Emanuele Severino: “L’Università Cattolica agì nel giusto”
- Ultimissime
- 10 Giu 2025
Emanuele Severino, l’Università Cattolica di Milano e la “scomunica”. Celebre fu l’esonero nel 1969, da allora venne etichettato come “vittima del potere ecclesiastico”. Ma lui non lo rivendicò e nell’ultima intervista spiegò la correttezza del principio con cui agì l’ateneo.
21 anni fa il grande filosofo italiano Emanuele Severino riceveva il titolo di Cavaliere della Repubblica italiana per iniziativa dell’allora presidente Ciampi.
Una mente geniale, sui cui libri hanno studiato generazioni di studenti e che, soprattutto tra gli anni ’50 e ’60, ha animato il dibattito accademico.
Fino al giorno della morte, nel 2020, difese con caparbietà il suo pensiero filosofico “perfetto”. Dall’età di 22 anni era sposato con sua moglie, Esterina.
Severino e l’incompatibilità con il cristianesimo
Il caposaldo della sua filosofia è l’impossibilità del divenire.
Niente diviene, c’è solo l’essere eterno. Ogni istante della vita è eterno, il divenire un’illusione.
Molti hanno confuso questo sostenendo che Severino abbia sostenuto una infinita durata nel tempo, invece si riferiva al concetto di intemporalità, cioè la presenza dell’eterno nel presente. Un concetto non così incompatibile con il cristianesimo, se non fosse per quella sua convinzione, cara alla filosofia pre-cristiana a cui si ispira, dell’eterno ritorno.
L’eternità consisterebbe in un ciclico riproporsi di ciò che non ha smesso di essere.
Ecco dunque l’impossibilità di un Dio che crea dal nulla, come quello cristiano, cioè una “follia estrema”, come scrive Severino in Ritornare a Parmenide (1964). Essere cristiani, per lui, significava abbracciare il nichilismo: così, infatti, ha sempre considerato il pensiero cardine dell’Occidente (cristianesimo ma anche il comunismo, il capitalismo ecc.).
Severino e la “scomunica” dell’Università Cattolica
Cresciuto sotto l’ala del grande filosofo cattolico Gustavo Bontadini, grazie al quale ottenne la cattedra di Filosofia all’Università Cattolica di Milano nel 1954, ad un certo punto della sua vita gli preferì Parmenide e i presocratici.
Severino cominciò quindi a sostenere che «l’essere è e non può non essere» ed è impossibile che le cose escano dal nulla e vi fanno ritorno. Il suo libro Ritornare a Parmenide (1964) generò accese discussioni in ambito accademico ed ecclesiastico.
In quanto docente di un’università cattolica, la Congregazione per la Dottrina della fede avviò per prassi un lungo e accurato esame, condotto dal celebre tomista Cornelio Fabro: «Severino critica alla radice la concezione della trascendenza di Dio e i capisaldi del cristianesimo come finora nessun ateismo ed eresia avevano fatto».
Cinque anni dopo, nel 1969, venne decretata l’insanabile divergenza tra Severino e il pensiero cristiano ed il filosofo fu invitato a lasciare l’insegnamento presso l’Università Cattolica.
Da qui in poi Severino fu sempre descritto come “cacciato dall’Università Cattolica”, spesso dipinto come vittima dell’autorità ecclesiastica e di un processo ingiusto.
L’ultima intervista di Severino: “Non nego Dio”
Eppure, in una delle sue ultime interviste, Emanuele Severino si scrollato di dosso l’etichetta di vittima e, anzi, ha confermato la correttezza dell’ateneo nella sua decisione.
E’ stata la brava Monica Mondo una delle ultime a intervistare Severino, il 25 maggio 2019. Ne è nato un bel dialogo (video più sotto) per la trasmissione “Soul” in onda su TV2000.
Traspare tutta l’umanità del celebre filosofo, la commozione quando ricorda il suo maestro Bontadini e la sua pervicace convinzione di essere dalla parte del vero: «È possibile che il suo pensiero sia un errore?», domanda. «No!», risposta. «È possibile che i miei scritti non siano in grado di esprimere quel contenuto adeguatamente».
Il cristianesimo resta per lui un “errore”, anche se descrisse così il tempo attuale che stiamo vivendo:
«Stiamo abbandonando i valori della tradizione. Ma non stiamo ancora fruendo delle possibilità che ci vengono offerte dal futuro inevitabile in cui la tecnica dominerà. Uso la metafora di quei trapezisti che, essendo inizialmente attaccati al trapezio, lo lasciano per afferrarsi all’altro, che ci sia sotto o no una rete, ma nel frattempo sono sospesi. Noi siamo in questo momento di sospensione che è carico di significato. Il trapezista sospeso ha alle spalle la ricchezza meravigliosa della tradizione, in cui ha gran parte il Cristianesimo certamente, e ha davanti ciò che la tecnica può fare».
Nell’intervista Severino non nega Dio anzi, risponde: «Contesto la premessa “se Dio non c’è” perché sottintende che da parte mia si affermi che Dio non c’è. Invece no». D’altra parte, lo ricordiamo scagliarsi contro l’ingenuo ateismo di Richard Dawkins, definendolo una “grande delusione”.
Si fatica comunque a comprendere il posto di Dio nel suo impermeabile e auto-sussistente sistema filosofico. Fu il suo stesso maestro, Gustavo Bontadini, a rispondere definitivamente a Severino rinnovando nel “principio di creazione” da parte di Dio il superamento dell’apparente contraddittorietà -messa in luce da Severino-, del divenire tramite l’azione creatrice.
Severino e il giusto principio usato dalla Cattolica
L’intervista giunge fino alla domanda sull’episodio di cui tanto si è parlato, la “scomunica” e l’esonero dell’insegnamento all’Università Cattolica.
«Lei non si è mai sentito né proclamato vittima del potere ecclesiastico», gli domanda Monica Mondo.
Ed ecco la risposta di Severino:
«Perché sono il primo io a riconoscere che in una università cattolica i professori devono sottostare a una prospettiva per la quale l’università è cattolica, e quando ho incominciato a maturare il mio modo di pensare, ero il primo a capire che avrei dovuto lasciare quell’università».
L’Università Cattolica, come ha riconosciuto lo stesso filosofo bresciano, agì secondo un principio sacrosanto.
Naturalmente non c’è l’obbligo di aderire al cattolicesimo, ma è comprensibile che un docente di filosofia che un università propone ai suoi studenti dovrebbe per lo meno condividerne i principi filosofici e non proporre un insegnamento incompatibile.
L’esonero di Severino è un principio legittimo adottato in tanti altri casi, usato ad esempio nel 2004 dal Woods Hole Oceanographic Institution (New England) quando decise di esonerare il biologo americano Nathaniel Abraham, nel momento in cui iniziò a negare l’evoluzione biologica.
Perché non si parla di Abraham come una vittima del “potere evoluzionista”?
1 commenti a Emanuele Severino: “L’Università Cattolica agì nel giusto”
È sempre apprezzabile che un pensatore, anche se lontano dalla visione cristiana, riconosca onestamente la correttezza dell’istituzione ecclesiastica che lo ha ammonito. Ma è anche importante ricordare, con spirito di verità, che l’opera di Severino, al di là dello stile nobile e della coerenza formale, si colloca pienamente dentro l’orizzonte idealista di marca gnostica, in cui l’essere si riduce all’apparire alla coscienza. Come già in Hegel, sottolinea un odierno articolo proprio di un esperto, il padre domenicano Giovanni Cavalcoli, non si dà più un essere extramentale, ma solo ciò che si manifesta al pensiero, escludendo quindi ogni apertura all’essere creato e al Dio creatore. Un realismo autentico – come sempre insegnato dalla Chiesa, in particolare attraverso il tomismo – è invece fondato su un essere che precede il pensiero e lo fonda. Il rischio di una tale filosofia, come ammoniva già Guardini, è quello di sostituire al Dio vivente la razionalità assolutizzata, in cui la salvezza si riduce a conoscenza e l’uomo finisce per divinizzare se stesso.