Chiesa vs scienza? Il Foglio replica a UCCR usando vecchi cliché

chiesa contro scienza

Un commento alla risposta che Il Foglio ci ha rivolto parlando di Chiesa nemica della scienza. A firmare l’articolo Enrico Bucci e Gilberto Corbellini ma si tratta di un poco originale collage di stereotipi ottocenteschi.


 

Se la Chiesa Cattolica sia stata o meno contro la scienza è una questione di lana caprina, perché è comunque contro il metodo scientifico.

Lo si legge incredibilmente su Il Foglio in una risposta rivolta proprio a UCCR, gli autori sono il biologo Enrico Bucci (Temple University di Philadelphia) e lo storico Gilberto Corbellini.

Il tutto nasce da un articolo di Bucci in cui si stupiva che la Pontificia Accademia delle Scienze (PAS) difendesse la libertà di ricerca nel silenzio delle istituzioni laiche.

Abbiamo risposto apprezzando l’osservazione ma stupendoci dello stupore dell’autore e concentrandoci sul suo appello finale a far sì che la Chiesa non sia l’unica voce a favore della scienza dato che «per secoli ha minacciato di portare gli scienziati sul rogo».

Una frase raccolta dal repertorio anticlericale, smentita appellandoci ai recenti lavori di Ada Palmer (Università di Chicago): tra tutti i processi dell’Inquisizione solo 12 furono rivolti a uomini di scienza, «tutti assolti o con semplici multe» e nei quali la scienza in quanto tale non c’entrava poi molto.

 

Il Foglio risponde a UCCR tramite Gilberto Corbellini

Nella giornata di ieri Bucci ha pensato di replicare chiamando in aiuto Gilberto Corbellini. Che è un po’ come chiedere a un attivista vegano di recensire una bistecca.

Corbellini è un bravo docente e un valido divulgatore, affetto però da allergia anticlericale: vicino all’Unione Atei Agnostici Razionalisti (UAAR) ed ex copresidente dell’Associazione Luca Coscioni. Una decina di anni fa ci eravamo permessi di ironizzare sulle “corbellerie” espresse in una dura critica al Papa.

Erano i tempi in cui quel tipo di militanza andava ancora di moda e, in Italia, Corbellini correva nel trio formato con Margherita Hack e Piergiorgio Odifreddi. La nota astrofisica ci lasciò però nel 2013 e il matematico preferì dedicarsi allo scambio epistolare con Benedetto XVI.

La verve di Gilberto Corbellini non sembra invece essersi spenta dato che nella lunga risposta a UCCR ha scaricato tutto il collage di luoghi comuni contro la Chiesa.

Ha così tirato in ballo in un unico calderone il caso Galileo, Ipazia d’Alessandria, la fecondazione artificiale, l’Indice dei libri proibiti, l’intelligenza artificiale, il libero arbitrio e i roghi dell’Inquisizione. Mancano all’appello solo le crociate e Pio XII complice del nazismo.

Un grande impasto per cucinare la solita ricetta: la Chiesa ostacola la scienza quando non è d’accordo con lei. Siamo ripiombati di colpo nelle fantasie di John William Draper, come se nel frattempo storici quali Ronald Numbers, Peter Harrison, John Hedley Brooke, Edward Grant, William René Shea e Thomas Woods non avessero mai scritto nulla in merito.

Mentre Bucci ammette onestamente di trovarsi in un campo che non conosce, si capisce perfettamente che anche Corbellini scrive più per sentito dire. Ecco una serie di esempi.

 

Dal caso Galileo ai morti dell’Inquisizione

Galileo, scrive Corbellini, sarebbe stato costretto all’abiura a causa della scienza che professava.

Chi ha studiato gli atti dei processi, come la già citata Ada Palmer, spiega invece che «la scienza quasi non viene menzionata»1A. Palmer, Inventing the Renaissance: Myths of a Golden Age, University of Chicago Press 2025 e si trattò piuttosto di un processo politico.

Naturalmente fu un processo errato, lo disse anche Giovanni Paolo II. Ma Palmer osserva acutamente: «Ciò che Giovanni Paolo II disse davvero è che i teologi sbagliarono la teologia, che fu azzeccata da Galileo. Ma Galileo sbagliò un po’ nella scienza mentre i teologi seguirono quella dell’epoca, il che capovolge un po’ la questione».

Bucci e Corbellini non confutano la nostra affermazione che l’Inquisizione non perseguitò gli scienziati, spostano invece l’argomento ricordando che tuttavia «uccise da 5mila e 10mila persone in quanto non conformi in materia di credenze religiose».

Numeri a caso, rigorosamente privi di fonte come si insegna a fare al primo anno del corso di Tecniche di anticlericalismo dogmatico.

Se si considera l’Inquisizione romana, due specialisti come Andrea Del Col (Università di Trieste) e Christopher Black (Università di Glasgow) riferiscono un totale di 1.250 persone rilasciate al braccio secolare2Andrea Del Col, L’Inquisizione in Italia. Dal XII al XXI secolo, Mondadori 2006, p. 772-784 3Christopher Black, Storia dell’Inquisizione in Italia, Carrocci Editore 2013, p. 345.

Si parla comunque di un migliaio di persone in 423 anni di storia (quasi tutte però tra il 1550 e il 1570 e al cui interno si annoverano anche assassini e criminali vari), ma siamo ben lontani dai numeri sparati da Corbellini (il 75-90% in meno), tanto che lo stesso Black commenta: «Al contrario dei miti diffusi, l’Inquisizione romana emanò poche sentenze capitali (diversamente dai tribunali secolari)»4Christopher Black, Storia dell’Inquisizione in Italia, Carrocci Editore 2013, p. 238 e «il numero di persone realmente giustiziate fu piuttosto basso rispetto agli standard della pena capitale nel complesso delle società dell’epoca»5Christopher Black, Storia dell’Inquisizione in Italia, Carrocci Editore 2013, p. 257.

Corbellini parla anche del grande mito della tortura inquisitoriale.

Peccato che lo specialista Peter Godman (Università di Tubinga) risponde che, ancora una volta, i casi furono rarissimi in quanto «la tortura dei testimoni al fine di stabilire la verità era contraria allo stile del Sant’Uffizio»6Peter Godman, I segreti dell’Inquisizione, Baldini Castoldi Dalai 2004, p. 44.

Christopher Black aggiunge che «nel periodo in cui operava l’Inquisizione, la tortura era in larga parte più selettiva, fisicamente meno aggressiva e meno raccapricciante e fantasiosa di quella che è oggi praticata in molti stati moderni»7Christopher Black, Storia dell’Inquisizione in Italia, Carrocci Editore 2013, p. 23.

 

Da Ipazia d’Alessandria all’Indice dei libri proibiti

Si passa poi al classico tema di Ipazia d’Alessandria, relegandolo a una diatriba «fra pensiero scientifico e fanatismo». Nulla di più lontano dal vero.

Abbiamo creato un intero dossier corroborato da una ricca bibliografia, dal quale emerge che il movente della morte di Ipazia fu politico e non scientifico.

D’altra parte, Ipazia non era nemmeno una scienziata ma una brava insegnante e una mediocre matematica che credeva, oltretutto, nella divinazione e negli oracoli caldei legati alla sapienza egizia.

E che dire dell’Indice dei libri proibiti? Corbellini e Bucci fanno un lungo elenco di opere “proibite” per dimostrare che la Chiesa soffocò la libertà di ricerca.

Oltre al fatto che la Chiesa, attraverso i monaci amanuensi medievali, ha dimostrato di non aver problemi a salvaguardare innumerevoli opere contrarie al suo pensiero, come la letteratura pagana sull’eternità dell’Universo (Aristotele) o la trasmigrazione delle anime (Platone) e che proprio il moderno metodo scientifico nacque nelle università pontificie dell’epoca, i due sembrano ignorare la complessità del tema e ciò che gli studiosi hanno concluso anche sull’Indice dei libri proibiti.

Se Peter Godman giunge a dichiarare che «il mito popolare di un’organizzazione monolitica è stato oscurato»8Peter Godman, I segreti dell’Inquisizione, Baldini Castoldi Dalai 2004, p. 304-305, Giorgio Caravale (Università Roma Tre) spiega che il quadro emerso è ben lontano «dalla vecchia contrapposizione tra una cultura laica oppressa e un mondo ecclesiastico oscurantista intento a sopprimere ogni manifestazione della prima che ha caratterizzato una storiografia ormai datata»9G. Caravale, Libri pericolosi: Censura e cultura italiana in età moderna, Laterna 2022, p. 14.

Impossibile entrare nel dettaglio, basti sapere che anche nella fase più severa dell’Indice -quella con Paolo IV– ampi settori della Chiesa e del Sant’Uffizio ostacolarono le proibizioni e, a partire dalla morte di Gian Pietro Carafa, le norme si ammorbidirono a tal punto che i censori si limitarono a modifiche marginali alle opere, inserendo perfino elogi agli autori censiti (come capitò con i Discorsi di Macchiavelli).

Certo, fu comunque un tentativo di revisione della letteratura per salvaguardare la purità della fede dei cattolici dell’epoca, ma gli storici moderni ci dicono che nemmeno l’Indice può essere usato come argomento valido a supporto della tesi della repressione della Chiesa alla libertà intellettuale.

Quindi no, non c’è alcuna necessità di «cancellare dalle nostre coscienze la storia delle censure, dei roghi, dei processi e delle autocensure», come scrive Corbellini, perché si tratta in gran parte di stereotipi storici che proprio la libera ricerca accademica ha smentito o comunque ampiamente ridimensionato.

 

La Chiesa contro scienza e metodo scientifico?

Infine veniamo al tema più interessante e originale proposto da Bucci e Corbellini, ovvero l’accusa che la Chiesa sia contro il metodo scientifico in quanto assume che «l’ermeneutica teologica sia superiore» e che «la scienza è benvenuta a condizione che sia aperta alla verità metafisica e rispetti il mistero della persona».

Ci sembra si cerchi di sminuire il pensiero della Chiesa per attaccarlo più facilmente: in nessun documento la Chiesa contrasta il metodo scientifico, semmai il monito costante è stigmatizzare l’abuso epistemologico secondo cui la scienza empirica sia l’unico criterio di verità.

Sono questioni profonde che la rozza apologetica anticlericale non può cogliere, così come la “superiorità” della teologia va intesa nel fatto che essa tratta realtà più fondamentali e più ultime, non che da essa la scienza debba dipendere.

E che la Chiesa, il più importante ente morale riconosciuto al mondo, ricordi alla scienza di rispettare il mistero della persona è qualcosa di cui essere semplicemente grati in quanto la storia recente dimostra che la violazione della dignità umana produsse barbarie.

La bioetica laica, d’altra parte, pone essa stessa dei limiti (sempre meno, purtroppo) alla sperimentazione umana ed è strano che si gridi alla censura solo quando la difesa degli stessi principi proviene da un ente religioso.

 

La risposta de Il Foglio a UCCR

In conclusione, se numeri inventati, cliché ripescati e accuse rispolverate dal catechismo anticlericale sono il meglio che si riesce a produrre nel 2025, forse è arrivato il momento di aggiornare non tanto l’Indice dei libri proibiti, quanto quello delle banalità anticattoliche.

“Il Foglio” è sempre stato capace di distinguersi per la capacità di fare cultura seriamente, ma la prolissa e poco fondata risposta a UCCR non sembra essere stata all’altezza.

Ci si permetta un sorriso nel pensare che, per riciclare questa sfilza di miti storici, Enrico Bucci abbia dovuto richiedere l’aiuto di Gilberto Corbellini. In due sono riusciti a partorire il revival di un varietà ottocentesco, senza nemmeno il pregio della sintesi.

Da chi giustamente difende la libertà di ricerca ci aspetta qualcosa di meglio.

Autore

La Redazione

6 commenti a Chiesa vs scienza? Il Foglio replica a UCCR usando vecchi cliché

  • Paolo ha detto:

    È curioso come questi Autori adagino comodamente le loro accuse in un mito persistente: che la Chiesa, proprio perché parla di mistero o metafisica, debba essere “contro la scienza” – non solo in qualche specifica disputa (che sarebbe storicamente discutibile), ma in linea di principio. Come se dire che la scienza deve rispettare il mistero della persona equivalesse a bruciare Galileo. Questo è ciò che il filosofo Peter Kreeft potrebbe definire “una vittoria della propaganda sulla storia”.

    In uno dei suoi dialoghi socratici, Kreeft coglie il capovolgimento che il pensiero laico moderno compie sul Medioevo:

    “L’argomento dell’autorità (umana) è il più debole di tutti gli argomenti” – questa era una massima dei filosofi medievali”.
    “Cosa? Sembra una massima contro i filosofi medievali!” E questa tua ignoranza storica dimostra quanto successo abbia avuto la propaganda moderna… Ti sorprende sentirlo perché ti è stato insegnato che il Medioevo era autoritario perché religioso, e che la moderna civiltà “illuminista” è razionale perché laica. Ma la verità è esattamente l’opposto.

    La narrazione moderna capovolge la realtà: i pensatori medievali – Tommaso d’Aquino, Maimonide, Averroè – erano razionalisti nel senso più alto e nobile. Il metodo scientifico stesso è figlio della distinzione scolastica tra “ordo naturae” e”ordo fidei”. Lungi dal disprezzare la ricerca empirica, fu l’Occidente cristiano a costruire i quadri istituzionali e concettuali (università, teologia naturale, logica sperimentale) che permisero alla scienza di prosperare.

    Affermare che la teologia avanza affermazioni su verità superiori non significa rifiutare il metodo scientifico, ma rifiutarne l’assolutizzazione. Ed è qui che la critica di B. e C. fallisce: non difendono la scienza, ma piuttosto uno scientismo che non tollera confini metafisici. Vogliono una scienza che non si limiti a descrivere il come, ma che detta il perché – e si scandalizzano quando la Chiesa le ricorda che questo è un errore di categoria.

    Siamo onesti: il vero problema non è l’opposizione della Chiesa al metodo scientifico. È la Chiesa che si rifiuta di permettere alla scienza di diventare un sostituto della verità morale o ontologica. E grazie a Dio per questo. Perché quando la scienza dimentica il “mistero della persona”, la storia non ci dà progresso, ma ci dà eugenetica, biopolitica totalitaria e il calpestamento della dignità in nome dell’efficienza.

    Infine, è strano come la bioetica laica si senta a suo agio nel porre limiti alla sperimentazione – come dovrebbe – ma si innervosisca quando una voce religiosa dice la stessa cosa. Perché si parla di “censura” solo quando parla la Chiesa?

  • Giulio Fagnani ha detto:

    Purtroppo gente come Corbellini domina le scuole di ogni ordine e grado, non solo in Italia ma in tutto l’occidente. E da un paio di secoli almeno. Avete mai aperto un libro universitario di storia moderna? In quello che ho dovuto studiare io, scritto dall’eminente Carlo Capra (nomen omen) venivano ribadite con incredibile sfacciataggine fregnacce tipo la decadenza del Seicento (colpa della conttoriforma, of course) il terribile gesuitismo e la persecuzione degli scienziati e dei filosofi (i soliti quattro nomi, Bruno in testa – che fu un occultista folle e criminale, come cento hanni di ricerca hanno abbondantemente dimostrato, a cavallo tra Cagliostro e Mefistofele). Cosa volete che impari la gente, se continuano a martellarla con questa propaganda stantia. E non solo a scuola: in biblioteca (vedi Eco e compagni) al cinema (qualcuno ha mai visto Agorà?) e in qualunque luogo in cui si produce “cultura”. Dobbiamo rassegnarci, temo: o ci decapiteranno i musulmani o ci ghigliottineranno i discepoli di questi cani arrabbiati. Che il Signore abbia pietà di noi

  • Antonio ha detto:

    @Giulio condivido la lettura che dai anche se resto anche ottimista, da alcuni anni a questa parte ci sono tanti spazi di novità e da neo-lettore di Uccr credo sia un luogo in cui queste novità siano segnalate in maniera puntuale

  • Paolo ha detto:

    La frustrazione di Giulio è comprensibile: l’egemonia impressionante dell’Illuminismo e della storiografia hegeliana – in particolare le sue caricature riduttive della Controriforma, dei gesuiti e della cosiddetta “persecuzione” della scienza – è ancora impressa nelle giovani menti di tutto l’Occidente. Dai libri di testo universitari (sì, Capra incluso) a film popolari come Agora, e in molti dei compagni culturali di Umberto Eco, questa narrazione è diventata un articolo di fede laica.

    Ma dobbiamo rassegnarci completamente a questo monologo mascherato da storia?

    Ci sono voci minoritarie – rigorose e penetranti – che sfidano sia la narrazione illuminista che i suoi opposti reazionari. Si pensi ad Augusto Del Noce, che ha smascherato il nichilismo interiore della modernità laica senza cadere nel clericalismo nostalgico. O a Dario Antiseri e Massimo Borghesi, che cercano un’apertura dialettica alla modernità senza dissolvere la verità nel flusso storicista.

    A un livello filosofico più profondo, i grandi neotomisti (Fabro, Gilson, Maritain, Lagrange, Vanni Rovighi) si sono confrontati seriamente con la modernità, senza rifiutarla in blocco né sottomettersi ad essa. Né possiamo dimenticare coloro che, come Bontadini, da una prospettiva parmenidea, hanno tentato di rifondare l’essere al di là sia di Kant che di Hegel, ma con risultati molto deludenti (mi riferisco alla critica impressionante ma rigorosa del padre Giovanni Cavalcoli).

    Eppure, se posso offrire una proposta più modesta – più spirituale che accademica – suggerirei una storiografia mariana come principio interpretativo guida. Se la triade rivoluzionaria del 1517 (rivolta luterana), 1717 (fondazione della Massoneria) e 1917 (rivoluzione comunista) segna il progressivo distacco dell’uomo occidentale dalla trascendenza, allora la risposta provvidenziale, credo, è data dal Cuore della Madre: Fatima nel 1917 e, dal 1981, Medjugorje.

    Non si tratta semplicemente di pietà devozionale, ma di una lettura teologica della storia: una lettura che vede dietro la dialettica di rivolta e reazione una logica superiore di misericordia e speranza escatologica. Leone XIII lo vide chiaramente in Humanum Genus: liberalismo e socialismo nascono dalla stessa radice avvelenata. Solo la Donna vestita di sole può schiacciare la testa del serpente nella storia.

    In breve, anziché limitarci a lamentarci del predominio della storiografia illuminista, lavoriamo – silenziosamente, con perseveranza – per proporre un’altra lettura: una lettura radicata nella verità, non nell’ideologia; nel Logos, non nell’astuzia dialettica; in Maria, non nel mito moderno.

  • don Serafino ha detto:

    Condivido tutti i commenti e la fatica di stare in questa dialettica. A scuola quando vengono fuori questi argomenti, cito qualche scienziato che gli alunni conoscono, e aggiungo che diversi erano chierici. Molti alunni rimangono sorpresi nell’apprendere per esempio che all’origine della teoria del Big Bang c’è anche un prete. O che Copernico fosse un chierico. Questo mi basta per dimostrare loro che la Chiesa non è contro la scienza ma contro lo scientismo. E un ultima cosa: affermare che Galileo era uno scienziato non è molto corretto dato che il termine è ottocentesco; Galileo era un filosofo della natura e si occupava anche di cose che farebbero inorridire i nostri amici laicisti, come per esempio l’oroscopo. Galileo come altri astronomi del suo tempo faceva l’oroscopo con l’intenzione di leggere attraverso gli astri la volontà di Dio. Ecco perché troviamo i segni zodiacali nelle chiese. Quando tratto anche questi argomenti con gli alunni, vedo che sono sorpresi. Evidentemente i miei colleghi o ignorano tutto questo o deliberatamente lo censurano.

  • Laura ha detto:

    Grazie don Serafino e complimenti per il coraggio di continuare a sfidare i tuoi studenti!!

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