Secondo l’Istat le donne sposate sono le meno esposte alla violenza

FemminicidioSe c’è un tormentone che, oramai da anni, viene ripetuto ossessivamente e che, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre scorso, è guarda caso tornato di attualità, è quello secondo cui la maggior parte delle violenze contro le donne avverrebbe «in famiglia», dove il marito-padre-padrone, confidando nel silenzio della consorte, si sentirebbe libero di scatenarsi in atti di violenza agendo di conseguenza.

E’ una tesi che si è liberi di sostenere, naturalmente: a patto, però, che non si abbia il desiderio di tentare di dimostrarla. In quel caso infatti il rischio, anzi la certezza è di essere smentiti da studi e ricerche internazionali che, quasi senza eccezioni, da decenni indicano per esempio la convivenza extramatrimoniale, più che la condizione coniugale, come l’ambito di coppia nel quale si registrano i più elevati tassi di violenza domestica (BMC Public Health, 2011; Intimate Violence in Families, 1997; Journal of Marriage and Family, 1991, Interpersonal Violence among Married and Cohabiting Couples, 1981).

In letteratura vi sono persino evidenze secondo le quali le donne divorziate, separate o nubili, in media, risulterebbero vittime di violenza addirittura quattro volte di più di quelle sposate (Heritage Foundation Backgrounder, 2002; Sex, Power, Conflict, Oxford University Press, 1996). Esagerazioni, si obietterà.

Peccato che anche l’Istat – fra l’altro in un report diffuso nel giugno di quest’anno, e che su questo punto non ha avuto la visibilità che avrebbe meritato – sia pervenuto a conclusioni analoghe: considerando le donne dai 16 ai 70 anni rimaste vittime, gli ultimi cinque anni, di violenza fisica o sessuale da un uomo nel 2006 si è infatti registrata come categoria più esposta quella delle nubili, quindi le separate o divorziate e solo dopo le donne coniugate; la stessa rilevazione, per l’anno 2014, ha visto donne coniugate come percentualmente le meno esposte al rischio di subire violenza (6,5%), superate solo dalle vedove (4,0%), verosimilmente perché donne più avanti con l’età e che escono pure meno frequentemente di casa. Spiegano i ricercatori: «Sono le donne più giovani (fino a 34 anni), le nubili, le separate o divorziate, le studentesse le donne più a rischio di violenza fisica o sessuale», specificando la «maggiore esposizione al rischio delle donne separate e divorziate sia per le violenze da ex partner, sia da uomini non partner. Queste donne sono più a rischio di subire tutti i tipi di violenze, sia quelle fisiche da parte degli ex, sia quelle sessuali da parte di altri uomini».

Dunque l’idea che «la maggior parte delle violenze» avvenga in famiglia è semplicemente falsa e plausibile solo in termini assoluti per l’ovvio fatto che i nuclei familiari intatti, rispetto alle convivenze o ad altre situazioni, sono numericamente la maggioranza. Si può tuttavia affermare, senza timore di essere smentiti, che per una donna la vituperata famiglia non costituisca pericolo alcuno. Tutt’altro.

Giuliano Guzzo

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38 commenti a Secondo l’Istat le donne sposate sono le meno esposte alla violenza

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  1. Max ha detto

    Diciamo che non costituisce pericolo piu’ di altre situazioni; anzi, semmai di meno. Ma vaglielo a dire a certune

    Mi chiedevo pero’ se i piu’ numerosi casi di violenza nei casi delle donne separate e divorziate siano dovuti, almeno in parte, all’ex marito che non accetta la divisione.

    • Ubi Deus ibi pax ha detto in risposta a Max

      «Mi chiedevo pero’ se i piu’ numerosi casi di violenza nei casi delle donne separate e divorziate siano dovuti, almeno in parte, all’ex marito che non accetta la divisione.»

      Mi domandavo la stessa cosa… Ci sono dati in merito?

  2. soren liston ha detto

    ottimo articolo

  3. Luca ha detto

    Che la maggior parte delle violenze avvenga in ambito familiare …
    Tutte le volte ma proprio tutte che ho sentito esòprimere questa valutazione ho sempre sentito premettere che si sta parlando di violenze non denunciate, perché in ambito familiare é difficile anche la denuncia. Quindi penso che nessuno voglia dimostrare niente del genere e onestamente non si capisce bene come possa Giuliano Guzzo giungere ad affermare che sarebbe anzi dimostrato il contrario.
    Credo serva una premessa, anche se evidentemente non ho controllato le fonti: che le indagini statistiche possono riferirsi solo ed esclusivamente alle violenze acclarate e regolarmente denunciate. Perciò non saprei dire se sia vero o no che la maggior parte delle violenze avvenga in ambito domestico, certo se questa affermazione é tanto diffusa vuol dire che é estremamente plausibile. Io penso che con poche eccezioni la grandissima maggioranza di noi abbia esperienza diretta di come qualsiasi rapporto affettivo che si prefigga una qualche misura di stabilità viva per sua natura momenti di tensione più o meno forte ed é la coscienza di questo fatto a rendere plausibile l’affermazione contestata dal Sig. Guzzo. Questo ovviamente non vuol dire che un sano matrimonio non sia un bene da perseguire, semmai la conseguenza sta nella necessità di un’educazione affettiva che sappia incanalare e ricomporre le tensioni nel miglior modo possibile. E’ un problema di buona e sana educazione, ma eviterei proprio di scendere a livello di questi “suggerimenti” che a me paiono di fondamento quantomeno dubbio, forse addirittura di cattivo gusto.

    • Ubi Deus ibi pax ha detto in risposta a Luca

      «in ambito familiare é difficile anche la denuncia»

      Servono dati anche per questa affermazione però, altrimenti anche la tua diventa opinabile tanto quanto quella di Giuliano Guzzo.

      • Luca ha detto in risposta a Ubi Deus ibi pax

        In questi termini niente può essere affermato o dimostrato. La premessa da me posta era appunto questa. Comunque se può essere d’aiuto qualche piccolo trascorso di lavoro in ambito “assistenza sociale” (servizio civile) ce l’ho e dati personali di osservazione sul campo potrei riporttene.

        • Panthom ha detto in risposta a Luca

          E’ onesto da parte tua sostenere di non avere alcuna fonte per il tuo assunto che le donne in famiglia non denunciano, quindi le uniche fonti a disposizione rimangono quelle che rilevano che le donne sposate sono quelle che subiscono meno violenze sessuali. Prendine atto.

    • Panthom ha detto in risposta a Luca

      La differenza è che il sig. Guzzo cita fonti e statistiche mentre tu esponi un’opinione personale, oltretutto assumendo che in ambito familiare è difficile la denuncia, affermazione anch’essa priva di correlazione o fonte. E’ ovvio concludere che la tua obiezione non è per nulla convincente.

      • Luca ha detto in risposta a Panthom

        Se tu avessi un minimo di confidenza con il mondo scientifico Panthom (scusami ma ti assicuro che la Scienza é proprio lavoro mio) sapresti che nessuno può permettersi di citare una fonte, farne l’essenza del discorso sin dal titolo, linkarla addirittura … per arrivare ad una conclusione che é espressamente negata dalla fonte stessa. Un lavoro scientifico ha sempre il dovere – come ricordi – di porre confini precisi ai suoi dati ed il lavoro dell’ISTAT pone come confine preciso che i dati “non sono sufficienti per rilevare quelle forme di violenza che la vittima subisce da qualcuno che le è molto vicino, ad esempio il partner o l’ex-partner e quindi la violenza domestica“. Cioé non valgono a sostenere la tesi dell’articolo. E’ semplicemente ridicolo, lo capirebbe chiunque. Guzzo in questo modo può citare quanti lavori vuole, non vale proprio la pena approfondire.
        Detto questo io non ho nessuna intenzione né la voglia di sostenere su basi scientifiche l’opinione opposta. Mi limito come sempre e per costume di lavoro ad applicare agli argomenti le capacità critiche che ogni lettore dovrebbe avere se tiene alle sue basi RAZIONALI. Basi che per definizione sono distruttive non costruttive, ma sono l’arma di qualsiasi revisore scientifico e l’unica possibile garanzia per una sana ricerca. Al ché starebbe a Guzzo replicare ed eventualmente all’editore dire la sua.

        • Panthom ha detto in risposta a Luca

          Se fosse come dici nessun lavoro scientifico sarebbe valido in quanto tutti i ricercatori che svolgono uno studio seguono la prassi di indicare i loro dati come parziali e invitare l’approfondimento con altre ricerche correlate. Tuttavia è comunque possibile sostenere quello che dicono i ricercatori dell’Istat e che viene riportato anche qui:

          “Le donne separate o divorziate hanno subìto violenze fisiche o sessuali in misura maggiore rispetto alle altre (51,4% contro 31,5%)”. Prendine atto in modo RAZIONALE senza arrampicarti sugli specchi perché la tua capacità critica viene annullata quando censuri questo dato invocando la limitatezza della ricerca. Cosa che si dovrebbe fare per qualunque studio scientifico, oltretutto.

          • Luca ha detto in risposta a Panthom

            Scrivi: tutti i ricercatori che svolgono uno studio seguono la prassi di indicare i loro dati come parziali e invitare l’approfondimento con altre ricerche correlate. … Dove si capisce bene la tua scarsa o assente confidenza con i lavori scientifici.
            Come la scrivi tu sembra che un ricercatore a partire dal dato X possa concludere impunemente tutto ed il contrario di tutto. In un lavoro scientifico é sempre di fondamentale importanza che sia definita e comprensibile la consistenza tra dati e conclusioni. Perciò ci sta tanto la descrizione del dato che é semplice problema di numeri e può essere quella che dici tu. E’ il dato che viene riportato negli abstract (riassunto) da dove l’hai desunto. Il lavoro nel suo complesso (e di conseguenza l’abstract) tuttavia si probongono di indagare le violenze familiari ma non di quantificarle, coscienti che, come ricordavo, sono spessissimo taciute, talora anche a sé stessi. Per capire questo punto cruciale, cioé l’ambito esatto in cui inserire i dati hai bisogno di fare un passo più in là, da lettore abituale dei dati scientifici. PRIMA dei dati é opportuno leggere la nota metodologica. Qui al primo paragrafo, titolato gli obiettivi conoscitivi dell’indagine, la prima frase dice esattamente quello che suggerivo io e per il quale mi si chiedono “dati”: La violenza contro le donne e, in particolare, la violenza domestica rappresentano fenomeni ampi e complessi e perciò molto difficili da studiare. Notare che lo si da per assunto, come ovvio. Basta rifletterci appena, con gli strumenti critici di tutti coloro che ho sentito o letto affermare la loro opinione a riguardo. Se tu Panthom fossi a conoscenza o subissi un sopruso da una persona a te vicina, con strette relazioni trascorse in ambito affettivo o lavorativo, come ti comporteresti ? Sei sicuro di avere la stessa libertà di giudizio che nei confronti di persone terze ? Quando uno si lega ad una persona implicitamente rinuncia ad una quota di libertà personale, ed é proprio questo il bello e potente delle relazioni. In una relazione di coppiua in particolare si somma inevitabilmente oltre al dato affettivo anche una quota di potere decisionale. Ho conosciuto persone che non avrebbero mai ammesso a sé stesse di subire un sopruso fisico. Perché lo si finisce per considerare un prezzo “equo” da pagare per la propria vita. E’ per questo che nessuno credo possa illudersi di acquisire dati reali e attendibili sulle violenze domestiche. Pertanto al capoverso successivon compare la frase già ricordata, che rispecchi esattamente quello che tutti sanno o danno per scontato ma che uccr per motivi credo ideologici si rifiuta o fatica ad ammettere: i dati “non sono sufficienti per rilevare quelle forme di violenza che la vittima subisce da qualcuno che le è molto vicino, ad esempio il partner o l’ex-partner e quindi la violenza domestica“

            • Dan ha detto in risposta a Luca

              Davvero?

              “Ho sentito dire”…
              “Non sono denunciate quindi certamente ci sono come non ci sono” quindi chi dice che è l’una piuttosto che l’altra?

              Tuttavia affermi:
              “Se è molto diffusa è plausibile” già ma hai detto che nessuno ha denunciato dunque non è dato sapere,quindi come negare la ricerca dell’Istat,di quelli che non denunciano se non è dato sapere,è solo presumibile di saperne qualcosa.
              “Stabilità diretta” specifica “Se chiunque (gia mettere un chiunque è un azzardo micidiale)avesse pure un’esperienza diretta, cosa che non è MAI cosi,anche perchè non esisterà mai una statistica con una premessa universale:Chiunque,Ognuno,Tutti,nè tantomeno una esperienza propria puo essere universale ma ineluttabilmente finita nel mondo dei propri sensi, posta a fondamento di tutte le esperienze possibili in questo campo altrimenti non sarebbe nemmeno questo:statistica,ma come diceva un buon stoico affermare che c’è un caso proprio per come sono fatte le inferenze induttive che non sono mai 1 non mi dice anche che quindi non tende a 1,semplicemente far passare un dubbio all’equiprobabilità è un abile operazione che diviene fallace,in quanto non si considera che nel dubbio stesso:non necessariamente c’è distribuzione dell’equiprobabilità, giache c’è il maggiormente probabile,e il minormente probabile,in un dubbio è parecchio difficile avere un’equiprobabilità, appunto non implica che non si possano avere (benche mai necessariamente)tendenza che vanno verso 1 o verso 0 (tradotto maggiormente probabile,minormente probabile,equiprobabile:0,5 che a loro volta rientrano nella logica polivalente i cui valori sono compresi non tra 0 o 1,bensi tra 0 e 1 [0;0,1;0,2…..1).
              Ragione:Vero,Falso, Dubbio:nel dubbio “maggiormente probabile”, “minormente probabile”, “equiprobabile”,ergo non è mica vero che la razionalità sia solo pars destruens,se è solo pars destruens c’è solo contestazionismo a prioristico,se è solo pars costruens c’è ecesso di speculazione senza lasciare spazio al dubbio,ma la ragione non funziona solo per dubbi,altrimenti niente potrebbe essere inferito,se niente può essere inferito non ha senso parlare,e non su questo tema specifico,su qualunque tema sociale.
              Che abbia momenti di tensione certamente è proprio inferito a sua volta induttivamente,ma un conto è avere un momento di tensione,altro è la violenza fisica,ora se si parla di “momento di tensione”,non si parla necessariamente di violenza fisica,e dunque vi è un’estremizzazione impropria,nessuno puo dimostrare che i momenti di tensioni o le discussioni implicano atti di violenza,peraltro non è nemmeno necessario che una coppia non sposata o non convivente,non abbia momenti di tensione,come dici basta un “legame”,ma se basta un legame allora appunto non si può dimostrare che non ci siano discussioni anche tra le coppie non sposate eppure non conviventi,ma questo non significa che non si puo dire se tra l’una è l’altra è più probabile o meno o equiprobabile.
              Appunto a tua avviso tale obbiezione sarebbe valida perchè si usa il telefono,lo dice pure l’istat ma tuttavia chi ha a che fare troppo con la politica lo afferma molto e troppo spesso,infatti il telefono è un mezzo inderetto,che sia un mezzo indiritto non influisce sempre (molto dipende dal tipo di indagine) rispetto sulla qualità della campionatura,molto dipende dal tipo di indagine,infatti non è afatto necessario,che una persona dica che ha subito una violenza a una persona che li stà davanti piuttosto che al telefono,dunque il mezzo con cui si è reperito il dato lascia il tempo che trova.Non potrebbe dunque essere il mezzo che pone il problema,semmai lo è una sorta di “senso di vergogna” e tuttavia benchè questo è certamente possibile non influisce sulla categoria quantità ovvero si puo dire in un prmo livello di congettura:

              a)E altamente probabile che ci siano violenze in ambito domestico,ma questo al livello della categoria quantità dipende dalla quantità generale,ovvero ci sono certamente più persone sposate che non sposate,più persone che convivono che non convivono,quindi è presumibile che tale percezione sia fondata,e tuttavia si controbiettà che proprio questo prevede che per saperlo si facciano le dovute proporzioni.

              b)Cio che è dimostrato rimane dimostrato fino a evidenza contraria,quindi la confutazione parte da evidenza contrarie,che a loro volta potrebbero essere contestate con l’ad ignorantiam.

              Che le teorie siano sempre passibili di dubbio è vero,e tuttavia spetta alle dimostrazioni contrarie,perchè pure questo: il dubbio, va argomentato fondatamente,c’è una differenza micidiale tra scetticismo iperbolico (inutile) e scetticismo metodologico (utile)

              Che siano difficili non vuol dire INVALIDE metodologicamente,anche perchè l’istat come qualsiasi ricerca non dovrebbe più posporre nessuna ricerca in merito,quindi si ricorda giustamente la non NECESSITA deduttiva, non l’invalidità induttiva.

              Nessuna statistica (nessun campo sociale che non è una conoscenza che funzione deduttivamente quindi non ha criteri di necessità bensì di probabilità, e sarà sempre un’approssimazione induttiva,e questo giustamente viene ricordato sul piano metodologico ma non la invalida.)

              E quindi credo che per motivi ideologici che:

              Un ad ignorantiam in partenza non sia un argomento,infatti su che dati fondi l’equiprobabilità?

              Non conosco x non implica equiprobabilità,in tal caso allora nulla puo essere affermato o negato,se tuttavia non hai dati per mostrare l’equiprobabilità allora va da se che qualcosa (con le ovvie cautele metodologiche) può essere affermato o negato.

              • Luca ha detto in risposta a Dan

                Attento Dan. Le affermazioni che stiamo commentando non sono le mie ma quelle di Daniele Guzzo. E’ lui che in base alla tua analisi non può affermare o dimostrare niente e che per di più si fonda su dati che in modo esplicito negano di poter essere letti alla sua maniera, non sono affatto stati raccolti nper questo scopo.
                Quanto agli aspetti filosofici, nell’epistemologia della scienza fa testo Popper, per il quale la verità scientifica non si afferma attraverso principi di verifica ma attraverso l’insuccesso dei tentativi di falsificazione. Perciò la razionalità di chi legge dati scientifici si esplica per sua natura come pars destruens. Altre vie non ne vedo, salvo quella di mettere in piedi nuove raccolte dati su principi diversi che permettano la finalità che ci sta a cuore.

                • Dan ha detto in risposta a Luca

                  Che non ne vedi significa autoreferenzialità,l’autoreferenzialità non è infatti una confutazione,nè un principio di falsificazione si basa sull’autoreferenzialità

                  Veramente in base alla mia analisi si puo stabilire che non è equiprobabile necessariamente,al che ,domando a te su quali dati basi l’equiprobabilità?

                  • Luca ha detto in risposta a Dan

                    Santa pazienza Dan.
                    1) critichi le mie affermazioni in base a parole virgolettate che io non riconosco. La razionalità presuppone un minimo di precisione anche nella critica (pars destruens). Quali sono le affermazioni che non ti convincono e perché ?
                    2) Io non ho mai inteso affermare qualcosa di preciso riguardo la tesi dell’articolo perciò quel che dico non ha niente a che fare con la tua equiprobabilità o simili. NON HO NESSUN DATO né é il mio mestiere raccoglierne in questo campo. Ho però la mia razionalità in base alla quale leggendo i dati che mi vengono proposti trovo del tutto incongrue le conclusioni affermate con tanta pompa.
                    3) Fa parte invece il mio mestiere imparare a valutare criticamente le ricerche altrui. Se non conosco vie diverse dal tentare una falsificazione dell’interpretazione proposta (nel nostro caso una falsificazione sin troppo facile) e se lo dico in modo aperto questo vuol dire alla lettera che riconosco la mia ignoranza a riguardo. Si tratta di un’autodenuncia, non di autoreferenzialità (dove la tiri fuori una cosa del genere ?). Lo faccio appunto in nome di una certa conoscenza di come vadano letti i dati scientifici. Che magari ci sono ma in questo caso nell’articolo non sono stati esposti in modo adeguato e credibile. Se c’é scritto a chiare lettere sui dati dell’articolo che l’interpretazione non può essere in nessun modo quella che ci suggerisce Guzzo (questo é il mio dato di analisi oggettiva) quali sono i dati tuoi, i criteri di ri-lettura dei dati che ti convincono della ragione di Guzzo?

                    • Dan ha detto in risposta a Luca

                      1)

                      Il contesto epistemico è caratterizzato dagli operatori di conoscenza (K) e di credenza (C), che nel linguaggio ordinario corrispondono rispettivamente alle espressioni “conosco p” e “credo che p, sono certo che p”. I due operatori sono condizionati da alcuni principi.

                      Principi su C

                      C1 Cp ⇏ p (essere certi di p non implica la verità di p)
                      C2 Cp → ¬C¬p (principio di non contraddizione epistemico)
                      C3 Cp → CCp (principio di introspezione)
                      C4 ¬Cp → C¬Cp (tale principio prova che è impossibile dubitare di tutto, cioè che è impossibile non essere certi di dubitare)

                      Principi su K

                      K1 Kp → p (il conoscere implica la verità di p)
                      K2 Kp → Cp (il conoscere si accompagna alla credenza, “tendo a credere a ciò che conosco”)
                      K3 Kp → ¬K¬p (principio di non contraddizione epistemico)
                      K4 Kp → KKp (principio di introspezione)

                      È aperta la discussione su un quinto principio su K, vale a dire K5 ¬Kp → K¬Kp

                      Tale principio è la formalizzazione logica del detto socratico “Non conosco p dunque so di non sapere p”. Svolgiamo qui di seguito la dimostrazione secondo cui tale principio si pone come problema filosofico.

                      i) ¬Kp → K¬Kp (K5)
                      ii) K¬Kp → C¬Kp (K2)
                      iii) ¬C¬Kp → ¬K¬Kp (regola di contrapposizione applicata a K2)
                      iiib) ¬K¬Kp → Kp (regola di contrapposizione applicata a K5)
                      iv) ¬C¬Kp → Kp (regola di concatenazione su iii e iiib)
                      v) CKp → ¬C¬Kp (principio di non contraddizione epistemico)
                      vi) CKp → Kp (concatenazione su iv e v)

                      La conseguenza è presto detta: si conclude il ragionamento affermando che credere a p (che equivale ad affermare di credere di conoscere p per il principio di introspezione e per la regola di concatenazione) implica il conoscere p. Tale conclusione è evidentemente falsa e pone l’accento sulla necessità di distinguere rigorosamente la conoscenza dalla credenza.

                      Riconoscere l’ignoranza ti ha detto qualcuno che significa ignorare?Se mai significa sapere che al più incompleta mentre rispetto a quello che si conosce puo essere critica se e soltanto se la critica è valida,che non vuol dire mica che nessuna conoscenza in merito è impossibile (nè affermato nè negato) ma che è incompleta,che sia incompleta non vuol dire non valida.

                      2)Ergo non c’è nessun dato,ma c’è l’evidenza contraria di altri dati?No.La “mia” razionalità.Come fai a “falsificare dati senza dati”?Dunque se non intendi appunto affermare qualcosa di preciso allora è ambiguio se è ambiguo in che senso hai falsificato i dati?

                      3) Lo faccio appunto in nome di una “certa “conoscenza di come vadano letti i dati scientifici”

                      Ma io non ti ho chiesto se sono esposti non esposti adeguatamente,ti ho chiesto appunto in che senso,senza dati confuti cio che consta di dati dicendo che non si puo sapere,se per non sapere è necessario che siano anche equiprobabili,e cioè ti ho chiesto su cosa si basa l’invalidità induttiva e le cose non stanno all’equiprobabilità,non che infatti non si possa effettuare una descrizione scientifica senza dati.

                  • Luca ha detto in risposta a Dan

                    Dan, non prendere per i fondelli. Un dato si falsifica da solo quando non é consistente con i suoi presupposti. 10+10 = 20 perché presupponiamo un sistema decimale. Se fosse binario sarebbe 10+10 = 100. Dunque se scrivo che 10 + 10 = 100 e nella stessa frase scrivo che in classe di mio figlio ci sono 15 alunni, la mia frase non vale un piffero. Non mi pare difficile da capire, solo bisogna accettare un significato comune per i dati scentifici e posso capire che non sia necessariamente chiaro a tutti.

                    • Dan ha detto in risposta a Luca

                      Cioè veramente e mo questo che ci azzecca?Son d’accordo,Posto che comunque se uno cambia sistema di misura dice la stessa cosa in sistemi di misura equivalenti,e non perchè i sistemi di misura equivalenti sta dicendo concetti diversi o contraditori tra loro.Se proprio nessuna INDUZIONE è scientifica,se per scientifica intendi che la scienza è necessariamente ipotetico deduttiva la scienza non è solo ipotetico deduttiva:

                      Strumenti di misura e osservazione,modello per cui per altro la matematica è necessaria ma nettamente insufficiente.

                      “Si può tuttavia affermare, senza timore di essere smentiti, che per una donna la vituperata famiglia non costituisca pericolo alcuno. Tutt’altro.”

                      Sulla base di studi terzi
                      Gli studi terzi sono invalidi induttivamente?Ancora mica nella nota metologica c’è scritto è invalido,ma c’è un’introduzione della metodologia e della strumentazione matematica utilizzata per l’analisi statistica,poi sell’obbiezione è come ogni statistica non puoi dimostrarne la NECESSITA’ deduttiva siamo d’accordo,e il problema che non significa mica che questa è una contraddizione.

                      Queste indagini, ideate per fare luce sui reati non denunciati e su alcuni aspetti importanti come le caratteristiche delle vittime e la dinamica del fatto, rappresentano degli strumenti utili per studiare e comprendere parte del sommerso della criminalità, ma non sono sufficienti per rilevare quelle forme di violenza che la vittima subisce da qualcuno che le è molto vicino, ad esempio il partner o l‟ex-partner e quindi la violenza domestica

                      Appunto sono incompleti non contraddittori men che meno statisticamente invalidi,non è che sai se X è insufficente è contradditorio.

                    • Luca ha detto in risposta a Luca

                      Ti sei accorto? Sono incompleti.
                      Nel senso che non consentono secondo l’ISTAT di concludere quel che Guzzo ci vuole veder dentro (Secondo l’ISTAT le donne sposate sono le meno esposte alla violenza). Di contraddizioni hai parlato solo tu e non capisco tante insistenze da parte degli affezionati lettori di UCCR punti sul vivo dal mio reato di lesa maestà. Commento QUESTO articolo e QUESTI dati e non si vede come tu debba pretendere da me la dimostrazione di una tesi opposta.
                      Poniamo che i dati a supporto della tesi di Guzzo ci siano sì ma in altre fonti come mi osserva qui sotto l’amico Panthom. Resta il fatto semplice e palpabile che questo articolo che stiamo discutendo é scritto male su basi inconsistenti. E’ tutto quello qui né mi pare che per questo qualcuno si debba ritenere offeso.
                      PS
                      Per meglio dire. I dati non sono incompleti in sé, sono incompleti se uno vuol sostenere la tesi di Guzzo perché questa non ne uscirebbe affatto dimostrata. Sono completi e sufficienti secondo l’ISTAT per altri scopi.

                    • Dan ha detto in risposta a Luca

                      “Un dato si falsifica da solo quando non é consistente con i suoi presupposti. 10+10 = 20 perché presupponiamo un sistema decimale. Se fosse binario sarebbe 10+10 = 100. Dunque se scrivo che 10 + 10 = 100 e nella stessa frase scrivo che in classe di mio figlio ci sono 15 alunni, la mia frase non vale un piffero”

                      Che banalmente vuol dire un esempio di contraddizione,per essere più precisi visto che citi popper il principio di falsificazione sarebbe analogo alle dimostrazione per assurdo euclidea, supposta come vera si arriva a una contraddizione per la quale l’ipotesi di partenza è falsa.E pure il principio di falsificazione.
                      Ovviamente,la ricerca istat non puo essere valida invalida contemporaneamente,e non è che la frase non ha senso,la frase ha un senso ma ne si dedurrebbe che F,qualora nella classe di tuo figlio ci siano contemporaneamente 10 15 persone,dire questo significa parlare di contraddizione.Ergo riaffermare che non parli di contraddizione è linguisticamente vero non citi mica la parola contraddizione,ma ne esplichi il concetto.
                      Si ma va non è ci sono enumerazioni complete,esiste solo un enumerazione finita,che poi il principio di falsficabilità nasce dalle pretese verificazioniste del freudismo e del marxismo,non tanto dalle teorie fisiche.

                      Ora veramente non penso che ci sia reato di “lesa maestà.”E dunque si scade nell’ad personam verso guzzo o non guzzo.

                      Conclusione:

                      la «la maggior parte delle violenze» avvenga in famiglia è semplicemente falsa.

                      Per stabilire se è maggioranza o meno si usa la statistica,ovviamente “maggioranza” è e sara solo un enumerazione finita,infatti ha sostenuto un argomento induttivo,ci sono delle violenze sulle donne,ma la maggioranza delle violenze non avviene in “famiglia”,non è necessario quindi che non ci siano, ci sono,ma non sono la maggioranza secondo i dati.
                      Antitesi:La conclusione è F;la maggioranza delle violenze avviene in famiglia.Dati?Non ci sono dati o evidenze di dati.

                      E non la conclusione è F perchè c’è una nota metodologica,che non contradice quella di guzzo,benche qualche ogni enumerazione incompleta statistica,di qui la nota metodologica non dice “devi leggere i dati” secondo l’antitesi,bensi i dati che non sono solo quelli

                      “Le donne separate o divorziate hanno subìto violenze fisiche o sessuali in misura maggiore rispetto alle altre (51,4% contro 31,5%)”

                      Rispetto alle altre categorie di cui nota metodologica:

                      le caratteristiche degli autori delle violenze, con particolare attenzione agli autori delle violenze in famiglia;

                      E non è la nota metodologica che falsifica la sua stessa affermazione.

                      No il problema è che comunque ogni statica può essere rappresentativa ma incompleta (non potra mai enumerare tutte le donne d’italia).

                      E sono pure d’accordo che sia difficile,ma di badare di non partire col presupposto a priori,peraltro erroneo che chi non denuncia niente ha subito una qualche violenza,che non implica il fenomeno non c’è,ma è possibile (possibilità altra categoria non probabilità),che pure ci siano donne che non denunciano niente perchè non subiscono nessuna violenza,giusto per essere chiari e incisi razionalmente,non è che chiunque non denuncia allora ha subito violenza perchè alcuni di quelli che non denunciano possono averla subita,e non induttivamente ma formalmente.

                    • Dan ha detto in risposta a Luca

                      E non la conclusione è F perchè c’è una nota metodologica,che non contradice quella di guzzo,benche qualche ogni enumerazione incompleta statistica,di qui la nota metodologica non dice “devi leggere i dati” secondo l’antitesi,bensi i dati che non sono solo quelli

                      Ho scritto male,la conclusione non è F perchè c’è una nota metodologica che falsfica il dato statistico.Anche se ovviamente ogni enumerazione statistica è incompleta, la nota metodologica non dice che il dato è infondato,quindi non proba l’antitesi la maggioranza delle donne subisce violenza in famiglia,pero riafferma e la nota metodologica non dice che è F:

                      “Le donne separate o divorziate hanno subìto violenze fisiche o sessuali in misura maggiore rispetto alle altre (51,4% contro 31,5%)”

                      Benche ribadisco che poi si possono appunto verificare degli studi che la confutino pure,e cioè che dimostrino l’evidenza contraria,e quindi incompleta certamenta,ma fondata fino a dimostrazione evidenza contraria,dimostrazione e evidenza contraria che non stà nella nota metodologica stessa,nè tantomeno la proba contraddittoria.

                    • Luca ha detto in risposta a Luca

                      Dan
                      possiamo discutere all’infinito ma confesso di non leggerti più con l’attenzione dell’inizio e che probabilmente meriti.
                      Certo che se non riconosci nemmeno come una ricerca possa essere contemporaneamente valida ed invalida, ché semplicemente il giudizio di validità dipende strettamente dalle finalità date … Beh, allora la distanza é troppo grande perchè la si possa colmare con qualche battuta su di un blog e non proseguo oltre.
                      Mi limito a segnalarti di nuovo che forse in un contraddittirio – se vuoi batterti lealmente ed essere compreso – dovresti essere più preciso e circostanziato perché continuo a non riconoscermi nelle cose virgolettate o citate che attribuisci a me.
                      La pace sia con te.

                • Dan ha detto in risposta a Luca

                  Dici che in un contraddittorio bisogna essere precisi e circostanziati,più di citare e riquotare la frase non si puo,ovviamente non potrai mica aver pretesa che significhi pure dire è Vera perchè la quoto,ma d’altra parte,data una classe con 10 alunni sul registro questi non sono afatto 15,se fossero 10 e 15 sarebbe una contraddizione,ameno che non vuoi dimostrare che una classe di scuola in un medesimo scuola che la frase “la mia classe ha 10 15 alunni contemporaneamente” non sia una contraddizione.Si ma quindi pure supposto non implica nessuna confutazione di tesi.
                  Dopodiche ci sono pure le PSEUDO contraddizione poste a tavolino,giachè non c’è contraddizione tra la nota metodologica e quel dato.Dopodiché non puo nessuna statistica dimostrarsi per fini,se si dimostrasse per fini infatti dovrebbe porre A PRIORI,quello che invece è un A POSTERIORI,ovvero la statistica induce dati dal reale non impone convinzioni a priori o non sarebbe statistica bensi politica ideologica.

                  Per invalidare una statistica non ti basta rimandare a una nota metodologica,che ovviamente non dice niente,tolto il soggettivismo proprio su questo,il dato è sbagliato perchè la campionatura è sbagliata o la qualità della campionatura è sbagliata,ovviamente avere dei presupposti non vuol dire che poi la statistica stessa non li renda invalidi,se io parto dal presupposto “nella maggioranza delle famiglie c’è violenza”,bhè è poi ti da il dato contrario,non è che heghelianamente quindi un po disonestamente i fatti si adeguano all’idea o le statistiche vanno adeguate a convinzioni a prioristiche,bensi l’idea si adegua ai fatti.

                  E con la scienza appunto cio che affermi c’entra poco,con preavenzamenti a prioristici intorno ai soliti j’accuse di disonesta intellettuale.

  4. Luca ha detto

    Mi correggo dopo aver esaminato brevente l’indagine ISTAT allegata. L’indagine é stata compiuta su du un campione statistico attraverso inrerviste telefoniche anonime con risponditore automatico. Precisamente quindi con l’obiettivo di raccogliere dati sulla criminalità sommersa, non denunciata. La nota metodologica allegata tuttavia ammonisce
    Queste indagini, ideate per fare luce sui reati non denunciati e su alcuni aspetti importanti come le caratteristiche delle vittime e la dinamica del fatto, rappresentano degli strumenti utili per studiare e comprendere parte del sommerso della criminalità, ma non sono sufficienti per rilevare quelle forme di violenza che la vittima subisce da qualcuno che le è molto vicino, ad esempio il partner o l‟ex-partner e quindi la violenza domestica
    Trovo singolare pertanto che nemmeno le fonti citate (o perlomeno una delle fonti) non si proponbe nemmeno di potersi avvicinare alle conclusioni che Giuliano Guzzo ritiene invece dimostrate.

    • Panthom ha detto in risposta a Luca

      In realtà se avessi confidenza con il mondo scientifico sapresti che qualunque ricerca ha nelle conclusioni le avvertenze a prendere i dati con cautela. Al di la di questo, proprio il fatto che l’indagine è anonima riduce le motivazioni a non denunciare la possibile violenza, facendo cadere il tuo assunto pregiudizievole. Inoltre, dall’indagine stessa si ricava questo: “Alla maggiore capacità delle donne di uscire dalle relazioni violente o di prevenirle si affianca anche una maggiore consapevolezza”. Maggior consapevolezza delle donne e quindi viene confutata la tua tesi priva di dimostrazione che le donne non denunciano le violenze.

      Non ti rimane che, umilmente, prendere atto dei risultati delle indagini presenti nella letteratura scientifica (non solo quelle dell’Istat), senza ipotizzare dietrologie o formulare accuse inutili.

  5. Vincent Vega ha detto

    Il problema della violenza sulle donne ha anche un’altra causa: la mancanza di spina dorsale degli uomini che circondano queste donne.
    Molto spesso queste donne hanno amici, parenti, fratelli o padri che sanno delle violenze e non intervengono, questo è molto grave.
    Sappiamo che molto spesso questi uo i i violenti ignorano le diffide dei tribunali, ne ho avuto esperienza diretta con la mia ragazza, abbiamo avuto diversi problemi col suo ex, fino a quando non mi sono deciso ad “agire”.

    Purtroppo, è brutto da dire, certi uomini sono dei predatori, capiscono solo due linguaggi: il dolore e la paura. Una volta però che si è parlato con loro secondo il linguaggio che capiscono, garantisco per esperienza personale; si fanno da parte perché sanno che la donna è difesa.
    Quindi uomini, tirate fuori le palle, non aspettate la mamma dal cielo. Non vi sto invitando a favi giustizia da soli, ma se certi uomini se ne sbattono della legge l’unica è parlare loro con l’unico linguaggio che possono capire.
    Anche perché, a meno che non siate dei vips, saprete meglio di me che non avete un bodyguard, è la polizia di jouma interviene solo a fatto compiuto.

    Prendete spunto da Ghandi

    “La mia fede nella nonviolenza è una forza estremamente attiva. Non lascia posto alla viltà e neppure alla debolezza. Vi è speranza che il violento diventi un giorno nonviolento, ma per il vile non ve n’è alcuna. Perciò ho detto più volte che se non sappiamo difendere noi stessi, le nostre donne e i nostri luoghi di culto con la forza della sofferenza, vale a dire con la nonviolenza, dobbiamo almeno, se siamo uomini, essere capaci di difendere tutto questo combattendo.”

    L’uomo che picchia la donna è il vile per antonomasia.

    • Vincent Vega ha detto in risposta a Vincent Vega

      “non aspettate la mamma dal cielo.
      Intendevo dire la manna, naturalmente. 🙂

    • Vincent Vega ha detto in risposta a Vincent Vega

      “la polizia di jouma interviene solo a fatto compiuto.”

      La polizia, di norma, interviene solo a fatto compiuto, volevo scrivere. Come cacchio sia saltato fuori jouma al posto di norma Dio solo lo sa. 😀

  6. paolo ha detto

    Volevo solo dire che tutte le donne appartenenti a tutte le categorie sociali (sposate divorziate ecc) tendono a non denunciare. Il fatto molto semplice è che le violenze vengono subite con percentuali diverse secondo con chi vivono marito convivente ecc. Il motivo è anche razionalmente ipotizzabile: più la relazione è precaria e più la donna ha avuto altri legami e maggiore è la possibilità di violenze. Un legame stabile e unico mal si presta a sviluppare patologie di violenza rispetto ad altri tipi di legami

  7. Parlando di violenza sulle donne e riallacciandomi all’articolo di qualche giorno fa sui paesi scandinavi è da rilevare che in cima alla classifica dei paesi europei colpiti da questa piaga ci sono proprio Danimarca, Finlandia e Svezia.

    http://www.huffingtonpost.it/2014/03/05/violenza-donne-europa_n_4902055.html

    • Luca ha detto in risposta a Alèudin - preghierecorte

      Huffington Post scrive: In media, una europea su tre riporta di essere stata vittima di questi abusi (33%), equivalente a 62 milioni di donne. La percentuale scende al 22% – una donna su cinque – se consideriamo unicamente la violenza domestica.. Sarebbe come dire se capisco bene che il 66% delle violenze avvengono in ambito familiare. Scrive anche: Nonostante l’enorme proporzione dei dati, soltanto una donna su dieci ammette di aver denunciato l’episodio alla polizia nel caso l’autore degli abusi sia stato un partner sentimentale (13%) o un altro uomo (14%).
      Ancora: Il 6% delle italiane ammette di avere subìto violenza domestica nei 12 mesi precedenti al sondaggio, mentre il 39% delle nostre connazionali dice di comprendere nella cerchia delle amicizie o famigliare un’amica che subisce un compagno violento.
      Come dire: non si vede come possa essere ritenuta rappresentativa una qualsiasi indagine statistica su questo fenomeno. Dico questo rispetto all’articolo di Giuliano Guzzo che trovo completamente privo di fondamento.

      • Panthom ha detto in risposta a Luca

        Invece i ricercatori dell’Istat scrivono: “Sono le donne più giovani (fino a 34 anni), le nubili, le separate o divorziate, le studentesse le donne più a rischio di violenza fisica o sessuale” e parlano di “maggiore esposizione al rischio delle donne separate e divorziate sia per le violenze da ex partner, sia da uomini non partner. Queste donne sono più a rischio di subire tutti i tipi di violenze, sia quelle fisiche da parte degli ex, sia quelle sessuali da parte di altri uomini”.

        Perché cerchi dietrologie pur di non affrontare la situazione da loro presentata?

  8. paolo ha detto

    Non riesco a capire il punto di vista di Luca.
    A me il concetto affermato nell’articolo mi sembra logico e lineare:
    Nel momento in cui si va a “qualificare” il tipo di ambiente domestico, attraverso interviste anonime telefoniche tipo istat, dove avvengono le violenze si vede che percentualmente queste sono più frequenti nei rapporti di convivenza o risposati o singole ecc. e meno nelle famiglie sposate.
    Tra l’altro la cosa mi pare anche ovvia, cioè se tu hai relazioni sentimentali instabili e multiple (cioè diverse e in serie successiva tra loro) specie se in presenza di figli, ti esponi ad una conflittualità con il partner.
    Poi si può discutere quanto migliorabili siano i dati, ma sul concetto cosa c’è da dissentire?

  9. Attilio ha detto

    Niente di nuovo sotto il sole!
    Enrico Morselli “Intorno al divorzio, in Rivista di Roma, 1902”:
    “Il divorzio fra i popoli aumenta la prostituzione,gli adulteri, le nascite illegittime, i suicidi, i casi di pazzia fra i coniugi divorziati; e la scienza statistica ci conduce a ritenere che si tratti di un nesso causale.”

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