame tra vita prenatale e neonatale si rivela nel riconoscimento della madre, da parte del bambino, proprio in base al suo odore. Allo stesso tempo il neonato è in grado di riconoscere l’odore del latte materno e questo perché in antecedenza ne aveva conosciuto il suo sapore, all’interno del liquido amniotico. «Questo riconoscimento primitivo, essenziale, lascia sul piccolo una traccia indelebile; una volta riconosciuta la propria madre, saprà ritrovarla nuovamente e senza alcuno sforzo ogni volta che vorrà attaccarsi al suo seno». Nei nascituri, la cui età gestazionale è inferiore ai 7 mesi, la capacità di identificare l’odore materno si rivela minima, diversamente dai 7 mesi in poi. Questa differenziazione è motivata dal fatto che soltanto dal terzo trimestre i recettori olfattivi attivano la loro funzione di appurare eventuali modificazioni.

 

Il gusto
Un altro importante apparato è senz’altro il sistema gustativo che presenta recettori in tutta la lingua, soprattutto nella parte anteriore, così come nell’epiglottide e nel palato molle. Il feto fa esperienza gustativa di tutti gli alimenti che mediante la placenta arrivano in utero. Inizia così a riconoscerne le essenze, i profumi e a discernere quelli che gli piacciono di più o di meno, informando la madre di queste sue preferenze, attraverso modificazioni della sua frequenza cardiaca e di cambiamenti nei movimenti che saranno delicati o agitati, in base alle sue predilezioni e avversioni.

Alla nascita il bambino mostrerà poi un’evidente “memoria gustativa”. Se viene fatta un’«iniezione in utero nel liquido amniotico (che, si sa, è costantemente deglutito dal feto) di estratto di mela o d’estratto d’aglio induce allo svezzamento di una preferenza dei piccoli per l’alimento aromatizzato alla mela o all’aglio».  La dieta della madre influenza dunque le preferenze del piccolo, ma al tempo stesso sapori dolci e amari vengono riconosciuti dal nascituro e determinano una differente reazione. Così se dopo la 24ª settimana vengono iniettate sostanze dolci nel liquido amniotico, il feto reagisce, sia con un’accelerazione del ritmo di deglutizione, sia mostrando vere e proprie smorfie di piacere; viceversa iniettando sostanze amare egli rallenta il ritmo di deglutizione, fa smorfie di dolore e cerca di chiudere la bocca.

 

L’udito
Il 4° apparato a svilupparsi in ordine di tempo è quello uditivo. Il feto è «in grado […] di distinguere una voce femminile da una voce maschile, musiche diverse, di dare sia risposte cardiache sia motorie differenti» (P. L. Righetti). Il sistema uditivo inizia il suo funzionamento verso i  4 mesi e più precisamente intorno alle 20 settimane (Pujol e Uziel, 1988). «Il sentire fetale è un sentire di tipo tattile per vibrazione del liquido amniotico; il nascituro risponde attivandosi di più se stimolato da una voce femminile (in particolare quella della madre, internamente con i rumori viscerali, ed esternamente, per vibrazione del liquido amniotico) perché la voce femminile produce una vibrazione più veloce di quella maschile» (P. L. Righetti). I rumori presenti sono di due tipi: rumori di origine materna e rumori provenienti dall’esterno.

«Dalle 26-28 settimane di gestazione, proprio come nel prematuro, possiamo osservare nel feto sottoposto a un forte rumore un’accelerazione del ritmo cardiaco e dei movimenti. […] Si tratta in genere di una risposta di sussulto più o meno forte. Se il rumore è più debole, la risposta si manifesta con un ammiccamento delle palpebre e modificazioni dei movimenti pseudo-respiratori, ma essa coinvolge abitualmente tutto il corpo, in particolare sotto forma di una flessione-estensione degli arti e di una contrazione del tronco. Serve per provocare questa reazione motoria un’intensità sonora maggiore di quella necessaria per indurre una risposta cardiaca. Questa segue molto rapidamente, con un tempo di latenza inferiore a un secondo. Birnholz e Benacerraf (1983), Leader e Baillie (1982) hanno descritto delle reazioni motorie ancor più precoci a stimoli vibro-acustici, a partire dalle 23 settimane di gestazione in certi feti. Per Leader e Baille le bambine reagirebbero due settimane prima dei maschi; questo risultato non è stato ancora ripetuto» (E. Herbinet – M.C. Busnel).

La musica riveste un ruolo particolare per quanto riguarda la funzione uditiva. Se il feto ascolta musiche troppo veloci e ritmate come nel caso del rock o di Beethoven reagisce con movimenti bruschi e con accelerazioni del suo battito cardiaco, viceversa se si tratta di musiche più lente e melodiose come Mozart e Vivaldi produrrà movimenti più tranquilli e il battito cardiaco diminuirà (Zimmer et al). L’apparato uditivo è in sé molto delicato e la madre deve riporre attenzione, non esponendosi a forti rumori che oltre a disturbare il piccolo, possono portare seri danni alla sua salute. «Alcuni esperimenti hanno mostrato che si poteva provocare una sordità nel feto di una cavia sottoponendo le gestanti per oltre sette ore al giorno al rumore prodotto dalle macchine di una fabbrica tessile. Da parte loro, Pujol e Lenoir (1979; 1980) hanno osservato che il topolino neonato può essere afflitto da un deterioramento uditivo permanente se, nel corso di un periodo particolare del suo sviluppo, è sottoposto a un rumore notevole, anche se non traumatico per un orecchio adulto. […] Sappiamo fin d’ora che un’esposizione costante a forti rumori per tutta la durata della gravidanza triplica il rischio di un deficit uditivo nel neonato, e questa stessa probabilità aumenta di otto volte se i rumori sono particolarmente violenti» (J. P. Relier).

 

La vista
L’ultimo organo di senso a svilupparsi, durante la vita prenatale, è la vista che seppur funzionante, completerà la sua maturazione dopo la nascita. Il feto presenta le palpebre chiuse sino alla 26ª settimana per permettere il corretto sviluppo della retina. Dopo questo periodo gestazionale egli è in grado di percepire la luce se ad es. la gestante sosta al sole col pancione scoperto oppure se una lampada viene posta sull’addome della madre il bimbo si volterà immediatamente dall’altro lato e si registrerà un aumento del battito cardiaco. Arrivato alla 33ª settimana le pupille del nascituro si restringono o si dilatano, in relazione al grado di energia della luce.

A differenza degli altri organi di senso la vista è quello che viene utilizzato meno, dato il buio dell’ambiente uterino. Soltanto quando una fonte luminosa molto forte attraversa la parete addominale quell’ordinario buio muta per qualche attimo in penombra. Rispetto agli stimoli uditivi che «contribuiscono in maniera determinante allo sviluppo cerebrale,[…] gli stimoli visivi diventino importanti solo a uno stadio più avanzato dello sviluppo, dopo la nascita. D’altronde questi fenomeni potrebbero spiegare ciò che tutti i medici hanno constatato: i ciechi dalla nascita sono persone molto meno infelici […] dei completamente sordi, spesso depressi e chiusi in se stessi» (J. P. Relier).

«Per quanto riguarda un’identificazione attraverso la vista, gli autori non sono concordi e i risultati delle ricerche sono spesso ambigui. In primo luogo è difficile eliminare tutti gli elementi che non siano visivi, ma possiamo frapporre un cristallo tra il bebè e un adulto e osservare come reagisce il bebè quando l’adulto è la madre o un’altra donna familiare o meno, o un uomo. Sembra che se l’adulto ha una faccia espressiva, si muove, parla, il bebè di un mese passerà più tempo a guardare sua madre piuttosto che un altro adulto. Al contrario se l’adulto resta immobile, il volto fisso, senza parlare, questo stesso bebè guarda meno sua madre che un altro» (E. Vurpillot).

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16 commenti a La vita prenatale e le capacità sensoriali

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  1. Emanuele ha detto

    Articolo molto interessante,

    mi piacerebbe aggiungere, anche se un po’ OT, che oltre ai 5 sensi esiste un’ulteriore forma di “comunicazione”: quella chimica.

    Infatti, fin dal concepimento, la biochimica della madre e del nascituro si modificano a vicenda, prevalentemente grazie agli ormoni. Anche questo, a mio avviso, è una forma comunicativa: prima lo zigote, poi l’embrione, infine il feto comunicano con la madre.

    Questa comunicazione chimica è essenziale, altrimenti lo zigote sarebbe espulso dall’utero come qualunque altro corpo estraneo. E’ dunque essenziale che l’embrione invii i segnali giusti alla madre e che essa risponda in modo appropriato per modificare il suo corpo in modo che possa portare a compimento la gravidanza.

    Dunque, fin dai primi istanti, il nascituro è in grado di comunicare con la madre ed essa con lui. Anche se si tratta di una comunicazione non cosciente, questo la dice lunga sul fatto che si possa considerare l’embrione come “ospite sgradito” del corpo della madre. La dice lunga anche sul fatto che non sia una persona, in quanto non in grado di comunicare.

  2. Simone ha detto

    Piccola precisazione: in realtà lo studio del comportamento del feto risale a molto prima degli anni 70 (es http://www.treccani.it/enciclopedia/leonard-carmichael/)

  3. Fabrizia ha detto

    Probabilmente, con il progresso della scienza, si arriverà a calcolare l’età di una persona non più dal momento della nascita ma dal momento del concepimento.

  4. lorenzo ha detto

    Riporto alcuni periodi dell’articolo:
    “Che il feto percepisca dolore oggi non è più un mistero. Basti pensare che «l’anestesia viene proposta da taluni sin dal 4° mese di gestazione (Clark 1994). Protocolli analgesici sono proposti comprendendo la somministrazione di sulfentanyl e pentotal al feto in caso di aborto (Mahieu-Caputo 1999). Anche autori anglosassoni sono d’accordo su questo fatto (Clark 1994)» (C. V. Bellieni), cioè in pratica è provato che il feto che dev’essere abortito proverà certamente dolore, per cui gli si pratica l’analgesia.”

    E perché allora non proporre una legge in cui la madre deve acconsentire o meno a sedare il feto prima di sopprimerlo?

  5. alessandro pendesini ha detto

    La grande maggioranza dei gameti, -cioé cellule viventi-, morirà senza la possibilità di riprodursi, sia per le emissioni notturne maschili, “il peccato dei chierici”, o ciclo mestruale delle donne in assenza di rapporti sessuali. Non riesco a capire ne seguire il legislatore o il teologo e non solo, quando definiscono la fecondazione come “inizio della vita.” Poiché anche se trattasi di spermatozoi aploidi, e ovuli, hanno inequivocabilmente uno stato di “vivente”, ancora più fondamentale che l’uovo diploide che formano dalla fusione !
    P.S. Aggiungo inoltre che l’inizio della struttura dell’encefalo umano comincia tra la 12a e la14a settimana. Nessuna esperienza sensoriale -benefica o malefica che sia- puo’ avvenire prima di questo periodo.

    • StefanoPediatra ha detto in risposta a alessandro pendesini

      Ogni tanto qualcuno si sente in dovere di ripetere questo mantra dei gameti “cellule viventi” come se questo potesse davvero confutare le affermazioni secondo cui lo zigote è il primo nucleo di un essere umano vivente.

      Possibile non capire che un gamete è una cellula viva, se umana certamente di origine umana, ma da sola non fa un essere umano vivente (anche, ma non solo, perchè possiede metà del patrimonio genetico indispensabile a costituire un essere umano vivente) mentre uno zigote, che dalla fusione dei due gameti trae origine è un essere umano vivente unico e irripetibile?! L’inizio della vita umana è la fecondazione, non la gamatogenesi!

      Ma non sono ingenuo come vorrei far credere: il fatto non è che è difficile capirlo ma che, piuttosto, si vuole scientemente giocare con le parole e le definizioni, semplicemente per confondere le acque.

      Quanto poi alla faccenda dell’impossibilità di un’esperienza sensoriale in un embrione, il fatto che al momento non siamo in grado di definirne l’eventualità ed il reale inizio e finanche dovessimo avere un giorno la certezza che davvero sia impossibile, come può questo fatto essere sufficiente a “degradare” l’embrione da essere umano vivente (come tale da salvaguardare e rispettare) a “materiale” di nessuna importanza?

      Non importa quando un feto inizia a percepire il gusto o quando percepisce i rumori o il dolore perchè dal momento in cui i gameti di origine paterna e materna si sono fusi quello è un essere umano vivente che, giorno dopo giorno, si svilupperà in un continuum di eventi l’uno correlato al precedente, ognuno ugualmente necessario, che alla fine lo porteranno ad essere un neonato.

      Come ho scritto io stesso in precedenti articoli sul tema, dati derivanti da osservazioni scientifiche sull’embrione (incluse le osservazioni riassunte in questo articolo) semplicemente confermano ciò che il buon senso (se lo vogliamo usare, ovviamente) già dovrebbe sapere: lo zigote (non i gameti) è il primo nucleo dell’essere umano vivente e dunque sopprimerlo equivale a sopprimere un essere umano vivente.

      • alessandro pendesini ha detto in risposta a StefanoPediatra

        @Stefano Pediatra :
        Lei afferma : « l’inizio della vita umana è la fecondazione, non la gamatogenesi…. ». Su questo sono pienamente d’accordo, non ho mai immaginato il contrario…..
        Lei afferma : « lo zigote è il primo nucleo dell’essere umano vivente e dunque sopprimerlo è sopprimere une essere umano vivente…. »
        Rispetto la sua opinione ma non la condivido !
        Mi sia permesso di farle notare che tutte le tradizioni religiose non hanno, ovviamente, il medesimo sguardo per l’embrione. Non è quindi sorprendente che il protestantesimo europeo, di tendenza calvinista, sia una fonte fondamentale di laicita…ma anche una delle filosofie le più aperte al dialogo con l’umanesimo e razionalismo ateo. I documenti della Federazione protestante della Francia (e non solo) riflettono il desiderio di non santificare l’embrione, ma interessarsi principalmente al benessere e salute della donna ! –Insistono inoltre anche sui diritti -ben diversi- del nascituro e il bambino già nato, piuttosto che sui termini dell’atto procreativo, o lo stato di alcuni blastomeri che non hanno nessuna sia pur minima forma di coscienza !

        Non solo il protestantesimo ma anche l’ebraismo concentra la sua riflessione sul vero uomo e non un essere rappresentato da l’embrione virtuale. Questo è probabilmente il motivo per cui i rabbini guardano con una certa apertura mentale le nostre pratiche relative alla procreazione medicalmente assistita (PMA). Il giudaismo è l’unico a pensare che la PMA è preferibile alla diagnosi prenatale. Un’altra peculiarità della legge mosaica: prendere come riferimento tutte le decisioni in riferimento alla benessere della donna, e non divagare a questo proposito in un possibile status dell’embrione. Se l’embrione è sinonimo per la donna di disagio morale o rischio fisico di una certa entità, la loro tradizione vuole che -in caso di necessità- tutto deve essere fatto per “salvare” la donna !!! Perché la donna è considerata “Nefesh” (anima) e quindi come una persona, mentre il bambino non ancora nato lo diventa completamente a partire dalla nascita. L’ebraismo è più una pratica, “ortoprassi” (orthopraxie), che un corpus di credenze….
        Come vede, Stefano Pediatra, altre religione cristiane (non cattoliche), e non solamente, la pensano diversamente.

        • Paolo Viti ha detto in risposta a alessandro pendesini

          Pendesini ma perché non capisce che StefanoPediatra parla da un punto di vista scientifico e non religioso?

          A cosa importa cosa dice il protestantesimo se i testi scientifici di embriologia dicono: «Lo sviluppo umano inizia al momento della fecondazione, cioè il processo durante il quale il gamete maschile o spermatozoo si unisce ad un gamete femminile (ovulo) per formare una singola cellula chiamata zigote. Questa cellula totipotente altamente specializzata segna il nostro inizio come individuo unico […]. Un zigote è l’inizio di un nuovo essere umano (cioè, l’embrione)» (“The Developing Human: Clinically Oriented Embryology”, K.L. Moore (2003)

          Che l’embrione e lo zigote sono un essere umano non è un punto di vista soggettivo ma è una posizione condivisa dalla comunità scientifica. Tu puoi non essere d’accordo esattamente come puoi non essere d’accordo sul fatto che l’uomo contiene un DNA unico, questo però ti porta ad estraniarti dal dibattito scientifico.

          • alessandro pendesini ha detto in risposta a Paolo Viti

            @Paolo Viti

            Per sua informazione sappia che da anni dico e scrivo che ogni animale -uomo incluso- ma anche qualsiasi oggetto è UNICO -DNA compreso ! Per cui non capisco la sua critica…

            Inoltre non mi risulta avere negato che « lo sviluppo umano inizia al momento della fecondazione….o che lo zigote è l’inizio di un essere umano » !!!

            Ma che « l’embrione e lo zigote SONO UN ESSERE UMANO non è un punto di vista soggettivo ma è una posizione condivisa dalla comunità scientifica » come lei scrive,…. allora le chiedo -con preghiera- chi sarebbero questi scienziati (degni di questo nome e riconosciuti tali internazionalmente) che affermano quello che lei dice ? E quale sarebbe la loro incidenza (%) nel mondo scientifico accademico ?

            • Paolo Viti ha detto in risposta a alessandro pendesini

              Ti ho appena citato le parole del libro di embriologia adottato dalle facoltà di medicina americane. E’ l’inizio dell’essere umano come individuo unico ed irripetibile, trovami un solo scienziato che nega il fatto che zigote ed embrione sono esseri non umani non appartenenti alla specie homo sapiens.

              Perfino i ricercatori della Consulta di Bioetica Laica (Maurizio Mori ecc.) lo riconoscono tant’è che, per coerenza, aprono anche all’infanticidio.

            • Emanuele ha detto in risposta a alessandro pendesini

              Eccoti servito:

              Anche se la vita è un processo continuo, la fecondazione (che, per inciso, non è un ‘momento’) è un punto di riferimento critico perché, in circostanze normali, un nuovo organismo umano geneticamente distinto forma quando i cromosomi del pronucleo maschile e femminile si fondono nell’ovocita” (Ronan O’Rahilly e Fabiola Müller)

              Lo sviluppo umano inizia al momento della fecondazione, cioè il processo durante il quale il gamete maschile o spermatozoo si unisce ad un gamete femminile (ovulo) per formare una singola cellula chiamata zigote. Questa cellula totipotente altamente specializzata segna il nostro inizio come individuo unico […]. Un zigote è l’inizio di un nuovo essere umano” (K.L. Moore)

              Non è corretto dire che i dati biologici non sono decisivi. E’ scientificamente corretto dire che una singola vita umana inizia dal concepimento” ( Micheline Matthews-Roth, Harvard University Medical School)

              L’inizio di una singola vita umana è da un punto di vista biologico, semplice e diretto, l’inizio della concepimento” (Watson A. Bowes, University of Colorado Medical School)

              …per citarne qualcuno

        • Emanuele ha detto in risposta a alessandro pendesini

          …scusa Alessandro, ma cosa c’entra il pensiero delle altre religioni o confessioni?

          La questione se lo zigote sia o non sia un essere umano può essere risolta solo con l’uso della scienza. Infatti, non si tratta di questioni spirituali, ma solo materiali e dunque prefettamente analizzabili con gli strumenti della scienza.

          Se poi vogliamo spostare la discussione su un piano teologico, va bene… ma prima si deve fissare quello fisico. Infatti, se per assurdo risultasse che lo zigote (come sostieni tu) non fosse umano, che senso avrebbe stabilire se sia dotato di anima o no?

          • alessandro pendesini ha detto in risposta a Emanuele

            ….cosa c’entra il pensiero delle altre religioni o confessioni ?……

            @Emanuele
            Cos’é che ti fa credere che la tua convinzione sia la sola, l’unica ortodossa possibile ?

            Quando una donna decide di non conservare l’embrione (premesso non sia affetta da squilibri o patologie cerebrali) puo’ avere delle buone ragioni che giustificano la sua decisione, quando viene accertato che il futuro neonato avra delle tare ereditarie come, ad esempio, alcune forme familiari di cancro (sindrome diLi-Fraumeni), causate da mutazioni geneticamente trasmesse del p53 ( presenti in tutte le cellule dell’organismo), ma anche malformazioni varie o diverse altre patologie gravi invalidanti che penalizzano il soggetto a vita ! In questi casi (e non solamente) potremmo ostacolare o vietare la decisione della donna di non conservare l’embrione ?

      • Emanuele ha detto in risposta a StefanoPediatra

        …già alessandro ha fatto passi avanti… fino a poco tempo non riteneva lo zigote umano né appartenente alla specie umana né addirittura al regno animale. Ancora un po’ di pazienza da parte nostra e di impegno da parte sua e arriverà anche lui alla verità…

        Del resto non è tutta colpa sua… anni ed anni di preconcetti e lavaggi del cervello da parte del minculpop non si cancellano in un attimo…

    • lorenzo ha detto in risposta a alessandro pendesini

      Che l’encefalo umano cominci ad essere strutturato tra la 12^ e la 14^ settimana non significa che l’essere unano sia poi in grado di farlo funzionare correttamente… 😉

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