Un Leone ratzingeriano tra fede, ragione e filosofia
- Ultimissime
- 11 Ott 2025

I cinque passaggi più interessanti del messaggio “ratzingeriano” di oggi di Leone XIV su fede, ragione e filosofia.
Un vero messaggio “ratzingeriano“.
E’ quello inviato questa mattina da Leone XIV in occasione del Congresso internazionale di Filosofia presso l’Università Cattolica di Asunción (Paraguay).
Nel suo discorso, qui sintetizzato in sei passaggi, il Papa sottolinea il valore della filosofia come strumento per
comprendere la verità, evidenziando come il pensiero critico e riflessivo possa dialogare fruttuosamente con la fede cristiana.
Leone e il discorso ratzingeriano
Un “omaggio” a Benedetto XVI, pur senza citarlo direttamente.
La sua fonte è piuttosto la Fides et Ratio di Giovanni Paolo II, scritta però con la consulenza e la revisione di Ratzinger, all’epoca fidato prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Proprio attraverso la filosofia, per Leone XIV si possono incontrare coloro che non condividono il dono della fede. E che, spesse volte, la loro «non credenza è legata a una serie di pregiudizi storici, filosofici e di altro tipo».
Il pensiero di Leone XIV non è mai banale, lo abbiamo visto proprio recentemente quando ha pronunciato (secondo noi) la più bella catechesi da quando è Papa. E anche in questa occasione si è ripetuto.
Qui di seguito registriamo e ci focalizziamo sui cinque passaggi che riteniamo più interessanti sul rapporto tra fede, ragione e filosofia.
1) La riflessione razionale non minaccia la fede
Occorre opporsi «alla tentazione di quanti hanno visto nella riflessione razionale – data la sua origine pagana – una minaccia che potrebbe “contaminare” la purezza della fede cristiana.
Pio XII mise in guardia dall’atteggiamento di quanti, pretendendo di esaltare la Parola di Dio, finivano per sminuire il valore della ragione umana.
Questa sfiducia nella filosofia si percepisce anche in alcuni autori moderni, come il teologo riformato Karl Barth. In risposta a ciò, Sant’Agostino ricordava: “Chi rifiuta indiscriminatamente ogni filosofia condanna lo stesso amore della sapienza”.
Pertanto, i credenti non devono rimanere distanti da ciò che le diverse scuole filosofiche propongono, ma piuttosto entrare in dialogo con esse a partire dalla Sacra Scrittura».
2) Filosofia luogo di incontro con non credenti
«Il pensiero filosofico è uno spazio privilegiato di incontro con coloro che non condividono il dono della fede.
So per esperienza che la non credenza è spesso legata a una serie di pregiudizi storici, filosofici e di altro tipo.
Senza ridurre la filosofia a un mero strumento apologetico, c’è un bene immenso che un filosofo credente può realizzare con la testimonianza della sua vita e con ciò che l’apostolo Pietro ci incoraggia a fare: “Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” ( 1 Pt 3,15)».
3) La conoscenza filosofica non sostituisce la grazia divina
«La diagnosi filosofica permette di smascherare la pretesa di raggiungere la conoscenza trascendente attraverso la mera analisi razionale, fino a confondere i benefici di una vita “secondo ragione” con quelli che possono giungerci solo per grazia divina».
4) Fede e ragione si completano
«La razionalità umana è un dono espressamente voluto dal Creatore e la ricerca più profonda della nostra intelligenza tende alla sapienza, che si manifesta nella creazione e raggiunge il suo culmine nell’incontro con il nostro Signore Gesù Cristo.
E’ chiaro che fede e ragione non solo non si contrappongono, ma anzi si sostengono e si completano a vicenda in modo mirabile».
5) Fede e ragione si completano
«Il lavoro dei filosofi credenti non può limitarsi a proclamare, anche con un linguaggio elaborato, la natura esclusiva della propria cultura. La cultura, in questo senso, non può essere il fine.
Sant’Agostino afferma che non si deve amare la verità perché è stata conosciuta da questo o quel saggio o filosofo, “ma perché è la verità, anche se nessuno di quei filosofi la conosceva”».

















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Il discorso di Leone XIV segue chiaramente la traiettoria intellettuale inaugurata da “Fides et Ratio” (1998) e sostenuta da Ratzinger per tutta la sua carriera teologica. È una riaffermazione di quella che si potrebbe chiamare “la fiducia cattolica nella ragione”.
Tre caratteristiche emergono come essenziali:
a) La riabilitazione della ragione nella fede
Rifiutando il timore che la ragione “contamini” la fede, Leone XIV prosegue la linea di pensiero sia di S. Agostino che di San Tommaso d’Aquino: la ragione non è nemica della fede, ma sua alleata naturale, poiché entrambe provengono dallo stesso Logos. Il cristianesimo è la “religione del Logos” e la pietà anti intellettuale, de ellenizzata, antimetafisica è un tradimento dell’Incarnazione stessa.
b) Il valore “missionario” della filosofia
Il Papa presenta la filosofia come un “terreno d’incontro” con i non credenti. Si tratta di un’intuizione profondamente agostiniana e ratzingeriana: la verità non è un possesso, ma un orizzonte a cui tutti gli esseri razionali possono accedere. Impegnarsi in un dialogo filosofico significa, quindi, prendere sul serio l’universalità della ragione e la dignità di ogni ricercatore della verità.
c) La distinzione e al tempo stesso la complementarietà di fede e ragione
Il discorso evita accuratamente due errori opposti: il razionalismo (la ragione che sostituisce la grazia) e il fideismo (la fede che disprezza la ragione). Questo equilibrio è al centro della “Fides et Ratio” e dell’intero magistero di Ratzinger: la fede purifica la ragione dalla sua autosufficienza, mentre la ragione protegge la fede dal fanatismo o dal mero sentimentalismo.
Leone XIV si colloca così nel lungo arco ermeneutico che unisce la “Dei Filius” (Vaticano I) alla “Fides et Ratio” e al “Discorso di Ratisbona” di Ratzinger (2006). È la stessa melodia suonata con uno strumento diverso – forse meno “tedesco” nella precisione, ma inconfondibilmente fedele alla stessa armonia. Splendido esempio dell’ermeneutica della continuità suggerito dai Padri (Vincenzo di Lerins).
2. Cosa direbbe Benedetto XVI?
Se Benedetto ascoltasse Leone XIV sorriderebbe certo sommessamente, e compiaciuto di vedere la sua grammatica teologica viva nell’attuale magistero della Chiesa. Eppure forse potrebbe aggiungere, con la sua caratteristica precisione, qualche ulteriore chiarimento:
a) Il fondamento è il Logos fatto carne.
Benedetto ci ricorderebbe che l’unità di fede e ragione non è una costruzione filosofica, ma un “evento cristologico”. Fede e ragione si riconciliano perché il Verbo, “il Logos”, è entrato nella storia. Senza questo fondamento teologico, il “dialogo tra fede e ragione” rischia di trasformarsi in un educato esercizio culturale piuttosto che in un annuncio di salvezza.(cf. Il discorso tenuto dal Cardinale Joseph Ratzinger alla Sorbona nel 1999, dal titolo “Il futuro della fede e la ragione”: maestoso!)
b) La filosofia deve rimanere aperta alla trascendenza.
Per Ratzinger, la filosofia degenera in ideologia ogni volta che si chiude nei limiti di ciò che è empiricamente verificabile o soggettivamente utile. Pertanto, pur confermando l’elogio del dialogo di Leone XIV, insisterebbe sul fatto che il dialogo autentico presuppone una “ricerca comune della verità” – non una mera tolleranza o un compromesso pragmatico.Discorso per il conferimento del “Premio Ratzinger” (30 giugno 2011)
In questo discorso, Benedetto XVI parla dell’uomo che deve aprirsi al Logos (“la Ragione creatrice”) e che la fede cristiana richiede che la ragione “apra” se stessa alla Verità:
«Per arrivare fino a Cristo, egli deve essere sulla via della verità. Deve aprirsi al Logos, alla Ragione creatrice, da cui deriva la sua stessa ragione e a cui essa lo rimanda.»
(In Spe Salvi, Ratzinger afferma che l’umanesimo, la libertà e la giustizia possono fiorire solo se è aperto alla dimensione trascendente e alla speranza cristiana. Cf anche il Discorso dell’8 giugno 2008 ai docenti universitari, censurato dalle autorità accademiche)
c) La grazia non abolisce la ragione, ma la trasfigura.
L’affermazione che la conoscenza filosofica “non sostituisce la grazia divina” susciterà in Benedetto una sottile estensione: la grazia fa più che completare la ragione; la *guarisce ed eleva*. Questo è il principio tomistico che animava la sua teologia: la fede perfeziona la ragione perché ne ripristina l’apertura all’infinito.
d) Il pericolo dell’auto-chiusura culturale.
Benedetto avrebbe approvato calorosamente l’ultimo monito di Leone XIV contro la trasformazione della filosofia in un sistema culturale autoreferenziale. In effetti, spesso lamentava la “dittatura del relativismo” proprio come frutto di culture che esaltavano la propria autonomia intellettuale a discapito della verità che le trascende.
Il messaggio di Leone XIV si legge sia come omaggio che come continuazione. Recupera il *calore agostiniano* della fede che cerca la comprensione, mentre riecheggia la “chiarezza ratzingeriana” della fede che purifica la ragione.
Benedetto XVI, se avesse commentato, avrebbe quasi certamente detto qualcosa del genere:
La fede senza ragione diventa superstizione; la ragione senza fede diventa disperazione. Nel loro incontro risplende lo splendore della verità che ha un volto: Gesù Cristo, il Logos incarnato”.