L’ebreo Amos Oz: «Così trovai conforto in Gesù»

Nel libro postumo di Amos Oz, “Gesù e Giuda” (Feltrinelli 2022), la volontà di andare oltre i “pregiudizi” storici dell’ebraismo su Gesù di Nazareth. Leggendo i vangeli comprende finalmente la cultura occidentale, l’arte, la musica e la letteratura. E in Gesù trovò conforto.

 
 
 

Amos Oz è stato uno degli intellettuali più influenti e stimati di Israele, è morto nel 2018.

Un devoto ebreo affascinato misteriosamente da Gesù di Nazareth, tanto che nel suo ultimo e celebre romanzo, Giuda (Feltrinelli 2014), arriva a scrivere che Giuda sarebbe stato il più fedele dei suoi seguaci, al punto da spingerlo verso Gerusalemme e la crocifissione affinché potesse manifestare a tutti che era figlio di Dio.

Spesso vicino a vincere il Premio Nobel per la letteratura, è in uscita un saggio postumo intitolato Gesù e Giuda (Feltrinelli 2022), a conferma di quanto detto sopra.

 

Gesù per gli ebrei: non era cristiano, non fondò nulla.

Amos Oz afferma le storiche tesi della religione ebraica nei confronti del cristianesimo, ovvero che Gesù era “solo” un ebreo e non avrebbe inteso fondare una nuova religione. Un argomento al quale abbiamo già risposto nel 2018.

Secondo suo zio Joseph Klausner, ricorda ancora Amos Oz, Gesù non era cristiano perché «non era mai stato battezzato come si deve in una chiesa, mai era andato a confessarsi, non si era mai fatto il segno della croce, non assistette mai a una messa, non celebrò mai una domenica o la Pasqua. Che razza di cristiano poteva essere».

Un argomento un po’ debole se si considera che Gesù fu proprio l’iniziatore del movimento cristiano, proseguito dai suoi discepoli più stretti su suo mandato.

Sarebbe come dire che Charles Darwin non era darwinista perché non si definì mai così oppure che Buddha non era buddhista perché non frequentò mai un tempio buddhista.

 

Il libro di Amos Oz: «Nei Vangeli vedo la cultura europea»

Amos Oz cerca però di andare oltre suo zio Joseph e chiede che il Nuovo Testamento venga insegnato nelle scuole ebraiche di Israele.

Infatti, scrive, «molto ebrei, passati e presenti, non hanno altro che una vaga -spesso piuttosto superficiale, spesso molto incerta- idea su Gesù».

Lui stesso, rivela Amos Oz, quand’era giovane studente si rese conto che:

«Se non avessi letto il Nuovo Testamento, almeno i Vangeli, non sarei mai stato in grado di capire la maggior parte dell’arte europea; non sarei mai stato in grado di apprezzare nel modo giusto la musica di Johann Sebastian Bach; non sarei mai stato capace di comprendere appieno un romanzo di Dostoevskij. Di conseguenza, per alcune settimane mi rinchiusi nella biblioteca del kibbutz, dove me ne stavo tutto solo a leggere i Vangeli, capitolo per capitolo. Gli altri ragazzi del mio anno passavano la sera giocando a pallacanestro o corteggiando le ragazze. Io ero un disastro in entrambi i campi, così trovai conforto in Gesù».

 

Ratzinger: «Le opere della fede testimonianza di verità»

Nelle parole di Amos Oz riecheggia la lucida analisi di Benedetto XVI presente nel suo bellissimo libro Perché siamo ancora nella Chiesa (Rizzoli 2008) .

«La Chiesa ha proiettato nella storia un fascio di luce tale da non poter essere ignorato», scrive il Papa emerito.

«Anche l’arte che è nata sotto l’impulso del suo messaggio, e che ancora oggi ci si mostra in opere impareggiabili, diventa una testimonianza di verità: ciò che è stato in grado di esprimersi a simili livelli non può essere soltanto tenebre», spiega.

«La bellezza delle grandi cattedrali, la bellezza della musica che si è sviluppata nell’ambito della fede, la dignità della liturgia della Chiesa, la stessa realtà della festa, che non si può fare da soli ma si può solo accogliere, il ciclo dell’anno liturgico, nel quale convivono l’ieri e l’oggi, il tempo e l’eternità – tutto questo non è a mio avviso una insignificante casualità».

Concludendo con una più che opportuna riflessione: «La bellezza è lo splendore del vero, ha detto Tommaso d’Aquino. Le espressioni nelle quali la fede è stata in grado di tradursi nella storia sono testimonianza della verità che è in essa».

La redazione

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