Gli errori dell’approccio funzionalistico alle religioni

Cristo redentore 

di Fiorenzo Facchini*
*professore emerito di Antropologia dell’Università di Bologna

 

da “Avvenire”, 15/06/13

 

Che cosa stia alla base della religione, se il bisogno di regole sociali o di protezione o la risposta a interrogativi esistenziali, è un tema su cui innumerevoli studiosi si sono cimentati.

Nel saggio di Jared Diamond Il mondo fino a ieri, uscito in questi giorni da Einaudi, vi è un denso capitolo dedicato all’origine delle religioni. La religione resta un fatto pressoché universale tra gli esseri umani, mai osservato nel mondo animale. Ma quando è nata? Il biologo e antropologo americano (noto a livello mondiale per il saggio Armi, acciaio e malattie, vincitore del Premio Pulitzer per la saggistica nel 1998) ipotizza che «almeno per tutti i 60.000 anni di storia del moderno Homo sapiens e forse da molto prima ancora, i nostri antenati avessero una religione». E perché? Un riferimento molto utilizzato dagli studiosi sull’origine della religione è l’approccio funzionalistico che riconosce alla religione dei vantaggi sia per l’ordine sociale che per disinnescare ansie di ordine esistenziale. Nello stesso tempo si deve riconoscere che con le scoperte della scienza la forza esplicativa delle religioni è venuta meno in tanti settori, perché si possono spiegare eventi e fenomeni riferiti in passato a forze misteriose o elementi soprannaturali, rendendo superfluo il ricorso a cause superiori da propiziare.

Quale potrà essere il futuro delle religioni? Con un miglioramento degli standard di vita la religione potrebbe continuare a dare un senso alla vita e alla morte, intese come fenomeni individuali, che appaiono privi di significato in una prospettiva scientifica. Diverso sarebbe se la popolazione mondiale dovesse continuare a vivere in povertà o fosse esposta a una pace più precaria. Allora, secondo Diamond, le funzioni della religione potrebbero tornare in auge.

Al di là della visione riduttiva della religione dipendente da condizioni di ordine materiale, mi sembra che in questo modo di vedere sia le origini della religione che le sue manifestazioni, non si tenga conto di una fondamentale distinzione tra senso religioso e religione suggerito dall’approccio ermeneutico di vari studiosi (Georges Dumézil, Mircea Eliade, Julien Ries e altri). Il senso religioso può ispirare manifestazioni o fenomeni di carattere religioso in senso lato, ma non è necessariamente legato a una religione intesa come istituzione, con dottrine, riti e regole. Questa si costruisce sul senso religioso e si può riconoscere solo con la protostoria e la storia. Per quanto si riferisce alle origini l’Homo religiosus affonda le sue radici nella esperienza simbolica che incomincia con l’essere umano. Homo religiosus perché Homo symbolicus, quali che possano essere le sue espressioni.

La percezione di qualcosa che sovrasta l’esperienza umana, anche a partire da manifestazioni o eventi della natura (dal disco solare alla volta celeste, a un tramonto infuocato, a quelle che Mircea Eliade ha chiamato ierofanie) ha preceduto le manifestazioni del divino (teofanie) rivendicate dalle grandi religioni negli ultimi millenni. Il paleoantropologo Yves Coppens è d’accordo nel ritenere che «l’Uomo da quando è Uomo sia religioso», perché con la sua capacità di riflessione percepisce l’infinito, l’immortale, l’eterno e quindi il sacro e il simbolo che lo rappresenta.

Fino al Neolitico non si hanno elementi per parlare di religioni, ma in molti comportamenti dell’uomo preistorico, come nelle sepolture a partire da 100.000 anni fa, e ancora di più nell’arte figurativa del Paleolitico superiore (da 30.000 anni fa), si può riconoscere un senso religioso. Questa distinzione è da tenere presente anche quando si affronta il tema della religione nella società moderna, sia riferendosi alle grandi religioni storiche (ebraismo, cristianesimo, islamismo, buddhismo) che a quelle tribali. Non si può argomentare sulla religione e sul futuro delle religioni – come vuol fare Diamond – sulla base di manifestazioni che possono esprimere un senso religioso, ma non possono identificare una religione. La religione è qualcosa di più complesso e articolato, anche se può includere pratiche rispondenti a tradizioni o a qualche bisogno interiore dell’uomo riferibili a un senso religioso.

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3 commenti a Gli errori dell’approccio funzionalistico alle religioni

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  1. stò cò frati e zappo l'orto ha detto

    Avrei voluto non disturbare mai più questo validissimo(e coraggiosissimo)sito(avendo scritto molto-moltissimo di quello che dovrei aver scritto)ma che tentazione!Che piacere!Il solo pensare che il Prof.Facchini “esiste”anche per noi poveri mortali!
    I suoi innumerevoli impegni sicuramente lo terranno lontano da un contatto diretto “dal popolo”.Ma chi sà?

  2. Penultimo ha detto

    Ma alcuni atei dicono che i primi uomini non erano certamente religiosi bensì atei, d’altro canto, se cosi fosse, la religione sarebbe consequenzialmente l’uscita dallo stato di minorità primitiva dell’uomo, quindi dall’ateismo che invece è un ritorno al suo essere primitivo. ;P

    • Li ha detto in risposta a Penultimo

      Ma ora anche l’ateismo è religione, no? Quindi si può dire che l’uomo non è mai stato senza religione.

      Purtroppo anche il satanismo da alcuni è considerato religione. Bisogna discernere tra religione sensata, che ti da un’esperienza spirutuale unica e una che non ti lascia nulla.

      Anche il paganesimo era religione e per alcuni continua ad esserlo, quindi come dice Coppens…l’uomo da quando è uomo è religioso. Proprio vero!

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