I cattolici e gli argomenti più convincenti a favore di Dio
- Ultimissime
- 06 Ott 2025

Quali sono gli argomenti razionali sull’esistenza di Dio preferiti dai cattolici? Un sondaggio indaga la visione di 50 apologeti, trovando le differenze con i risultati rivolti ai protestanti.
Quali sono gli argomenti più convincenti per dire che Dio esiste?
E’ un tema che appassiona poco i cattolici europei, i quali difficilmente ricorrono alle “prove” classiche per sostenere la loro fede concentrandosi più sul valore dell’incontro cristiano e del percorso di riconoscimento di Dio nel volto della comunità in cui sono immersi.
Al contrario, negli Stati Uniti, è molto più usuale parlare degli argomenti a favore di Dio, probabilmente influenzati dall’evangelismo protestante che usa la dialettica come sua peculiare caratteristica.
Anche su YouTube se ne parla spesso in video dedicati, come quello in cui Shawn McDow mostra le risposte ricevute da 100 apologeti cristiani (quasi tutti protestanti) alla domanda su quale fosse il miglior argomento per l’esistenza di Dio.
L’influencer statunitense Trent Horn ha ripetuto lo stesso esperimento intervistando 50 apologeti cattolici noti sul web, interessato a osservare le eventuali differenze.
Ovviamente non è un sondaggio rappresentativo del cattolicesimo e degli studiosi che si occupano di questi temi.
I cattolici e gli argomenti a favore di Dio
Tra i cattolici, i risultati sono stati diversi.
Nessuno ha scelto argomenti esistenziali, circa il 12% ha optato per argomenti “unici” (consenso universale, oggetti astratti, bellezza), un altro 12% per gli argomenti su Gesù (risurrezione, insegnamenti, miracoli eucaristici), un altro 12% ha scelto l’argomento morale, mentre ben il 64% ha optato per gli argomenti sulla creazione.

Argomenti su Dio: consenso, bellezza e oggetti astratti
Partiamo dal 12% degli intervistati che ha scelto ciò che Horn definisce argomenti “unici”, cioè molto particolari e specialistici.
I favoriti sono stati:
- L’argomento del consenso universale: in tutte le culture e in ogni epoca, la maggior parte degli uomini ha creduto in Dio o in una realtà superiore, questa credenza diffusa e costante è un forte indizio della sua verità;
- L’argomento dagli oggetti astratti: l’esistenza di entità immateriali come numeri, leggi e verità matematiche richiede una mente trascendente (Dio) che le renda possibili e intelligibili;
- L’argomento della bellezza: l’esperienza della bellezza, percepita come qualcosa di oggettivo e trascendente, indica l’esistenza di un principio supremo e creativo, identificabile con Dio.
Argomenti su Dio a partire da Gesù
Passiamo alle risposte del 12% di intervistati che ha optato per gli argomenti relativi a Gesù.
Tra essi, i più citati sono stati:
- L’argomento della risurrezione: come abbiamo dettagliatamente mostrato nel nostro dossier, sostiene che la forza cumulativa delle prove storiche a favore di quanto accadde alla fine della vita di Gesù conduce a ritenere la Resurrezione come l’unica spiegazione adeguata e accettabile;
- L’argomento degli insegnamenti di Gesù: la profondità morale, l’autorità e l’universalità dei suoi insegnamenti indicano che è molto più probabile, rispetto al contrario, che non potevano provenire da un uomo e un ebreo comune ma che Egli fosse realmente ciò che disse di essere;
- L’argomento dei miracoli eucaristici: fenomeni inspiegabili come la trasformazione dell’ostia in tessuto e sangue umano indicano una manifestazione divina che prova la presenza reale di Gesù e quindi l’esistenza di Dio.
Argomenti su Dio a partire dalla morale
Un ulteriore 12% di cattolici intervistati ha preferito indicare come argomento più convincente quello della morale.
Questo argomento sostiene che l’esistenza di valori e doveri morali oggettivi, condivisi in modo universale e indipendenti dalle opinioni umane, e la voce della coscienza che distingue il bene dal male, non sono spiegabili con i soli meccanismi evolutivi o le convenzioni sociali.
Sembrano invece rimandare a un Fondamento trascendente, a una legge naturale che ha la sua origine in Dio.
Molti cattolici hanno detto di sentire questo argomento più vicino all’esperienza quotidiana: mentre la contingenza parla all’intelletto, la morale interpella direttamente la vita, le scelte, il desiderio di giustizia.
Ne abbiamo parlato più volte su UCCR, focalizzandoci più che altro sulla possibilità dell’esistenza di una “morale laica” alternativa che non sia piuttosto l’abbraccio all’amoralità.
Gli argomenti su Dio a partire dalla contingenza
La maggior parte dei cattolici (64%) ha infine scelto gli argomenti legati alla creazione.
Tra essi, quasi nessuno ha optato per l’argomentazione cosmologica di Kalam (rifiutata da Tommaso d’Aquino), di provenienza araba e sviluppata recentemente dal filosofo cristiano William Lane Craig. E’ una buona notizia in quanto la riteniamo inficiata da una debolezza, ossia il legame con il fatto che l’Universo debba per forza aver avuto un inizio.
Molto sinteticamente: tutto ciò che ha un inizio ha una causa; l’universo ha avuto un inizio; quindi l’universo ha una causa oltre lo spazio e il tempo, ossia Dio.
Neanche gli argomenti legati al fine tuning cosmologico e all’Intelligent Design (molto criticato in ambito cattolico) sono stati scelti.
Al contrario, una delle risposte più scelte è quella dell’argomento della contingenza, mai presente invece nelle risposte “protestanti” raccolte dal McDow.
E’ un argomento davvero interessante che sviluppa la famosa provocazione di Leibniz: “Perché esiste qualcosa invece che nulla?”. Nulla di ciò che vediamo è necessario, ogni cosa avrebbe potuto non esistere. Se tutto dipende da altro, deve esistere un Essere che non dipende da nulla, che spiega l’esistenza stessa del mondo.
Si tratta in pratica dell’argomento aristotelico-tomista (per nulla scalfito dalla banale obiezione del “chi ha creato Dio?”) che individua in Dio l’“essere necessario” da cui dipende ogni realtà facendo ricorso alle cosiddette “serie gerarchiche”.
Molti intervistati hanno indicato proprio questa via come la più chiara e razionale, segno che l’eredità della teologia medievale non è morta nei manuali di storia della filosofia ma continua a produrre i suoi effetti ancora oggi.
Dal sondaggio emerge anche che molti hanno optato anche per le famose cinque vie di Tommaso d’Aquino.
Tommaso argomenta a partire dal moto (tutto ciò che si muove è mosso da qualcos’altro), dalla distinzione tra essenza ed esistenza (deve esistere un Ente la cui essenza e la cui esistenza coincidono) e dall’atto attualizzato (tutto ciò che è solo in potenza deve essere attualizzato da qualcosa che è già atto puro). Conclude che nulla inizia senza una causa ma la catena non può essere infinita: occorre una Causa Prima.
La differenza tra cattolici e protestanti
Nel sondaggio svolto sugli apologeti protestanti nessuno aveva nominato Tommaso d’Aquino, nonostante i primi riformatori protestanti (a partire da Lutero) conservarono molto del metodo scolastico.
Oggi invece continuano a preferire l’analogia dell’orologiaio di William Paley del 1802 che considera l’universo più come una grande e perfetta macchina creata da Dio nel passato e che procede autonomamente sotto la Sua sorveglianza amorevole.
Questo spiega anche lo stretto sodalizio tra il movimento americano del Disegno Intelligente e il protestantesimo (capace comunque di coinvolgere anche molti studiosi cattolici).
I cattolici intervistati, al contrario, hanno optato per la visione del teismo classico, secondo cui Dio non è solo creatore ma sostiene costantemente l’esistenza dell’universo, è l’Essere stesso.
Perché i protestanti non usano San Tommaso
Secondo l’autore del sondaggio, Trent Horn, il mancato ricorso dei protestanti al pensiero dell’Aquinate dipende dal fatto che viene anche temuto e ritenuto una “porta d’ingresso” al cattolicesimo.
Il libro di Doug Beaumont, Evangelical Exodus (Ignatius Press 2016), descrive ad esempio come diversi studenti del Southern Evangelical Seminary siano diventati cattolici proprio per l’enfasi di quel seminario protestante nello studio di Tommaso.
Anche il filosofo Frank Beckwith, già presidente della Evangelical Theological Society, si dimise nel maggio 2007 dopo aver deciso di tornare alla fede cattolica, attribuendo il motivo proprio allo studio del pensiero tomista1F. Beckwith, “Never Doubt Thomas: The Catholic Aquinas as Evangelical and Protestant”, Baylor University Press 2019.

















3 commenti a I cattolici e gli argomenti più convincenti a favore di Dio
La questione sollevata dall’aureo sito dell’UCCR – perché l’apologetica protestante tenda a ignorare il metodo analogico aristotelico-tomista – mi appassiona moltissimo, perchè va ben oltre i confini confessionali. Indica una delle fratture più profonde nella storia del pensiero cristiano: la scomparsa della visione analogica dell’essere che un tempo univa teologia, filosofia e scienza in un insieme coerente.
In una recente indagine sugli apologeti protestanti, nessuno ha menzionato San Tommaso d’Aquino. Ciò è sorprendente, poiché i primi riformatori, a partire da Lutero, si muovevano ancora all’interno del quadro scolastico che stavano rifiutando, è stato osservato con acume.
Inoltre, gli apologeti cattolici, al contrario, rimangono più vicini alla visione teista classica: Dio non è un artigiano che ha costruito il cosmo una volta per tutte, ma ipsum Esse subsistens – l’Essere stesso, l’atto continuo che sostiene tutto ciò che esiste.
Perché, allora, il mondo protestante ha in gran parte perso il contatto con l’analogia tomistica?
A mio avviso, sei ragioni interconnesse contribuiscono a spiegare le radici storiche e filosofiche di questa divergenza e, allo stesso tempo, a far luce sulla direzione più profonda del pensiero moderno. Questa modernità, plasmata dal volontarismo e dalla volontà di potenza, ha soppiantato l’autorità della grande tradizione scolastica. Ha incanalato (e uso questo termine deliberatamente, per la sua eco di incanalamento esoterico, quella forma contraffatta di rivelazione radicata nello gnosticismo) l’eredità intellettuale della cristianità verso un orizzonte distopico – quello del Mondo Nuovo di Huxley e, più recentemente, del transumanesimo. Lì, l’uomo non è più un essere creato a immagine di Dio, ma una macchina – un cyborg solitario e malleabile, plasmato da poteri dominanti. Si immagina libero, “pescando” mentre viene catturato; si immagina mentre suona, mentre la melodia è scritta da coloro che pagano, da coloro che controllano gli algoritmi, i nuovi detentori delle chiavi dell’intelligenza stessa.
1. La crisi dell’analogia nel tardo Medioevo
Già nel XIII secolo, l’unità della sapienza cristiana iniziò a rompersi. La scuola parigina, con Alberto Magno e Tommaso d’Aquino, coltivò una sintesi metafisica in cui ragione, rivelazione ed essere erano armoniosamente ordinati attraverso l’analogia. A Oxford, tuttavia, figure come Ruggero Bacone e Roberto Grossatesta si dedicarono alla quantificazione e alla matematizzazione della natura. Quelle che erano iniziate come enfasi complementari si consolidarono presto in due abitudini di pensiero incompatibili.
La tradizione aristotelico-tomista vedeva il mondo creato come partecipe dell’atto divino dell’essere; la mentalità scientifica emergente lo concepiva sempre più come un sistema autonomo e misurabile. Quando Giovanni Duns Scoto postulò un concetto univoco dell’essere e Guglielmo di Ockham dissolse gli universali in semplici nomi, l’analogia – che dipende dalla reale partecipazione del finito all’infinito – perse il suo fondamento ontologico.
2. Il trionfo dell’univocità matematica
L’orientamento platonico-matematico emerso a Oxford aprì la strada alla scienza moderna. Galileo e Newton ne ereditarono una concezione univoca dell’essere: ogni entità è commensurabile attraverso la legge matematica. Dio, in questo contesto, diventa il geometra supremo piuttosto che la fonte trascendente dell’esistenza. Cartesio e Kant perfezionarono questo cambiamento collocando le condizioni della realtà all’interno della struttura razionale del soggetto. La conseguenza fu epocale: la metafisica cessò di essere una scienza e la teologia, privata della sua base ontologica, sopravvisse solo come moralità o esperienza di fede.
3. Da Kant a Hegel: l’interiorizzazione del divino
Hegel cercò di superare l’agnosticismo kantiano identificando l’essere e il pensiero nel dispiegarsi dello Spirito Assoluto. Ma così facendo equiparava l’essere all’essenza, condensando la realtà extramentale delle cose nel processo dialettico dell’autocoscienza. Il divino divenne così il culmine della consapevolezza umana, non la sua causa trascendente. L’enfasi protestante sulla fede interiore trovò in questo sistema una controparte filosofica: la salvezza fu interpretata non come partecipazione all’essere divino, ma come autorealizzazione dello spirito.
4. L’alternativa tomistica
Aristotele aveva sfiorato la soglia della metafisica concependo Dio come nóesis noéseos, puro auto-pensiero. Eppure non lo concepiva come ipsum Esse. Tommaso d’Aquino, guidato dalla rivelazione di Esodo 3:14 — Ego sum qui sum — vide che solo in Dio essenza ed esistenza coincidono. Questa intuizione garantisce la possibilità dell’analogia: ogni creatura esiste per partecipazione all’atto divino dell’essere, e i nomi che attribuiamo a Dio non sono né univoci né puramente equivoci, ma analogici. Solo un simile quadro può conciliare la trascendenza divina con l’immanenza senza cadere nel deismo o nel panteismo.
5. Il culmine secolare: da Hegel a Marx
Quando lo spirito immanente di Hegel si rivolge all’esterno, diventa l’umanità auto-creativa di Marx. L’ateismo moderno, quindi, non è semplicemente una negazione dell’esistenza di Dio, ma la continuazione secolare di una teologia che Lo ha già interiorizzato. Una volta che Dio si identifica con l’autosviluppo del mondo, l’ateismo segue come passo logico successivo. Lo stesso movimento iniziato con il nominalismo e il volontarismo termina quindi nell’autodeificazione materialista.
6. Il trionfo della volontà sulla saggezza
Il volontarismo di Occam – l’affermazione che la volontà di Dio è anteriore al Suo intelletto – riappare in tutta la filosofia moderna: nel “Deus absconditus” di Lutero, nell’idealismo di Fichte e Schelling, nella metafisica della volontà di Schopenhauer, nella prassi di Marx e nella “Wille zur Macht di Nietzsche”. Il divino diventa pura potenza, non atto intelligibile. L’analogia, che richiede intelligibilità, non può sopravvivere in un simile clima. L’enfasi della teologia protestante sulla sovranità divina e sull’immediatezza della fede è quindi metafisicamente connessa a questa discendenza volontarista.
Una riflessione conclusiva
La divergenza tra apologetica protestante e cattolica non è meramente metodologica, ma ontologica. L’evidenzialismo protestante argomenta tipicamente dal movimento alla causa, dal progetto al progettista – argomentazioni adatte a un cosmo meccanicistico. Il teismo classico cattolico argomenta dall’esistenza all’Essere, dalla partecipazione alla fonte – argomentazioni proprie di un universo analogico sostenuto in ogni istante dal suo Creatore.
Recuperare la visione analogica di Tommaso d’Aquino non è un esercizio antiquario. È l’unico modo per ristabilire l’armonia tra fede e ragione, teologia e scienza, Creatore e creazione. Senza di essa, l’apologetica cristiana rischia di oscillare tra due poli inadeguati: il deismo dell’orologiaio e il panteismo dello spirito del mondo.
Solo l’analogia – quel ponte luminoso tra il finito e l’infinito – può ancorare nuovamente il pensiero cristiano alla verità vivente di Colui che È.
Sintesi concisa ma a me molto utile. Complimenti!
Questo mi pare anche in linea con quanto afferma il vescovo Barron: che, in sostanza, le scuole di pensiero dominanti nel Protestantesimo vedono Dio come l’Essere Supremo, dinanzi al quale tutto sparisce, e ogni onore tributato a qualcun altro è tolto a Lui.
Invece la visione tomista è che Dio trascende tutto, anche il concetto stesso di Essere, che esso stesso deriva da Lui ma non lo comprende.
Perciò ogni onore tributato a qualcuno o qualcosa d’altro non può sottrarGli nulla, ma anzi è automaticamente onore a Lui attribuito in quanto Sorgente di tutto.
Questo in estrema sintesi e per quanto ne ho capito io