Il filosofo Mazzarella: meglio la laicità di Scola che quella di Rodotà

Eugenio MazzarellaAd inizio dicembre 2012 il card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano, ha tenuto un magistrale discorso in occasione della solennità dell’ordinazione di sant’Ambrogio vescovo e dottore della Chiesa. Un testo sul rapporto tra libertà religiosa e laicità dello Stato, in cui critica la presunta neutralità dello stato che di fatto spesso si traduce in «un modello maldisposto verso il fenomeno religioso», il quale ha prevedibilmente fatto inviperire numerosi esponenti del laicismo italico, come ad esempio il giurista Stefano Rodotà.

Il filosofo Eugenio Mazzarella, docente di Filosofia teoretica nell’Università Federico II di Napoli, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia di questa università e parlamentare del PD, ha voluto replicare in modo molto intelligente, definendo il testo di Rodotà pubblicato su Repubblica un «animoso commento». Ha criticato il reazionismo del giurista, per il quale nelle parole del card. Scola vi sarebbe «la negazione della libertà della coscienza e l’affermazione che la definizione dell’antropologia del genere umano è prerogativa della religione». Secondo lui sarebbe «il pensiero laico, invece, a forgiare gli strumenti perché non ci si arrenda ad una deriva tecnologica, con la sua capacità di garantire l’umano attraverso i principi di eguaglianza e dignità, di autodeterminazione della persona».

Il prof. Mazzarella ha risposto sottolineando che Rodotà appronta alla riflessione etica «l’ideologia propria dello scientismo insito ad “visione scientifica del mondo” che si presume eticamente autoconsistente a reggere e “leggere” nel suo senso ogni ambito della vita, finendo per perdere anche l’eticità della scienza come sorveglianza non solo delle sue procedure, ma dei suoi limiti intrinseci. Non so se Rodotà si renda conto che parlare di “una nuova antropologia” prodotta dalla rivoluzione della scienza e della tecnica equivale a dire che esse produrrebbero un “nuovo uomo”, radicato nella sua autoproduttività tecnica, nell’artificio che è capace di fare se stesso, e tolto alle sue basi ontologico-naturali tradizionali, e fin qui conosciute. Questo significa l’attacco alla “natura” umana difesa nell’impianto argomentativo di Scola come reperto concettuale fondamentalmente archeologico per capire e orientare la modernità; ma questo significa anche che la riflessione etico-giuridica di Rodotà, lo voglia o no, e la sua antropologia, virano verso un post-umanismo programmatico; un post-umanismo che si congeda dalla vichiana consapevolezza che l’identità umana come scienza e coscienza di sé (singola e collettiva; consapevolezza antropologica) si costituisce attorno a “nozze, sepolture e are”, fino ad oggi domande fondative della vita, del suo “senso”, risolte lungo il filo di un’universale natura umana riconoscibile in tutte le culture e in tutti i tempi».

Contro il card. Scola si è levata anche al prevedibile replica del teologo gnostico Vito Mancuso, ma che tuttavia il filosofo della Federico II ha velocemente liquidato definendola: «storiografia da quotidiano», senza perderci altro tempo.

Tornando a Rodotà, certamente di maggior interesse rispetto ai noiosi sermoni del prete spretato Mancuso, Mazzarella ha anche contestato la indebita valorizzazione del giurista della rivoluzione francese come alveo per la nascita dello Stato laico: «a parte che anche per il rinascimento “filologico” il miracolo dell’uomo è “miracolo” di Dio – vi si mira la sua immagine: ennesima variazione dell’imago dei scoperta nel volto dell’uomo dal cristianesimo –, se citando Pico della Mirandola in definitiva si vuol dire (contro Pico invero, dove quel miracolo porta ancor più vividamente a Dio) che si è miracolo di se stessi, che l’uomo è miracolo di se stesso, si può certamente dire. Ma con ciò si attribuisce a ieri (via facilior della contemporaneità della storia) quel che ci interessa oggi: ma questo non è rinascimento, è scientismo; un elogio non della dignità dell’uomo, ma un’apologia della tecnica e delle sue possibilità, tutte pretese, di “produrre” un “nuovo uomo” e una nuova “ontologia”, a base autopoietica, dell’essere sociale degli uomini».

Chiudendo il suo interessante intervento, il filosofo ha quindi affermato: «Con la sua celebrazione dell’Editto di Milano, Scola non ha nascosto la polvere dei problemi della libertà oggi, anche di quella religiosa, sotto il tappeto delle belle parole sempre politicamente corrette. Perché i contenuti della libertà – eguaglianza, dignità, autodeterminazione della persona – nascono dal “cuore” dell’uomo, e lì possono essere negati, non dalle sue “mani” (la positività, anche giuridica, delle sue azioni), che pure possono aiutare o uccidere; quei “contenuti” sono una credenza antropologica, se si vuole, e per qualcuno una verità di fede, ma certo non un prodotto della scienza e della tecnica. Mi sembra che ci sia di che discutere, senza anatemi, e con un po’ di fiducia anche senza patemi».

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

8 commenti a Il filosofo Mazzarella: meglio la laicità di Scola che quella di Rodotà

« nascondi i commenti

  1. GT ha detto

    Rodotà e Mancuso invece di combattere tutte le tecniche artificiose, che isolano l’Uomo da se stesso rendendolo una macchina senza cuore, le sostengono..
    Invece di liberarlo dai pesanti macigni della modernità: collettivizzazione-omologazione, crisi d’identità, pluralità dissennata ecc.. essi propongono una ricetta di maggior modernizzazione, che è il passo falso di questa “presunta” civiltà avanzata perché le loro proposte vanno nella direzione di imbarbarimento generale della persona umana

  2. Antonio72 ha detto

    Il vero problema, almeno secondo me, è che si è voluto ricondurre il “cuore” dell’uomo al solo intelletto, ed in particolare alla ricerca della verità scientifica, ed intendo la scienza naturale, ovvero l’unica verità di fatto oggi condivisa da tutti, credenti e non credenti (e vogliamo dirlo che è anche colpa dell’abbandono di qualsiasi ricerca filosofica che non sia pura accademia?). E così lo si è irrigidito fino a vanificarne l’influenza sui valori tradizionali, i quali hanno inevitabilmente perduto il loro vigore originario. E’ per questo che, pur non essendo i valori mutati (eguaglianza, dignità, autodeterminazione ) ma essendolo notevolmente il contesto ambientale (secolarizzato, dunque senza Dio), l’etica si è frantumata in mille pezzetti non facilmente ricomponibili (ed è il fallimento dell’etica laica). Fin qui siamo d’accordo, ma poi la mia strada diverge quando se ne devono trarre le conseguenze, perchè il “cuore” non può essere risvegliato dall’imposizione della legge positiva senza causarne un altro tipo di irrigidimento, non meno letale di quello del deserto materialista scientista. Infatti anche la semplicità contestuale antica in cui questi valori avevano un senso ed erano appropriati, è di fatto stata cancellata dalla complessità scaturita dal progresso tecnico-scientifico. Che fine fa la dignità umana in uno stato vegetativo persistente? E la dignità di uno zigote può dirsi equivalente a quella di una persona umana? E’ lecito impedire la diagnosi di gravi malattie genetiche a livello embrionale? E cosa c’è di dignitoso nel negare l’affettività ad una coppia di omosessuali? Queste, e molte altre, sono tutte domande pesanti che il cuore semplice di solo qualche generazione fa non si sognava nemmeno. L’uomo non deve far derivare i propri valori etici dal progresso tecnico, ma non può evidentemente nemmeno prescinderne. Saluti.

    • Luigi ha detto in risposta a Antonio72

      “l’etica si è frantumata in mille pezzetti non facilmente ricomponibili (ed è il fallimento dell’etica laica)”

      Innanzitutto, non vedo i mille pezzetti, ma quello che mi preme sottolineare è che il fallimento (ma c’è davvero?) dell’etica laica è il fallimento dell’etica tout court: l’etica, quella che aspira all’universalità, non può che essere laica. L’etica religiosa è un ossimoro, dal momento che ciò che è religioso è particolare, e non già universale.

    • GiuliaM ha detto in risposta a Antonio72

      Ti è stato già ampiamente risposto in altri commenti ad altri articoli: evidentemente sei duro di comprendonio, o speri di indurre in confusione nuovi lettori ignari. Saluti.
      🙂

    • Penultimo ha detto in risposta a Antonio72

      Contracambio i saluti e condivido.
      Ma per tanto avete bisogno di un Socrate,ma come un Nietzesche le accdemie hanno paura di porsi le domande,hanno paura dei perchè,mentre i come è,basta la scienza.

      Ma la scienza sappiamo che arriva fino a dove può.Ma che fenomeni come questo:

      Perchè un padre ama un figlio o sua moglie o non lo fà.

      Non si possono spiegare scientificamente.

      L’uomo “non deve” io direi che “non può”.Può forse avere l’etica di un computer?Non è che non deve non potrebbe anche se lo volesse,forse per continuare l’illusione “dell’io è materia”,e per autoprivarsi di quel dolore che lo accompagna nella sua vita.Anche se faccia a faccia non te lo dirà mai.

      • manuzzo ha detto in risposta a Penultimo

        purtroppo ha provato a rispondere un signore molto autoreferenziale che scriveva che era così perché lui lo riteneva giusto. Praticamente tutta la vita è collegata al sesso per quello lì. Molti dicono sia il padre della psicologia. E purtroppo la gente ritiene che la psicologia sia una scienza, e vabbe’, forse è così… si chiamava Freud.

    • Emanuele ha detto in risposta a Antonio72

      Caro Antonio,
      giustamente le parla della frammentazione dell’etica (altre parole per esprimere lo stesso concetto: relativismo), ma pone delle domande giuste.

      Tratterò solo uno dei temi da lei proposti, credo che gli altri siano diretta conseguenza.

      La Chiesa afferma che la dignità della persona umana è la stessa dal concepimento alla morte naturale, indipendentemente dallo stato di salute, dall’età, dal sesso, etc. Questo per due motivi fondamentali. Primo, l’uomo è fatto ad immagine e somiglianza di Dio; secondo, perché Cristo ha redento tutti gli uomini, senza distinzioni di sorta. Anzi, volendo essere pignoli, proprio i soggetti più deboli (malati, bambini, anziani, disabili, vedove etc.) avevano un posto particolare per Gesù che spesso li eleggeva a modelli.

      Pensiamo ad un embrione. Quando diventa una persona? Quando aquista dignità? Che sia un essere umano spero non ci siano dubbi: essere vivente autonomo + DNA umano = essere umano. La scienza non riesce a stabilirlo (da qui i diversi orientamenti dei vari stati per il limite legale dell’aborto). In ogni caso andrebbe fissato un giorno, un ora, un attimo ben preciso.

      Questo si presta facilmente alla frammentazione che lei lamenta. Fissiamo come termine la formazione del sistema nervoso? Oppure il fatto di percepire sensazioni? Oppure quando inizia a battere il cuore? …sono tutte argomenti validi, come scegliere? Ogni scienziato, potrebbe definire “inizio di una persona” un momento qualsiasi dello sviluppo (c’è pure chi ha azzardato l’aborto post-nascita http://www.ilpost.it/2012/02/28/aborto-post-natale/ )

      La Chiesa, invece, propone una data certa: la fecondazione. Ossia quando, per la prima volta, un nuovo patrimonio genetico umano viene alla luce. Questo non pone dubbi e frammentazioni, non crede? Peraltro, vale anche un principio di prodenza… antipare anche di un solo giorno vorrebbe dire commettere un omicidio.

      Potrebbe replicare che la formazione della persona sia un processo continuo… giusto, natura non facit saltus… ma anche qui dobbiamo porre un limite: 50%?, 75%? 99%? Come stabilirlo? Come misurarlo? …avremmo ancor più frammentazione. In più, definire esseri umani di serie A e serie B può portare a facili aberrazioni. Gli scienziati del reicht non negavano che i disabili fossero essere umani, dicevano che erano meno degni di vivere. Lo stesso valeva per gli Ebrei e per le razze considerate inferiori.

      Gli stessi ragionamenti valgono anche per il fine-vita e per gli stati di sospensione della coscienza. Su che base decidiamo che una persona in coma sia meno degna di vivere? perché ha bisogno di cure speciali? perché non comunica? Poi ci sono perdite di coscienza immediate (ictus, traumi, etc.) ma altre progressive (es. Alzheimer), come fissare il limite? Anche qui, come di fatto avviene, si rischia una sterile frammentazione. Senza contare che, seppur rari, ci sono risvegli. Anche qui, sbagliare, vorrebbe voler dire commettere un omicidio.

      “Dal concepimento fino alla fine naturale non crea frammentazioni”, non è contrario né alla scienza né alla religione. Lo sa, secondo me, qual’è la verità? E’ che è dannatamente “scomodo”. E’ scomodo portare in grembo un figlio che non si è “voluto”, è scomodo assistere un malato per molti anni, è scomodo amare un figlio disabile… Ma non possiamo confondere ciò che è molto difficile con ciò che è giusto. Perché, se all’inizio l’aborto doveva essere riservato a gravi handicap, adesso basta una presunta depressione della madre… non le pare eccessivo?

      Noi siamo per la vita, senza se e senza ma! Ed anche questa è una posizione scomoda…

      • Antonio72 ha detto in risposta a Emanuele

        Emanuele, il problema è che appiccicare l’etichetta all’uomo, o a ciò che si considera umano, senza considerare il contesto relazionale e ambientale è un’operazione sbagliata, sia in un senso che in quell’altro. E questo che intendevo dire quando parlavo di etica in mille pezzetti perchè non ritengo che la rigidità di una legge positiva possa per definizione ricomporre l’etica che si fondava su valori comunemente accettati ieri, ma oggi rimessi in discussione. Per me infatti il pezzetto è rappresentato dal cuore dell’individuo, ovvero dalla sua libertà di autodeterminazione. E’ innegabile infatti che la laicità abbia portato ad una maggiore possibilità di autodeterminazione (così rispondo a Luigi). Ma l’autodeterminazione non basta quando viene isolata da un contesto culturale ben definito e solido, un po’ come il talento quando l’individuo è carente di una personalità adeguata. Mancando quei valori il tutto si riduce ad una morale individualistica, ed il cuore, non palpitando più in sincrono con un sentire comune di fatto scomparso, è costretto a cedere all’esercizio del solo intelletto (se siamo fortunati). E la Chiesa a chi parla: al cuore oppure all’intelletto? Secondo me all’ultimo, ed è questo il vero problema della Chiesa, cioè che non riesce più a parlare al cuore delle persone. E non solo la Chiesa, come ho già detto, anche la filosofia ha perso su tutta la linea, lasciando il campo libero alla sola conoscenza scientifica. Ha un bel dire il filosofo Mazzarella: ma dov’è la filosofia, quella vera che si occupa dell’esistenza, delle questioni di vita e di morte? Tornando alla Chiesa. Ma se la Chiesa si rivolge all’intelletto deve saper accettare anche la critica che proviene dall’intelletto, soprattutto quando gli argomenti investano la vita pratica delle persone e non si riducano a puro esercizio teoretico. E di critiche su quelle argomentazioni ne ho mosse diverse, e nessuna replica, almeno secondo me, è stata convincente. Per esempio nel caso dell’aborto ci si dimentica che, anche considerando la dignità umana dell’embrione, si ha sempre a che fare con un’altra dignità, quella della donna. Qualcuno crede veramente che si possa legiferare in modo da costringere qualsiasi donna a portare avanti una gravidanza indesiderata senza intaccarne la sua dignità? Per quanto riguarda il fine vita. Siccome nessuno può definire con certezza in cosa consista la dignità di una persona, nemmeno dunque stabilire un livello minimo accettabile di dignità, si possono avere tre alternative, almeno credo:
        1) La decide arbitrariamente lo Stato, la Chiesa, o qualsiasi altra autorità;
        2) La decide arbitrariamente l’individuo;
        3) La decide l’individuo entro i limiti stabiliti dallo Stato.
        A me la ragione dice che la 1) e la 2) sono inaccettabili, ed anzi possono produrre vere e proprie aberrazioni. Non vedo una ragionevole alternativa alla 3). Saluti e auguri di buone feste.

« nascondi i commenti