I Vangeli non sono un plagio di Omero e dell’Odissea
- Ultimissime
- 12 Giu 2025
L’Odissea di Omero sarebbe stata copiata dagli autori dei Vangeli e del Nuovo Testamento. Lo sostiene Dennis MacDonald tramite vari parallelismi tra Gesù e Ulisse. Ipotesi originale ma che non trova consenso scientifico per macroscopiche ragioni.
Dennis MacDonald insegna Nuovo Testamento presso la Claremont School of Theology.
Perché parlare di uno studioso che lavora in una modesta (175 studenti) scuola privata della Chiesa Metodista? Perché la sua tesi è tanto audace e originale che desta curiosità, anche se finora non ha trovato consenso scientifico.
I Vangeli non avrebbero raccontato la storia del Gesù storico, ma rielaborarono i poemi epici di Omero per creare finzione teologica e modellarono la figura di Gesù su quella di Ulisse.
Questa tesi nasce alla fine del XX secolo, in particolare nel libro “The Homeric Epics and the Gospel of Mark” (Yale University Press 2000).
MacDonald sostiene infatti che l’evangelista Marco abbia imitato direttamente e intenzionalmente parti dell’Odissea e dell’Iliade, mentre Luca avrebbe proseguito su questa linea, esagerando ancora di più le imitazioni nel suo vangelo e negli Atti degli Apostoli.
I racconti su Gesù sarebbero quindi opere di finzione, racconti fittizi.
I parallelismi tra i Vangeli e l’Odissea
Tra i suoi paralleli più significativi c’è quello tra l’incontro di Gesù con l’indemoniato geraseno (Marco 5,1-20) e l’incontro tra Ulisse e il ciclope Polifemo.
Chi ha studiato la tesi di MacDondald osserva1K. Larsson, Intertextual Density, Quantifying Imitation, Journal of Biblical Literature 2014, pp. 309-331 che i suoi paralleli risultano innanzitutto troppo generici: in entrambi i casi i protagonisti sbarcano da una barca (prassi normale quando si approda a una riva), chiedono il nome (è normale farlo quando si incontra uno sconosciuto) e alla fine il gruppo risale in barca e se ne va (ciò che ci si aspetta quando si è arrivati in barca).
Analizzandoli attentamente, inoltre, si tratta di falsi paralleli: Gesù arriva su una sponda del lago mentre Ulisse sbarca su un’isola, si menzionano i maiali mentre Omero cita la presenza di capre, Polifemo non ha nulla a che vedere con un indemoniato ecc. In definitiva, le differenze sono più importanti delle poche e generiche somiglianze2K. Larsson, Intertextual Density, Quantifying Imitation, Journal of Biblical Literature 2014, pp. 309-331.
MacDonald sostiene che anche la descrizione evangelica dei figli di Zebedeo, i pescatori Giacomo e Giovanni, si rifaccia agli eroi spartani Castore e Polluce dell’Iliade, figli di Zeus. Anche in questo caso è stato mostrato come abbia esasperato alcune somiglianze tralasciando le forti differenze.
Un altro caso citato da MacDonald sono i cosiddetti “passaggi in prima persona plurale” (“we-passages”) contenuti negli Atti degli Apostoli, cioè i momenti in cui il racconto usa “noi” invece di “loro” o “essi”. Si tratterebbe di un chiaro segno di imitazione dell’Odissea.
Ancora una volta gli studiosi hanno avuto gioco facile a osservare3S. Reece, The Formal Education of the Author of Luke-Acts, T&T Clark 2022 che questo modo di raccontare era molto comune nella letteratura greca antica in quanto la prima persona plurale rendeva il racconto più vivido e coinvolgente.
McDonald tenta anche di legare la città di Troade, menzionata negli Atti, alla mitica Troia dell’Odissea, sostenendo che Luca volesse richiamare proprio quel luogo famoso. In realtà, Troade e Troia sono due posti ben distinti, separati da decine di chilometri e inseriti in contesti storici molto diversi.
Sul piano narrativo, le similitudini maggiormente riscontrate da MacDonald riguardano i viaggi e gli spostamenti in mare descritti nei Vangeli e nell’Odissea, ma la presenza di tempeste, venti forti, naufragi e momenti di pericolo sono situazioni comuni in qualsiasi racconto di viaggio marittimo, soprattutto nell’antichità.
L’analisi dettagliata da parte di vari studiosi si è poi concentrata su tanti altri (presunti) paralleli tra i Vangeli e l’Odissea di Omero, come l’idea che la storia della Trasfigurazione sarebbe plagiata dall’apparizione della dea Atena a Telemaco, mentre il pasto condiviso da Ulisse e il suo equipaggio prima del viaggio nell’Ade sarebbe il modello usato per descrivere l’Ultima Cena.
Gesù e Ulisse: le criticità della parallelomania
Dennis McDonald si è difeso dalle critiche sostenendo che gli studenti antichi imparavano principalmente a scrivere attraverso un processo di mimesis: un autore imitava un’opera precedente in maniera innovativa (ciò che oggi chiamiamo plagio) e i poemi di Omero erano tra i più “plagiati”.
Secondo lo studioso, Marco si aspettava che i suoi lettori riconoscessero le imitazioni di Omero4D. MacDonald, “The Homeric Epics and the Gospel of Mark”, Yale University Press 2000, p. 189 ma, come ha notato la biblista Margaret Mitchell (University of Chicago Divinity School) non solo nessuno nel primo cristianesimo notò nulla del genere ma questa lettura non è mai emersa per quasi 2.000 anni fino alla “scoperta” dello stesso MacDonald5M.M. Mitchell, Homer in the New Testament?, The Journal of Religion pp. 244-260.
Nessuno dei grandi studiosi antichi e moderni dei poemi omerici e dei Vangeli ha osservato questi paralleli e, come ricordano i biblisti Greg Boyd e Paul Eddy6P.R. Eddy, G.A. Boyd, Jesus Legend: A Case for the Historical Reliability of the Synoptic Jesus Tradition, Baker Academic 2007, gli autori antichi erano perfettamente a conoscenza della pratica della mimesis.
In tutti gli esempi reali di mimesis provenienti dal mondo antico, inoltre, chiunque era consapevole che si trattasse di opere create con quell’intento. Spesso era proprio dichiarato dall’autore.
Ad esempio, lo scrittore latino Macrobio osservava che era opinione comune tra i Romani dell’epoca che Virgilio avesse imitato Omero nello scrivere l’Eneide. E lo stesso fece Luciano di Samosata in “La storia vera”, una parodia di racconto di viaggio in cui egli è il protagonista e nel quale attinge dichiaratamente all’Odissea, citando direttamente Omero.
Al contrario, scrive il biblista K.O. Sandnes (Norwegian School of Theology), nel vangelo di Marco non vi è alcuna preparazione metatestuale ai poemi di Omero, nessun nome omerico, nessuna citazione omerica7K.O. Sandnes, Imitatio Homeri? An Appraisal of Dennis R. MacDonald’s “Mimesis Criticism”, Journal of Biblical Literature pp. 715-732.
Se MacDonald avesse ragione, inoltre, perché nessun oppositore del cristianesimo, come Celso e Luciano, ha mai fatto notare questi parallelismi? Sarebbe stato facile per loro liquidare i Vangeli come semplici romanzi fittizi copiati da Omero. Ma nessuna accusa del genere fu mai avanzata.
Loveday Alexander (University of Chester) ha fatto anche notare8L. Alexander, Acts in its Ancient Literary Context, Bloomsbury Publishing 2007, p. 9 che le fonti principali degli evangelisti erano i testi dell’Antico Testamento, utilizzati per collegare gli eventi della vita di Gesù alle profezie. Se davvero gli autori evangelici cercarono di imitare Omero, a che scopo fare così ampio uso dell’Antico Testamento?
La tesi di MacDonald affondata dagli studiosi
Secondo gli studiosi che se ne sono occupati, l’opera di MacDonald è viziata dal fenomeno noto come parallelomania, ovvero lo sforzo arbitrario e non logico di creare paralleli dopo l’osservazione di elementi simili che sono dovuti a semplice coincidenza.
Per Adam Winn (University of Mary Hardin-Baylor), «MacDonald non è in grado di fornire un singolo esempio di interpretazione marciana chiara e ovvia di Omero. Le sue prove sono, nella migliore delle ipotesi, suggestive, alla fine non convincenti»9A. Winn, Mark and the Elijah-Elisha Narrative: Considering the Practice of Greco-Roman Imitation in the Search for Markan Source Material, Wipf and Stock Publishers 2010. pp. 38–49.
Inoltre, nella gran parte dei casi, la tesi soffre di infalsificabilità in quanto MacDondald utilizza sia i paralleli tra i testi evangelici e quelli omerici che le loro divergenze come prove dell’influenza diretta dei primi sui secondi. I primi come imitazione diretta e le seconde come “trasvalutazione” (l’idea che si possa prendere un testo e trasformarlo in qualcosa di nuovo, sostituendo strategicamente i suoi valori con altri): ma così è teoricamente impossibile essere smentito!
Oltretutto, quando è impossibile anche per MacDonald evitare le macroscopiche differenze tra Ulisse e Gesù, l’autore è costretto a sostenere che l’evangelista Marco improvvisamente cambi testo di riferimento, passando ai paralleli con Ettore, protagonista dell’Iliade.
E infine, McDonald è accusato10M.D. Litwa, How the Gospels Became History, Yale University Press 2019, p. 48, di riorganizzare e modificare creativamente la maggior parte dei suoi paralleli per adattare la struttura delle sue liste e tabelle ai riferimenti evangelici.
Per questo lo studioso Daniel N. Gullotta (Stanford University) conclude:
«L’elenco di paragoni poco convincenti fatto da MacDonald è stato notato da numerosi critici. Nonostante il suo apprezzabile invito agli studiosi a riesaminare le pratiche educative del mondo antico, tutte le prove rendono insostenibile la sua posizione secondo cui l’influenza omerica avrebbe avuto un ruolo dominante»11D.N. Gullotta, “On Richard Carrier’s Doubts”, Journal for the Study of the Historical Jesus 2017, p. 340
Per chi volesse approfondire, critiche dirette all’opera di Dennis MacDondald sono state avanzate dai seguenti studiosi: Loveday Alexander12L. Alexander, Acts in its Ancient Literary Context, Bloomsbury Publishing 2007, Steve Reece13S. Reece, The Formal Education of the Author of Luke-Acts, T&T Clark 2022, K.O. Sandnes14K.O. Sandnes, Imitatio Homeri? An Appraisal of Dennis R. MacDonald’s “Mimesis Criticism”, Journal of Biblical Literature, Margart Mitchell15M.M. Mitchell, Homer in the New Testament?, The Journal of Religion, Craig S. Keener16C.S. Keener, Acts, Cambridge University Press 2000, Michael .F. Bird17M.F. Bird, Gospel of the Lord: How the Early Church Wrote the Story of Jesus, Wm. B. Eerdmans Publishing Co 2014, Kristian Larsson18K. Larsson, Intertextual Density, Quantifying Imitation, Journal of Biblical Literature 2014, David Litwa19M.D. Litwa, Iesus Deus. The Early Christian Depiction of Jesus as a Mediterranean God, Fortress Press 2014, Paul Rhodes Eddy e Gregory A. Boyd20P.R. Eddy, G.A. Boyd, Jesus Legend: A Case for the Historical Reliability of the Synoptic Jesus Tradition, Baker Academic 2007, Daniel N. Gullotta21D.N. Gullotta, “On Richard Carrier’s Doubts”, Journal for the Study of the Historical Jesus 2017, Adam Winn22A. Winn, Mark and the Elijah-Elisha Narrative: Considering the Practice of Greco-Roman Imitation in the Search for Markan Source Material, Wipf and Stock Publishers 2010.
In definitiva, trovare semplici allusioni o richiami indiretti a Omero e all’Odissea nei Vangeli e nel Nuovo Testamento è ben lontano dalla teoria esagerata di Dennis McDonald.
Oltretutto, non sarebbe nemmeno strano che vi fosse qualche allusione o somiglianza effettiva considerando quanto la cultura dell’epoca era permeata dall’epopea omerica.
Il Nuovo Testamento resta un testo con un solido fondamento storico e religioso, da leggere e interpretare con attenzione, evitando di forzare somiglianze dove non ce ne sono.
6 commenti a I Vangeli non sono un plagio di Omero e dell’Odissea
Vabbè ragazzi qui siamo alla pura follia però, e lo scrivo da classicista. Fa più ridere dei forzatissimi parallelismi tra Gesù e Dioniso o Adone che ogni tanto l’esaltato di turno tira fuori. Non pensavo si potesse arrivare a tanto. Per me, è solo l’ennesima conferma che se Gesù fa così paura a certe persone… è perché è davvero Colui che afferma di essere
Sarà anche pura follia (e lo è!) però la Yale University Press ha pubblicato il libro….
Vabbè in Italia abbiamo pubblicato il magnifico duo Augias-Pesce, in cui si facevano affermazioni dal profondo valore storico e teologico come “Gesù non é Dio perché prega, quindi se prega non si sente Dio”… smentibili in due secondi da chiunque abbia fatto attenzione a COME Gesù si rivolge al Padre e perché. Solo una tra le tante idiozie di quei due disonesti intellettualmente.
La verità è appunto che fa comodo andare contro la fede cristiana, che sia a Yale o qui da noi.
Sembra quasi che ormai le università siano buone solo a sfornare ideologie(come quella woke/gender) o a tentare di affondare il cristianesimo cercando di sminuire i Vangeli sperando che qualche ignorante abbocchi all amo.Certo che paragonare il Nuovo Testamento con l’Odissea sembrerebbe quasi una barzelletta.Sono davvero questi i livelli delle università di oggi?Pubblicare un libro del quale qualunque persona di buon senso avrebbe detto all’autore:”go home,you are drunk”(vai a casa,sei ubriaco).
Praticamente MacDonald è il Cionci di S.Marco evangelista.
Questa mi ha fatto ridere 😀
Con la sottile differenza che Cionci ha trovato solo Byoblu come casa editrice, MacDonald almeno vanta la Yale University Press