Ma come può esistere l’associazione UAAR?

Il giornalista Enzo Pennetta, su Libertà e Persona, commentando l’articolo dell’ultimo numero di MicroMega, scritto da Odifreddi contro la Sacra Sindone (cfr. Ultimissime 30/5/10 e Ultimissime 31/5/10), ha rilevato alcune contraddizioni “ontologiche” e strutturali dell’associazione UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti), rappresentante di una frangia estrema di ateismo militante. Sottolineiamo che le stesse contraddizioni sono state evidenziate e ridicolizzate perfino dall’altra parrocchia dell’ateismo militante, cioè la rivisita MicroMega (vedi l’articolo). Già il termine “ateo” come punto di partenza è di per sè contraddittorio perché per definirsi a-teo (a-theios, senza Dio), occorre implicare l’esistenza di Dio (come essere “senza speranza”, implica indirettamente la sua esistenza da un’altra parte), o per lo meno accettare il termine Dio come definizione. Inoltre, come abbiamo già sottolineato (vedi Ultimissime 15/4/10), l’ateismo per sussistere è costretto ad affidarsi a campi surrogati per mantenere una sorta di razionalità, un briciolo di certezza…e sceglie molto spesso di farsi sorreggere dal mondo scientifico (rigore logico immanente, da qui “l’atesimo scientifico” di Dawkins ecc..). Ciò è molto strano e poco sensato, dato che nessuna disciplina scientifica riesce a dimostrare l’inesistenza di Dio e quindi a sostenere realmente una visione atea (anzi, i maggiori paladini della storia della scienza sono stati in gran parte teisti e cristiani…). Di conseguenza non può esistere l’ateismo scientifico, e l’ateo è costretto a “credere” che Dio non esista, a fare un atto di fede insomma (e non c’è nulla di sbagliato ad utilizzare la fede come metodo di conoscenza, ci mancherebbe! Ma è abbastanza paradossale che venga usato da chi si dice “senza fede”). L’atto di fede è il metodo più utilizzato dall’uomo per “conoscere”: in una giornata, statisticamente, per “sapere” una cosa, per raggiungere “sicurezza” su una questione, facciamo più spesso un esperimento scientifico direttamente oppure ci “fidiamo” di altre persone (ma anche libri, testi, autorevoli o meno)? Le grandi certezze della sua vita (l’amicizia, Dio, l’amore ecc..) l’uomo le raggiunge fidandosi dei segni che vede, senza aver bisogno di fare un’esperimento scientifico. Forse è per questo che i capi della UAAR scrivono in una lettera (ovviamente di protesta) a Napolitano: “l’UAAR, in quanto confessione religiosa ai sensi dell’art. 8 c. III Cost., risulta titolare di tale interesse [cioè dell’8×1000, perché è questo ciò a cui puntano], e l’atto che lo lede non può in conseguenza con­siderarsi atto politico” (vedi “Ricorso straordinario al Capo dello Stato“, guardare in fondo alla lettera). Altre tre questioni appaiono comunque alquanto critiche.

1) Come possono esistere uniti atei e agnostici?.
Penetta si è chiesto: posto che essere atei significa “credere” che Dio non esiste (come abbiamo specificato sopra), cioè, credere nella non-esistenza, perché la cosa non è dimostrabile (si è quindi credenti nell’ateismo con la stessa struttura del dogma religioso). Posto che essere agnostici significa sospendere il giudizio sull’esistenza di Dio e quindi rifiutarsi di “credere” sia alla sua esistenza che alla sua non esistenza (non si intende credere quindi nè al tesimo, nè all’ateismo). Allora, come si possono unire nello stesso insieme due categorie che si escludono l’una con l’altra? Il giornalista chiarisce meglio: “si può essere credenti o (aut) non credenti, ma non si può essere credenti e (et) non credenti. Una unione di atei e agnostici diventa quindi dal punto di vista razionale una contraddizione in termini”.

2) Saranno anche atei e agnostici, ma razionalisti??.
La faccenda si complica per l’UAAR, perché, volendo strafare, hanno inserito la “R”, autodefinendosi “Razionalisti” (quindi gli atei e gli agnostici non iscritti, come Augias o Dennet sarebbero stupidi e irrazionali? Attenzione: la nostra “R” (di uccR) sta per “razionali”, che è ben diverso da “razionalisti”, e comunque è provocatoria e ironica: l’uomo in generale è razionale. Al contrario, l’UAAR sembra voler fare sul serio…). Come già detto allora, un’associazione di credenti (cioè atei che “credono”che Dio non esista) e non credenti (agnostici, quindi non credenti nè nell’ateismo, nè nel teismo), può essere accettata solo nel campo dell’irrazionalità. Ci veniamo a trovare di fronte ad una di quelle antinomie tanto care proprio ai matematici: non si può arrivare ad una soluzione che non sia contraddittoria. Se nell’insieme ci sono “credenti e non credenti” l’unica possibilità è che si tratti di una classe di elementi tenuti insieme da considerazioni irrazionali, se l’insieme è invece regolato dalla razionalità, allora non può essere definito per via del fatto di contenere “credenti e non credenti”. Va benissimo voler essere contraddittori nella propria genesi, ma perché voler scomodare il razionalismo?

3) I membri dell’UAAR possono tutti provare razionalisticamente ciò che sostengono?.
Il “razionalismo” moderno (diverso dal razionale), è figlio dell’illuminismo materialista e scientista, il quale presuppone nel soggetto l’autosufficienza della ragione e una capacità scientifica (quindi massimamente razionalista), per poter arrivare tramite un processo deduttivo ad un tipo di conoscenza, in questo caso alla conoscenza della “non esistenza” di Dio. Ma quanti fra gli atei della UAAR hanno “capacità razionali scientifiche” tali da poter essere autonomamente e autosufficientemente in grado di provare che Dio non esiste (sempre che lo si possa provare)? Il loro stesso segretario, Raffaele Carcano, si descrive come un “appassionato di viaggi, videomaker e cultore di musica alternativa”. Tutto, insomma, tranne che un razionalista e scienziato. La conclusione è quindi che Carcano e soci si dicono atei perché si fidano di qualcuno, di qualche scienziato o intellettuale (Dawkins? Odifreddi? Augias? Flores d’Arcais? Hack?) che, emarginalizzandosi dal campo a cui appartiene, sostiene la non esistenza di Dio (attenzione: alcuni scienziati e non la scienza, alcuni filosofi e non la filosofia, alcuni musicisti e non, ovviamente, il mondo della musica…). Il tutto poi si compie nell’autoconvincimento reciproco (osservabile in qualsiasi dialogo fra militanti atei). Insomma, non credono per il semplice fatto che qualcuno dice a loro di non credere, scimmiottandone gli argomenti. Nonostante si dicano razionalisti, loro stessi non possono provare empiricamente e razionalisticamente quel che sostengono.

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