Hitler cattolico? La tattica nazista per scristianizzare la società

Il pensiero religioso di Hitler. Profondamente anticristiano, evitò di attaccare frontalmente le confessioni religiose per opportunismo politico ma avviò un piano per scristianizzare lentamente la società. Ecco cosa fecero i nazisti.

 
 
 

Nonostante fosse stato battezzato, Adolf Hitler abbandonò presto la sua fede d’infanzia per manifestare una profonda ostilità verso la Chiesa.

Come riportato dal celebre storico Emilio Gentile, già nel 1908 il futuro dittatore tedesco manifestò la sua avversione per il cattolicesimo, come confermato anche dal suo più intimo amico August Kubizek.

Hitler sostenne infatti che le Chiese mondiali «sono estranee all’anima del popolo, anche le pratiche del culto della Chiesa sono estranee, il popolo non capisce neppure il linguaggio ecclesiastico, tutto colmo di mistica straniera»1citato in E. Gentile, Contro Cesare, Feltrinelli, Milano 2010.

Inoltre, fin dalla gioventù, Hitler si era prefissato l’obiettivo di combattere la Chiesa: «Liberare il popolo tedesco da questo giogo è uno dei compiti culturali del futuro»2citato in E. Gentile, Contro Cesare, Feltrinelli 2010 p. 236.

 

Hitler e la religione: opportunismo politico di facciata.

Una volta che iniziò la sua carriera politica, tuttavia, il leader del nazismo non manifestò questi pensieri e, anzi, nelle sue dichiarazioni pubbliche, dichiarò più volte il suo rispetto nei confronti della religione cristiana.

Questi pronunciamenti non rispecchiavano, però, le opinioni private di Hitler ed erano solamente dettate da opportunismo politico.

Era un politico troppo astuto per non comprendere che non sarebbe stato politicamente saggio fare una guerra aperta alla religione, intuiva che non sarebbe riuscito a conquistare la maggioranza dei voti se avesse attaccato frontalmente le confessioni cristiane.

Anzi, se si può prestare fede ad alcuni suoi ex collaboratori che diverranno in seguito avversari del nazionalsocialismo, come Kurt Ludecke o Hermann Rauschining, il capo del partito nazista privatamente si era dichiarato profondamente ostile al cristianesimo, convinto che con il tempo sarebbe stato sostituito o trasformato radicalmente in Germania dal nazionalsocialismo3E. Gentile, Contro Cesare, Feltrinelli 2010 p. 254.

 

La campagna anticristiana di Hitler.

E’ accertato, del resto, che dopo la conquista del potere, i nazisti avviarono una campagna avente l’obiettivo di scristianizzare la società. Per raggiungere questo scopo, gli uomini del Terzo Reich adottarono diverse tattiche.

Per prima cosa vennero propagandate e promosse dottrine in aperto contrasto con quelle cristiane: grande diffusione ebbe Il mito del XX secolo di Alfred Rosenberg, la cui opera venne messa nell’indice dei libri proibiti dal Vaticano.

In secondo luogo, vennero intraprese misure per limitare il più possibile la presenza della Chiesa nella vita pubblica come la chiusura delle scuole confessionali o la confisca di monasteri e conventi; e nel contempo, si tentò di gettare discredito verso  gli uomini del clero orchestrando processi contro preti e monaci accusati di abusi sessuali o contrabbando di denaro.

La tattica nazista non prevedeva uno scontro diretto contro la Chiesa, il regime cercò infatti di presentare gli attacchi contro quest’ultima effettuati non per motivazioni religiose, ma a causa di attività politiche illegali o criminali.

 

Migliaia di preti internati dei campi di concentramento.

Nonostante questo, durante il Terzo Reich vi furono migliaia di preti e religiosi uccisi o deportati in campi di concentramento per essersi opposti in un modo o nell’altro al Nazismo, e tra questi vi furono anche casi di religiosi uccisi In odium fidei.

II beato Otto Neururer, deportato nel campo di Buchenwald, venne appeso a testa in giù, morendo dopo quasi due giorni, per aver battezzato un prigioniero; il beato Wladyslaw Demski venne ucciso a Sachsenhausen per aver rifiutato di ubbidire all’ordine delle guardie di profanare il rosario.

Per lo stesso motivo fu assassinato ad Auschwitz il beato Jósef Kowalski; mentre il beato Dominik Jerzejewski morirà a Dachau rifiutando la proposta di una sua liberazione a patto che abbandonasse il sacerdozio.

Don Paolo Liggeri, internato a Gusen, raccontò di un terribile episodio avvenuto durante il giorno del Venerdì Santo:

«Un prete di Linz fu chiamato alle tre del pomeriggio dal comandante del campo: “Sai tu che giorno è oggi?”. “Il Venerdi Santo”. “Che cosa è accaduto quel giorno?”. “Hanno crocifisso Gesù Cristo”. “Ed è morto?”. “Morto”. “A che ora?”. “Alle tre”. “Sono appunto le tre e tu raggiungerai il tuo Cristo”. Il comandante estrasse la rivoltella e colpì al cuore il sacerdote»4citato in A. Riccardi, Il secolo del martirio, Mondadori 2000, p. 116-117

Un altro prete, don Roberto Angeli, ricorderà che durante la sua prigionia a Mauthausen «era proibito qualsiasi atto di culto, qualsiasi manifestazione di preghiera. Farsi sorprendere a pregare o, peggio ancora, farsi riconoscere per preti, poteva equivalere ad essere mandati a morire nella cava»5citato in A. Riccardi, Il secolo del martirio, Mondadori 2000, p. 128-129.

 

Questi e altri episodi sono una prova eloquente dell’anticristianesimo dei nazisti.

Un fatto questo che le gerarchie vaticane avevano già ben compreso ancora prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale.

Infatti nel ‘38, in occasione della visita di Hitler a Roma, il nunzio in Italia Borgongini Duca – a nome del papa – si lamentò con il Governo italiano per il fatto che «l’uomo al quale si preparano tanti festeggiamenti è oggi il più grande persecutore della Chiesa».

Mattia Ferrari

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