La fede è la “stampella” contro le avversità? Un falso mito smontato in sei punti

Tutti conosciamo la sfida comune fatta alle persone credenti da parte dei convinti atei, secondo i quali Dio sarebbe nient’altro che un’idea proiettata della mente per aiutare la persona attraverso le difficoltà e le crudeltà della vita. Feuerbach, ad esempio, sosteneva che la religione è «il sogno della mente umana», Marx la definì «oppio dei popoli», Freud affermava che l’impulso religioso derivava dai desideri inconsci per «mitigare le paure dei pericoli della vita».

Si chiama “argomento della stampella” e ne ha parlato Paul Copan, professore di Filosofia ed Etica presso la Palm Beach Atlantic University, in Florida. Analizzando questo argomento ha voluto criticare la tendenza a “psicologizzare” le persone credenti in Dio e ha confutato l’accusa del mondo laicista.

 

1) Innanzitutto lo stesso Sigmund Freud ha riconosciuto che la sua “psicoanalisi” della religione non aveva alcuna evidenza clinica a sostegno. Nel 1927, infatti, confessò a Oskar Pfister, uno psicoanalista e pastore protestante, che «le mie sono solo opinioni personali» e il suo punto di vista sulla proiezione religiosa aveva ben poco a che fare con l’esperienza psicoanalitica di persone credenti (S. Freud and O. Pfister, Psychoanalysis and Faith: The Letters of Sigmund Freud and Oskar Pfister, Basic Books 1962, p.117).

 

2) In secondo luogo, questo argomento cade nella cosiddetta fallacia genetica, che è l’errore di attribuire verità o falsità di una credenza in base alla sua origine e alla sua genesi. Ad esempio, anche se hai imparato l’italiano da un professore che poi è stato incriminato per falsa testimonianza, questo non significa che tu non sappia coniugare i verbi in modo corretto. E dunque, anche se fosse vero che tutte le persone credenti credono a Dio per motivi “psicologici” e non razionali, questo ancora non riesce a smentire l’esistenza di Dio. Può semmai far riflettere su quanto le proprie convinzioni siano adeguatamente fondate, ma di certo non dice nulla sulla loro verità o falsità.

 

3) In terzo luogo, si deve distinguere tra la razionalità della fede e la psicologia della fede. La psicologia della fede (come le persone arrivano a credere in Dio) è una questione distinta dalla razionalità della fede (perché ci sono buone ragioni per credere in Dio). Si può arrivare a credere in Dio per qualunque motivo, anche per semplice inconsapevole imitazione delle convinzioni dei propri genitori e, tuttavia, acquisire via via delle buone ragioni per continuare a credere in Lui. E anche se non si sanno (ancora) dare buone ragioni, questo non significa comunque che le nostre convinzioni siano sicuramente false (si veda il punto 2).

 

4) Quarto punto, è errato e assolutamente arbitrario affermare che tutto ciò che porta conforto e sollievo è necessariamente falso o inventato a questo scopo. Acquistare un’auto, ad esempio, aumenta certamente il confort di vita ma potrebbe non essere questo il motivo per cui la si è comprata, ma semplicemente perché la sede del nostro nuovo lavoro è lontana dalla nostra abitazione. Allo stesso modo, bere a colazione un tazza di tè in una giornata fredda aiuta certamente a scaldarci, ma non è detto che sia questo il motivo per cui l’abbiamo bevuta, semplicemente potevamo aver terminato le scorte di caffè. La fede porta conforto dalle difficoltà della vita? Anche in questo caso, il sollievo potrebbe essere una delle conseguenze secondarie e non il motivo principale per cui si ha fede in Dio. Perché decidere che una credenza deve essere sbagliata se risulta essere anche confortevole? E’ stato dimostrato, inoltre, che le persone in situazioni di stress spesso si rivolgono alla scienza, ma ovviamente nessuno avrebbe il coraggio di dire che la scienza nasce con il motivo di diminuire lo stress delle persone.

 

5) In quinto luogo, l’eventuale bisogno di sollievo e protezione che si trova nella fede potrebbe essere previsto dal Creatore stesso perché non ci allontanassimo troppo da Lui. Se siamo stati fatti per beneficiare di Dio e trovare in Lui pace e appagamento, allora non dovremmo essere sorpresi che Dio stesso abbia inserito questa esigenza di Lui dentro di noi. Come Sant’Agostino esprimeva: “Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché in te non riposa”. Questo desiderio, dunque, si rivela essere un supporto al teismo, non un argomento contro di esso. Così, il benessere sperimentato nell’esperienza di fede non solo può essere una delle tante conseguenze della religione, ma un progetto di Dio stesso per facilitarci l’arrivo a Lui.

 

6) In sesto e ultimo luogo, se vogliamo davvero “psicologizzare” le persone per smentire le loro convinzioni, allora paradossalmente è più facile farlo con i non credenti, psicoanalizzando il loro rifiuto di Dio. Il docente di Psicologia presso la New York University, Paul Vitz, ha infatti sostenuto: «Se guardiamo la vita dei più famosi leader atei e degli scettici del passato notiamo una cosa in comune: a quasi tutti mancava un modello di ruolo paterno positivo o proprio la presenza del padre» (P. Vitz, “The Psychology of Atheism” Truth 1985, p. 29–36).

Effettivamente basta dare un’occhiata alla loro biografia:
Voltaire (1694-1778): respinse con forza il rapporto con il padre, tanto da vantarsi di essere un figlio illegittimo.
David Hume (1711-1776): il padre del famoso scettico scozzese morì quando Hume aveva solo 2 anni.
Barone d’Holbach (1723-1789): il noto ateo francese rimase orfano all’età di 13 anni.
Arthur Schopenhauer (1788-1860): il padre si suicidò quando lui era in età adolescenziale.
Ludwig Feuerbach (1804-1872): quando ebbe 13 anni il padre lasciò la famiglia per vivere con un’altra donna in un’altra città.
Friedrich Nietzsche (1844-1900): perse il padre all’età di 4 anni.
Sigmund Freud (1856-1939): suo padre Jacob fu una grande delusione per lui, passivo e debole. Freud stesso ha anche ricordato che il padre era un pervertito sessuale e che i figli hanno sofferto per questo.
Bertrand Russell (1872-1970): il padre morì quando lui aveva 4 anni.
Albert Camus (1913-1960): il padre morì quando lui aveva 1 anno di età.
Jean-Paul Sartre (1905-1980): il padre morì prima della sua nascita.
Madeleine Murray-O’Hair (1919-1995): la fondatrice dell’associazione American Atheist (uccisa da D.R. Waters, ex direttore dell’“American Atheist”) odiava il padre e cercò di ucciderlo con un coltello (lo ha raccontato lei stessa in W.J. Murray, “My Life Without God”, Thomas Nelson 1982, p.7).
Daniel Dennett (1942-): suo padre morì quando aveva 5 anni di età.
Christopher Hitchens (1949-2011): ebbe un rapporto molto freddo con il padre tanto che disse: «Sono piuttosto arido di ricordi paterni» (C. Hitchens, “Hitch-22: A Memoir”, Large Print Edition 2010, p.69).
Richard Dawkins (1941-): non ebbe rapporti con il padre fino all’età di 8 anni a causa della guerra, ha rivelato di essere stato molestato da un insegnante di sesso maschile all’età di 11 anni, molestie che non si sente di condannare perché avvenute nel passato.
Umberto Veronesi (1925-): perse il padre all’età di 6 anni.
Michel Onfray (1959-): è stato abbandonato dai suoi genitori in un orfanotrofio all’età di 10 anni.

 

Dovremmo quindi considerare la fondatezza degli argomenti a favore e contro l’esistenza di Dio, senza indugiare maliziosamente sulle motivazioni che avrebbero portato ad una precisa convinzione questa o quella persona. E se si volesse continuare a usare il vecchio “argomento della stampella” come forma di riduzionismo verso la fede dei credenti, allora ad esso si potrebbe e dovrebbe opporre “l’argomento del padre”, sostenendo che si giunge a rifiutare Dio come atto di fuga/ribellione dall’autorità a causa di un mancato o negativo rapporto con il padre, come la biografia dei principali atei dimostra.

La redazione</p”>

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72 commenti a La fede è la “stampella” contro le avversità? Un falso mito smontato in sei punti

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  1. gabriele ha detto

    Articolo interessante, ma l’ultima parte è forse controproducente

    • Gennaro ha detto in risposta a gabriele

      Perché controproducente?

      • Enrico ha detto in risposta a Gennaro

        Più che controproducente, rischia di indurci allo stesso errore degli atei che ci accusano di reggerci su Dio come su una “stampella”. Potrei portare il mio caso: i miei genitori sono separati da quando avevo otto anni, mio padre faceva l’amichetto e non il genitore, ma proprio in virtù di questo, la fede in un Dio che è anzitutto padre, e poi creatore, che è amore prima che sapienza, è andata via via rafforzandosi.

        Credo che bisognerebbe specificare: anche se “appare” vero quanto detto nell’ultima parte, non vi è comunque nulla di scientifico, né di scientificamente accertabile.

  2. Leggere le vite dei santi per scoprire che con la fede non toglie alcuna responsabilità o tribolazione, anzi.

    • Max ha detto in risposta a Alèudin - preghierecorte

      E’ assolutamente vero, Aleudin. Pero’ e’ anche vero che a volte credenti – o presunti tali – non danno l’impressione di essere impegnati, con le preoccupazioni che seguono, nella loro vita di fede.

  3. Sophie ha detto

    Noto molto ostracismo nei confronti di chi è credente, ogni riferimento a Presidi atei che nascondono il loro odio verso Gesù dietro la scusa delle esigenze dei musulmani è del tutto casuale.
    Per conto mio mi sono ritrovata a scontrarmi anche con l’invidia di molti non credenti. Talvolta mi arrabbio ma poi mi ricordo di cosa li fa parlare e CHI li fa parlare, ma soprattutto mi ricordo che queste persone mi regalano con il loro odio un pezzetto di Paradiso nell’aldilà attraverso la santificazione.

    • andrea g ha detto in risposta a Sophie

      Il preside “laico” che vuole chiamare il Natale “festa dell’inverno” è certamente
      pronto a comportarsi coerentemente alle sue idee anche se dovesse trovarsi a fare
      il preside in Arabia Saudita.

  4. lorenzo ha detto

    Se non ho capito male:

    1) Che la fede sia una “stampella” è un’affermazione basata su personali osservazioni empiriche e non su prove scientifiche.

    2) Anche se il credere in Dio fosse dovuto all’effetto “stampella”, questo non significa che Dio non esista.

    3) Indipendentemente da come si arriva a credere, continuare a credere è sempre un atto razionale.

    4) a. Se le stampelle aiutano a camminare non è possibile affermare che non esistono perché aiutano a camminare.
    b. Possono essere di legno o di metallo ma questo non significa che il legno ed il metallo esistano in natura al solo scopo di fare stampelle.

    5) Se una password funziona è quasi certo che qualcuno l’abbia prestabilita.

    6) L’ateismo è frutto di problemi psicologici infantili non superati.

    Ad un ateo io però domanderei perché il fatto che le stampelle aiutino effettivamente a camminare lo irrita così tanto.

    • Vincent Vega ha detto in risposta a lorenzo

      Infatti, oltre all’insormontabile problema esposto in questo post ad Andrea http://www.uccronline.it/2015/11/27/uno-dei-miracoli-di-lourdes-tumore-scomparso-e-articolazione-ricostruita/#comment-166545 , che rende l’esistenza di un Dio unico, immateriale, onnisciente e onnipotente che ha creato il tutto e che mantiene l’essere negli enti costantemente un’evidenza logica (la Fede nell’incarnazione e’ un passo successivo), l’ateo dovrebbe spiegare un’altra cosa: perché per ogni bisogno che abbiamo esiste la possibilità pratica di soddisfarlo (anche se non è detto che ci si riesca, per esempio il bisogno di mangiare e’ di tutti gli esseri umani ma non tutti, purtroppo, riescono a soddisfare tale bisogno, cionondimeno per ogni bisogno presente nell’uomo esiste la possibilità quantomeno teorica di soddisfarlo nella pratica) mentre il bisogno di Dio e di vita eterna dovrebbero essere bisogni intrinsecamente inappagabili?

      L’ateo quindi ha due problemi insormontabili:

      1) Mostrare come la materia possa esistere da sempre nonostante sappiamo, grazie alla logica e alla filosofia, che ciò che esiste da sempre non può essere mutevole, poiché in tal caso la mutevolezza ne precederebbe l’esistenza.
      2) Mostrare come sia possibile che, nonostante nel reale osserviamo che per ogni bisogno dell’uomo esiste la possibilità di soddisfarlo, il bisogno di Dio, di senso, di giustizia vera e di vita eterna sia intrinsecamente inappagabile.

      Queste ed altre aporie rendono il materialismo intrinsecamente irrazionale, un vero e proprio fideismo.

      • Vincent Vega ha detto in risposta a Vincent Vega

        Magari sarebbe interessante che un ateo che non sia un troll come i due che normalmente infestano queste pagine intervenisse per spiegare come spiega questi due punti. Spero che non mi porti il vecchissimo e superato argomento della Teodicea però. 🙁

        • Umberto P. ha detto in risposta a Vincent Vega

          Caro Vincent, mi piacerebbe darti il mio contributo ma, da agnostico, non sono perfettamente sovrapponibile alle affermazioni di cui sopra. Sul punto 1) io rispondo con un “non lo so”, poichè mi sembra che tutte le teorie lette finora siano incredibili. Ma dovrei studiare l’argomento molto più a fondo, lo ammetto! Sul punto 2), trovo l’argomentazione inconsistente: perchè tutto ciò che vorrei dovrebbe esistere, ma soprattutto, perchè questo Dio ha mille forme ed esigenze diverse a seconda delle varie religioni e culture locali? Questo è sempre stato uno degli scogli principali che mi hanno impedito di posare gli occhi su una religione in particolare: sarei superficiale se nella mia ricerca del vero valutassi solo la religione che ho più vicino, no? Infine, non capisco il nesso con la teodicea, ma posso dirti che l’interpretazione del male nella religione cattolica è un altro dei punti chiave su cui proprio non riesco a raccapezzarmi.

          • Vincent Vega ha detto in risposta a Umberto P.

            Ciao Umberto, ti ringrazio.

            1) Si, studialo, ne vale davvero la pena. 🙂
            2) Sai indicarmi un solo bisogno umano che sia intrinsecamente inappagabile? Attenzione, non inappagabile sul momento o nei prossimi 10-100 anni, inappagabile in se in quanto il bisogno verso il quale il desiderio e’ rivolto e’ inesistente.
            Portami anche un solo esempio. Occhio, ripeto, non parlo di un tuo eventuale bisogno attuale che non puoi soddisfare, parlo di un bisogno intrinsecamente inappagabile in quanto diretto verso un qualcosa di inesistente, se ne conosci qualcuno dimmi pure.
            Poi, è vero che Dio e’ adorato in molti modi diversi, e con credi diversi, ma hai approfondito le varie religioni per capire qual’è la vera Fede?
            Per esempio, ritieni che Cristo, un personaggio storico, possa essere messo sullo stesso piano dei vari avatara indù, che non sono conosciuti dalla storia? Hai studiato la storicità delle vicende evangeliche e la teologia cristiana?
            3) Il nesso l’ho messo proprio perché spesso l’argomento della Teodicea viene usato dai non credenti. Lo trovi convincente?

          • Danilo ha detto in risposta a Umberto P.

            La domanda sarebbe ma é il bene che é diverso o il modo in cui lo si aproccia,alcune nozioni Sono diverse da cultura a cultura,ma proprio che siano alcune non Tutte,significa che altre Sono in comune.Il problema del relativismo é sempre lo stesso,da una parte nega l’assoluto universale dall’altra lo riafferma sempre.Si dovrebbe dire che é vero chr le leggi di forma cambiano spesso da parallelo a meridiano terrestre,ma non trovo altretanto vero che tutte le leggi abbiano contenuto essenziale diverso.

            • andrea g ha detto in risposta a Danilo

              Esatto, il relativismo è una contraddizione in termini:
              nega l’assoluto un maniera assoluta.
              Quando afferma: “non esiste l’assoluto”, lo sta affermando.

              • Dan ha detto in risposta a andrea g

                E infatti quando lo afferma tende addirittura ad affermarlo indipendentemente dal soggetto ma anche come dipendentemente dal soggetto.Che poi oggi tra l’altro si intende per relatività anche per dire una concezione stoica alla Epiteto per intenderci sarebbe “relativa”:

                Ad esempio:
                « Tra le cose che esistono, le une dipendono da noi, le altre non dipendono da noi. Dipendono da noi: giudizio di valore, impulso ad agire, desiderio, avversione, e in una parola, tutti quelli che sono propriamente fatti nostri. Non dipendono da noi: il corpo, i nostri possedimenti, le opinioni che gli altri hanno di noi, le cariche pubbliche e, in una parola, tutti quelli che non sono propriamente fatti nostri.[20] »
                « Ricordati dunque che, se credi che le cose che sono per natura in uno stato di schiavitù siano libere e che le cose che ti sono estranee siano tue, sarai ostacolato nell’agire, ti troverai in uno stato di tristezza e di inquietudine, e rimprovererai dio e gli uomini. Se al contrario pensi che sia tuo solo ciò che è tuo, e che ciò che ti è estraneo – come in effetti è – ti sia estraneo, nessuno potrà più esercitare alcuna costrizione su di te, nessuno potrà più ostacolarti, non muoverai più rimproveri a nessuno, non accuserai più nessuno, non farai più nulla contro la tua volontà, nessuno ti danneggerà, non avrai più nemici, perché non subirai più alcun danno>>

                Che è come dire anche se un cristiano un uomo agisse male, (si puo essere d’accordo che dovrebbe dare l’esempio) il punto è che non dipende da me il suo giudizio,d’altronde perchè mai ed era quello che avevo chiesto i primi commenti qui,se un cristiano (ma poniamo pure un uomo che fa il male) non da il buon esempio allora io o il mio giudizio,che dipende da me,sarebbe giustificato.

                Impersonalmente:perchè se esistono giudizi in alcune persone che portano a uccidere,io che sono indipendente da loro,dovrei basare un mio giudizio sulla base del loro giudizio,secondo il quale cosi sarei legittimato?

                Che poi al netto educativo,tale concezione suona come quando ero piccolo e mi si diceva ” a ma lo fa pure lui” al che si rispondeva,e “anche se tutti si buttassero dalla finestra tu lo faresti?”

                Bhè no perchè in parte sono individuo con giudizio indipendente da altri,benche essere umano in maniera identica.

                Quindi non tanto per fare la predica,ma anche se ci fosse qualcuno che sbaglia e sbaglierà,sbaglia indipendentemente da me,e quando questo capita (e neppure tanto di rado) a me non è che me la prendo con altri visto che dipende da me,e non da loro o dai loro esempi che ci siano o non ci siano (e poi si possono indubbiamente trovare esempi positivi o esempi negativi,bhè sempre ragionevole trovo seguire quelli positivi piuttosto che quelli negativi).Per cui certamente anche se è corretto dare sempre degli esempi positivi,appunto tenendo fermo quel limite che pure nelle concezioni non cristiane suonava come un ammonizione “conosci chi sei e non presumere di essere di più»;” (che a diversi significati sicuramente quello essenziale e il “renditi conto dei TUOI limiti” non sempre e solo di quelli degli altri,ma che pare un richiamo all’umiltà per sè.

                • Dan ha detto in risposta a Dan

                  Vhe poi il modello mentale che si segue per questo giudizio è sempre il medesimo:

                  Quanto questo cristiano x si adegua a al Vangelo.

                  Il che presupponE:
                  Quanto questo cristiano X si adegua alle MIE convinzioni sul Vanegelo o meno.O ancora per essere preciso quanto questo X cristiano si adegua a Gesù Cristo,non si adegua e sbaglia,ora speriamo che Gesù Cristo sia più misericordioso e meno giustizialista,domanda che a tempo pure io mi ponevo,il punto invece è che proprio la domanda mi si è percuote contro:e quanto per essere IO cristiano devo levar pagliuzze piuttosto che le mie travi?

                  Che non significa “non giudicare per niente,perchè pure questo è un giudizio ergo non giudicare è impossibile” ma semplicemente ” vedi che pure quando stò giudicando mi devo ricordare del mio limite”,e sopratutto pure se si muovessero rimproveri,non è il fatto di muovere rimproveri giusto per la piacevolezze del rimproverare,il punto è che trovo pure che quelli che mi hanno più rimproverato in vita (eccezion fatta di quelli che rimproverano e colpevolizzano senza nessun risvolto positivo per la persona),infine erano pure le persone che da un lato mi hanno più amato,sai quanti rimproveri un figlio prende dai propri genitori,in effetti mi sarei preocupato se qualcuno che ama qualcun altro li dicessa “Fai tutto quello che ti pare piace”,che sottointende proprio la totale indifferenza per quello che si fà,indifferenza che magari “modernamente”(anche se non so sei una questione di “moderno” o “vecchio”) viene chiamata “libertà”,liberi di essere indifferenti come da sempre no?

                  In effetti c’è una cosa peggiore per me dei rimproveri subiti o dati, l’indifferenza.

    • Umberto P. ha detto in risposta a lorenzo

      A me non irrita che tu sia credente, a me irrita che, se Dio esiste, non mi premia con la grazia della fede. Eppure io sono decenni che mi arrovello su di lui, mentre tanti miei amici si dichiarano credenti peccando, non studiando nulla della loro religione, ed in sostanza pensando a Dio un decimo di quanto faccia io.

      • Vincent Vega ha detto in risposta a Umberto P.

        Ma, precisamente, che cosa ti servirebbe per trovare la Fede?

        • Umberto P. ha detto in risposta a Vincent Vega

          Di far star zitta la ragione, o di riuscire a conciliare la ragione con la Fede.

          • Eli Vance ha detto in risposta a Umberto P.

            Sarebbe strano che Dio chiedesse di sopire proprio una delle facoltà esclusive dell’unica creatura in grado di conoscerlo, o per meglio dire, di recepire la sua rivelazione. Per cui virerei decisamente sulla seconda opzione, meglio se individuando con precisione le personali “pietre d’inciampo” e indirizzare li i propri personali sforzi.
            Ho apprezzato la tua precedente critica alla fede tiepida, è un monito per tutti, mi ha ricordato lo stesso avviso, con toni piu’ decisi in Apocalisse 3,15 “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo!”, con conseguente condanna morale della tiepidezza.

          • Vincent Vega ha detto in risposta a Umberto P.

            Umberto, a proposito di Fede e ragione, secondo te cosa è successo 2000 anni fa? Perché quando ci fu la crocifissione i discepoli fuggirono tutti e dopo cambiarono a 360 gradi? Cosa era successo?
            Inoltre, come mai lo definirono l’alfa e l’omega, il Verbo, Dio incarnato eccetera, dopo che ha fallito su tutta la linea morendo come il peggiore dei malfattori?
            Si insomma, cosa è successo?

            • Vincent Vega ha detto in risposta a Vincent Vega

              Ehilà Umberto, allora? Cosa è successo 2000 anni fa? Hanno trafugato il corpo di Cristo e sono orti male per una menzogna che sapevano essere tale, convincendo anche San Paolo, Santo Stefano e molti altri estranei alla cerchia apostolica? Oppure qualcuno ha trafugato il corpo all’insaputa degli apostoli e loro hanno avuto le esperienze del Risorto a causa di uno stato alterato di coscienza? Se è cosi, come mai però hanno avuto “incontri” col Cristo risorto anche uomini estranei alla cerchia apostolica e addirittura persecutori della Chiesa, come San Paolo (che scrisse che Cristo apparve non solo ai dodici ma a più di 500 fratelli)?
              E soprattutto, com’è che quell’ebreo morto 2000 anni fa continua e ha continuato ad apparire a persone di tutto il mondo in 2000 anni?

              Sarà mica che è risorto davvero?

      • lorenzo ha detto in risposta a Umberto P.

        Tardi ti ho amato, o bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato! Ed ecco che tu eri dentro e io fuori, e lì ti cercavo. Deforme come ero, mi gettavo su queste cose belle che hai creato. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, che non esisterebbero se non fossero in te. Mi hai chiamato, hai gridato, e hai vinto la mia sordità. Hai mandato bagliori, hai brillato, e hai dissipato la mia cecità. Hai diffuso la tua fragranza, io l’ho respirata, e ora anelo a te. Ti ho assaporato, e ho fame e sete. Mi hai toccato, e aspiro ardentemente alla tua pace.
        Dove ti ho trovato per conoscerti? Sicuramente non eri presente alla mia memoria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti ho trovato per conoscerti se non in te al di sopra di me? Ma tale sede non è per nulla un luogo.
        Conoscerò te, o mio conoscitore, ti conoscerò come anch’io sono conosciuto.
        Davanti a te, o Signore, è scoperto l’abisso dell’umana coscienza: può esserti nascosto qualcosa in me, anche se m’impegnassi di non confessartelo? Se mi comportassi così, io nasconderei te a me, anziché me a te. Dunque, o Signore, tu mi conosci veramente come sono.
        Quando aderirò a te con tutto me stesso, non vi sarà più posto per il dolore e la fatica, e la mia vita sarà viva, tutta piena di te.

        (Sant’Agostino, Confessioni)

      • Danilo ha detto in risposta a Umberto P.

        E bhe se non pecassero non trovo nemmeno che senso abbia la Croce,infatti non é che sei credente dunque salvo.Bhe sai gia che generalizzare sui credenti equivale a dire tutti,come sai gia che Ogni agnostico é diverso.Ma infatti non é che credente vuol dire automaticamente “buono”,come non lo é un agnostico o un ateo sulla base di denominazioni esteriori,giache si coinvolge una sfera del proprio vissuto e anche interiore (non esteriore) della propria vita.E anche se é vero che altri,mi ci metto pure io,o agnostici o atei.Il punto e che non é che un credente ha lo stesso vissuto di un altro credente,ma di comune hanno di sapere di Essere peccatori.Tu glielo ricordi,ma il fatto e come questo sarebbe contradditorio,infatti si anche i credenti peccano,no perche se no dovrebbero gia dire che questo mondo è il Paradiso,dove non ci sarebbe il peccato.

      • Sophie ha detto in risposta a Umberto P.

        Umberto, secondo me pensi troppo. Gesù non lo trovi con i ragionamenti, ma con il cuore. Oltretutto Dio non va solo cercato ma anche accettato. Sei pronto per accettare anche quello che non capisci di quello che ti chiede? Questa è la fede.

    • Piero ha detto in risposta a lorenzo

      A un credente io domanderei perchè il fatto che tante persone riescano a camminare benissimo con il solo uso della ragione lo irriti così tanto.

      • andrea g ha detto in risposta a Piero

        Primo: cosa intendi per “ragione”?
        Secondo: nessuna irritazione, al massimo compassione.
        Sono piuttosto gli ateisti odiare i credenti, perchè mettono
        in discussione la pseudo libertà dell’io, che preferisce blaterare
        sè stesso piuttosto che riconoscere che deve tutto a DIO e che,
        quindi, si realizza solo conoscendo DIO.
        Senza DIO c’è il buio totale, ma l’ateista vuole illudersi di
        essere nella luce.

        • Piero ha detto in risposta a andrea g

          Alle certe critiche basta sostituire il soggetto e si vede come queste valgano per qualsiasi catergoria, sono quindi del tutto infondate.

          • lorenzo ha detto in risposta a Piero

            Se tu avessi sostituito il solo il soggetto avresti dovuto scrivere: Ad un credente io però domanderei perché il fatto che le stampelle aiutino effettivamente a camminare lo irrita così tanto.

            Tu pero hai sostituito anche l’oggetto e così ti sei dato una doppia zappata sui piedi:
            1) dimostri di non sapere che oggetto e soggetto non sono la stessa cosa;
            2) i credenti non si irritano né se vedono camminare con le stampelle né se vedono camminare senza stampelle: hanno solo pena degli zoppi convinti di non esserlo.

        • Piero ha detto in risposta a andrea g

          Alle certe critiche basta sostituire il soggetto e si vede come queste valgano per qualsiasi categoria, sono quindi del tutto infondate.

      • Eli Vance ha detto in risposta a Piero

        Veramente le obiezioni di cui tratta l’articolo partono proprio da persone che per primi formulano accuse banali contro i credenti, evidentemente a camminare tanto bene con la loro personale definizione di ragione non riesce. Ne consegue che bisogna domandare a loro le ragioni della loro irritazione.

      • Vincent Vega ha detto in risposta a Piero

        Io invece ad un non credente domanderei due cose:

        1) Ritiene che la materia si sia fatta da sola o ritiene plausibile che detta materia sia eterna nonostante sia mutevole (e quindi, in tal caso, la mutevolezza ne precederebbe l’esistenza)?
        2) Ritiene ragionevole pensare che il bisogno di Dio sia l’unico bisogno intrinsecamente inappagabile?

      • lorenzo ha detto in risposta a Piero

        Piero, mi spieghi perché, secondo te, un credente dovrebbe irritarsi per “il fatto che tante persone riescano a camminare benissimo con il solo uso della ragione”?

        • Vincent Vega ha detto in risposta a lorenzo

          Infatti. Che poi definire l’ateismo e l’ateo una persona che “cammina solo con l’uso della ragione” è una bella barzelletta, dal momento che la materia e l’universo, proprio a rigor di ragione, necessitano di essere creati e non si giustificano da se. Anche chiedere ” se Dio ha creato l’universo chi ha creato Dio”, cosa che in genere rispondono gli atei quando gli viene posta questa obiezione è assurdo, poiché non si può risalire all’infinito connle cause.

          Sai qual’è il problema, Lorenzo? Che se è vero che oggi c’è molta più cultura scientifica spesso e volentieri mancano i riferimenti filosofici, ecco perché oggi l’ateismo è una soluzione così “plausibile” per molti.

  5. Erny ha detto

    Ricordate anche il problematico rapporto con il padre di Karl Marx, che lo disprezzava e da cui voleva sempre più denaro…
    Infine vorrei sottolineare come Dio si manifesti nella vita di quelli che credono e diventi una certezza incancellabile attraverso i memoriali che realizza con i suoi amici… La fede è una pianta che si sviluppa e si approfondisce sotto terra e verso il cielo

  6. Luca ha detto

    Rispetto al positivismo ateo, tanto nelle Scienze naturali che nelle Scienze umane, secondo me non esiste nessuna possibile risposta razionale.
    Con cià non intendo dire che la nostra fede sia irrazionale ma ricordare piuttosto come la fede si fondi su una razionalità che riconosciamo troppo più grande di noi stessi, sia come singoli che come comunità storica. Parafrasando il Libro di Giobbe: Dov’eravamo noi e dov’erano gli atei quando Dio poneva le fondamenta della terra ?
    Perciò qui ed ora per me continua a valere il Credo quia absurdum.
    L’unica risposta possibile – la dobbiamo principalmente a noi stessi – é la nostra esperienza concreta, come singoli e come comunità.

    • Vincent Vega ha detto in risposta a Luca

      Caro Luca,

      Ti informo che il fideismo di cui ti fai portatore e’ condannato dalla stessa Chiesa alla quale tu appartieni come cattolico.
      Ti faccio inoltre presente che secondo questa idea questo blog non dovrebbe nemmeno esistere, perlomeno, se dovesse seguire questa idea, tradirebbe i suoi presupposti.

      Inoltre, il positivismo ateo quali risposte ha per le due questioni che ho posto sopra?
      Sarei curioso di conoscerle, sul serio.

    • Vincent Vega ha detto in risposta a Luca

      Purtroppo, Luca, le devianze dell’illuminismo si fanno sentire anche tra i cattolici, che infatti oggi spesso vivono la loro Fede quasi con vergogna, come se avessero paura di essere presi per creduloni.
      Questo è esattamente ciò che vogliono gli atei e i nemici della Chiesa, ricordatelo.

      Per farti un esempio, su un forum aconfessionale (laico) nel quale scrivo anche io dove si studiano i Vangeli e il Nuovo Testamento, arrivò questa critica da Emilio Salsi, un cialtrone anticlericale che scrive tesi totalmente balzane che non hanno il minimo credito preso gli storici al solo fine di distruggere la Chiesa Cattolica, ti riporto le sue parole

      “Tutti voi siete in servizio H 24 davanti allo schermo del computer con il compito di filtrare la realtà che proviene dalla storia e dalla logica guardandola attraverso le lenti deformanti della “verità della fede” allo scopo di sciogliere i dubbi di coloro che devono fare “apostolato” allenandoli a superare e controbattere, punto per punto, le molteplici spontanee contestazioni di coloro (pochi) che hanno letto i Vangeli” fonte http://cristianesimoprimitivo.forumfree.it/?t=35787287

      Capito? L’accusa non è tanto quella di confutare le sue tesi ma quella di “sciogliere i dubbi”.
      Vuoi sapere una cosa? Molti di quelli che sostengono queste tesi neanche di credono fino in fondo, le sostengono per cercare, da bastardi figli del demonio quali sono, di sviare la gente dalla verità e distruggere la Chiesa.
      Sono furbi, secondo te perché diffondono le loro idiozie nel web? Perché raggiungono una platea vasta e molto spesso impreparata, magari di ragazzini che, per la loro inesperienza, sono facilmente plagiabili dalle tesi scandalistiche.
      Ti garantisco che so come ragionano, ho parlato con diversi di loro anche su Facebook fingendomi appartenente alla loro stessa “parrocchia ideologica”, per loro e’ una fortuna che gli accademici snobbino e confutino le loro idiozie, perché i lavori accademici hanno meno visibilità presso il pubblico del web delle tesi scandalistiche che loro propinano, al fine di sviare le coscienze.
      Questo per quanto riguarda il Gesù storico, ma la stessa cosa vale anche per gli altri ambiti, come la bioetica o il presunto conflitto tra Fede e scienza.
      Vogliono credenti “intimisti”, che quasi hanno paura a difendere la loro Fede, e soprattutto vogliono credenti che rinuncino all’utilizzo della razionalità, da loro molto temuta.

      Infatti loro realmente detestano siti come questo, critica scientifica o anche il forum che ho linkato sopra, perché sebbene sia laico e aconfessionale fornisce molti supporti alla Fede cristiana (sebbene ripeto il suo obiettivo sia quello della ricerca storica).

      Quindi attenzione, che oggi il principe di questo mondo e i suoi figli sono attivi come mai prima d’ora, bisogna combatterli con il cuore, le opere nella vita di tutti i giorni che forniscano una testimonianza reale di cosa sia il cristianesimo ma anche con la testa.

      • Luca ha detto in risposta a Vincent Vega

        Caro Vincent, non so bene cosa tu iontenda per fideismo. Ti ricordo tuttavia che il termine “mistero” nel nostrto catechismo é associato a diversi concetti. Es
        Mistero della creazione
        Mistero della fede
        Mistero della vita di Gesù
        Mistero pasquale
        Mistero eucaristico
        (…)
        Allora qui per comodo e brevità mi aiuto con wikipedia (spero di non annoiarti, lo metto in italics così lo èpuoi saltare)
        Nel cristianesimo un mistero della fede è un concetto religioso che indica una verità rivelata costitutiva della fede cristiana. Due tra esse e precisamente l’Unità e Trinità di Dio e l’incarnazione di Gesù (comprese tutte le altre conseguenze: passione. morte e resurrezione), sono quelle fondamentali alle quali aderiscono tutti i cristiani di tutte le diverse denominazioni.
        Nel cattolicesimo con la massima ampiezza e in misura diversa anche nelle altre denominazioni cristiane, altre verità dogmatiche si aggiungono a queste, per costituire tutte insieme il complesso della dottrina, sia pur nelle sue varie accentuazioni e sfaccettature: è il caso ad esempio dei dogmi mariani, oppure dell’azione santificante dei sacramenti.

        In questo contesto il termine mistero non ha il significato corrente di argomento incomprensibile o non conoscibile, oppure di fenomeno del quale non si riesce a trovare la causa e la spiegazione. Ha invece il significato di manifestazione di Dio agli uomini, allo scopo di renderli partecipi della sua grazia e della sua vita. Come atto divino, è al disopra della ragione umana, perché nessun uomo può avere una conoscenza piena ed esaustiva di Dio; ma non è contro la ragione, la quale invece, sostenuta e illuminata dalla rivelazione, consente all’uomo una conoscenza analogica e mediata del mistero di Dio.

        Per la verità dovrebbe bastare S Paolo: Adesso noi vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; allora vedremo faccia a faccia (1 Cor, 13,12).
        Infine quel che scrivo é quel che ho appreso nella Chiesa e condivido con le persone che conosco, senza per questo pretendere debba essere per forza l’unico modo o l’unica via.
        PS
        A proposito di UCCR mi dai l’occasione di essere finalmente esplicito. Riconoscendo molti meriti a questo sito e leggendolo spesso volentieri riconosco effettivamente un difetto diciamo statutario:
        – pretende di rispondere agli atei ponendosi al loro stesso livello;
        – dipinge una fede che anziche incontrare gli uomini crea barriere di contrapposizione molto spesso forzata o inutile (il motivo dei miei interventi);
        – rischia di RIDURRE (credo inconsapevolmente) la nostra fede (in una persona, in un incontro) da esperienza concreta di vita, rivelazione, tracendenza ad ideologia, costruzione razionale, manuale scientifico o storico.
        La pace sia con te

        • Vincent Vega ha detto in risposta a Luca

          Caro Luca, il il “fideismo” appartiene a coloro che fanno affidamento fondamentale o esclusivo sulla sola fede, che viene spesso accompagnato da un conseguente denigrazione della ragione ed utilizzato nel perseguimento della verità filosofica o religiosa.
          Il fideismo è l’altra faccia della medaglia del razionalismo (anche qui, non confondere razionalismo con razionalità), e sono entrambi condannati dalla Chiesa.

          Poi scrivi

          “In questo contesto il termine mistero non ha il significato corrente di argomento incomprensibile o non conoscibile, oppure di fenomeno del quale non si riesce a trovare la causa e la spiegazione. Ha invece il significato di manifestazione di Dio agli uomini, allo scopo di renderli partecipi della sua grazia e della sua vita. Come atto divino, è al disopra della ragione umana, perché nessun uomo può avere una conoscenza piena ed esaustiva di Dio; ma non è contro la ragione, la quale invece, sostenuta e illuminata dalla rivelazione, consente all’uomo una conoscenza analogica e mediata del mistero di Dio.”

          Embè? Nulla di diverso da ciò che sostengo io. La ragione, in molti campi, sia nella teologia (Tommasa D’Aquino) che nella storia (la storicità del cristianesimo) non solo non è opposta alla Fede ma è sua preziosa alleata, anche se comunque fare l’ultimo è decisivo “salto” nella Fede e’ una cosa che dipende non solo e non sempre da noi, dato che la Grazia gioca un ruolo fondamentale. Fondamentale ma non totale, lo spazio per il libero arbitrio rimane sempre, ovviamente, quello che voglio dire è che la Ragione è molto importante sia per avvicinarsi alla Fede per il non credente sia per difendere la Fede e il fondamento della Fede per il credente.

          Poi è chiaro che esistono misteri davvero pazzeschi, come la Trinità, l’eucaristia, l’incarnazione eccetera, ma ad esempio, ti dico senza tema di smentita che la Resurrezione e’ indubbiamente la spiegazione razionale migliore per spiegare la nascita del cristianesimo, che fu un vero e proprio big bang.
          Ciò che dice San Paolo sostanzialmente è che quando avremo la visio beatifica e saremo alla presenza di Dio potremo conoscerLo davvero per come egli è, non squalifica di certo il ruolo della ragione nel percorso di Fede.

          Parlando di Uccr, direi che:

          1) E cosa dovrebbe fare? Conosci il concetto di apologetica? Lo sai che nella seconda lettera di Pietro e’ scritto “dovrete rendere ragione della speranza che avete”? È proprio questa la differenza tra il cristianesimo e le altre religioni, che sono basate sul fideismo cieco e irrazionale. Molti credenti (tra cui il sottoscritto) definiscono addirittura l’ateismo come fideismo irrazionale, altroché il cristianesimo. Tu fai l’errore di alcuni credenti che si fanno spaventare dalla violenza dei neoatei e rinunciano a difendere la Fede, che è un preciso mandato neotestamentario.
          2) Qua hai ragione, nel senso che sulle questioni di Fede o non Fede le opinioni sono spesso polarizzate, pertanto il dialogo non è facile, in molti casi.
          3) Ti sbagli. La Fede cristiana e’ un et et, non un aut aut, pertanto la Fede nel Cristo dovuta all’incontro personale con Lui e’ accompagnata dalla motivazione razionale e storica.

          • Luca ha detto in risposta a Vincent Vega

            Benone.
            Come immaginavo su fede e ragione la pensiamo allo stesso modo e non si capisce perché in modo gratuito tu mi attribuisca il fideismo. Anche Tertulliano dicendo Credo quia absurdum non intendeva niente di diverso da quanto é scritto non da me ma dal catechismo: nessun uomo può avere una conoscenza piena ed esaustiva di Dio. Ossia: possiamo solo pensarlo, crederlo anche là dove la nostra ragione non può arrivare. A me pare che sia questa più di ogni altra la differenza degli spiriti religiosi rispetto ai non credenti: la coscienza del limite più che la conoscenza o il possesso di una Verità superiore. Opposta al rischio perenne del non credente di scivolare nel delirio di onnipotenza. Anch’io ho degli amici in quel campo …
            1) Render conto della speranza che é in noi secondo me vuol dire proprio mostrare di avere una Speranza. Mostrare che c’é un senso ultimo che sta al di fuori di noi, un senso che noi certo non possiamo “possedere” ma solo credere con fiducia. Una verità che non sta tanto nelle parole, nella ragione, nei fatti o nelle formule quanto piuttosto ln un “sentimento” della realtà, nell’amore, nella Carità. Servono penso io fatti molto più di parole.
            3) scrivendo RIDURRE non ho inteso negare alla fede la capacità di informare la nostra conoscenza del reale o la nostra capacità di intervenire nel reale. Volevo solo constatare che se potessimo stabilire una relazione univoca tra la fede, i nostri pensieri e le nostra azioni rischieremmo di rendere la fede caduca esattamente quanto lo sono i nostri pensieri e azioni. Abbiamo una VITA da vivere e una VIA da percorrere ad imitazione di Cristo ma la VERITA’ non la possediamo, quella é solo Cristo stesso. Leggendo UCCR ho spesso la triste sensazione di qualcuno che pensa di possedere davvero una VERITA definitiva che va semplicemente imposta al mondo per il bene del mondo, da brandire “contro” il mondo (conto di sbagliarmi).

            • Luca ha detto in risposta a Luca

              Gaffe madornale, causata dalla stanchezza: OVVIAMENTE wikipedia non é il catechismo (lapsus freudiano?)

            • Vincent Vega ha detto in risposta a Luca

              Ho capito Luca, scusa se ti ho dato del fideista, devo aver frainteso.
              Ad ogni modo ogni cristiano è cosciente di conoscere la Verità.

              Dalla prima lettera di Giovanni

              “Non vi ho scritto perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete e perché nessuna menzogna viene dalla verità. ”

              Il fatto che il cristiano sappia di conoscere la Verità nella sua pienezza (perlomeno, nella massima pienezza che è dato conoscere all’uomo su questa terra, non implica che dobbiamo chiuderci in noi stessi o cercare di imporre la Verità, semmai implica la testimonianza, con le parole e con i fatti.
              Testimonianza che però non può prescidendere dalla consapevolezza piena di essere nel Vero, infatti i primi martiri convincevano tutti propri perché erano talmente sicuri della loro Fede da spazzare via ogni dubbio nei pagani.

              Di certo l’inizio del diaolgo con chi non è cristiano deve partire da un terrene condiviso, ma ripeto, con la coscienza di essere nel vero, come insegna Giovanni.
              La Verità quindi non va imposta, va testimoniata. So che parlare di Verità nell’epoca del relativismo e del dubbio sembra una bestemmia, ma la Verità non muta col mutare del mondo.

              • Luca ha detto in risposta a Vincent Vega

                Ti rispondo con parole in cui credo tuttavia volutamente provocatorie. Un terreno condiviso (anche qui lo dico per esperienza) secondo può essere cercato nel DUBBIO. Il dubbio per un ateo é spesso motivo di relativismo più o meno nichilista mentre per un credente é coscienza del limite, (se preferisci del peccato, anche nel senso di “peccato originale”). E’ stimolo alla ricerca dell’assoluto e della perfezione. Io credo che questo sia un piano fertile, mentre se ti presenti come quello che sa già tutto secondo me il dialogo non va da nessuna parte. Detto questo il terreno condiviso può essere solo un terreno laico rispetto al quale si cercare azioni condivise (penso ad esempio alla possibile convergenza pratica trs Carità e Pietas). Mi si dirà: ma allora che differenza pratica c’é tra le ndstre azioni e quelle degli atei ? La differenza sta appunto nella SPERANZA (di nuovio S Pietro), nel motivo che ci muove.
                L’esistenza di una speranza ed un senso ultimo e definitivo per la CARITA’ beh, é esattamente questo (e poco altro) che noi sappiamo con certezza assoluta e che segna la differenza (Giovanni).

                • Vincent Vega ha detto in risposta a Luca

                  Puoi utilizzare il dubbio per partire a costruire un terreno di scambio, ma l’importante è che dentro di te sia ben chiara la verità, in modo da poter condurre verso di essa, piano piano, anche gli altri. Ma dentro di te deve essere ben chiara la verità. Pensa che esistono Vescovi che negano l’esistenza di Satana (e se avessero assistito a degli esorcismi non la negherebbero, te lo garantisco, come non negherebbero la divinità di Gesù- c’è chi fa anche quello- dopo aver visto il suo potere contro le forze del male) e addirittura la realtà della Resurrezione (un vescovo francese), pensa te.
                  Quindi occhio: dubbio come terreno da cui partire ok, ma per il resto la verità deve essere chiara, dentro di te.

                  • Luca ha detto in risposta a Vincent Vega

                    Dentro di me é chiara l’esistenza di Dio, la Verità del Vangelo, l’esigenza di cercare Dio qui e nell’oggi (a spese mie), l’esigenza di non trovare mai in Dio niente di scontato (se lo trovassi scontato sarebbe segnale sicuro del non averlo capito).

                    • Vincent Vega ha detto in risposta a Luca

                      Perfetto. 🙂
                      Sono contento, Luca. 🙂

                    • lorenzo ha detto in risposta a Luca

                      Afferma infatti papa Francesco:
                      “Dunque, Dio lo si incontra camminando, nel cammino. E a questo punto qualcuno potrebbe dire che questo è relativismo. È relativismo? Sì, se è inteso male, come una specie di panteismo indistinto. No, se è inteso in senso biblico, per cui Dio è sempre una sorpresa, e dunque non sai mai dove e come lo trovi, non sei tu a fissare i tempi e i luoghi dell’incontro con Lui. Bisogna dunque discernere l’incontro.”

  7. Licurgo ha detto

    Pur non essendo io credente in senso stretto, ho sempre pensato che l’argomento freudiano fosse quasi un indizio logico dell’esistenza del Dio cristiano, anzichè una sua negazione.
    Secondo Freud, io penso a Dio perchè ho bisogno, riproducendo l’infanzia, di immaginare un Padre celeste che veglia su di me, concezione peraltro che vale solo per il cristianesimo e in parte per l’ebraismo, non per l’islam in cui l’uomo è creatura di Dio, particolarmente amata, ma pur sempre creatura e non figlio non essendoci la persona del Figlio, ma la sola maestà del Padre, cioè del Dio uno e unico tantomeno per religioni come taoismo, shintoismo ecc e dunque certamente non è scientifica nemmeno nelle scienze umane o molli.
    Ora, se Dio è Padre celeste come dice il cristianesimo, è perfettamente logico nell’ordine del creato che io tenda a pensare alla causa finale come Padre Celeste e non solo come puro atto o come ente maestoso e da temere. Se non mi avesse messo l’istinto del figlio che Padre celeste mai sarebbe? 😉

    • Vincent Vega ha detto in risposta a Licurgo

      Licurgo scrive

      “Ora, se Dio è Padre celeste come dice il cristianesimo, è perfettamente logico nell’ordine del creato che io tenda a pensare alla causa finale come Padre Celeste e non solo come puro atto o come ente maestoso e da temere. Se non mi avesse messo l’istinto del figlio che Padre celeste mai sarebbe?

      Se non ricordo male, Licurgo, tu sei un teista che non si riconosce ne’ nell’ebraismo ne’ nel cristianesimo, giusto? In pratica, l’evidenza e la ferrea logica (nonché la conoscenza della filosofia, se ricordo bene sei parecchio ferrato nel tomismo) ti rende del tutto evidente che la materia non possa giustificare se stessa, però non riconosci l’incarnazione, vero?

      Comunque, concordo con quanto hai scritto, e a tal proposito ti chiedo: sei a conoscenza di un bisogno umano che sia intrinsecamente inappagabile, come sarebbe il bisogno di Dio e di vita eterna qualora le tesi materialiste avessero una parvenza di logica e di realtà?
      Io non sono a conoscenza di bisogni umani intrinsecamente inappagabili, l’osservazione del reale mi dice che per ogni bisogno umano, dai più elementari (come il cibo) ai più elevati (come l’amore, l’amicizia eccetera) esiste quantomeno la possibilità che vengano soddisfatti, in altre parole non sono a conoscenza di bisogni umano che non abbiano un riscontro reale possibile.

      Se l’ateista avesse ragione, invece, miliardi e miliardi di persone sentirebbero un bisogno fortissimo di Dio, di senso e di vita eterna senza che esista la possibilità che tale desiderio venga soddisfatto, un po’ come avere fame senza che esista il cibo, avere sonno senza che esista la possibilità di dormire, desiderare l’amore senza che l’amore esista eccetera.

      Insomma, oltre alla questione dell’eternità della materia (insostenibile) se l’ateo avesse ragione l’inesistenza di DIO contraddirebbe tutta la nostra esperienza mondana.

      • Licurgo ha detto in risposta a Vincent Vega

        Sì, mi hai descritto bene, e grazie per il ‘ferrato’ troppo buono 🙂
        Concordo appieno con tutto quel che dici, un materialista ti direbbe che quell’inappagabile bisogno di infinito sia un risultato evolutivo per favorire la conoscenza del mondo che aiuta l’uomo, animale debolissimo, a non estinguersi tramite conoscenza e affinamento dell’intelligenza.
        Il problema per il materialista che l’evoluzione è pur sempre retta da leggi di natura e da passaggi dalla potenza all’atto negli enti, per cui siamo secondo me cmq daccapo…

        • Neikos ha detto in risposta a Licurgo

          “un risultato evolutivo per

          Teleologico per essere un materialista!

          • Vincent Vega ha detto in risposta a Neikos

            Bella questa! 😉
            In effetti uno dei dogmi neldarwinisti/riduzionisti e’ l’assenza di teleologia nell’evoluzione, peccato che il “caso” sia assolutamente un’asserzione metafisica, non scientifica, in quanto non è corroborabile ne’ confutabile, esattamente come l’esistenza di Dio.

            A differenza del Creatore, però, postulare il caso è del tutto illogico.

            • Vincent Vega ha detto in risposta a Vincent Vega

              Neodarwinisti, non neldarwinisti.

              • Licurgo ha detto in risposta a Vincent Vega

                Esatto Neikos!
                Il materialista ti risponderebbe però che il finalismo ce lo leggiamo noi ma non è nei fatti, tanto per complicarsi ancora un po’ di più la mente 😉

                • Vincent Vega ha detto in risposta a Licurgo

                  Ahahahahah il fatto è che il caso è indimostrabile, scientificamente, tanto quanto il finalismo! 😉

            • Luca ha detto in risposta a Vincent Vega

              Scondo me puoi benissimo includere il caso nella teleologia. La teleologia di un Dio che ama innanzitutto la nostra libertà e perciò si attende che la creazione arrivi a compimento motu proprio, attraverso una serie di sbagli e approssimazioni successive (Dio non ha problemi di tempo, é eterno). Il caso come garante della libertà della natura é un’idea che era già in Theillard de Chardin.
              Pensiamoci bene: é definibile un bene in assenza di libdertà ? Io credo di no.

              • Vincent Vega ha detto in risposta a Luca

                Occhio che Theillard de Chardin aveva idee a dir poco “eterodosse” in certi ambiti.
                Oltre a questo, la libertà dell’uomo sta proprio nel suo non essere soggetto al determinismo della materia, e di poter compiere scelte reali.
                Dopo la resurrezione della carne il corpo glorioso sarà soggetto alle leggi dello spirito e, seppur carnale, sarà anch’esso svincolato dal determinismo della materia.

                • Luca ha detto in risposta a Vincent Vega

                  Non essere soggetti al determinismo: esatto. Il bello è che secondo Theillard in senso stretto nemmeno può essere immaginato un determinismo della materia perché esiste una “libertà” intrinseca anche nella materia: quella che altri chiamano “caso” ma che di niente altro si tratta se non di possibilità che possono avere esiti più o meno buoni, più o meno efficaci. Amava definire santa la materia, concetto che trovo bellissimo. Credo che il punto vero a questo punto sia come concepiamo il rapporto tra Bene e Libertà. Theillard usava questo legame per giustificare il male del mondo (teodicea).
                  PS
                  l’ortodossia per quel che mi riguarda non é mai un criterio di giudizio definitivo. Quel che conta é solo la fede delle persone ed il presupposto che nessuno tranne DIO (o la sua incarnazione) ha la verità in tasca.
                  PPS
                  Theillard mi pare esprima un concetto che trovo bellissimo ed illuminante:
                  In un mazzo ci si stupirebbe di scorgere fiori imperfetti, “a disagio”, dal momento che i singoli elementi sono stati raccolti a uno a uno e artificialmente messi insieme. Al contrario, su di un albero che ha dovuto lottare contro gli incidenti connessi al suo sviluppo e quelli esteriori delle intemperie, i rami spezzati, le foglie lacerate, i fiori secchi, fragili o avvizziti si trovano “al loro posto”, esprimendo le condizioni più o meno difficili di crescita del tronco che li sostiene. Allo stesso modo, in un Universo dove ogni creatura formasse un piccolo universo tutto chiuso, voluto per se stesso e teoricamente trasponi bile a volontà, avremmo qualche difficoltà a giustificare, nel nostro modo di vedere, la presenza di individui dolorosamente bloccati nella loro possibilità di sviluppo. Perché questa gratuita ineguaglianza e queste gratuite restrizioni ? … In compenso, se il Mondo rappresenta veramente un’opera di conquista attualmente in corso; se veramente con la nascita veniamo lanciati nel pieno della battaglia, non possiamo fare a meno di intravedere che, per il successo dello sforzo universale di cui siamo insieme i collaboratori e la posta, sia inevitabile la sofferenza. Il mondo, visto sperimentalmente al nostro livello, è un immenso brancolare, un’immensa ricerca, un immenso attacco: i suoi progressi sono possibili solo a costo di molti insuccessi e di molte ferite. I sofferenti, a qualunque specie appartengano, sono l’espressione di questa condizione, austera ma nobile. Non rappresentano elementi inutili o sminuiti, ma si limitano a pagare per la marcia in avanti e il trionfo di tutti. Fanno parte dei caduti sul campo.
                  (Theilard de Chardin: il significato e il valore della sofferenza)

                  • Vincent Vega ha detto in risposta a Luca

                    Luca scrive

                    “l’ortodossia per quel che mi riguarda non é mai un criterio di giudizio definitivo. Quel che conta é solo la fede delle persone ed il presupposto che nessuno tranne DIO (o la sua incarnazione) ha la verità in tasca.”

                    Non concordo su questo. Se dovessimo dare retta a questa idea potremmo buttare a mare tutto il Magistero e tutti i dogmi. Occhio con queste affermazioni, Luca, l’ortodossia non è uno “sfizio”, altrimenti chiunque potrebbe mettere in dubbio la Trinità (portando all’islamizzazione del cristianesimo) la Verginità di Maria e infine la stessa divinità di Cristo. Tra l’altro noto che spesso scrivi DUBBIO in maiuscolo e verità in minuscolo, quasi come se idealizzassi il dubbio a scapito della Verità. Succede quando un cristiano si fa sedurre dall’ideologia illuminista (mi ricordo che in un topic che parlava dell’islam avevi scritto addirittura che l’occidente doveva di più alla società pagana pre cristiana che al cristianesimo, cosa assurda non tanto perché sono cristiano ma proprio perché contraddice la storia, dal momento che nessun progresso scientifico e umano era ipotizzabile fintanto che si riteneva l’umanità schiava di deità pagane capricciose e irrazionali), fai attenzione Luca.

                    • Luca ha detto in risposta a Vincent Vega

                      Sono daccordo ma quel che conta é il giudizio critico di merito prima del magistero. Perché, benché il magistero abbia qualche strumento di giudizio in più rispetto a noi due esiste una ragione che di per sé non appartiene né a noi né al magistero. Perciò ricorreremo al magistero tutte le volte che servirà ma per il momento mi pare di aver posto delle questioni reali e mi aspetto il tuo parere a riguardo, non quello del magistero. Tra l’altro non mi risulta esista una teodicea dogmatica. Se esistesse il dogma e niente altro, cosa si sta qui a discutere ? A cosa serve UCCR o uno strumento tipo blog?
                      Scrivo DUBBIO in maiuscolo per sottolinearne il senso provocatorio visto che così spesso ne vedo su quste pagine negato il valore. Considero il dubbio una delle strade maestre verso una definizione più alta (mai definitiva) dell’unica VERITA’. Come ricordo sempre, secondo Pascal Dio dice all’uomo: non mi cercheresti se non mi avessi già trovato.
                      Cercare implica essere aperti al dubbio e la fede in un certo senso é appunto ricerca di un DIO che é anche mistero. Mi pare l’atteggiamento migliore, più consono all’adorazione. Hai presente le preghiere del Fariseo e del Pubblicano (Lc 18, 9-14) ?

                    • Vincent Vega ha detto in risposta a Vincent Vega

                      Ok Luca, su questo siamo d’accordo. Il mio parere te l’ho dato (ovviamente se c’è qualcosa che non è chiaro chiedi pure), per quanto riguarda il Magistero la Chiesa garantisce la massima comprensione di Dio PER QUANTO CI È DATO DI COMPRENDERE su questa terra, ma ovviamente ora “vediamo come in uno specchio”.
                      Di certo la Chiesa può guidarci nel modo migliore verso la comoscenza dell’unico Dio, quello che volevo dire è che, benché non esista ovviamente solo il dogma, i dogmi sono verità certe, tutto li.

                    • Licurgo ha detto in risposta a Vincent Vega

                      Luca.
                      Essere sottoposti al caso (ammesso che esso sia definibile oggettivamente e non soggettivamente) non è libertà, è essere sottoposti ad una forza ancora più terribile, in quanto più oscura ed imprevedibile, delle leggi di natura stesse che hanno costanza e prevedibilità.
                      La coscienza umana, se si crede nell’anima, non è soggetta al caso nè alle leggi di natura, se non per lo strumento di cui essa si serve, cioè il cervello.

                    • Licurgo ha detto in risposta a Vincent Vega

                      P.S.
                      Teillhard non parla di caso ma di un finalismo interno all’evoluzione che va verso la spiritualizzazione della materia.

                    • Luca ha detto in risposta a Vincent Vega

                      Certo Licurgo, hai pienamente ragione.
                      Quello che voglio dire é che il finalismo di cui parla Theillard non é dimostrabile né dimostrabile chiede di esserlo. Esattamente come il caso.
                      Dal punto di vista scientifico l’una ipotesi vale l’altra, caso o finalismo. Il finalismo in cui crede Theillard non ha bisogno per esplicarsi di nessun tipo di determinismo. E’ semplicemente inscritto nella creazione come possibile sviluppo, da raggiungersi attraverso una catena di prove – errori – correzioni, cioé attraverso un’evoluzione spontanea. Questo é esattamente la “causalità” che i darwinisti puri chiamano caso.
                      Ho parlato di caso come libertà solo per dire che la natura attraverso l’evoluzione (cioé attraverso il “caso” non é determinata. La natura avrebbe solo una finalità da raggiungere, ma a questa finalità tende attraverso ciò che i darwinisti chiamano caso.
                      Analogamente il libero arbitrio rende non determinato il destino degli uomini ma lascia al credente la possibilità di pensarlo (il destino) come “finalizzato”.
                      Non ho invece assolutamente inteso associare la libertà degli uomini al caso (sarebbe evidentemente una contraddizione insanabile).
                      Non so se sono riuscito ad essere chiaro, si tratta effetticvamente di un pensiero piuttosto complesso. Ciao

                    • Licurgo ha detto in risposta a Vincent Vega

                      Sei stato chiarissimo, c’è solo il problema di cosa sia il ‘caso’.
                      Il caso è sempre soggettivo, nel senso che una cosa che avviene a caso, avviene per me ma c’è sempre una catena di cause che regge l’evento.
                      Esempio: se io passo sotto un’impalcatura e mi cade in testa un mattone io dico che è per caso, ma in realtà si tratta di una causalità indiretta, cioè dell’incrociarsi di due fenomeni differenti retti dalle proprie leggi di causalità, nel senso che io passo lì sotto perchè è il percorso più rapido per raggiungere l’obiettivo, magari sono uscito un po’ dopo perchè avevo risposto al telefono; a sua volta il muratore è stanco, non ha messo i guanti e perde il mattone dalle mani, mattone che, nella sua traiettoria dovuta a cause fisiche, cade sulla mia testa che era lì sotto per una serie di cause.
                      Oppure il caso è l’ignoranza, contingente o strutturale, di alcune cause che detrminano un fenomeno.
                      Il caso come ipostasi non è pensabile: se esso fosse un’ipostasi non ci sarebbero le leggi di natura, così come in un mondo retto da leggi non vi è spazio per il caso.
                      Causalità e casualità sono due contraddittori: se esiste l’una non esiste l’altra.

                  • Luca ha detto in risposta a Luca

                    Per come la capisco io mi pare che quando i darwinisti parlano di caso intendano una catena di cause così ampia complessa e varia da rendere il risultato inponderabile se non attraverso le leggi di probabilità. Francamente non vedo che problema ci sia a pensarla in questo modo. L’eventuale realizzazion di un fine inscritto nella natura magari ad un livello superiore ed intangibile diventa solo questione di tempo e a quanto pare il tempo a Dio non difetta. Il nostro scambio di mail ha sicuramente delle cause prime: ci siamo arrivati dopo 13,7 miliardi di anni dal Big Bang e non sappiamo se e cosa ci fosse “prima” (sempre ammesso che un prima sia definibile) né a cosa le nostre mail condurranno. Io nemmeno riesco ad immaginare 13,7 miliardi come numero, figuriamoci come anni (!!!). Eppure Dio li comprende, ci ha atteso tutto questo tempo e chissà cosa altro attende. Se in termini generali vuoi descrivere tutta questa catena di eventi con la categoria di “caso” a me non disturba (chissà, magari nemmeno Dio ne sarebbe disturbato).

                    • Licurgo ha detto in risposta a Luca

                      Guarda, per me non ci sarebbe nessun problema ma semplicemente non quadra nel mio cervello di vecchio realista.
                      Se la catena di cause è, ti cito perchè mi è piaicuta l’esposizione,’ così ampia complessa e varia da rendere il risultato inponderabile se non attraverso le leggi di probabilità’, ciò appunto rientra nella definizione di caso come ignoranza dell’osservatore delle cause del fenomeno.
                      Insomma, il fatto che sono così tante e complesse che l’osservatore non riesce a determinarla, significa che catene causali, che a volte si intersecano, di fatto ci sono eccome, per quanto noi non siamo capaci di determinarle o per limiti contingenti o per limiti strutturali che siano, ma sono pur sempre limiti dell’osservatore, non è un’assenza di cause.

  8. beppino ha detto

    Quanta banalità di ragionamento da parte dell’ennesimo “illuminato” ateo di turno…

    La fede non può considerarsi “stampella” contro le avversità perché:
    1) nel breve periodo il mancato instaurarsi del rapporto causa-effetto ne compromette i presupposti logici che dovrebbero garantirne l’asserzione;
    2) nel lungo periodo allo stesso modo non può considerarsi una “stampella” perché il libero arbitrio non potrebbe non riuscire a fare la differenza.

    Penso che la fede si configuri, casomai, come un “tentativo” di cercare le “risposte” ai perché della Vita, tentativo da rivedere ed irrobustire giorno dopo giorno, ma mai sufficientemente “strutturale” da riuscire a fare la differenza nelle avversità. Considerare per assurdo la fede, anche solo per un preciso momento, la “stampella” delle avversità, porterebbe a far perdere “di” senso, in quel preciso momento, le motivazioni e le giustificazione stesse che portano all’aspirazione verso il divino in quanto verrebbero ad essere compromessi, proprio in quel preciso momento, oltre che la consapevolezza di se, soprattutto la constatazione oggettiva di essere una entità libera.

    Se poi qualche ateo pensa di “raccattare” avalli alla sua teoria con riferimenti indiretti a miracolati, ex voto et similia, é bene ricordare come tutto ciò costituisce situazione a posteriori; inoltre costituisce situazione talmente rara in riferimento alla legge dei grandi numeri da rendere improponibile anche solo il tentare di caratterizzare la fede a mo’ di strumento risolutorio dei propri problemi e non come molto più immediata e stimolante libera possibilità (qual é in effetti) che ci garantisce la nostra consapevolezza.

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