Vito Mancuso diventa zen: «La mia fede nell’armonia mobile»

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Vito Mancuso e la fede nell’armonia. Commento all’ultimo editoriale zen del teologo mediatico, noto come cattolico ma che è in profonda antitesi con la teologia cattolica.


 

Vito Mancuso non delude mai.

Da sempre coccolato dall’élite laico-progressista, che può così vantarsi di avere tra le proprie fila perfino un teologo cattolico (come sono inclusivi!), Mancuso da qualche anno firma gli editoriali de La Stampa.

Ha naturalmente tutto il diritto di pensare e scrivere quello che vuole, stona un po’ però il presentarsi come teologo cattolico.

Da quando ha lasciato l’abito da prete dopo otto anni di seminario milanese, Vito Mancuso professa una forma di spiritualismo cristiano-buddhista-vegano-ecologista, un moralismo new-age basato sull’“empatia”, l’“armonia” e l’“energia”.

Ancora una volta, tutto lecito e anche interessante a volte. Ma non è teologia cattolica.

 

Vito Mancuso e la ricerca zen dell’armonia

Nel suo ultimo editoriale il teologo di Carate Brianza conferma la sua deriva zen: «La mia fede è nell’armonia quale logica complessiva del mondo e della vita».

Una frase da scatola di cioccolatini ma che invece è la conclusione di un pensiero più articolato.

Mancuso ricorda infatti che «un tempo si cercava il punto fermo in cui avere fede pensando che qualcosa (Dio, il partito, la scienza…) potesse essere immobile, o, teologicamente parlando, infallibile». Oggi, scrive, «si è capito che in realtà nulla sta fermo e nessuno è infallibile».

Tutto si muove, noi stessi «ci troviamo su un pianeta che gira su di sé a una velocità di 1700 km/h», nei nostri corpi c’è un continuo ricambio cellulare.

Per cui, conclude Mancuso, un «punto fermo si può dare solo a patto che non sia immobile: ecco la condizione per avere un punto di appoggio per noi postmoderni». Dire il contrario sarebbe, per lui, «dogmatismo e durezza ideologica».

 

La confusione teologica di Vito Mancuso

Ovviamente Mancuso è libero di proporre altra liquidità a una società già liquida, ma parlare di “punto fermo che non è immobile” è un po’ indigesto.

Intuiamo la nefasta influenza di Baruch Spinoza su Vito Mancuso, ma uno studente al primo anno di teologia saprebbe evitare meglio la confusione tra ambito fisico e metafisico. Il fatto che il mondo fisico (le cellule, l’universo) sia “in movimento” non c’entra nulla con la realtà trascendente.

Il Dio di Agostino e Tommaso d’Aquino, ma anche quello di Platone e Aristotele, è al di là del movimento e del tempo, è atto puro, è la Causa incausata che spiega il divenire senza esserne soggetta.

Il concetto di “immobile” per Aristotele non significa “privo di movimento” come Mancuso crede, piuttosto non causato da altro essendo già realizzato in se stesso come atto puro. Infatti la traduzione migliore sarebbe forse “immoto“, cioè non mosso da altri, non condizionato.

Mancuso nega anche teologicamente l’infallibilità della scienza, del partito ma anche di Dio. Già metterli sullo stesso piano è teologicamente da brividi.

Per la teologia cattolica Dio sta alla realtà come uno scrittore alla sua storia, inventata però in un singolo e istantaneo momento. Difficilmente potrà sbagliarsi su qualche elemento della storia, la conosce perfettamente in virtù del conoscere se stesso.

Inoltre, non essendo nel tempo, Dio non ha bisogno di aspettare che accada qualcosa per sapere che accadrà, quindi anche su questo si fonda l‘attributo divino di infallibilità.

Questo è comprensibile da chiunque a meno che, per l’appunto, si aderisca alla visione immanentista di Spinoza dove il divino viene sciolto in una forza impersonale, una armonia logica interna alla realtà, che si manifesta nel movimento stesso della vita.

 

Mancuso non riesce a liberarsi del Dio trascendente

Ma il pensiero spinoziano di Mancuso, mentre cerca di cacciare il Dio trascendente dalla porta, lo fa rientrare dalla finestra.

Se la sua fede è nell’armonia e nella logica del mondo allora presuppone l’esistenza di una causa ordinatrice, che sia immobile (cioè “immota”), intenzionale e trascendente rispetto all’universo stesso.

Il caos emerso casualmente dal nulla, infatti, non produce alcuna armonia, né alcuna logica. E se, per assurdo, l’armonia fosse il risultato del caos o di leggi fisiche impersonali (emerse da dove? Come? E perché?), allora non potrebbe fornire alcun fondamento stabile per la fede. Sarebbe solo un ottimismo irrazionale di fronte a un universo indifferente.

In altre parole, l’armonia non è incausata: essa rimanda necessariamente a un principio ordinatore, a un punto fermo e immobile.

Nel tentativo di liberarsi dal “dogmatismo” si finisce troppo spesso nel cadere in un relativismo postmoderno.

 

Quello cristiano è un Dio immobile (cioè non causato) che si è mosso per commozione verso le ferite dell’umanità, con l’incarnazione e la resurrezione di suo Figlio. Questo insegna la teologia cattolica.

Autore

La Redazione

2 commenti a Vito Mancuso diventa zen: «La mia fede nell’armonia mobile»

  • Giuseppe ha detto:

    Mi chiedo come un personaggio del genere possa presentarsi come “teologo cattolico”. Quello che trovo inoltre sconcertante è che nei sui riguardi non sia stata intrapresa nessuna sanzione canonica.

    • Cook ha detto:

      E non è l’unico purtroppo. Ogni tanto esce fuori qualche teologo o biblista che si definisce cattolico e mette bellamente in dubbio il magistero della Chiesa. Con tutto il rispetto per la critica e l’analisi, non hanno capito che forse piuttosto di passare il Vangelo ai raggi X sarebbe meglio capirlo, spiegarlo e viverlo, se si afferma di credere. Per parte mia sono convinto che la Chiesa a volte dovrebbe porsi con una certa rigidità nei confronti di questi “”””studiosi””””, ma d’altra parte capisco perché non venga fatto, dato che si urlerebbe all’Inquisizione. Tra i due estremi, credo sarebbe sufficiente ribadire più spesso con qualche documento la validità del magistero e dell’insegnamento…