La Chiesa primitiva e il ruolo centrale delle donne

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Le donne e la centrale partecipazione nella Chiesa primitiva. I grandi studiosi delle origini cristiane analizzano e spiegano perché le donne erano la maggioranza rispetto agli uomini: il cristianesimo offriva loro una vita migliore a quella che avrebbero altrimenti condotto.


 

La vita delle donne nel primo secolo d.C. era caratterizzata da un’intensa quotidianità, segnata dalle difficoltà, ma anche da una straordinaria resilienza.

Un interessante resoconto storico-archeologico è apparso sul Biblical Archaeology Review, firmato da Holly Beers, docente di Religious Studies presso il Westmont College (California).

La studiosa ha sintetizzato le evidenze storiche che indicano come queste donne partecipavano e contribuivano alla Chiesa primitiva.

La maggior parte delle donne in epoca romana era innanzitutto impegnata nelle faccende domestiche, dalla preparazione del cibo alla gestione della casa. Ma, come riportano i testi cristiani, molte avevano anche ruoli pubblici.

Ad esempio Lidia, che commerciava nel mercato (Atti 16,14) o Priscilla, che lavorava insieme a suo marito nella bottega (Atti 18,2–3). La loro vita quotidiana era frenetica e pericolosa, con il rischio di morte durante il parto che colpiva molte donne e le condizioni di vita nelle città che spesso esponevano a malattie e povertà.

Tuttavia, nonostante queste difficoltà, le donne non furono solo spettatrici nella nascente Chiesa cristiana. Il loro coinvolgimento fu cruciale in diversi ambiti.

 

Nessun collegamento con il sacerdozio femminile

Precisiamo che questo tema non ha alcun collegamento con quello attuale del sacerdozio femminile.

Come già scritto, infatti, la Chiesa da sempre ha rispettato la storica decisione di Gesù di Nazareth di distinguere i ruoli all’interno del disegno salvifico affidando (solo) agli apostoli il ministero sacerdotale e alle discepole il ruolo centrale nell’evangelizzazione, nell’educazione e nella testimonianza.

 

Le donne più degli uomini nella Chiesa primitiva

Innanzitutto occorre dire che, fin dai primi tempi, le donne erano la maggioranza all’interno della comunità cristiana. Citiamo alcuni grandi studiosi che si sono occupati del tema.

Lo ha sostenuto il fine storico della Chiesa di Cambridge, Henry Chadwick: «Il cristianesimo sembra aver riscosso un successo speciale tra le donne. E’ stato spesso attraverso le mogli che esso ha raggiunto le classi elevate nei primi tempi»1H. Chadwick, The Early Church, Penguin Books 1967, p. 56.

Perché? Il sociologo Rodney Stark ha spiegato che le donne erano specialmente attratte dal cristianesimo perché questo offriva loro una vita enormemente migliore a quella che avrebbero altrimenti condotto: «Le donne delle prime comunità cristiane stavano molto meglio delle loro componenti pagane ed ebree»2R. Stark, Il trionfo del cristianesimo, Lindau 2012, pp. 162, 163.

Non erano recluse come le donne elleniche, non erano subordinate al controllo maschile come quelle romane. Avevano voce in capito nella scelta dell’uomo da sposare e quando sposarlo, potevano stipulare contratti come parti contraenti, potevano apprendere la scrittura (al contrario delle donne greche).

Uno studio sulle sepolture in catacombe sotto Roma, basato su 3733 casi, ha rivelato che le donne cristiane avevano quasi le stesse probabilità degli uomini di essere commemorate con lunghe iscrizioni3R. Stark, Il trionfo del cristianesimo, Lindau 2012, p. 166.

Ma soprattutto, le donne cristiane erano le uniche a cui era permesso assumere un ruolo importante e addirittura di “leadership” nella vita religiosa.

 

Le donne e i ruoli di leadership nella Chiesa primitiva

Le prime comunità cristiane si riunivano in case private, dove le donne si occupavano di preparare e organizzare la Cena del Signore, un atto sacro che simboleggiava la morte e la risurrezione di Cristo. Queste donne non solo si occupavano della preparazione del cibo, ma anche della gestione e organizzazione di queste celebrazioni, spesso alla presenza dei bambini, che giocavano intorno.

Come riporta Beers, le donne non solo servivano, ma partecipavano attivamente alla preghiera e alle lodi. La preghiera comunitaria era una parte essenziale delle riunioni cristiane, e uomini e donne pregavano insieme (Atti 1,14; 12,12–27).

Inoltre, come indicato in 1 Corinzi 14,26, le donne cristiane dirigevano i canti durante le riunioni, contribuendo con la loro voce alla lode di Dio.

Anche nell’insegnamento delle Scritture, le donne avevano un ruolo.

Sebbene non tutte fossero alfabetizzate, quelle che lo erano leggevano e spiegavano le Scritture durante le riunioni, come nel caso di Priscilla che, insieme al marito Aquila, istruisce il predicatore Apollo (Atti 18,24–26).

Un elemento confermato anche dall’insigne storico delle religioni Adolf von Harnack: «La predicazione cristiana era presa in carico soprattutto dalle donne»4A. von Harnack, The Expansion of Christianity in the First Three Centuries, vol 2., Putnam’s Sons 1905, p. 227

Infine, le donne erano molto attive nel compiere atti di carità, rispondendo ai bisogni fisici della comunità.

Tabità, descritta in Atti 9,36-39, è lodata ad esempio per le sue opere di carità, come la distribuzione di tuniche alle vedove: un esempio di come le donne fossero coinvolte anche nella distribuzione di beni necessari.

 

La Chiesa e la valorizzazione del contributo femminile

Abbiamo visto una breve sintesi dell’essenzialità delle donne del primo secolo nel mantenere e nutrire la vita della Chiesa primitiva: erano leader, insegnanti, guide nella preghiera, maestre di carità e amministratrici della fede.

In un’epoca di dure sfide, la Chiesa ha riconosciuto e valorizzato il loro contributo vitale.

Peter Brown, eminente storico del cristianesimo antico, ha osservato infatti che «i membri del clero cristiano […] hanno compiuto un passo che li ha separati dai rabbini di Palestina […]. Accoglievano le donne come protettrici e giungevano fino a dare loro dei ruoli in cui potevano agire come collaboratrici»5P. Brown, Il corpo e la società: uomini, donne e astinenza sessuale nel primo cristianesimo, Einaudi 1992, pp. 144, 145.

Ecco come Wayne Meeks (emerito di Studi religiosi all’Università di Yale) e Robert L. Wilken (emerito di Storia del Cristianesimo presso l’Università della Virginia) hanno riassunto ottimamente tutto questo:

«Le donne […] sono le compagne di lavoro di Paolo in quanto evangeliste e maestre. Perciò, sia in termini del posto che occupavano all’interno della società più vasta che in termini di partecipazione alle comunità cristiane, un gran numero di esse disattese le normali aspettative legate ai ruoli femminili»6W. Meeks, Jews and Christians in Antioch in the First Four Centuries of the Common Era, Scholars Press 1978, p. 71

Autore

La Redazione

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