Il Pakistan uccide i trans, i cristiani li difendono

transgender cristiani

In Pakistan i transgender perseguitati trovano nei cristiani i loro difensori, gli unici che alzano la voce quando vengono uccisi. Perché la verità è sempre unita alla carità.


 

56 transgender uccisi e e 500 attacchi subiti dal 2022.

E’ la silenziosa strage in corso in Pakistan, l’ultimo episodio il 21 settembre scorso con l’orribile omicidio di tre trans a Karachi, la città più grande dello Stato.

Nel Paese a maggioranza musulmana, si stima che i transgender siano circa mezzo milione di persone e, paradossalmente, godano di maggiori leggi a favore rispetto ai cristiani.

Dal 2018, infatti, l’autodefinizione di genere e il “terzo genere” sono riconosciuti legalmente nei documenti d’identità mentre non esiste alcuna legge federale che tuteli i cristiani convertiti. Il caso di Asia Bibi è emblematico ma è solo uno dei tanti.

 

I cristiani difendono i transgender perseguitati

Questo non frena però il significativo ruolo degli esponenti cristiani nel difendere le persone transgender, localmente chiamate khwaja siras, dalla discriminazione e dalla violenza.

Proprio recentemente Shabbir Shafqat, attivista cristiano e presidente del National Christian Party, ha definito gli assassinii di persone trans «una grave ingiustizia», richiamando la responsabilità dello Stato nel proteggere le vite vulnerabili.

Qualche tempo prima padre James Samuel, sacerdote domenicano della diocesi cattolica di Faisalabad, ha condannato un altro omicidio di un individuo transgender spiegando che «sono figli di Dio, come tutti noi. La mancanza di istruzione e di cultura che tratta le persone transgender con disprezzo portano a tali incidenti».

E ha aggiunto: «Dio non discrimina nessuno, ma chiede al suo popolo di amare e rispettare l’umanità».

Qualche mese fa avevamo sottolineato che in Italia, durante l’emergenza Covid-19, i transgender hanno potuto trovare aiuto soltanto dalla Caritas, mettendosi in coda tra anziani, disoccupati, prostitute, divorziati e migranti. Ricordando anche tutto il bene fatto per transgender e omosessuali in difficoltà da parte del card. statunitense John O’Connor, un noto attivista “pro-life”.

 

Nella Chiesa verità e carità sono unite

Da quanto scritto finora, emerge la giusta differenza di piani concettuali che molti non capiscono. La verità nella Chiesa è sempre unita alla carità.

Si può dissentire sul piano teologico e antropologico dall’ideologia di genere, dai gender studies, dalle cure affermative di genere e dai bloccanti della pubertà, così come si deve difendere a livello scientifico e biblico il binarismo sessuale.

Ma non si devono discriminare le persone, né tantomeno trasformare la difesa dei principi antropologici in violenza sociale.

Il Catechismo cattolico, pur riferito in particolare alle persone omosessuali, parla chiaro.

Prima di richiamarle alla castità e dopo aver ricordato l’oggettivo disordine delle inclinazioni vissute da queste persone, aggiunge che «devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza», invitando «a realizzare la volontà di Dio nella loro vita e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione».

Autore

La Redazione

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