La psicoanalista Françoise Dolto e il Vangelo: «qualcosa di divino»

 Non è bastata la profonda spiritualità di Carl Gustav Jung per creare un’inimicizia tra psicologia e religione, la causa di tutto è sicuramente il pensiero di Sigmund Freud, il quale ha rinnegato la fede in Dio liquidando tutto come una proiezione della figura del padre.

Questa incomprensione è durata parecchio, oggi fortunatamente è ampiamente superata. Risulta comunque interessante l’intervista finora inedita in Italia, pubblicata da Avvenire, a Françoise Dolto, psicoanalista e figura emblematica in Francia e in Europa, allieva di Jacques Lacan è stata una delle figura di maggior spicco del movimento psicoanalitico del Novecento e un autorità riconosciuta a livello mondiale per lo studio della psicologia infantile. Cristiana, cattolica di formazione, ha scoperto attraverso il suo matrimonio l’ortodossia e più volte si è confrontata da psicoanalista con il messaggio del Vangelo. Un libro pubblicato di recente, I vangeli alla luce della psicoanalisi (Brossura 2012), ne ha raccolto le riflessioni.

In esso, ad esempio, vengono riportate frasi come queste: «I Vangeli hanno cominciato a interrogarmi e io ho reagito alla loro lettura. Mi stupiva il fatto che l’interesse si rinnovasse a mano a mano che facevo esperienza della vita e soprattutto della clinica psicoanalitica, grazie alla scoperta della dinamica dell’inconscio di cui, dopo Freud, stiamo sperimentando la portata e decodificando le leggi. Mi pare sempre più evidente che ciò che scopriamo dell’essere umano, questi testi lo contengono già e lo lasciano intendere. Nelle loro parole qualcosa parla».  Paragonando il contenuto dei Vangeli all’esperienza con i suoi pazienti, ha raccontato: «Vedevo l’educazione cosiddetta cristiana, che è quella di tanti nostri pazienti, come nemica della vita e della carità, in totale contraddizione con ciò che una volta mi era apparso nei Vangeli un messaggio di amore e di gioia. Allora li ho riletti ed è stato un shock (…) Nulla, nel messaggio di Cristo, era in contraddizione con le scoperte freudiane».

Nell’intervista, citata poco sopra, la Dolto approfondisce il feedback ricevuto: «Quando leggo i Vangeli, io incontro qualcuno. Attraverso i generi, le immagini, fantasmi letterari dei Vangeli, scopro un’umanità che si esprime, una personificazione così straordinaria, una carnalità così profonda che hanno del divino. I Vangeli producono in me delle onde d’urto, di cui cerco di rendermi conto […]. La psicoanalisi non spiega tutto. A un certo punto si ferma perché l’umano si ferma, non può andare oltre. Ma il desiderio ci trascina sempre oltre… Allora, è o il nonsenso e l’assurdo oppure è il senso che continua a interrogarci nel più profondo di noi stessi fin nel nostro inconoscibile; e questo, per me, è il campo di Dio».

La vita, dice, è una morte continua: la morte del feto quando nasce il bambino, la morte nel bambino quando si accorge che i genitori non sono onnipotenti, la morte nel momento della pubertà, la morte nel tradimento affettivo, insomma «facciamo continuamente l’esperienza della nostra immaginazione impotente sulla realtà. Questa vita, mi dica lei, non è forse una morte permanente? Siamo esseri che scoprono, un giorno dopo l’altro, la propria impotenza. Un’impotenza che è sempre una morte per il nostro desiderio che vorrebbe essere onnipotente». L’uomo ritrova in sé questo desiderio di infinito, eppure la vita è una costante delusione di questo desiderio, perché nulla lo soddisfa veramente. Per questo è fondamentale la figura di Gesù Cristo«Noi siamo esseri di carne, cerchiamo la soddisfazione del nostro desiderio, il godimento della carne. Ma mai questa carne e i piaceri che essa ci procura ci bastano né ci appagano», ha spiegato la Dolto. «Gesù risuscitato ci insegna che se cerchiamo in spirito e in verità, affrontando il dubbio e la sua prova, se superiamo la carne senza bandire i piaceri condivisi, senza fare l’economia dei rischi per il nostro corpo, oltre la morte troveremo la pienezza del nostro desiderio».

 

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