Senza woke le università sono costrette a premiare il merito

università woke

L’ideologia woke ha corrotto le università. I sistemi di assunzione e pubblicazione dipendono dalle politiche DEI e non dal merito, ma le cose stanno finalmente cambiando. L’accusa dello psicologo Jordan Peterson.


 

E’ meglio assumere, promuovere e pubblicare in base a etnia, sesso, genere e identità sessuale o secondo i criteri di verità, qualità e merito?

A puntare il dito contro l’espansione delle politiche DEIDiversity, Equity and Inclusion – è Jordan Peterson, psicologo clinico canadese e celebre intellettuale critico della cultura woke.

Il DEI ha corrotto ogni ambito della società americana generando il caos, tanto che le grandi aziende se ne stanno liberando.

L’ultima “resistenza woke” è quella delle grandi università dove ancora l’inclusività ideologica è il metro obbligatorio di valutazione per assunzioni, promozioni e finanziamenti.

Sotto accusa, in particolare, le università americane più prestigiose: Harvard, Columbia e Stanford.

 

Università e woke: l’obbligo del programma DEI

Nel suo ultimo video, lo psicologo canadese le accusa di aver abbandonato il merito e la ricerca della verità per sottomettersi a un’agenda ideologica: «Le università d’élite stanno crollando sotto il peso delle loro stesse bugie», afferma senza mezzi termini.

Peterson ricostruisce l’evoluzione di queste politiche: introdotte inizialmente come facoltative nei primi anni 2010, sono diventate progressivamente obbligatorie. Entro il 2018, sostiene, le dichiarazioni DEI non erano solo richieste, ma determinanti nei processi di selezione, soprattutto nelle facoltà di scienze umane e medicina.

Lui stesso ha fatto per anni parte del sistema accademico d’élite, dal quale è stato estromesso per essersi rifiutato di sottomettersi. Ma già dagli anni ’80, dice, chiunque fosse anche solo minimamente qualificato ma appartenesse a una minoranza veniva sistematicamente favorito.

Soprattutto dopo la tragica morte di George Floyd nel 2020, «siamo arrivati al punto in cui non puoi essere assunto, promosso o ricevere fondi se non dimostri il tuo impegno nei confronti della diversità, dell’equità e dell’inclusione. E questo significa che hai smesso di usare la verità, la qualità e il merito come criteri», afferma il celebre psicologo.

«E allora perché dovresti ricevere ancora soldi pubblici?», chiede.

 

Trump sospende le sovvenzioni statali agli atenei woke

Negli USA è un tema caldo da quando il presidente Donald Trump ha deciso di sospendere le sovvenzioni statali agli atenei che si sono rifiutati di modificare le proprie politiche di ammissione e assunzione.

Peterson solleva anche un punto cruciale: chi può garantire, oggi, che un medico neolaureato sia stato scelto e valutato secondo criteri realmente scientifici e non ideologici?

 

Gran parte dei docenti complice del sistema

La parte forse più amara del discorso è rivolta ai colleghi accademici che, a suo dire, hanno scelto (non tutti, per fortuna) di piegarsi senza combattere.

«Se solo cinque professori di peso, in tre università importanti, si fossero uniti per dire “no”, nulla di tutto questo sarebbe accaduto. E invece non è successo. È una codardia che ancora oggi mi sconvolge».

Peterson porta ad esempio l’esperienza di Jay Bhattacharya a Stanford, uno dei pochi che ha osato opporsi all’ondata ideologica e che ha pagato un prezzo personale. Oggi, con l’attuale amministrazione, è riuscito ad emergere ed è direttore del National Institutes of Health.

Ma casi come il suo sono rari. «La maggior parte si è piegata. Ha preferito la sicurezza personale alla difesa della verità», commenta Peterson.

 

Le università hanno tradito il loro mandato

Secondo l’eminente psicologo, infine, il mondo accademico americano non è solo in crisi: ha tradito il suo mandato.

E il conto – dice – sta arrivando: «Harvard, Columbia, le grandi università stanno tremando. Sanno di essersi messe nei guai da sole. E qualunque cosa stia per accadere, se la meritano».

Il tono è duro, come spesso accade nei video di Jordan Peterson, ma il messaggio sottostante è chiaro: l’università, se vuole sopravvivere, deve tornare ad essere ciò che era nata per essere – un luogo libero, meritocratico, orientato alla ricerca della verità e non alla militanza ideologica.

Autore

La Redazione

4 commenti a Senza woke le università sono costrette a premiare il merito

  • Rafael JC ha detto:

    Con questa esperienza risulta ancor più verosimile quanto in fiction descrive Houellebecq in “Sottomissione”: la Sorbonne che si piega all’islam, con conversioni di massa tra i docenti.

  • Cawto ha detto:

    Esatto e dev’essere proprio in nome della meritocrazia che Trump ha deciso di impedire a Harvard l’iscrizione di studenti stranieri 😀