Il Canada ferma le indagini, niente prova delle fosse comuni
- Ultimissime
- 14 Giu 2025
Quella delle fosse comuni in Canada nelle scuole residenziali è stata la più grande bufala d’odio di sempre. Il governo canadese lo conferma: stop alle ricerche, nonostante 216milioni spesi non è stato trovato nulla.
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E’ arrogante dirlo ma, alla fine, avevamo ragione.
Il Canada ha silenziosamente ma ufficialmente interrotto le indagini sulle fantomatiche fosse comuni delle scuole residenziali per bambini nativi.
La fake news è andata avanti per anni, tenuta viva da un’ubriacatura mediatica generale, un’isterica allucinazione collettiva basata sul bias di conferma, quel meccanismo psicologico perverso per cui si accettano le notizie che confermano le nostre convinzioni preesistenti, ignorandone l’infondatezza e respingendo quelle che le contraddicono.
Per mesi hanno raccontato la storia di centinaia, migliaia di bambini sepolti nei giardini delle scuole residenziali (in parte cattoliche, of course), sconvolgendo l’opinione pubblica, generando richieste pressanti di trasparenza e giustizia e costringendo perfino la Santa Sede a coprirsi il capo di cenere. Non si è mai capito per cosa.
Anche i media cattolici come Vatican News e Avvenire ci sono cascati in pieno. Dopo aver avvisato un giornalista del quotidiano della CEI, la risposta è stata: «La mia fonte è Vatican news che ha scritto la stessa notizia». Questo è l’errore commesso da tutti: copiarsi a vicenda.
In Italia, nel febbraio 2022, siamo stati i primi a denunciare la fake news, perché non partecipiamo alla corsa a chi rilancia per primo le notizie, ma ci impegniamo a raccontare la verità attraverso fonti affidabili.
Il Canada e le fosse comuni: stop alle ricerche
Pochi mesi fa le autorità canadesi hanno deciso di cessare le ricerche basate su indizi assurdi come le anomalie di un terreno scoperte con un georadar.
Eppure pochi giorni dopo l’uscita della fake news, lo stesso ex primo ministro Justin Trudeau si fece prontamente fotografare inginocchiato con un orsacchiotto di peluche davanti al sito di una tomba vicino all’ex scuola residenziale Marieval, in Saskatchewan. Peccato fosse un semplice cimitero usato dalle stesse comunità indigene da generazioni.
Un’immagine che però fece il giro del mondo e lancio la bufala sulle prime pagine dei giornali, scatenando un odio anticattolico che culminò con il rogo di diverse chiese tra cui, ironia della sorte, quelle usate dalle stesse comunità indigene canadesi.
Le ricerche sono costate 216,5 milioni di dollari e non è stato trovato alcun resto umano.
E’ ovvio che le scuole residenziali canadesi erano diverse da quelle odierne: si trattava di fondazioni vittoriane che seguivano un’educazione ottocentesca e andrebbero giudicate come tali. Oggi c’è più rispetto della cultura indigena e la trasmissione dei “valori occidentali” va di pari passo con la salvaguardia delle tradizioni autoctone, al contrario di quanto avveniva in passato. Ma nessuno si mise a commettere omicidi di massa.
Come ha spiegato qui su UCCR lo storico Jacques Rouillard, docente all’Università di Montreal, malattie come la tubercolosi erano diffuse nelle riserve indiane e fu per questo che molti bambini morivano, non per certo per uccisioni pianificate.
I tentativi di fact-checking riusciti male
Fanno quasi tenerezza il professore associato Sean Carleton e lo studente universitario Reid Gerbrandt che nel 2023 tentarono un fact-cheking per smentire i “negazionisti delle scuole residenziali”, sostenendo che i principali media non avrebbero mai utilizzato il termine “fosse comuni” (“mass grave”) ma piuttosto quello di “potenziali tombe anonime” (“potential unmarked graves”).
A parte che se la questione si fosse limitata a “potenziali tombe anonime” non si sarebbe scatenato lo stesso scandalo, nessuna bandiera a mezz’asta, né alcuna chiesa bruciata. In ogni caso, visto che il loro articolo viene citato ancora dalla pagina Wikipedia legata al caso, regaliamo ai due provetti “fact-checkers” questo screenshot in cui si evince che i media mainstream hanno tutti parlato falsamente di “fosse comuni”.
Ma va detto anche che, fortunatamente, tra le principali testate, qualcuno ha anche smentito la bufala. Ad esempio il Wall Strett Journal, il DailyMail, Spiked, National Post, The Spectator ecc.
E ora, cosa resta? Milioni spesi, chiese bruciate, reputazioni distrutte, e il silenzio tombale di chi ha alimentato quella che Wilfred Reilly, docente di Scienze politiche alla Kentucky State University, ha definito la «più grande bufala d’odio di tutti i tempi».
Nessuna scusa, nessuna rettifica, solo l’imbarazzante imbarazzo di chi silenziosamente ferma le ricerche accorgendosi di essersi fatto guidare dall’ideologia (anticattolica) invece che dai fatti.
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