No, il Natale non è una festa pagana: ecco la verità storica

La verità dietro il Natale: un’antica festa cristiana, non pagana. La storia ha smentito che il 25 dicembre fosse la festa pagana del Sol Invictus. In questo dossier analizziamo tutte le testi avanzate sull’origine del Natale, citando storici e specialisti che si sono occupati del tema.

 
 

In molti ritengono che il 25 dicembre sia una data che i cristiani avrebbero usato per la nascita di Gesù di Nazareth allo scopo di contrastare o appropriarsi di qualche festa pagana, quella del Sol invictus, ad esempio.

Altri, invece, ritengono che la scelta del 25 dicembre sia indipendente da piani politico-ideologici di contrasto al paganesimo, ma si tratterebbe di una data convenzionale. Infine, c’è chi sostiene, basandosi in particolare sull’archeologia, che il 25 dicembre sia effettivamente la data storica della nascita di Gesù Cristo.

In questo dossier (continuamente aggiornato) misureremo argomenti a favore e contro di ognuna di questa tesi, dimostrando perché considerare il 25 dicembre la data storica di Gesù di Nazareth sia la posizione più ragionevole al netto della documentazione storica.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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1. LA DATA DEL NATALE HA ORIGINI PAGANE?

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Quando nasce la leggenda del “natale pagano”? Ironia della sorte, sorse nel XVII secolo da parte di alcuni teologi protestanti, i quali considerarono troppo “papiste” le festività come il Natale e la Pasqua, cercando di screditarle collegandole al paganesimo antico.

Come ha spiegato Spencer McDaniel, ricercatore e studente di Storia (agnostico) dell’Indiana University Bloomington, l’idea che il Natale potesse essere pagano apparve in particolare nel 1648 nell’opera Certain Queries Touching the Rise and Observation of Christmas del puritano Joseph Heming, seguito da molti altri autori.

La studiosa Marian T. Horvat riferisce che l’idea venne ripresa alla fine del XVII secolo da alcuni puritani e presbiteriani inglesi e scozzesi, oltre che da Paul Ernst Jablonski, un tedesco protestante.

Il loro intento, scrive William J. Tighe, docente di Storia al Muhlenberg College, era dimostrare che la celebrazione della nascita di Cristo fu una delle tante “paganizzazioni” del cristianesimo abbracciate dalla Chiesa cattolica del IV secolo.

Anche se le sue idee non avevano alcuna base storica, quest’idea divenne estremamente influente tra i protestanti, e non solo. Tra i più influenti a seguire queste tesi, vi fu Alexander Hislop (1807-1865), ministro della Chiesa Libera di Scozia, autore di un opuscolo intitolato The Two Babylons (1853), nel quale sostenne che il cattolicesimo romano non è altro che il paganesimo babilonese ribattezzato e che tutte le feste associate al cattolicesimo sarebbero in realtà antiche feste religiose babilonesi in onore degli dei pagani.

Secondo il pastore Hislop, inoltre, anche la Pasqua sarebbe stata pagana e avrebbe onorato la dea babilonese Ishtar.

 

1.1 Il 25 dicembre era la festa del Sol Invictus?

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Le tesi dei ministri protestanti dei secoli scorsi sono giunte fino a noi ed in molti oggi ritengono che il 25 dicembre sia in particolare una data appositamente scelta dalla chiesa primitiva per sostituire ed appropriarsi della festa pagana del Sol invictus. Tale culto fu introdotto a Roma dall’imperatore romano Eliogabalo (regnante dal 218 al 222 d.C.) e rimase a Roma per la restante parte della sua storia pagana.

Esiste tuttavia una sola fonte storica a sostegno della celebrazione del Sol Invictus nella data del 25 dicembre e risale a diversi decenni dopo la “legalizzazione” del cristianesimo da parte di Costantino. Si tratta della Cronografia (detta anche Calendario filocaliano), un testo cristiano databile nel 354 d.C. e redatto a Roma.

Il secondo problema è che l’autore del testo, oltre a ricordare che la nascita del Sol Invictus sarebbe stata celebrata il 25 dicembre, afferma che il 25 dicembre era anche la nascita di Gesù. Le due festività sono semplicemente elencate, l’una accanto all’altra. Stando a tale fonte, dunque, non c’è modo di sapere chi abbia per primo usato la data del 25 dicembre come festa propria: sono stati i cristiani a far calare la nascita di Cristo sulla festa del Sole Invitto, sono stati i pagani a tentare di contenere l’esplosione della nuova religione nell’Impero Romano, oppure le due date sono state scelte in modo indipendente?

Secondo diversi studiosi (H. Usener 1889, H. Lietzmann, FJ Dölger 1925 e Bernard Botte 1932), inclusa l’enciclopedia italiana Treccani, sarebbero stati cristiani ad “arrivare dopo”. Avrebbero identificato la nascita di Gesù il 25 dicembre per “cristianizzare” la festa pagana.

Lo sostenne il vescovo siriano Jacob Bar-Salibi alla fine del XII secolo, pur senza citare fonti, affermando che il Natale cristiano sarebbe stato spostato dal 6 gennaio al 25 dicembre, così da cadere sulla stessa data della festa pagana: «Era costume dei pagani celebrare al 25 dicembre la nascita del Sole, in onore del quale accendevano fuochi come segno di festività. Anche i Cristiani prendevano parte a queste solennità. Quando i dotti della Chiesa notarono che i Cristiani erano fin troppo legati a questa festività, decisero in concilio che la “vera” Natività doveva essere proclamata in quel giorno»1J. Bar-Salibi, Christianity and Paganism in the Fourth to Eighth Centuries, Ramsay MacMullen. Yale, 1997, p. 155.

Tale scritto risulta però essere in contrasto con il fatto che i primi cristiani venivano ridicolizzati e perseguitati proprio perché non partecipavano alle feste e alle celebrazioni pagane (furono definiti “atei” dai pagani perché adoravano un invisibile Dio).

Altri sostengono invece che fu l’Imperatore Costantino -cultore del Dio Sole prima di abbracciare la fede cristiana- a trasformare nel 330 d.C. la festa pagana del Sol Invictus del 25 dicembre in festa cristiana. Infatti, nei primi tre secoli del cristianesimo, non vi fu consenso sulla nascita di Cristo: per S. Cipriano era il 28 marzo; secondo Clemente Alessandrino il 20 maggio, il 10 gennaio o il 6 gennaio; per altri si sarebbe cominciato a festeggiare il Natale il 25 dicembre dopo il Concilio di Nicea (325), quando il cristianesimo si diffuse grazie alla libertà di culto promossa da Costantino.

Esistono numerose obiezioni alla tesi della “cristianizzazione” della festa del Sol Invictus. Innanzitutto, la prima citazione della celebrazione del Natale cristiano è antecedente alla prima fonte che attesta l’uso del 25 dicembre in ambito pagano. Risale a Ippolito di Roma (martirizzato nel 235 d.C.), quando nel suo Commentario su Daniele risalente al 203 d.C., scrive: «La prima venuta di nostro Signore, che nella carne, nella quale egli nacque a Betlemme, ebbe luogo otto giorni prima delle calende di gennaio», vale a dire otto giorni prima del 1° gennaio, cioè il 25 dicembre.

Dunque l’uso del 25 dicembre come data cristiana anticipa di ben 133 anni prima quella del Sol Invictus (336 d.C.). Occorre dire, tuttavia, che sull’autenticità del passo di Ippolito non c’è unanimità di consensi: per alcuni esegeti è un’interpolazione successiva (cfr. B. Altaner, O. Bardenhewer e F. X. Funk), altri invece lo ritengono autentico (cfr. W. Bauer, A. Harnack e M. Lefèvre).

Vi è un’altra possibile fonte antecedente al 354 d.C. (ossia all’unica fonte storica che indica la festa del Sol Invictus il 25 dicembre) che attesta la convinzione della comunità cristiana che Gesù Cristo fosse nato il 25 dicembre. Evodio d’Antiochia (morto nel 69 d.C., circa), in un’epistola riportata tardivamente da Niceforo Callisto nel 1320, riferisce della nascita di Cristo, «Luce di questo Mondo, il venticinquesimo giorno del mese di dicembre»2citato in N. Callisto, Storia ecclesiastica, II, 3.

Lo studioso Michele Loconsole, ha scritto inoltre che la Chiesa primitiva, soprattutto d’Oriente, aveva fissato la data di nascita di Gesù al 25 dicembre già nei primissimi anni successivi alla sua morte. Il dato è ricavato dallo studio della primitiva tradizione di matrice giudeo-cristiana -risultata fedelissima al vaglio degli storici contemporanei- e che ha avuto origine dalla primitiva Chiesa di Gerusalemme e di Palestina (in cui membri erano anche i familiari di Gesù).

A sua volta, Steven Hijmans, docente di Arte romana e archeologia presso l’University of Alberta, ha messo fortemente in dubbio la tesi che il Natale sia stato istituito il 25 dicembre per contrastare una popolare festa pagana:

«La rappresentazione della religione pagana come una potenziale minaccia al cristianesimo non è supportata da alcuna prova evidente. L’affermazione che il 25 dicembre era un festa particolarmente popolare per il Sol Invictus nella tarda antichità è altrettanto infondata […]. Non vi è alcuna prova che Aureliano istituì una celebrazione del Sol Invictus in quel giorno e che una celebrazione religiosa del Sol Invictus in quel giorno abbia preceduto la celebrazione del Natale»3S. Hijmans, Sol Invictus, the Winter Solstice, and the Origins of Christmas, Mouseion 2003, N° 47/3, p. 377-398.

In egual modo si è espresso Jean-Marie Salamito, docente di Storia dell’antichità cristiana all’Università Paris-Sorbonne:

«Il calendario delle feste cristiane non rappresenta un adattamento, una trasposizione o una variante del calendario pagano. Al contrario, si tratta di un calendario che possiede una propria logica. La data del Natale non costituisce il tentativo da parte cristiana di sostituire una festa pagana. Invece, l’idea del Natale proviene da speculazioni cristiane del III secolo d.C., specialmente da parte di Sesto Giulio Africano, sulle diverse date della storia santa, in particolare quella sulla data di nascita di Gesù. Quest’ultima è stata fissata sulla data di nascita di Giovanni Battista. Si tratta di calcoli cronologici complessi che hanno fornito al cristianesimo un calendario autonomo che non è l’imitazione di un qualsiasi calendario romano o pagano. Sono del parere che sia la nascita di Gesù che la data del Natale non abbiano nulla a che vedere con i culti pagani, tanto meno con il solstizio d’inverno […]. Il culto solare non era che un culto tra i tanti, inserito nel quadro di una religione caratterizzata da un accentuato pluralismo di culti e di tendenze filosofico-religiose».

Occorre sottolineare anche che prima del 354 d.C., durante il regno di Licinio, il culto al dio solare si celebrava il 19 dicembre, e non il 25. L’iscrizione che lo dimostra è stata citata da Allan S. Hoey4A.S. Hoey, Official Policy towards Oriental Cults in the Roman Army, American Philological Association 1939, n° 70, pp. 456-481, nota 128, ripresa anche da Michele Loconsole e citata dallo storico W.J. Tighe.

Michele R. Salzman, docente di Storia all’University of California e specialista in storia religiosa dell’età antica, ha precisato che la festa del Sol Invictus veniva celebrata anche in altre date dell’anno, le più frequenti tra il 19 e il 22 ottobre. Quella del 25 dicembre si sarebbe imposta soltanto dopo la metà del IV secolo d.C.5M.R. Salzman, New Evidence for the Dating of the Calendar at Santa Maria Maggiore in Rome, American Philological Association 1981, n° 111, pp. 215-227.

Un altro studioso che afferma la precocità dell’uso del 25 dicembre da parte dei cristiani piuttosto che in ambito pagano è Thomas J. Talley, il quale ho indicato che nel III secolo d.C. l’imperatore Aureliano (persecutore dei cristiani) inaugurò la festa del Sol Invictus cercando di dare nuova vita (una rinascita) ad un morente Impero Romano. E’ molto probabile, ha sostenuto Talley, che l’azione dell’imperatore fosse una risposta alla crescente popolarità della religione cattolica, che celebrava la nascita di Cristo il 25 dicembre, e non il contrario6T.J. Talley, The Origins of the Liturgical Year, Liturgical Press 1991, p. 88-91.

A Petovio (l’attuale Ptuj, in Slovenia), è stata recuperata la testimonianza di Vittorino che, verso la fine del III secolo, afferma: «Abbiamo trovato, tra le carte di Alessandro, che fu Vescovo a Gerusalemme, ciò che egli trascrisse di suo pugno da documenti apostolici: l’ottavo giorno delle calende di gennaio, ossia il 25 dicembre, è nato Nostro Signore Gesù Cristo, sotto il consolato di Sulpicio e Camerino […]». Alessandro morì nel 251 d.C., cento anni prima, dunque, dell’unica fonte che attesta la festa del Sol Invictus al 25 dicembre.

Si può inoltre considerare che fino all’Editto di Milano (313 d.C.), i cristiani erano fortemente perseguitati e si rifugiavano frequentemente nelle catacombe: anche se avessero festeggiato il Natale al 25 dicembre, non lo avrebbero certo celebrato pubblicamente.

Si consideri anche quando scrisse Agostino di Ippona nel 400 d.C. sui donatisti (un gruppo cristiano di dissidenti), i quali festeggiavano il Natale il 25 dicembre, rifiutandosi però di celebrare l’Epifania il 6 gennaio, considerandola come una novità. Dal momento che essi emersero solo durante la persecuzione di Diocleziano nel 312 d.C, per poi rimanere ostinatamente attaccati alle pratiche di quel momento, risulta anch’essa una tesi a favore della originalità cristiana. Come già detto, infatti, la prima data certa che attesta al 25 dicembre la festa pagana del Sol Invictus è datata al 336 d.C.

Il ricercatore Spencer McDaniel ha concluso il suo studio sostenendo che entrambe le festività siano cadute il 25 dicembre, per coincidenza:

«Ecco ciò che probabilmente è accadde: i cristiani iniziarono a celebrare il Natale il 25 dicembre perché avevano già creduto che l’Annunciazione a Maria fosse avvenuta il 25 marzo, ed il 25 dicembre si colloca esattamente nove mesi dopo. Nel frattempo arrivò il culto del Sol Invictus e fu adottato il 25 dicembre come compleanno di tale divinità perché considerato il solstizio d’inverno. Ecco dunque che le date del Natale e del Sol Invictus sono le stesse semplicemente per coincidenza».

Al contrario, William J. Tighe, docente di Storia presso il Muhlenberg College di Allentown (Pennsylvania), sostiene che furono i pagani ad appropriarsi della festività cristiana:

«La scelta del 25 dicembre è il risultato di tentativi tra i primi cristiani di capire la data di nascita di Gesù in base a calcoli calendariali, che non avevano niente a che fare con le feste pagane. Piuttosto, la festa pagana della “Nascita del Sole Invitto”, istituita dall’imperatore romano Aureliano il 25 dicembre 274, fu quasi certamente un tentativo di creare una valida alternativa pagana a una data che era già di una certa importanza per i cristiani romani».

Che sia stata scelta in maniera indipendente (o per coincidenza) o che siano stati i pagani a “copiare” i cristiani, tutti questi studiosi concordano che i cristiani indicarono il 25 dicembre per primi, basandosi su calcoli di calendario e senza curarsi delle festività pagane.

 

1.2 Il 25 dicembre indicava la nascita del dio Mitra?

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I sostenitori del mito di Gesù (miticisti), sostengono notoriamente un’altra tesi: non solo la data di nascita, ma l’esistenza di Gesù di Nazareth sarebbe inventata e plasmata sulle gesta di varie divinità pagane, come Dioniso e Mitra.

Oltre ad essere nate il 25 dicembre, queste divinità nacquero da una vergine, compirono miracoli, ebbero 12 apostoli, morirono in croce e risorsero il terzo giorno.

Niente di ciò, ovviamente, è vero e non stupisce che nessun miticista è uno storico serio. La comunità scientifica respinge totalmente questi presunti parallelismi. D’altra parte, rispetto a Mitra, l’iconografia romana rappresentata dalla petra genetrix lo fa nascere già fanciullo da una roccia.

Bar D. Ehrman, autorevole studioso di Nuovo Testamento e direttore del dipartimento di Studi religiosi dell’Università del North Carolina, ha smentito tutte le tesi miticiste, scrivendo:

«Non ci sono prove, è un’invenzione. Gli studiosi dei misteri mitraici non hanno difficoltà ad ammettere che, come per la maggior parte delle religioni misteriche, non sappiamo molto del mitraismo. I mitraisti non hanno lasciato libri per spiegare quali fossero i loro riti e le loro credenze. Quasi tutte le testimonianze in nostro possesso sono prove archeologiche, dal momento che sono stati scoperti molti templi sacri al culto (chiamati mitrei) e una statua che raffigura l’uccisione di un toro […]. Non abbiamo testi mitraici, e tanto meno testimonianze secondo cui il dio Mitra sarebbe nato da una vergine il 25 dicembre e sarebbe morto per espiare i peccati, per poi risorgere di domenica. Religioni quali il mitraismo sono definite culti misterici dagli studiosi perché i seguaci erano vincolati da un voto di segretezza e non rivelarono mai né i misteri del loro culto, né i loro riti o il loro credo»7B.D. Ehrman, Did Jesus Exist?, HarperCollins Publisher 2012, p. 217.

Per approfondire consigliamo le più importanti opere storiche moderne sul mitraismo, scritte da Roger Beck8R. Beck, The religion of the Mithras Cult in the Roman Empire: Mysteries of the Unconcquered Sun, Oxford University Press 2007 e Hugh Bowden9H. Bowden, Mystery Cults of the Ancient World, Princeton University Press 2010, docente di Storia antica al King’s College London.

 

1.3 Il 25 dicembre risale alle feste saturnali?

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Un’altra tesi è che il Natale cristiano non derivi né dal Sol Invictus, né dalla divinità Mitra, bensì dalle feste “Saturnali” dedicate all’insediamento nel tempio del dio Saturno.

Eppure non esistono fonti che indicano tali festività al 25 dicembre. Piuttosto, l’Enciclopedia Britannica indica che furono celebrate originariamente il 17 dicembre e solo successivamente estese dai 3 ai 7 giorni successivi.

Di questo si è occupato approfonditamente Spencer McDaniel, ricercatore e studente di Storia all’Indiana University Bloomington, il quale dopo una dotta ricostruzione storica ha concluso:

«Al il 25 dicembre, i Saturnali erano sicuramente già finiti. Nessuno nell’antichità pensava che si celebrassero il 25 dicembre […]. Molti hanno provato a sostenere che i cristiani abbiano scelto la data del 25 dicembre perché stavano cercando di creare un’alternativa cristiana ai Saturnali, ma questo è improbabile. Se avessero cercato di farlo, molto probabilmente avrebbero messo il Natale nel giorno esatto dei Saturnali in modo che le persone non potessero celebrare entrambe le festività. Invece, non lo fecero e, infatti, la gente continuò a celebrare i Saturnali insieme al Natale molto tempo dopo la conversione dell’Impero Romano al cristianesimo».

 

Lo studioso americano ha anche osservato che i Saturnali non avevano nemmeno nulla di simile al Natale cristiano.

«Era un’atmosfera carnevalesca per molti versi più simile ad una moderna celebrazione del Martedì grasso o del Pesce d’aprile», ha osservato lo studioso. «Era un periodo turbolento ed indisciplinato in cui tutto ciò che normalmente era illegale o socialmente inaccettabile diventava normale». Si indossavano abiti colorati, si giocava d’azzardo, alcolici in gran quantit ed addirittura gli schiavi erano autorizzati a criticare i loro padroni (come raccontato da Quinto Orazio Flacco nelle sue Satire, 2.7).

L’uso di indossare abiti sgargianti e colorati durante la festa dei Saturnali è testimoniato, ad esempio, da Lucio Anneo Seneca (vissuto tra il 4 a.C. e il 65 d.C. circa): «È il mese di dicembre, eppure la città in questo preciso momento sta sudando. Viene data licenza alla baldoria generale. Tutto risuona di potenti preparativi, — come se i Saturnalia differissero in qualche modo dalla solita giornata lavorativa-! […] Come è ora, noi romani abbiamo cambiato il nostro vestito per amore del piacere e della vacanza»10L.A. Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, 18.1–2.

Lo scrittore siriano Luciano di Samosata (vissuto tra il 120 e il 180 d.C.) scrisse un dialogo intitolato Saturnalia, in cui ritrasse il dio Kronos (cioè l’equivalente greco di Saturno) mentre descriveva tale festa: «Durante la mia settimana, la serietà è bandita; non è consentito fare affari. Bere e ubriacarsi, rumore e giochi e dadi, nomina dei re e banchetti degli schiavi, cantare nudi, applaudire con mani tremanti, immergere la faccia in acqua gelida: queste sono le funzioni su cui presiedo».

Durante questa festività pagana si giocava anche al Saturnalicius princeps: chi veniva scelto a sorte diventava “imperatore” della festa e dava ordini divertenti agli invitati. In Inghilterra il gioco divenne noto come Lord of Misrule.

Questo gioco era chiaramente concepito per deridere l’imperatore romano e il suo potere autocratico. Tuttavia, gli imperatori lo tolleravano perché durante le Saturnalia le regole normali non si applicavano e, durante questo breve periodo, era consentito deridere l’imperatore, purché entro certi limiti. Lo svolgimento del gioco è descritto da Arriano di Nicomedia (vissuto intorno all’86 – 160 d.C.) riportando le parole del suo maestro, il filosofo Epitteto11Arianno, Discourses of Epictetus, 1.25.8.

Lo storico romano Publio Cornelio Tacito scrive nelle sue Annales che all’imperatore Nerone, in giovane età, capitò di essere sorteggiato come Saturnalicius princeps e ne approfittò per umiliare il timido fratellastro Britannico ordinandogli di cantare di fronte a tutti gli altri partecipanti12P.C. Tacito, Annales, 13.15.

Spencer McDaniel ha infine smentito qualunque derivazione pagana delle varie simbologie tipiche del Natale cristiano, come l’utilizzo delle candele durante l’Avvento, i canti e la decorazione delle abitazioni e addobbare l’albero di Natale. «I regali di Natale, gli alberi di Natale, le ghirlande dell’Avvento con candele e decorazioni di vischio sono tutti attestati per la prima volta troppo recentemente per tornare effettivamente all’antichità precristiana», ha concluso.

L’unico aspetto dei Saturnali apparentemente simile al Natale moderno è l’uso di scambiarsi piccoli doni, che allora erano spesso scherzosi e spiritosi, accompagnati da brevi versi. Il poeta romano Catullo (vissuto tra l’84 e il 54 a.C.) raccontò ad esempio del regalo ricevuto dall’amico Calvus, una raccolta di poesie del «peggiore di tutti i poeti» per torturarlo affinché potesse morire «durante le Saturnalia, il miglior dei giorni».

Lo storico romano Gaio Svetonio Tranquillo (vissuto tra il 69 – 122 d.C.) ricorda che l’imperatore Augusto amava scherzare durante le Saturnalia regalando oggetti come «stoffe ruvide, spugne, paletti e pinze, e altre cose simili con nomi ambigui a doppio significato».

E’ evidente che questo periodo festivo assomiglia più al Carnevale moderno che al Natale. L’usanza romana del dono, tuttavia, sembra essersi completamente estinta nella tarda antichità poiché non è affatto attestata per tutto il Medioevo.

A partire dal IX secolo d.C. circa, San Nicola fu associato alla carità e all’offerta di doni. Intorno al XV secolo d.C., alcuni genitori in alcune parti dell’Europa occidentale iniziarono a fare regali ai propri figli per la festa di San Nicola (6 dicembre). Con il trascorrere dei secoli in alcuni Paesi lo scambio di doni si spostò alla notte di Natale in nome del Cristo bambino. Come giustamente spiegato da Spenser, infatti, si tratta di una tradizione recente, nata solo negli ultimi duecento anni.

Se nel XIII secolo d.C. viene attestata per la prima volta l’usanza di fare atti di carità nel giorno di Natale, la tradizione dello scambio di doni nel nome di San Nicola il 6 dicembre ha avuto origine in Europa occidentale attorno al XV secolo. A seguito di circostanze derivanti dalla Riforma protestante nel XVI secolo, San Nicola verrà poi associato al Natale ed infine verrà scalzato dalla figura di Babbo Natale nel XIX secolo.

I Saturnali alla fine persero popolarità intorno all’inizio del VI secolo d.C.

 

1.3 Un’origine pagana del Natale sarebbe imbarazzante per i cristiani?

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Nonostante l’evidenza storica indichi l’originalità della data cristiana rispetto alle feste pagane del Sol Invictus e dei Saturnali, nonché alla nascita della divinità Mitra, ammettiamo per un attimo che sia stata realmente un’usurpazione culturale da parte della Chiesa cristiana.

Sarebbe imbarazzante per un cristiano?

In realtà, no. Non sarebbe imbarazzante, né direbbe nulla di utile sulla storicità dei racconti cristiani.

Come spiegato dall’Enciclopedia Treccani, in qualunque incontro tra culture diverse sono comuni fenomeni di assimilazione e sostituzione: il cristianesimo primitivo avrebbe potuto cogliere il significato simbolico delle feste pagane e averlo trasferito in Cristo, così come ha di fatto valorizzato diversi elementi della cultura greco romana (pensiamo ai termini “tempio”, “sacerdote”, “pontefice”, l’aureola, i concetti di sostanza, logos, anima o i numerosi templi pagani dell’impero non distrutti ma convertiti al culto cristiano).

L’inculturazione della fede è un fenomeno normale, comune e legittimo della vita della Chiesa, si tratta della trasformazione, dell’integrazione e del potenziamento dei valori che si incontrano nelle civiltà in cui si innesta il cristianesimo. Esse non vengono cancellate (come fecero invece, ad esempio, i sovietici nei confronti del cristianesimo), ma valorizzate attraverso una spiritualità nuova.

L’importante, teologicamente parlando, è che questa inculturazione non abbandoni i dogmi cristiani o introduca credenze pagane, generando una nuova religione sincretistica. Questo, ovviamente, non fu il caso della natalità di Cristo, la cui esistenza storica rimane unica, irripetibile e radicale.

Elementi di inculturazione cristiana sono molto noti, ad esempio, nel cristianesimo ortodosso: in Egitto ancora oggi si utilizza l’ankh egiziano (o crux ansata) come simbolo religioso. Non perché i cristiani l’abbiano “rubato”, piuttosto perché i nativi egiziani che si convertirono al cristianesimo nella tarda antichità adattarono un amato simbolo religioso tradizionale per adattarlo al nuovo contesto religioso in cui vivevano.

A conferma della legittimità della Chiesa dell’inculturazione del paganesimo, troviamo tra i sostenitori di tale tesi addirittura Benedetto XVI! Ratzinger sostenne infatti l’ipotesi dell’inculturazione cristiana del 25 dicembre come festività originariamente pagana, dimostrando che riconoscere ciò non comporta affatto nessun imbarazzo per i cristiani.

Nel 2006, Benedetto XVI ha scritto:

«Il mondo in cui sorse la festa di natale era dominato da un sentimento che è molto simile al nostro […]. Il 25 dicembre, al centro com’è dei giorni del solstizio invernale  doveva essere commemorato come il giorno natale, ricorrente ogni anno, della luce che si rigenera in tutti i tramonti […] Quest’epoca, nella quale alcuni imperatori romani avevano cercato di dare ai loro sudditi in mezzo all’inarrestabile caduta delle antiche divinità, una fede nuova con il culto del sole invitto, coincide col tempo in cui la fede cristiana tese la sua mano all’uomo greco-romano. Essa trovò nel culto del sole uno dei suoi nemici più pericolosi. Tale segno, infatti, era posto troppo palesemente davanti agli occhi degli uomini, in maniera molto più palese e allettante del segno della croce, col quale procedevano gli araldi cristiani. Ciononostante, la fede e la luce invisibile di questi ultimi ebbero il sopravvento sul messaggio visibile, col quale l’antico paganesimo aveva cercato di affermarsi. Molto presto i cristiani rivendicarono per loro il 25 dicembre il giorno natale della luce invitta, e lo celebrarono come natale di Cristo, come giorno in cui essi avevano trovato la vera luce del mondo. Essi dissero ai pagani: il sole è buono e noi ci rallegriamo non meno di voi per la sua continua vittoria, ma il sole non possiede alcuna forza da se stesso. Può esistere e aver forza solo perché Dio lo ha creato. Esso ci parla quindi della vera lu­ce, di Dio. E il vero Dio che si deve celebrare, la sorgente originaria di ogni luce, non la sua opera, che non avrebbe alcuna for­za da sola»13J. Ratzinger, Chi ci aiuta a vivere? Su Dio e l’uomo, Queriniana 2006, p. 97-103.

Papa Ratzinger ha quindi interpretato “l’appropriazione” del 25 dicembre come una “mano tesa” all’uomo pagano, comunicando ad esso che «il solstizio invernale della storia si è irrevocabilmente verificato con la nascita del bambino di Betlemme».

Occorre, tuttavia, precisare che come abbiamo visto, le prove storiche non avvalorano questa tesi, piuttosto propendono sull’identificazione della data di Cristo al 25 dicembre in maniera indipendente e, addirittura, precedente alle stesse festività pagane.


 

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2. LA DATA DEL NATALE HA UN’ORIGINE SIMBOLICA?

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Diversi altri studiosi hanno avanzato una tesi totalmente diversa rispetto a quelle precedentemente esposte.

Pur appoggiando l’idea che la data del 25 dicembre sia stata scelta tramite criteri indipendenti e non necessariamente legati alle feste pagane (anche se sovrapponibili, per coincidenza), ritengono che non sarebbe comunque la data storica di nascita di Gesù di Nazareth, piuttosto una data convenzionale o simbolica.

 

2.1 Ipotesi del calcolo (o teoria computazionale).

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La cosiddetta “ipotesi del calcolo” o “teoria computazionale” è stata suggerita da Louis Duchesne (1889), Hieronymus Engberding (1949) e ripresa più recentemente da Thomas Talley (1991).

Questa teoria si basa sulla tradizione secondo la quale i patriarchi ebrei siano morti nella data del loro compleanno (usando un numero intero di anni, le frazioni erano ritenute imperfezioni). Così, essendo il Cristo un essere perfetto, il giorno della morte sarebbe dovuto coincidere con quello del concepimento, rendendo perfetto il ciclo delle feste.

Così, nel 207 d.C. Tertulliano identificò come data di morte di Gesù il 25 marzo (8° giorno alle calende d’Aprile) dell’anno 2914Tertulliano, Contro i Giudei, 8,18, una scelta certamente simbolica, legata all’equinozio di primavera del calendario romano (il giorno perfetto, dove la notte ed il giorno si equilibrano) ed alla ipotetica creazione del mondo secondo la tradizione ebraica. Assumendo tale data, anche il concepimento di Gesù sarebbe avvenuto il 25 marzo, dunque nove mesi prima della nascita, arrivando così al 25 dicembre.

S. Agostino è testimone della tradizione secondo cui Cristo fu concepito e morì il 25 marzo: Octavo enim Kalendas apriles conceptus creditur quo et passus»15Agostino, De Trinitate IV, 5; De diversis quaestionibus, 56. Lo stesso affermò nel 221 d.C. Sesto Giulia Africano, che indicò nel suo Chronographiai la morte ed il concepimento di Cristo al 25 marzo.

Una variante della stessa tesi è basata sull’astronomia: si riteneva che la creazione del mondo fosse avvenuta all’equinozio di primavera, indicato allora nel 25 di marzo (non al 21). Ragionando secondo questa idea, si riteneva che anche la seconda creazione, ossia il concepimento di Cristo sarebbe avvenuto il 25 di marzo. Ne derivava di conseguenza che la nascita del Salvatore andava assegnata al 25 dicembre, nove mesi dopo la sua concezione.

 

2.1 Ipotesi di Cristo-Luce del mondo.

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Un’altra ipotesi si basa sia su basi astronomiche che bibliche. Considerando che verso il 25 dicembre il sole riprende la sua ascesa dopo il solstizio invernale, gli antichi sarebbero stati indotti a collegarvi il sorgere del Sole di giustizia, cioè Cristo.

I cristiani avrebbero così interpretato il radicato simbolismo solare presente nelle Scritture come profezia dell’incarnazione di Dio in Gesù Cristo, scegliendo quindi la data del 25 dicembre (solstizio d’inverno). Il profeta Malachia, ad esempio, fa dire a Dio: «La mia giustizia sorgerà come un sole e i suoi raggi porteranno la guarigione…il giorno in cui io manifesterò la mia potenza, voi schiaccerete i malvagi» (Libro di Malachia, 3, 20-21). Questa analogia tra la manifestazione di Dio e il sorgere del sole risale al Libro di Isaia (Is 30, 26 e Is 62, 1) ed è ripreso anche nel Libro della Sapienza (Sap 5, 6).

Sarà lo stesso Gesù ad applicare a se stesso le parole di Isaia (Mt, 4, 16), e anche l’evangelista Giovanni riporta le sue parole: «Io sono la luce del mondo. Chi crede in me non cammina nelle tenebre» (Gv, 8, 12). Questa interpretazione è implicita già nel primo capitolo del vangelo di Luca (Lc 1,79-79), in cui Zaccaria profetizza: «Grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge, per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace» (Lc, 1,79 s.). Nel capitolo successivo Gesù è infatti presentato come «luce per illuminare le nazioni» (Lc 2,32).

Il simbolismo teologico “Cristo-Luce del mondo” trova molta corrispondenza nel vangelo di Giovanni (Gv 1, 4-9) e nelle lettere di San Paolo (ad es. Ef 5,14). Anche nel Libro dell’Apocalisse Cristo appare a Giovanni: «Il suo volto era come il sole quando splende con tutta la sua forza» (1, 16). Infine, anche Sant’Ambrogio (339-397 d.C.), connetterà il solstizio d’inverno e la nascita di Gesù pur senza alludere ad alcuna sostituzione della festa pagana, ma riconoscendo in essa un segno provvidenziale.

Questa è la tesi sostenuta anche da Steven Hijmans, docente di Arte romana e archeologia presso l’University of Alberta, secondo il quale i cristiani guardavano con attenzione al solstizio d’inverno e alla considerazioni cosmiche: «E’ stato il simbolismo cosmico che ha ispirato la leadership della Chiesa di Roma ad eleggere il solstizio d’inverno (il 25 dicembre) come il compleanno di Cristo, ed il solstizio d’estate, quello di Giovanni Battista. Mentre erano a conoscenza che i pagani chiamavano questo giorno come il “compleanno” del Sol Invictus, questo tuttavia non giocò alcun ruolo nella scelta della data per il Natale»16S. Hijmans, Sol Invictus, the Winter Solstice, and the Origins of Christmas, Mouseion 2003, N° 47/3, p. 377-398.

Una conferma di questo arriverebbe anche dall’arte: i primi cristiani avvertivano la necessità di manifestare la loro fede anche attraverso le arti figurative, componendo diversi affreschi e mosaici che paragonano Cristo al sole. Un esempio si trova nella necropoli vaticana, dove nel mosaico del soffitto del mausoleo M, composto tra il 150-180 d.C., rappresenta la raffigurazione di Cristo-Sole che ascende al cielo.

Secondo queste tesi, dunque, la scelta del 25 dicembre venne identificata dai cristiani come data della nascita di Gesù in modo totalmente autonomo e indifferente dal fatto che la stessa data (o periodo di tempo) fosse usata da alcune feste pagane. Le due feste potrebbero essere sorte pressoché contemporaneamente, senza alcuna intenzione di mutua incidenza. Da parte dei cristiani, la scelta può essere caduta sul 25 dicembre per ragioni di calcolo matematico (partendo dalla data del concepimento) oppure per motivi simbolici, associando il solstizio d’inverno con l’abbinamento biblico del Cristo-Luce che sorge.


 

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3. IL 25 DICEMBRE E’ LA DATA STORICA DI NASCITA DI GESU’?

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Nonostante vi siano prove convincenti sull’origine convenzionale-simbolica del 25 dicembre come data della nascita di Gesù di Nazareth, non mancano argomentazioni (forse ancor più convincenti) a favore della data storicamente esatta di tale evento.

E’ soprattutto l’archeologia a dare un contributo decisivo, in particolare con il ritrovamento dei rotoli di Qumran, in particolare al Calendario di Qumran ed al ritrovamento del Libro dei Giubilei (II secolo a.C.).

Nel 1953, la specialista francese Annie Jaubert ha scoperto dai numerosi frammenti del calendario del Libro dei Giubilei che fu composto dagli esseni e che lo avrebbero usato almeno fino al I secolo d.C.17A. Jaubert, Le calendrier des Jubilées et de la secte de Qumran. Ses origines bibliques, in Vetus Testamentum, Suppl. 3, 1953, pp. 250-264.

Nel 1958, lo studioso ebreo Shemarjahu Talmon, docente presso l’Università di Gerusalemme, ha ricostruito le turnazioni sacerdotali degli ebrei e, applicandole al calendario gregoriano, ha scoperto che la classe sacerdotale del turno di Abia svolgeva le sue funzioni due volte l’anno, una di esse corrispondeva all’ultima decade di settembre18S. Talmon, The Calendar Reckoning of the Sect from the Judean Desert. Aspects of the Dead Sea Scrolls, in Scripta Hierosolym itana, vol. IV, Jerusalem 1958, pp. 162-199.

Perché tutto questo sarebbe rilevante? Perché l’evangelista Luca riferisce nel suo testo che l’arcangelo Gabriele avrebbe annunciato a Zaccaria la nascita del figlio, Giovanni Battista, mentre egli stava svolgendo le sue funzioni sacerdotali davanti a Dio nel tempio, proprio nel turno di Abia (Lc 1,62). Da ciò risulta attendibile che Giovanni Battista sia nato il 24 giugno, esattamente nove mesi dopo l’annuncio di Gabriele a Zaccaria, avvenuto nell’ultima decade di settembre (tra il 23 ed il 25) nel turno sacerdotale di Abia.

Se, dunque, risulta storicamente attendibile la data di nascita di Giovanni Battista (24 giugno), ne consegue anche il fondamento storico dell’annunciazione a Maria da parte dell’arcangelo Gabriele del concepimento di Gesù, come riferito sempre dall’evangelista Luca: «Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio» (Lc 1, 26-37). Sei mesi dopo il 23-25 settembre, giorno del concepimento di Giovanni Battista, si arriva al 25 marzo dell’anno successivo.

Coincidenza vuole, la tradizione ha sempre indicato nel 25 marzo il giorno del concepimento di Gesù, come testimoniato nel 221 d.C. (circa) dallo scrittore romano Sesto Giulio Africano in Chronographiai. Ciò implica che Gesù nacque nove mesi dopo, dunque il 25 dicembre.

Infine, occorre ricordare che l’attendibilità storica dell’evangelista Luca è ampiamente accertata nel mondo accademico. Se l’archeologo William M. Ramsay esclamò: «Luca è uno storico con i fiocchi!»19W.M. Ramsay, The Bearing of Recent Discovery on the Trustworthiness of the New Testament, Forgotten Books 2018, p. 222, L.T. Johnson, docente di Cristianesimo antico alla Candler School of Theology, riferisce che «Luca, secondo gli standard della storiografia ellenistica, è preciso in ciò che afferma»20L.T. Johnson, The Gospel of Luke: Sacra Pagina, Michael Glazier 2006, p. 406. Nel suo monumentale studio, Craig Keener, professore di Nuovo Testamento all’Asbury Theological Seminary, ha concluso che Luca fu un compagno di viaggio di Paolo e dunque entrò in contatto diretto con la prima predicazione apostolica (Paolo dopo la conversione si stabilì per due volte a Gerusalemme a stretto contatto con i primi apostoli di Gesù)21C. Keener, Acts an Exegetical Commentary, Baker Academic 2012.

Cerchiamo di ricapitolare il tutto per rendere più comprensibile il ragionamento originato dalle scoperte archeologiche di Qumran:

23-25 settembre = annuncio della nascita di Giovanni Battista a Zaccaria (Lc 1,62 riferisce che avvenne durante il turno sacerdotale di Abia che, secondo l’archeologia, avveniva nell’ultima decade di settembre, dal 23 al 25 settembre);
23-25 marzo = annuncio della nascita di Gesù a Maria di Nazareth (Lc 1, 26-37 riferisce che in quel momento la madre di Giovanni Battista era al “sesto mese” di gravidanza, quindi 23-25 settembre + 6 mesi);
23-25 giugno = nascita di Giovanni Battista (indicata dal calcolo matematico: 23-25 settembre + 9 mesi; ed indicata al 24 giugno dalla tradizione cristiana in maniera indipendente);
23-25 dicembre = nascita di Gesù di Nazareth (indicata dal calcolo matematico: 23-25 marzo + 9 mesi; ed indicata al 25 dicembre dalla tradizione cristiana in maniera indipendente);

Il biblista italiano Tommaso Federici, professore ordinario presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma, ha ricostruito a suo modo tutto questo, concludendo: «E’ una data storica la nascita del Signore al 25 dicembre, ossia 15 mesi dopo l’annuncio a Zaccaria, nove mesi dopo l’annunciazione alla Madre sempre vergine, sei mesi dopo la nascita di Giovanni il Battista».

Questa ricostruzione, nata dalle scoperte archeologiche di Qumran, ha convinto anche lo studioso e scrittore Vittorio Messori, che pur inizialmente aderiva all’ipotesi della scelta arbitraria da parte cristiana per contrastare la festa pagana.


 

L’obiezione dei pastori.
Una postilla finale: contro la nascita di Gesù il 25 dicembre viene citato a volte il fatto che in Palestina i pastori, non più tardi del 15 ottobre, riportano il loro gregge al riparo per proteggerlo dal freddo, dalla pioggia e dalla neve. Nei vangeli, invece, si legge che la notte in cui ebbero l’annuncio della nascita di Cristo, stavano facendo la guardia al gregge, all’aperto (Luca 2,8).

A questa obiezione ha risposto Michele Loconsole, dottore in Sacra Teologia Ecumenica, il quale ha osservato che i giudei distinguono tre tipi di greggi: uno composto da sole pecore dalla lana bianca, uno formato da pecore la cui lana è in parte bianca, in parte nera ed infine quello formato da pecore la cui lana è nera. Questi ultimi, ritenuti animali impuri, non possono entrare né in città né nell’ovile, neppure dopo il tramonto, quindi costretti a permanere all’aperto con i loro pastori sempre, giorno e notte, inverno e estate. Il testo evangelico riferisce che i pastori facevano turni di guardia, dandosi il cambio. Ciò appare comprensibile solo se la notte è lunga e fredda, proprio come quelle d’inverno.

Lo scrittore americano John Stormer, inoltre, ha riportato che i pastori solitamente trascorrono la notte nei campi con il loro gregge quando gli agnelli sono nati da poco. Considerando che le pecore diventano attraenti per i montoni dopo il 21 giugno ed il periodo di gestazione normale è di cinque mesi, i nuovi agnelli nascono all’incirca verso la metà dicembre22J. Stormer, Evidence December 25 is the right day, www.geneveith.com, 24/12/2007.


 

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4. CONCLUSIONE

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Abbiamo dunque valutato tre tesi dibattute sull’origine del 25 dicembre come data di nascita di Gesù di Nazareth.

Secondo la vulgata corrente (a cui ha aderito anche Benedetto XVI), si sarebbe verificata una inculturazione (o “cristianizzazione”) di una festa pagana. Vi sono alcune motivazioni per sostenerlo ma abbiamo elencato altrettante valide obiezioni di cui non si può non tenere conto.

E’ infatti altrettanto probabile che siano stati i romani a “paganizzare” una festa cristiana, anche perché l’unica fonte storica attestante l’usanza di celebrare il Sol Invictus nel periodo attorno al 25 dicembre risale al IV secolo d.C. (la Cronografia del 354 d.C.), mentre la prima fonte storica ad indicare il 25 dicembre come festività cristiana risale al III secolo d.C. (il Commentario di Ippolito di Roma del 203 d.C.). Stando alla datazione delle fonti, i cristiani “arrivarono” ad usare il 25 dicembre un secolo e mezzo prima.

Vi sono studiosi che indicano una terza variante: le due feste sarebbero state scelte dai cristiani e dai pagani in maniera indipendente gli uni dagli altri, i pagani per decisione di Aureliano ed i cristiani in modo simbolico basandosi su riflessioni biblico-astronomiche.

Le scoperte archeologiche della metà del XX secolo hanno però riabilitato l’ipotesi della datazione storica della nascita di Gesù, da una parte innescando una serie di calcoli matematici che, coadiuvati dal vangelo di Luca, conducono esattamente al 25 dicembre.

Dall’altra, l’archeologia ha avvalorato tutte le date stabilite indipendentemente dalla tradizione cristiana, che vanno perfettamente a collimare con le scoperte di Qumran: l’annuncio di Gabriele a Zaccaria della nascita di Giovanni Battista (23 settembre), la nascita di Giovanni Battista avvenuta nove mesi dopo (24 giugno), l’annuncio dell’arcangelo Gabriele a Maria avvenuto sei mesi dopo (25 marzo) ed, infine, la nascita di Gesù nove mesi più tardi (25 dicembre).

Al momento non c’è una tesi definitiva stabilita dalla storiografia anche se, a nostro avviso, la tesi della storicità della data di nascita vanta più stabilità facendo coincidere l’archeologia, i vangeli e la tradizione secolare della chiesa.

In ogni caso, se dovesse convincere maggiormente l’ipotesi della “cristianizzazione” di una festa pagana, va ribadito -come già detto- che non vi sarebbe nulla di imbarazzante. L’inculturazione manifesta quell’attitudine della chiesa primitiva a guardare con attenzione al mondo nel quale viveva colui al quale si annunciava il vangelo, per coglierne quegli aspetti che potessero aiutarlo a comprendere la novità portata da Cristo, secondo l’insegnamento paolino: “Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono” (1Ts 5,21-22).

Se si vuole aderire a questa tesi, si può osservare che la Chiesa di Roma, lungi dal distruggere il passato (come fecero, al contrario, illuministi e sovietici), potrebbe aver deciso di celebrare la festa del Natale del Signore, vera luce del mondo, proprio nel giorno in cui l’uomo pagano si rivolgeva, ormai incredulo, al Sol invictus, chiedendogli benedizione e salvezza. Nessuno può rinfacciare nulla, lo conferma il fatto che lo stesso Benedetto XVI ha aderito pubblicamente a questa interpretazione la quale secondo molti dovrebbe invece “mettere in scacco” i cristiani.

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