Il don canta Sanremo a Messa, il laico Gramellini: «Ma i giovani cercano il sacro»

“Brividi” di Mahmood e Blanco durante la Messa. Don Matteo Selmo è diventato virale. Un gesto comprensibile, ma perché non cantare Sanremo assieme ai ragazzi in oratorio, lasciando alla liturgia il suo valore sacro? Colpisce il pensiero di Massimo Gramellini, editorialista del Corriere: “I giovani hanno fame di sacro, non di Sanremo”.




Un giovane sacerdote veronese, don Matteo Selmo, è diventato in questi giorni star del web per aver cantato i brani dell’ultimo Sanremo durante l’omelia (video più sotto).

Un’idea di per sé anche comprensibile, cioè voler usare un linguaggio «per portare il Vangelo nella vita di tutti i giorni», ha spiegato lui stesso. «E questo è l’insegnamento di Gesù, che nel suo stare tra la gente contestualizzava la parola del Padre nella vita quotidiana».

Sbaglia chi lo sta ferocemente criticando, forse dimentica la difficoltà (e spesso la solitudine) dei nostri sacerdoti nel rendersi comprensibili dai giovani, superando secolari pregiudizi.

Ci permettiamo però un suggerimento. Se l’intenzione è pienamente meritoria, un’idea forse migliore (e lo diciamo da “giovani”) sarebbe cantare assieme ai ragazzi in un altro momento, magari in oratorio, alla fine della Messa. Preservando così la sacralità dell’omelia e del momento liturgico.

Ci ha colpito che a ricordare questo sia stato un giornalista notoriamente laico, Massimo Gramellini, editorialista del Corriere. Riprendiamo qui sotto la sua riflessione:

 

di Massimo Gramellini,
dal Corriere della Sera, 22/02/22

Un prete canta i successi dell’ultimo Sanremo durante la Messa, viene rilanciato da Gianni Morandi sui social e ottiene il suo quarto d’ora di celebrità televisiva: si chiama pure don Matteo.

Niente di male né di grave, intendiamoci. Anzi, ha persino strappato un sorriso quando si è inerpicato sulle note per intonare dal pulpito «brividi, brividii, brividiii», attribuendoli a un dialogo immaginario tra San Pietro e San Remo (che peraltro non esiste) su cui Fiorello potrebbe campare per anni.

Niente di grave, ripeto. Ma è sulla motivazione del prete canterino che avrei qualcosa da eccepire, là dove afferma di averlo fatto per avvicinarsi ai giovani. È la frase più conservatrice che si possa sentire, nel senso che mi risuona falsa nelle orecchie fin da quando “i giovani” ero io.

Da Bach a Mozart, un tempo erano i musicisti che componevano per i preti, non i preti che scimmiottavano i musicisti.

La Chiesa si limitava a fornire la materia prima: il senso del sacro, quello di cui i ragazzi hanno più fame, e basta affacciarsi a un qualsiasi convegno ad argomento spirituale per trovarli nelle prime file.

Ma davvero qualcuno crede che lo svuotamento delle chiese dipenda dalla musica d’organo e non piuttosto dall’evanescenza di certe omelie? Al di là del concertino di don Matteo, non so quanto sia giusta questa idea che, per piacere ai giovani, si debba fare qualcosa che i giovani fanno meglio degli adulti, anziché qualcosa che loro non sanno fare e si aspettano proprio dagli adulti.


 
La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

____________________________________