Leone XIV e i migranti: cari conservatori, non voltatevi

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Improvvisamente gli amici conservatori hanno smesso di riportare ogni frase del Papa, proprio quando Leone XIV ha parlato della rinnovata vitalità della fede grazie ai migranti.


 

Poco più di una settimana fa un passaggio di un discorso di Leone XIV è passato sotto silenzio.

Si trattava dell’Udienza giubilare di sabato 14 giugno e Papa Prevost ha ricordato la diffusione del Vangelo da parte dei Padri della Chiesa, osservando che Ireneo di Lione nacque in Asia Minore e si formò tra coloro che avevano conosciuto direttamente gli Apostoli.

E poi venne in Europa, a Lione, dove trovò una comunità di cristiani provenienti dalla sua stessa terra.

Ed ecco il passaggio “silenziato” di Papa Leone:

«Come ci fa bene ricordarlo qui, a Roma, in Europa! Il Vangelo è stato portato in questo continente da fuori. E anche oggi le comunità di migranti sono presenze che ravvivano la fede nei Paesi che le accolgono. Il Vangelo viene da fuori. Ireneo collega Oriente e Occidente. Già questo è un segno di speranza, perché ci ricorda come i popoli si continuano ad arricchire a vicenda».

 

Leone XIV, i migranti e i conservatori disattenti

Naturalmente non ha detto che questo vale per tutti i migranti, né che tutti i migranti sono cristiani.

Sono però parole chiare, limpide. Si può non essere d’accordo, ovviamente, ma perlomeno bisognerebbe prendere atto del pensiero di Leone XIV. Non voltarsi dall’altra parte e fare finta di nulla.

Abbiamo atteso una settimana ma, stranamente, nessuna testata cosiddetta “conservatrice” ha rilanciato, riportato o anche semplicemente criticato il pronunciamento di Papa Prevost, così come avveniva puntualmente nei confronti di Papa Francesco.

Un comportamento inedito dato che nell’ultimo mese i siti e i commentatori cattolici di orientamento conservatore sono spesso, e giustamente, attenti a custodire ogni parola del Santo Padre. Molto meno giustamente quando si concedono al giochino del contrapporre Leone XIV all'(odiato) predecessore, interpretando o manipolando discorsi in cui sembra correggere, smussare o contraddire Francesco.

Scartare i discorsi e i pronunciamenti scomodi, solo perché non si accordano con la linea editoriale e con il proprio orientamento politico, rischia però di essere un atteggiamento fragile e ipocrita.

Diciamolo con franchezza: mentre il mondo progressista comincia a scalpitare nervoso nei confronti di Leone XIV, come abbiamo documentato, in quello conservatore-tradizionalista si cerca di recuperare comprensibilmente l’entusiasmo perduto con il pontificato di Papa Bergoglio.

Ma ci si dimentica di osservare che Leone XIV continua a citare e a riferirsi con stima a Francesco, anche se -e va detto per non cadere nell’errore opposto, cioè quello di una continuità perfetta-, rispetto a lui, sembra volersi occupare più dei vicini che dei lontani.

Mentre per Francesco valeva la “Chiesa in uscita” pur se incidentata, per Leone è altrettanto importante ridurre il più possibile gli “incidenti” e, soprattutto, occuparsi anche delle pecorelle che non si sono smarrite.

Sono attitudini pastorali che si sono verificate dopo ogni cambio di pontificato e si verificano sempre, anche a livello locale, quando un vescovo e un parroco succedono ad un altro. E’ la ricchezza della Chiesa nella diversità.

 

Le parole di Leone XIV confermate dagli studi

Questo vuol dire, quindi, sostenere l’immigrazione incontrollata, elogiare George Soros, finanziare le ONG che trasportano i migranti e venerare Carola Rackete? Naturalmente no.

Ma nemmeno ignorare che la dottrina cattolica autentica sul tema immigratorio è ben diversa da quella proclamata da “La Verità”, da “Libero” e dai vari riferimenti giornalistici dell’area conservatrice.

D’altra parte, Papa Leone XIV dice qualcosa di innegabile e oggettivo. In molte comunità europee le chiese si riempiono, spesso, proprio grazie ai migranti: africani, asiatici, latinoamericani, ucraini. Portano con sé una fede viva, piena di gratitudine, di speranza, di gioia semplice.

La Fondazione ISMU ETS ha infatti rilevato nel 2024 che più della metà degli stranieri che arrivano in Italia è di religione cristiana (soprattutto ortodossi e cattolici). Per tale motivo, ad esempio, nel 2017 sono state consegnate 1700 copie della Bibbia in inglese e francese per i rifugiati e richiedenti asilo ospitati a Lampedusa.

Anche Massimo Introvigne, noto direttore del Centro studi sulle nuove religioni (Cesnur), ha confermato: «L’islamizzazione da molti paventata non esiste, piuttosto si registra una certa nuova cristianizzazione, perché tramite l’immigrazione la percentuale di cristiani in Italia è destinata a crescere».

Nessuno mette in dubbio i disagi che molti immigrati creano a livello di sicurezza, in particolare. Le cronache sono piene, purtroppo. Ma la generalizzazione è sbagliata, nell’uno e nell’altro caso.

 

La continuità con Francesco e Benedetto

Il pensiero di Leone XIV sui grandi temi non si discosta da quello di Francesco o degli altri predecessori, proprio il caso dell’immigrazione lo dimostra.

Su UCCR è presente un visitatissimo dossier in cui abbiamo raccolto -senza commentarli- i pensieri dei predecessori di Leone XVI sul tema dell’immigrazione, osservandone una coerenza di pensiero.

Non si può ignorare quando Giovanni Paolo II valorizzò quei cristiani che «testimoniano che la comunità, presso la quale i migranti arrivano, è una comunità che ama e accoglie anche lo straniero con l’atteggiamento gioioso di chi sa riconoscere in lui il volto di Cristo».

Oppure quando Benedetto XVI condannò «l’egoismo nazionalista» e osservò che «la Chiesa è a favore non solo dell’individuo migrante, ma anche della sua famiglia», invocando il ricongiungimento familiare e sensibilizzando la società «sulle potenzialità positive delle famiglie migranti».

Allo stesso tempo, del pensiero di Papa Francesco è stata fatta spesso una caricatura mitologica, dipingendolo come un fanatico dell’accoglienza smisurata e irrazionale.

Sempre nel nostro dossier abbiamo invece raccolto tutti i pensieri in cui Bergoglio si discostò da questa visione invocando, ad esempio, «un accogliere ragionevole», perché «la virtù della prudenza è la virtù del governante: un popolo che può accogliere ma non ha possibilità di integrare, meglio non accolga. Lì c’è il problema della prudenza».

Autore

La Redazione

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