La fede basata su ragione e intuizione: cosa insegna Pascal

Fede e ragione, ma cosa significa una fede ragionevole? Lo spiega Blaise Pascal indicando il connubio tra intuizione spirituale e spirito critico sull’esperienza. Perché la fede non diventi fideismo e perché la ragione non diventi razionalismo.


 

Blaise Pascal fu tra i grandi del Seicento, matematico e fisico geniale, inventore della prima macchina calcolatrice funzionante.

Ma anche pensatore illuminato, critico tanto dello scetticismo e del dubbio metodico quanto del fideismo e del dogmatismo.

Non razionalista, ma razionale.

Fu il primo a teorizzare l’idea dell’intuizione spirituale per spiegare il presentimento di Dio e di certe verità.

 

Cos’è la fede basata sull’intuizione

L’intuizione è una valutazione globale delle cose senza analizzarne coscientemente gli aspetti uno per uno.

Avvista verità anche nel campo matematico e scientifico, precedendo la ragione e indicandole la via da seguire per consolidarne le scoperte.

L’intuizione spirituale è detta da Pascal anche “cuore”, ma non nel senso di emozione. Mentre questa è cieca, l’intuizione vede. «Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce: lo si osserva in mille cose»1Pascal B., Pensieri, Mondadori 1976, p. 282.

L’intuizione vede per esempio che la felicità, l’onestà, la libertà, la bontà, la giustizia sono profondamente convenienti alla natura umana e per ogni individuo, anche se dovessero costare grandi sacrifici. Lo capisce con immediatezza, senza bisogno di particolari ragionamenti o di prove scientifiche. Anzi, l’intuizione lo capisce più chiaramente che se tali prove ci fossero.

L’intuizione ha una sua certezza morale e validità, interviene spesso nelle relazioni interpersonali e nei sentimenti che sperimentiamo, e ci guida costantemente nell’esperienza quotidiana.

Anche nelle questioni più importanti della vita spesso manca la certezza razionale e prendiamo decisioni coinvolgendo la nostra persona sulla base di ripetute intuizioni.

Lo stesso vale per la realtà del mistero dell’esistenza, del senso di Dio. È in tal senso che la fede intuitiva può essere chiamata sentimento religioso.

La fede intuitiva, quella che non conosce esplicitamente le ragioni per credere, la manifesta Kant nell’accorgersi che il suo animo si riempie «di ammirazione e venerazione» guardando «il cielo stellato sopra di me»2Kant I., Critica della ragion pratica, ma di fatto è la forma più comune e la più diffusa tra i credenti.

Come scrive Jean Guitton: «I cristiani che possono giustificare la loro fede attraverso le ragioni sono un numero infimo in confronto della immensa massa dei fedeli»3Guitton J., Perché credo, SEI 1973, p. 82.

Tuttavia non è sufficiente solo una fede intuitiva (in tutti i campi, non solo quello religioso), innanzitutto perché è facilmente assalita dal dubbio che le sue evidenze siano puramente soggettive, in secondo luogo perché genera una fede limitata al soggetto, un’opinione privata.

Da questo punto di vista non hanno torto i non credenti che si convincono che la fede sia soltanto emotività e fideismo cieco (ma anche il loro ateismo è, molto spesso, «più sulla labbra che non nel cuore», come scrisse Francis Bacon).

 

Cos’è la fede basata sulla ragione

Se è chiaro cosa sia la fede intuitiva, come si intende il contributo della ragione?

Come è stato giustamente osservato, nella fede la ragione interviene quando l’intera persona si impegna nel sottomettere ciò che crede intuitivamente o gli viene detto/insegnato al feroce vaglio della propria esperienza.

Ovvero, è l’atto di verificare costantemente e continuamente (non basta una volta sola) se la pretesa cristiana mantiene la promessa di felicità e umanità e risponde davvero al bisogno di significato che pervade la vita.

Questo comporta una forma di atteggiamento critico, nel tenere in continuo stato d’assedio le convinzioni intuitive (basate sull’intuizione spirituale), verificando se l’avvenimento di Cristo risponde realmente alle esigenze di senso, anche sotto la pressione delle ipotesi alternative e delle risposte mondane.

Per Pascal ovviamente c’è anche il rischio opposto.

La ragione umana senza intuizione spirituale genera l’incoerenza del razionalismo, del positivismo, dell’indifferentismo. In sostanza è una ragione limitata perché, «il supremo passo della ragione sta nel riconoscere che c’è un’infinità di cose che la sorpassano»4Pascal, Pensieri, Mondadori 1976, n. 139.

 

La fede come ragione e intuizione

Che la fede necessiti di ragione, da una parte, e di intuizione, dall’altra, sembra emergere dall’insegnamento evangelico.

 

Gesù Cristo e gli apostoli predicarono infatti una fede basata:

Sulla ragione:
«Le opere che il Padre mi ha dato da compiere… testimoniano di me» (Gv 14,11; 5,36; 10,25);
«Venite e vedete» (Gv 1,46);
«Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete giudicarlo?» (Lc 12,34; Mt 16,2);
«Anche se non credete a me, credete almeno alle mie opere» (Gv 10,37);
«Le sue (di Dio) perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute (nella natura)» (Rm 1,20);

Sull’intuizione spirituale:
«Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20,29);
«Nessuno può venire a me se il Padre non lo attira» (Gv 6,44);
«Chi ha orecchi per udire, oda» (Mt 13,9);
«Io ti rendo lode, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25);
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3);

Autore

La Redazione

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