Sei cattolico perché sei nato in Italia (e altre fallacie)
- Ultimissime
- 18 Dic 2024
Come rispondere alla famosa obiezione del relativismo religioso geografico o culturale? Siamo cattolici solo perché nati in ambito cattolico? Abbiamo individuato 5 importanti errori commessi da chi sostiene questa obiezione e vuole ridurre la fede cristiana a “una delle tante”.
“Sei cattolico solo perché sei nato in Italia”.
Non te l’hanno mai detto? Impossibile, è un noto tentativo di ridurre la religione ad una estensione della cultura e della posizione geografica.
L’obiezione più completa suona più o meno così: «Credi che il cristianesimo sia vero semplicemente perché sei cresciuto in una cultura cristiana. Se fossi cresciuto in una cultura musulmana, ad esempio, crederesti che l’Islam fosse vero con la stessa passione e certezza».
Ecco come ha formulato l’argomento Richard Dawkins:
«Quanto è premuroso Dio dal disporre le cose in modo che, ovunque tu sia nato, la tua religione locale si riveli essere quella vera».
Mentre è ovvio che le influenze culturali e geografiche favoriscono spesso un particolare punto di vista o un comportamento, abbiamo comunque individuato almeno cinque errori clamorosi commessi da chi generalizza questo elemento per negare la verità del cristianesimo.
Possiamo chiamarlo l'”argomento del relativismo religioso geografico“, oppure l'”obiezione del bias culturale”.
1) L’origine di una credenza non determina la sua verità
Nella sua frase citate sopra, Dawkins lega l’argomento alla verità della propria religione.
E’ il primo errore importante del relativismo religioso geografico sostenere che l’origine in un determinato contesto culturale o area geografica influisca sul fatto che un’idea sia automaticamente vera o falsa.
In filosofia può essere definita una fallacia genetica, ovvero si giudica la verità di un’idea sulla base della sua origine piuttosto che dei suoi meriti.
Per fare un’analogia, se fossimo nati su un’isola deserta in cui gli abitanti fossero tutti estremamente convinti che la terra sia piatta, ciò non cambierebbe il fatto oggettivo che è rotonda.
La verità è indipendente dalle circostanze geografiche o culturali.
2) Nessuno divieto a contrastare la propria cultura
E’ vero che l’Occidente è un continente profondamente influenzato e segnato dal cristianesimo, vi sono milioni di persone che credono a tutt’altro.
Il secondo errore è trascurare che non c’è nessun obbligo ad aderire alla verità cristiana e non c’è nessun divieto a sposare altri convincimenti. C’è sempre un’interazione dinamica tra individuo e contesto geografico e culturale.
Questo vale per tutte le convinzioni che sono disallineate con la cultura d’origine.
Ecco tre esempi che contrastano l’assunto del determinismo culturale/geografico assoluto:
- Tantissimi arabi che si convertono al cristianesimo senza mai lasciare la loro terra d’origine;
- Nelle nazioni a regime comunista (come la Cina) moltissimi abbracciano idee capitalistiche o liberali, anche a rischio della vita;
- In società tradizionalmente conservatrici, molte persone scelgono stili di vita radicalmente progressisti…e viceversa;
Le persone non sono semplicemente “programmate” dal loro contesto culturale, ma hanno la capacità di esplorare, mettere in discussione e cambiare il loro punto di vista.
Lo dimostra anche l’indagine psicologica della fede, l’eminente psichiatra argentina Ana-María Rizzuto, docente di Psicologia della religione presso l’Università di Harvard, ha smentito infatti la riduzione storicistica che vorrebbe spiegare ogni scelta della persona in base all’ambiente o all’educazione ricevuta1A. Rizzuto, The Psychological Foundations of Belief in God, 1980, p. 126.
3) La fede si basa su ragioni esistenziali, non sulla cultura
L’obiezione del relativismo religioso geografico presume che la fede sia semplicemente una questione di tradizione culturale.
Il terzo errore è confondere l’adesione formale e culturale al cristianesimo (in Italia esiste la categoria degli “atei devoti”, all’estero li chiamano “cristianisti”2R. Brague, E. Grimi, Contro il cristianismo e l’umanismo, Cantagalli 2015) al credere nella sua verità.
Molte persone decidono di credere nel cristianesimo non solo perché influenzate da una cultura cristiana, ma perché vivono delle esperienze, degli incontri che le portano a convincersi che quanto è stato loro insegnato è effettivamente vero e corrispondente alla verità che cercano.
Lo stesso accade anche all’interno di culture non cristiane, la persona si imbatte in alcune circostanze (un incontro con un missionario, ad esempio) che la porta a dubitare delle convinzioni religiose apprese dalla cultura del suo Paese e decide di cambiare vita.
Inoltre, la fede cristiana si stabilizza e diventa convincente razionalmente nell’individuo anche attraverso argomenti filosofici, storici e morali, dipendenti certamente dalla cultura personale (curiosità intellettuale, perspicacia conoscitiva, livello d’istruzione ecc.) ma totalmente indipendenti dal luogo geografico in cui il soggetto nasce.
Ecco come J. Warner Wallace, ex ateo americano, spiega l’inizio della sua conversione cristiana:
«Non sono cresciuto in un ambiente cristiano. L’uomo che rispettavo più di chiunque altro (mio padre) è sempre stato un ateo convinto. Non ho conosciuto nessun cristiano dichiarato durante la mia crescita, e sono stato ostile alle affermazioni del cristianesimo fino all’età di 35 anni. Mentre avevo esaminato un certo numero di religioni orientali, il mormonismo, l’Islam e la fede Bahá’í, alla fine mi sono convinto grazie all’affidabilità storica del Nuovo Testamento. Sulla base di quei resoconti, ho iniziato un’indagine sul cristianesimo e sull’esistenza di Dio. Come tanti altri, sono arrivato a credere che il cristianesimo sia vero non a causa delle influenze che mi circondavano, ma sulla base della forza delle prove per stesso»3J.W. Wallace, Am I a Christian Simply Because I Was Raised in a Christian Culture?, Cold-Case Christianity 31/01/2008.
Questo perché la diversità culturale non invalida la ricerca della verità.
Se il contesto culturale fosse l’unico determinante dei propri convincimenti, nessuno potrebbe cercare risposte migliori e confrontare diverse visioni del mondo per capire quale sia più plausibile.
4) Relativismo religioso non ha senso con il cristianesimo
Il quarto errore è rivolgere quest’obiezione proprio al cristianesimo, non riconoscendone la diversità.
Come già detto, il relativismo religioso geografico/culturale non è un’assurdità e ci sono alcune prove a suo sostegno anche nello specifico caso religioso.
Infatti, circa il 96% dei musulmani vive in Medio Oriente, Africa e Asia meridionale, quasi il 90% dei buddisti vive in Asia orientale, quasi il 100% degli indù vive in India o Asia meridionale e il 76% degli atei vive in Asia e in Oceania (meno del 10% in altre aree)4WIN-Gallup International, Global Index of Religiosity and Atheism, 2012.
Un po’ meno vero per gli ebrei, suddivisi in maniera abbastanza equa tra Israele (il 43%) e gli Stati Uniti (39%).
L’unica religione che non segue questa tendenza è proprio il cristianesimo.
Esso infatti è diffuso praticamente ovunque con percentuali superiori al 70% della popolazione totale in Nord America (USA e Canada), America Latina e Caraibi, Australia e Nuova Zelanda, Europa occidentale e centrale e orientale. Percentuali attorno al 50% sono presenti nell’Africa sub-sahariana e tra il 5 e il 20% nell’Africa settentrionale, nell’Asia orientale e sud-orientale e nell’Asia centrale e meridionale.
Nel libro Whose Religion is Christianity? (Eerdmans 2003), Lamin Sanneh della Yale Divinity School, ha proprio sostenuto i vari motivi per cui la fede cristiana si differenzia dalle altre, citando tra le altre anche il non rispetto dei confini geografici.
5) Il relativismo religioso si contraddice immediatamente
Il quinto errore è non accorgersi della contraddizione.
Chi pronuncia tale argomento infatti non si rende conto di auto-contraddirsi non appena ha terminato la frase.
Se è un non credente cresciuto in un ambiente secolarizzato, allora il suo scetticismo sarebbe altrettanto “programmato” quanto la fede di un credente. Come può negare il fatto che sta solo praticando il sistema culturale appreso nel suo paese o nel suo ambiente?
Se è un non credente cresciuto in un ambiente cristiano, o comunque non secolarizzato, è lui stesso la prova vivente del fallimento del suo argomento.
Questo secondo caso è proprio quello, ad esempio, del biologo ateo Richard Dawkins, cresciuto nell’Inghilterra anglicana ed il primo a non ritenere vera la sua religione locale.
Tutto questo implica che la nostra visione del mondo può essere influenzata dal contesto culturale/geografico, ma non è sufficiente per negare la verità del cristianesimo o ridurlo a una religione tra le tante.
Come ha osservato lo scrittore Vittorio Messori:
«Non siamo cattolici perché questa è la tradizione che abbiano trovato dove siamo nati, perché non conosciamo altro. No, invece: conosciamo, confrontiamo e valutiamo. E forse è proprio per questo siamo grati di essere come siamo»5V. Messori, M. Brambilla, Qualche ragione per credere, Ares 2008, p. 94.
7 commenti a Sei cattolico perché sei nato in Italia (e altre fallacie)
Tra l’altro, come mi pare è già stato fatto notare in questo sito, se questo principio fosse vero come mai quasi tutti gli altri militanti vengono da famiglie religiosissime che andavano a messa tutte le domeniche? Alcuni sono addirittura ex-seminaristi.
Piccolo OT. Da utente storico del sito apprezzo moltissimo vedere giorno per giorno il ritorno degli utenti storici di Uccr! Benritrovato Lord Romulus
1) che c’entra la verità con una credenza religiosa?
2) il cristianeismo impone l’appartenenza religiosa alla nascita con il battesimo, poi con l’IRC su bambini a partire dai 3 anni, poi con il catechismo, poi nelle istituzioni ecc..
Altre religioni hanno una connotazione etnica, per cui certamente la stragrande maggioranza dei cristiani o musulmani o ebrei lo è perché nasce in una famiglia che impone la propria religione.
4) il cristianesimo si diffonde per discendenza familiare, quindi è diffuso la dove sono diffuse famiglie cristiane o dove si riesce a installare un piccolo nucleo di famiglie cristiane che non usando i preservativi e battezando i neonati fanno aumentare subito il numero di fedeli.
La pricnipale differenza con l’ebrasimo è che il cristianeismo ha eliminato notazioni etniche, ha tolto la circoncisione, i precetti della Torah ecc.. quindi è una religione di massa.
Sono piegato dal ridere. Ma all’UAAR non avete qualcuno un filino più preparato?
Dai, punto 1) Cosa c’entra la verità con una credenza religiosa: quindi, secondo te, se una religione dicesse che la Terra gira attorno al Sole, come in effetti avviene, o che quando un bicchiere di vetro cade si rompe, queste cose non sarebbero più vere perché predicate da una fede religiosa?
Punto 2) il cristianesimo non impone un bel niente, moltissimi bambini non vengono battezzati e non per questo vengono esclusi dalla cittadinanza, e l’IRC, forse non lo sai, è facoltativa, esattamente come il catechismo.
Punto 3) La tua lingua madre te l’hanno insegnata i tuoi genitori o qualcun altro? E non dipende forse dal luogo? E come questa una certa formazione culturale, determinati gusti di cucina, lo studio di alcune opere classiche ecc. ecc. La battuta sui preservativi poi è memorabile.
Siete davvero alla frutta, o (per citare l’indimenticato shiva 101 che allignava in queste pagine alcun anni fa) siete su un binario morto.
Le rispondo volentieri, alla grande:
1) infatti la chiesa diceva il contrario! Anche sparando cose a caso c’è sempre la probabilità di indovinare una verità, ma di base quello che sostiene la religione non può mai essere vero perché segue un metodo fallace (quello dell’autorità), è superstiziosa e sopratutto segue interessi politici ed economici;
2) il cr. impone l’appartenenza religiosa, a me nessuno ha mai chiesto il permesso di entrare nella chiesa e l’IRC è obbligatoria di fatto, perché il concordato impedisce che l’ora alterativa (che semmai dovrebbe essere quella religiosa) sia formativa perché altrimenti sarebbe discriminatoria verso quelli che scelgono l’IRC quindi obbliga che sia un’ora persa e quindi di fatto obbliga a frequentare l’IRC. Inoltre vengono attuate ingerenze per impedire un corretto adeguamento formativo da parte degli Istitui per organizzare in tempo l’ora alternativa;
3) la lingua i gusti in cucina non sono principi ideologici e non invadono la sfera dell’identita personale;
4) quella sui preservativi non era una battuta: i preservativi sono tassativi vietati dalla dottrina cristiana, vedi l’enciclica di paolo6 “Humanae Vitae”. E i figli da battezzare aumentano all’infinito.
Dovreste prepararvi di più, così è troppo facile mettervi in riga. Sì, ricordo il grande Shiva101, lo ammiro molto, vorrei essere proprio come Lui, per me sarebbe un miracolo!
Caschi malissimo, ciccio. Io sono insegnante, e ho fatto alternativa alla IRC, quindi sappi che l’ora di religione è ASSOLUTAMENTE FACOLTATIVA. Lo so che vi rode che in moltissimi la seguano, ma dovrete farvene una ragione. Hai detto una monumentale castroneria, ma è solo una delle tante 😀 Andiamo avanti. La Chiesa non si è mai impicciata di tematiche astronomiche, ma casomai non lo sapessi, ti informo che Nicolò Copernico, studioso che ha teorizzato il moto della terra attorno al Sole era un prete, morto nel suo letto senza alcun problema con la gerarchia ecclesiastica. Se hai intenzione di tirar fuori il buon Galileo, sappi che sono prontissimo e che qui su UCCR se ne è parlato diffusamente. Quanto all’affermazione che la cucina non faccia parte dell’identità personale, sono ancora in preda all’ilarità. I preservativi, certo che sono vietati dalla Chiesa, mai detto il contrario! Ma tu hai fatto un parallelo improprio, “niente preservativo = tanti figli”. E tu saresti quello che mi ha messo in riga? Semmai mi hai fatto piangere dalle risate! Salutami Shiva 101, il buffone di corte di satana 😀
Ignoranza portami via. Bastasse il battesimo ad aumentare il numero dei credenti dal punto di vista concreto, ovvero a suscitare automaticamente la fede, vivremo in un mondo di santi. Poi mi pare che lei non abbia mai aperto un libro di IRC, altrimenti saprebbe che questi testi danno ampio spazio anche alle altre religioni: uno studente attento potrebbe tranquillamente apprendere, fare dei confronti e poi scegliere. Che poi l’IRC sia facoltativo ormai lo sanno anche i sassi, e infatti c’è chi sceglie di non seguirlo.
MastroMatteo ha giustamente fatto notare come la lingua, banalmente, venga trasmessa dalla famiglia d’appartenenza. Aggiungo: qualsiasi dato culturale, e di conseguenza anche ideologico, viene trasmesso dalla famiglia. Ed è ovvio sia così. Se una famiglia atea educa un bambino a odiare i cristiani va bene perché a lei fa comodo, mentre se una famiglia cristiana educa un bambino alla fede no? Il dato dirimente è che la famiglia trasmette l’educazione alla fede, non la fede: quella resta sempre una scelta dell’individuo, l’accettazione di un dono. Altrimenti, seguendo la sua teoria, non esisterebbero né i convertiti da un lato, né l’apostasia dall’altro.
Infine, la Chiesa vieta i contraccettivi ma non i metodi naturali. La Chiesa non obbliga nessuno a fare figli, anzi più volte ha richiamato ad una “genitorialità responsabile”, che tenga conto delle reali possibilità della famiglia. Dall’altro lato invece c’è un’Europa che sta abbandonando proprio il concetto di “genitorialità”, visto il calo demografico: forse forse se noi cristiani per primi ci dessimo un po’ da fare per invertire la rotta non sarebbe male.