Solo l’essere umano non è “violento per natura”

violenzaUna tesi spesso sostenuta è che l’essere umano sia “naturalmente violento”, ovvero che covi dentro di sé da sempre istinti omicidi e pulsioni distruttive e che la biologia umana sia irrimediabilmente maligna. Riteniamo anche tale argomentazione una forma di approccio riduzionista all’uomo che -come spesso facciamo notare- si sforza attraverso “argomenti scientifici” (o pseudo-scientifici) di negare e ridurre l’essere umano (la creatura) e la sua unicità, per arrivare a negare il Creatore. E’ un progetto ideologico chiamato “riduzionismo filosofico”, parte consistente del naturalismo filosofico.

A questo proposito è utile segnalare l’uscita di un saggio molto interessante, intitolato “La bestia che è dentro di noi. Smascherare l’aggressività” (Il Mulino 2014), scritto dal prof. Adriano Zamperini, docente di Psicologia della violenza, di Psicologia del disagio sociale e di Relazioni interpersonali all’Università di Padova. Lo psicologo mostra, attraverso diversi esempi storici e studi scientifici, che l’aggressività per l’uomo non è affatto qualcosa di “naturale” e fare del male a qualcuno è un atto di nostra pertinenza, non appannaggio di tirannici processi biochimici. L’aggressività e la violenza sono scelte personali che non dipendono dal nostro Dna e non rispondono a dinamiche codificabili.

«L’aggressività non è un fenomeno naturale», scrive il prof. Zamperini, e l’uomo non si può considerare alla stregua di un animale perché «fra lo stimolo che riceve e la risposta offerta vi è tutto un lavorio di autocoscienza, interpretazione, riflessione e presa d’iniziativa». Non esiste una «presunta molla aggressiva» alla quale ascrivere le azioni violente verso gli altri e non esistono supporti empirici che possano dimostrarla. Si tratta di uno stereotipo fasullo poiché «il comportamento aggressivo è uno degli aspetti più variabili della vita sociale degli esseri viventi». Esistono, semmai, «una dimensione dialettica tra l’individuo e la società», un’interazione tra «cultura e natura» in cui «il tutto è sicuramente più della somma delle sue parti e le parti assumono qualità diverse in quanto parti di un tutto».

Anche il teologo Vito Mancuso, in uno dei suoi pochi discorsi interessanti e condivisibili, ha riflettuto su questo scrivendo: «dalla catena di violenza di cui è intrisa la vita, alcuni esseri umani desiderano emanciparsi e questo è un nobile ideale che a mio avviso va sostenuto. Nessun altro essere vivente può concepire tale emancipazione, solamente l’uomo lo può, mostrando in questo di essere ben al di là della vita animale. Sto dicendo che gli animalisti, con il loro sostenere un comportamento del tutto privo di violenza verso gli animali e con il loro volere per gli animali gli stessi diritti dell’uomo, mettono in atto un comportamento che li distanzia al massimo dal mondo animale. Nessun animale carnivoro infatti cesserà mai di mangiare carne, nessun animale erbivoro deciderà mai di astenersi dai bulbi e dai tuberi, nessuna specie animale estenderà mai alle altre specie i diritti di supremazia che la natura lungo la sequenza della selezione naturale le ha concesso. A parte quella umana, nessuna specie cesserà mai di seguire l’istinto sotto cui è nata».

L’uomo al contrario, ha proseguito Mancuso, «ha imparato a poco a poco a estendere gli ideali di giustizia a tutti gli esseri umani, compresi quelli dalla pelle diversa, e oggi alcune avanguardie stanno lottando per allargare tali ideali ad altri esseri viventi. Tutto ciò, esattamente al contrario del naturalismo professato da alcuni animalisti, mostra in modo lampante lo iato esistente tra Homo sapiens e gli altri viventi. Se gli esseri umani lottano per estendere agli animali gli stessi diritti dell’uomo non è quindi perché non c’è differenza tra vita umana e vita animale, ma esattamente al contrario perché tra le due vi è una differenza qualitativamente infinita».

Mancuso giustamente sottolinea la capacità dell’uomo, al contrario dell’animale, di liberarsi dal suo substrato evolutivo, dal suo istinto di supremazia. Telmo Pievani, docente di Filosofia delle scienze presso l’Università degli studi di Padova ha convenuto smontando le pretese della “psicologia evoluzionista” nel voler spiegare il nostro comportamento estendendo la teoria di Darwin sull’evoluzione delle specie alla società e alla cultura umana. «Per i guru di questa materia», ha spiegato Pievani, «la nostra mente sarebbe una collezione di moduli evolutisi per risolvere problemi specifici: una specie di “coltellino svizzero». Eppure «per giustificare l’utilità di meccanismi adattativi così rigidi e immutabili da essere al tempo stesso preistorici e attivi ancor oggi, l’ambiente avrebbe dovuto essere uniforme e duraturo», ed invece «abbiamo vissuto in ambienti instabili e imprevedibili, dove, più che moduli di comportamento innati e rigidi, servivano al contrario flessibilità e innovazione comportamentale». Ha così definito «imbarazzanti spiegazioni evolutive» e «narrazioni affascinanti» i tentativi di “spiegare l’uomo” applicando la teoria di Darwin.

Chi dunque parla dell’uomo come un essere violento e aggressivo “per natura” parla per stereotipi ma, in molti casi, non persegue esplicitamente l’approccio naturalista. Più probabilmente rileva dentro di sé e dentro gli uomini, una tendenza, una facilità al commettere il male piuttosto che il bene. Questa è una intuizione corretta, ma non significa affatto che l’aggressività sia “naturale”. Semmai conferma ciò che la Chiesa e il cristianesimo dicono dell’uomo: un essere dotato di libertà, libero di compiere il bene o di commettere il male. Una libertà, tuttavia, ostacolata dal peccato originale che ha corrotto la sua capacità morale. San Paolo scrive: «In me c’è il desiderio del bene, ma non c’è la capacità di compierlo. Infatti io non compio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio. Eccomi dunque, con la mente, pronto a servire la legge di Dio, mentre, di fatto, servo la legge del peccato. Me infelice! La mia condizione di uomo peccatore mi trascina verso la morte: chi mi libererà? Rendo grazie a Dio che mi libera per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore» (Rm 7, 14-25).

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

14 commenti a Solo l’essere umano non è “violento per natura”

« nascondi i commenti

  1. luca ha detto

    Anche il teologo Vito Mancuso, “in uno dei suoi pochi discorsi interessanti e condivisibili”.

    • EquesFidus ha detto in risposta a luca

      Io avrei messo tra virgolette anche “teologo”, dato che Mancuso non lo è ma soltanto un residuato gnostico contemporaneo.

    • Alèudin - preghierecorte ha detto in risposta a luca

      Il fatto di essere d’accordo al 100% con più di 5 righe scritte da Mancuso mi preoccupa 🙂

      • Salvatore ha detto in risposta a Alèudin - preghierecorte

        Allora perché tu non cada in una profonda depressione e debba prendere dei tranquillanti sarà forse meglio che io eviti di esprimere la mia opinione sull’autore de’ “L’anima ed il suo destino”. Non vorrei sentirmi in colpa per ciò che potrebbe accaderti, visto che ti preoccupa già il fatto che Luca sia d’accordo con Mancuso relativamente al contenuto di appena cinque righe. Ciao

        • Giovanni P. ha detto in risposta a Salvatore

          Purtroppo la storia insegna il contrario; soltanto da “ieri” l’Europa non è più in guerra, ma la “volontà di supremazia” continua a governare i rapporti tra le nazioni.
          Non possiamo sottrarci ai meccanismi neurochimici che governano la nostra esistenza nel bene e nel male, non possiamo modificarli attraverso la volontà; ad esempio, una persona gravemente depressa non riesce a guarire attraverso la volontà e spesso la si colpevolizza; le si dice: “devi tirarti su!” “devi metterci del tuo”. Ma se la si cura con farmaci e psicoterapia quasi sempre guarisce. Se davvero l’uomo fosse un essere dotato di libertà, libero di compiere il bene o di commettere il male non ci sarebbero cosi tante persone che soffrono di disturbi psichici che sono del tutto indipendenti dalla volontà.

          • Dario* ha detto in risposta a Giovanni P.

            E’ un’esagerazione dire che i disturbi psichici siano totalmente avulsi dalla volontà. Innanzitutto ci sono vari gradi di disturbi e generalizzare è quantomai errato.
            Quando una persona è depressa si può agire in vari modi, c’è la psicoterapia (che guardacaso non implica necessariamente l’utilizzo di farmaci), ci sono gli psicofarmaci e c’è la rimozione delle cause della depressione stessa. A ben vedere quella degli psicofarmaci è una scelta obbligata solo per i casi più gravi e, spesso e volentieri, i casi gravi altro non sono che casi normali che degenerano (quindi se presi in tempo non lo sarebbero diventati). Gli psicofarmaci sono una scorciatoia che semplicemente cura i sintomi ma non la causa (e non è un caso raro in medicina). Ridurre tutto ad una questione di reazioni chimiche è quantomai risibile inoltre anche gli psicofarmaci senza la volontà possono ben poco

            • Giovannino ha detto in risposta a Dario*

              Una piccola nota: come tutti i disturbi psicologici, la depressione, quando è reattiva, non diventa grave come quella endogena, che è invece dovuta al malfunzionamento dei neurotrasmettitori e che deve essere per forza curata con gli psicofarmaci. Certo c’è gravità e gravità, ma per “fortuna” quella endogena è rara; tuttalpiù si può dire che più tempo passa, più si allunga il tempo di comprensione, ma ciò non vuol dire che la forza di volontà manca perché “lo decidono i neurotrasmettitori”: questo non ha senso.

              • Giovanni P. ha detto in risposta a Giovannino

                1)Prendiamo la depressione che è il disturbo di gran lunga più frequente; Uno studio ha dimostrato che il 90 % delle persone almeno una volta nella vita soffre di un disturbo depressivo che necessita di cure; diversi altri studi hanno poi evidenziato che solo il 10% delle persone riceve cure adeguate ed in genere arriva dallo specialista con molto ritardo.
                2)Sono anni che non si differenzia più la depressione reattiva da quella endogena; possiamo però affermare che la depressione prima di essere una malattia è una dimensione dell’esistenza umana e che quindi non deve essere curata
                3)Non è vero che i farmaci siano una scelta obbligata oppure una scorciatoia per i casi gravi; questa è ideologia antiscientifica che purtroppo anche molti addetti ai lavori continuano a sostenere; ciò più che essere risibile è tragico poichè questo luogo comune impedisce a molti di curarsi (vedi sopra).
                Bandendo ogni riduzionismo, la sola psicoterapia molto spesso non funziona, (attenzione allora al riduzionismo psicologico). Detto ciò ritengo comprensibile la difficoltà ad accettare di non poter essere pienamente padroni della nostra mente. Infine resta il fatto che la ricerca scientifica sta man mano dimostrando sempre più chiaramente il ruolo dei neurotrasmettitori e le funzioni più minuziose delle aree cerebrali. Ricordiamoci, siamo fatti pressochè totalmete di acqua; il resto è azoto, carbonio, ferro, calcio, ecc ecc; questi poi sono gli stessi che si usano per costruire i grattacieli; anche le piante sono fatte della nostra stessa sostanza ed il 90% dei nostri geni è uguale a quello delle scimmie. Se pensiamo poi che l’universo si regge in base a 4 o 5 leggi oppure alla rivoluzione permanente della fisica quantistica che dura da più di un secolo e di cui pochi peraltro si rendono conto, ecco che possiamo dimostrare quasi matematicamente l’esistenza di DIO!

                • Dario* ha detto in risposta a Giovanni P.

                  C’è una sostanziale differenza tra “non essere PIENAMENTE padroni della nostra mente” e “non essere AFFATTO padroni della nostra mente” come tu sembri sostenere. Per il resto onestamente non capisco dove vuoi andare a parare col tuo post perché mi sembra alquanto confuso

          • Salvatore ha detto in risposta a Giovanni P.

            Doctum doces. Prima di porre obiezioni, assicurati di aver ben compreso che cosa intenda dire un tuo eventuale interlocutore. Da ciò che hai scritto mi appare chiaro che tu non hai capito un tubo di ciò che intendevo dire schersosamente.

      • EquesFidus ha detto in risposta a Alèudin - preghierecorte

        Non ti preoccupare, tanto grazie a quella trasmissione anticristiana de “Le Iene” ha già avuto modo di rifarsi, confermandosi come eretico e falso teologo (casomai ce ne fosse di bisogno): ha negato in allegria la risurrezione del Cristo e vuole le donne-prete: ecco il link per chi vuole sorbirsi questa melma tossica, con tanto di sviolinata agli Anglicani (ovviamente più “gggiovani” e “aggiornati” rispetto ai cattolici, loro sono dei veri cristiani, altro che i membri della Chiesa!) oltre all’intervento dello gnostico più noto d’Italia, http://www.iene.mediaset.it/puntate/2014/11/26/nobile-il-ruolo-della-donna-nella-chiesa-cattolica_9038.shtml

        • Li ha detto in risposta a EquesFidus

          Che pena!

          Comunque tornando al topic, senza troppi giri di parole direi che la violenza innata di un uomo dipende dal carattere, l’ambiente, se ha patologie particolari, ma può capitare pure che un bravo ragazzo reagisca in modo violento per proteggere la propria vita in determinate situazioni o quella altrui.

          Un po’ come la capacità di uccidere: non tutti possono esserne in grado ma non è detto che persone insospettabili non ne siano in grado, in base a determinate situazioni.

« nascondi i commenti