Il neuroscienziato Stanford: «alleanza tra fede e psicologia»

Il dott. Matthew S. Stanford, docente di Psicologia, Neuroscienze, e Studi biomedici presso la Baylor University e l’University of New Orleans, è specializzato nello studi delle basi biologiche del comportamento impulsivo e aggressivo, dei disturbi della personalità, degli stress post-traumatici ecc.. E’ anche consulente della Federal Bureau of Prisons ed è sponsorizzato dalla Dreyfus Health Foundation. Qualche mese fa ha scritto un articolo per il Journal of the American Scientific Affilation, dal titolo: «Psychology, Neuroscience, and the American Scientific Affiliation».

Dopo aver raccontato un episodio, ha introdotto dicendo: «Molti nella comunità cristiana  equiparano lo “scienziato del cervello”, cioè lo psicologo ad una persona atea. Questo è inquietante per me, perché anche io sono uno “scienziato del cervello”, eppure sono cristiano. Come un neuroscienziato credente, riconosco che la Maestà di Dio si riflette nel modo in cui i nostri neuroni funzionano, nel modo in cui i fattori biologici e ambientali influiscono sulla formazione della nostra personalità, o nel meccanismo dei ricordi quando vengono portati alla coscienza o nell’esatto equilibrio dei neurotrasmettitori che sono alla base dei nostri pensieri e comportamenti». Stanford torna a lamentarsi della diffusa opinione che alcuni cristiani hanno circa il suo lavoro: «Putroppo molte comunità cristiane temono la psicologia e le neuroscienze. Mi sono appassionato alla mia convinzione che i cristiani nel mondo della psicologia e delle scienze cerebrali devono lavorare per costruire ponti con la comunità dei fedeli».

Ha continuato elogiando il lavoro dell’American Scientific Affiliation (ASA) circa il dialogo tra scienza e psicologia, per poi riconoscere: «I punti di intersezione tra psicologia, neuroscienze e le questioni della fede sono immense e aumentando ogni giorno di più. La psicologia evolutiva, lo sviluppo del comportamento morale, la biologia delle credenze (neuroteologia), i trattamenti basati sulla fede per curare le malattie mentali, il rapporto tra mente e coscienza, il rapporto tra fede e salute/benessere, questi sono solo alcuni dei temi importanti in discussione oggi nella nostra disciplina».

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12 commenti a Il neuroscienziato Stanford: «alleanza tra fede e psicologia»

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  1. Mandi ha detto

    Ha ragione. E’ un’altra delle mille leggende nate dall’illuminismo scientista (quanto male ha fatto al mondo, mamma mia!). L’unica cosa che può fare la psicologia, e infatti lo sta facendo, è confermare la salute psicofisica dei credenti rispetto a quella dei non credenti. Basta leggere le “notizie correlate”..

    • Massimo Ponzoni ha detto in risposta a Mandi

      Esatto! E’ proprio questo feeling positivo tra la nostra natura di uomini e quella di avere un sentimento religioso ad aggiungersi agli indizi su Dio. Non sono in pochi quelli che ritengono dimostrata la “creazione ad immagine e somiglianza” con cui si introduce la Genesi. L’uomo ha in sé una tensione naturale verso Dio, quasi fosse un griffe lasciata dal Creatore nella creatura, come il bambino che ha dentro di sé l’istinto naturale di abbracciare la madre.

  2. attiliolove ha detto

    l’uomo fa più fatica a non credere in Dio piuttosto che a credervi. è da sempre così. questo non si può dare per scontato e bisogna che ci sia una spiegazione. io se fossi stato dio avrei fatto proprio così. la nostra realtà di uomini è proprio quella che dovrebbe essere se esistesse dio. per il principio di ockman è molto più semplice ammettere che dio esiste realmente, data la nostra natura, piuttosto che complicare le cose dicendo il contrario.

    • Phantom ha detto in risposta a attiliolove

      E’ un campo in pieno sviluppo, speriamo che si rompano le barriere ideologiche!

    • Matteo ha detto in risposta a attiliolove

      Eppure conosco persone che dicono di essersi liberate dal peso delle catene inflitte dalla religione, che prima facevano una gran fatica a credere nel divino e adesso la vita, a detta di loro, gli si è affievolita e non fanno di certo fatica nel non credere.
      Non riesco a spiegarmelo…com’è possibile?

      • soren liston ha detto in risposta a Matteo

        molto semplice matteo : io credo= ho delle responsabilità
        io non credo= non ho alcuna responsabilità.
        gli atei si sentono liberi da ogni peso ma non capiscono che sono quei “pesi”,quelle responsabilità a dare senso alla vita.
        infatti il tedio della vita è causato dalla mancanza di responsabilità e da li si arriva alla depressione.per questo la maggior parte degli atei si sente depressa e cerca di dare senso alla loro insensata esistenza distruggendo ,o almeno tentandoci, i valori degli altri

        • Vanda ha detto in risposta a soren liston

          Condivido pienamente! E’ pieno di ricerche scientifiche che lo dimostrano tra l’altro.

        • Matteo ha detto in risposta a soren liston

          Eppure mi si dice che loro delle responsabilità le hanno, così nel lavoro come in famiglia…

          • soren liston ha detto in risposta a Matteo

            sul lavoro ok ma in famiglia che responsabilità c è se la famiglia non si fonda sul vincolo amoroso?

            senza contare che considerazione si possa avere di una famiglia che può eliminare i figli a piacimento

      • Samba ha detto in risposta a Matteo

        In realtà quel che si dice di sè non sempre corrisponde al vero. L’UAAR sui suoi manifesti scrive che tutti i suoi membri sono felici e contenti. Il fatto di scriverlo dimostra che non lo sono. Se una comunità o una persona è “felice e contenta” lo si vede. Lo si riconosce subito. Se uno deve dirlo e assicurarlo per convincere gli altri allora significa che non è così evidente. Le persone che conosci tu non so che coscienza di fede avessero, ma è sicuro che la vita ora sia affievolita. Il punto è se la gustano o no questa vita. E uno può vivere e non sopravvivere solo se sa perché sta vivendo. Cioè solo se riconosce un significato trascendente e quindi immanente nella realtà.

  3. Pietro ha detto

    Questo commento è personale e riflette la mia esperienza da poco avviata. Dunque questa testimonianza non vuole negare le opinioni di nessuno ma dare informazione sul mio personale percorso.
    Esiste una buona scienza come esiste una cattiva scienza.
    Allo stesso modo esiste una “buona” fede, come esiste una “cattiva” fede.
    La buona o la cattiva scienza sono il risultato dell’avanzamento della conoscenza e dell’uso che l’uomo poi ne fa.
    La fede è frutto di una ricerca libera, complessa e approfondita nel proprio inconscio e non si eredita in quanto tale, ma si dispone dalla creazione della capacità di raggiungerla. Cioè è vero che è un dono, ma bisogna raggiungerlo liberandolo dalle falsità che lo ostacolano (chiamiamoli pure Diavoli).
    Capacità che va promossa ed esercitata in modo non dipendente.

    La fede “cattiva” per es. si pensi alle guerre sante, all’Inquisizione, all’idolatria, al culto delle persone, ecc., risulta da una imposizione e dunque dalla dipendenza da altri che non siano il Creatore. Per questo motivo non è completa ed autentica, ed il modello di vita che presenta è falso.
    La ricerca della fede presuppone il riconoscimento delle forze della vita, inconsce, e patrimonio unico, esclusivo ed inalienabile di ogni Persona.
    La felicità intesa anche, o percepita, come benessere neurologico, deriva dall’equilibrio armonioso di queste forze e dal servizio prestato ad esse nel vivere in concreto (fora creatrice, forza dell’anima, del sesso, dei nervi e forza del corpo). Tutte queste sono nell’incoscio.
    Il loro rispetto, o non rispetto a causa di condizionamenti e dipendenze, si riflette sulla mente “irrorandola” nella stessa qualità.
    Il legame tra Scienza e Fede è proprio nel riconoscimento dell’inconscio come sede di queste forze della vita (ecco la Fede latente in sé stessi dalla Creazione) e nella forte dipendeza della mente (volontà, o sfera cosciente) da esse.
    Se posso permettermi di citare il dubbio espresso dal Sig. Matteo, la Fede consiste nel vivere pienamente queste sei forze, ed allora non si fa più “fatica a credere” semplicemente perché la vita è nella sua forma autentica e completa. Cioè è davvero “la vità come è” e non una vita artificiale in cui “bisogna credere con fatica” perché il “divino” non ci è esterno, ma lo ricosciamo nella nostra stessa natura (a immagine e somiglianza di Dio).
    Viceversa quando queste forze non sono riconosciute, adottate e servite nel modo giusto con il vivere in concreto, allora si genera una sofferenza proprio perché si va contro la natura stessa.
    Perché sembra di non fare fatica a non credere?
    Perché sembra faticoso rispettare le forze della vita! Ma questo solo fin quando non si è coscienti di esse, perché il loro liberarsi viene inconsapevolmente ostacolato con un dispendio di energie improduttivo e frustrante.
    Da ultimo va considerato che il non rispetto di questo ordine naturale della vita, che ora la scienza magnificamente sta affermando, porta inevitabilmente a sofferenza, e al senso di “affievolimento della vita” che si ripete in modo inconcludente e senza vera felicità.
    Questo stato non è superabile se non rientrando nel “tracciato naturale” della vita. Senza di che si fatica in realtà assai di più tenuto conto che gli sforzi sono improduttivi e mortificanti.
    Perdonatemi se non so dire tutto questo con terminologia scientifica ma è quello che sinceramente io sto sperimentando su di me, dopo averlo visto dimostrato dalla vita reale di altri uomini e donne, ed averne riscontrato sebbene da poco tempo anche una evidenza nella storia umana e nelle Scritture.
    Grazie a Dio. grazie agli Scienziati che si dedicano ad approfondire con animo nuovo. E grazie a Voi che avete avuto la pazienza di leggere.
    Per conoscere di più della materia e senz’altro assai meglio di come posso dirlo io, potete consultare http://www.italiasolidale.org

    • Micky ha detto in risposta a Pietro

      E’ una bella riflessione, grazie. Dopo aver letto l’articolo queste tue parole “quando queste forze non sono riconosciute, adottate e servite nel modo giusto con il vivere in concreto, allora si genera una sofferenza proprio perché si va contro la natura stessa” mi sembrano molto più chiare.

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