Francesco: «la misericordia? Infinita, ma prima riconosci il peccato»

Il nome di Dio è misericordia«La Chiesa condanna il peccato perché deve dire la verità: questo è un peccato. Ma allo stesso tempo abbraccia il peccatore che si riconosce tale, lo avvicina, gli parla della misericordia infinita di Dio». Queste le parole di Papa Francesco contenute nel libro-intervista “Il nome di Dio è Misericordia” (Piemme 2016), curato da Andrea Tornielli.

Un testo molto bello che sa mostrare l’inesistenza di una contraddizione tra la misericordia infinita di Dio e il sacramento della Confessione e chiarisce che la Misericordia di cui parla così spesso Francesco non ha nulla a che fare con il buonismo o con presunte abolizioni del peccato, come ripetono (con molta furbizia) i giornalisti laicisti e gli improvvisati (a)teologi Antonio Socci ed Eugenio Scalfari.

Dio è misericordioso perché perdona tutto solo se c’è la consapevolezza del peccato, cioè l’accorgimento e il pentimento di aver fatto scelte o intrapreso strade contrarie alla propria felicità (lo aveva già scritto nella bolla Misericordiae Vultus). Si, perché il peccato è un inciampo sul cammino, uno sbaglio per la propria vita, una negazione della propria felicità. E’ peccato perché è contro noi stessi, innanzitutto. E poi contro Dio, perché Lui ci ha creato perché fossimo lieti, compiuti. Non bisogna evitare il peccato perché “facciamo scontento Dio”, come qualche catechista dice ai bambini. Ma perché facciamo scontenti noi stessi, innanzitutto, allontanandoci dal nostro bene e, quindi, da Dio.

“Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”, si legge nel Vangelo di Luca (15, 7). «Seguendo il Signore», commenta Papa Francesco, «la Chiesa è chiamata a effondere la sua misericordia su tutti coloro che si riconoscono peccatori, responsabili del male compiuto, che si sentono bisognosi di perdono. La Chiesa non è al mondo per condannare, ma per permettere l’incontro con quell’amore viscerale che è la misericordia di Dio».

Illuminante anche la riflessione del Pontefice sulla differenza tra peccatore e corrotto. «La corruzione è il peccato che invece di essere riconosciuto come tale e di renderci umili, viene elevato a sistema, diventa un abito mentale, un modo di vivere», ha spiegato Francesco. «Non ci sentiamo più bisognosi di perdono e di misericordia, ma giustifichiamo noi stessi e i nostri comportamenti. Il peccatore pentito, che poi cade e ricade nel peccato a motivo della sua debolezza, trova nuovamente perdono, se si riconosce bisognoso di misericordia. Il corrotto, invece, è colui che pecca e non si pente, colui che pecca e finge di essere cristiano, e con la sua doppia vita dà scandalo. Il corrotto non conosce l’umiltà, non si ritiene bisognoso di aiuto, conduce una doppia vita. Il corrotto si stanca di chiedere perdono e finisce per credere di non doverlo più chiedere. Non ci si trasforma di colpo in corrotti, c’è un declino lungo, nel quale si scivola e che non si identifica semplicemente con una serie di peccati».

Si può essere peccatori ma non corrotti. Un esempio evangelico è Zaccheo, un grande peccatore ma che non aveva il cuore corrotto, tant’è che riuscì a convertirsi quando Gesù scelse di andare a casa sua, scandalizzando i giornalisti tradizionalisti di allora. «Nel suo cuore peccatore aveva qualcosa che lo salvava dalla corruzione. Era aperto al perdono, il suo cuore avvertiva la propria debolezza, e questo è stato lo spiraglio che ha fatto entrare la forza di Dio». La “Chiesa in uscita”, spesso invocata dal Papa, è Gesù che non ha remore di “uscire” ad incontrare Zaccheo, guardandolo come un uomo ferito mentre da tutti veniva considerato come un ladro, e questo sguardo nuovo su di sé gli ha permesso di percepire il suo peccato e convertirsi. «Il peccatore, nel riconoscersi tale», ha concluso Francesco, «in qualche modo ammette che ciò a cui ha aderito, o aderisce, è falso. Il corrotto, invece, nasconde ciò che considera il suo vero tesoro, ciò che lo rende schiavo, e maschera il suo vizio con la buona educazione, facendo sempre in modo di salvare le apparenze».

Francesco non inventa nulla ma ribadisce quanto scritto nel Catechismo: la Chiesa condanna il peccato e abbraccia il peccatore. Correttamente Sandro Magister, il vaticanista più strumentalizzato dagli anti-papisti sedicenti difensori della Tradizione, ha scritto: «Francesco, papa della tradizione».

La redazione

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12 commenti a Francesco: «la misericordia? Infinita, ma prima riconosci il peccato»

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  1. Giulio Quaresima ha detto

    Vedrete che verrà strumentalizzata anche questa storia della corruzione, parola che in Italia assume automaticamente la connotazione giudiziaria. Ma ovviamente il papa intende questa parola in un senso molto più ampio, e penso che siano in pochi quelli che possano sentirsi esclusi (cominciando da me stesso, ovviamente).

    • Vincent Vega ha detto in risposta a Giulio Quaresima

      La corruzione sostanzia l’incapacità di pentirsi, non il peccato. Se tu paradossalmente commetti un peccato ma mentre lo commetti ti distanzi interiormente da esso non puoi dirti corrotto, perché non ti stai autogiustificando, non ti stai autoassolvendo, ma ti riconosci come peccatore.
      Anzi, per un cristiano è importante confessare anche i peccatii dei quali, nonostante una lunga meditazione, non riesce a convincersi del loro essere tali.

      Dal romanzo Il mondo, la carne e padre Smith di Bruce Marshall.

      «“Figliolo”, disse, “son venuto a confessarti”. Il marinaio spalancò due occhi molto celesti, che, evidentemente ci misero un pezzetto a interpretare la sua presenza: ma quando ci furono arrivati, si fecero scuri e irosi. “Mi lasci in pace!” fece il vecchio, sollevandosi un po’ sul letto e poi ricadendo riverso. Il Padre Smith sorrise, stanco. “Figliolo, guarda che stai per morire: codeste arie di miscredente non ti serviranno più, ormai, per far bella figura con nessuno. Hai ancora poco tempo per acquistar meriti. Io sono il sacerdote di Dio e son qui a confessarti”. “è vero, Padre: n’ho fatte di tutti i colori; ma ormai è tardi”. “Non è mai tardi, finché s’ha fiato in corpo. è proprio qui che si manifesta la misericordia di Dio”. Fu subito evidente che il marinaio non praticava più la sua religione da anni. Poi cominciò a parlare al prete di tutte le belle donne che aveva conosciuto a Buenos Aires e a Hong Kong e disse che gli erano piaciute più quelle di Hong Kong ora che ci pensava, non gli dispiaceva affatto d’aver conosciuto queste donne, perché erano tutte così belle, e gli sarebbe piaciuto conoscerle un’altra volta se gliene fosse capitata l’occasione. Il Padre Smith disse che faceva molto male a pensare così, e che il Signore, la Madonna, san Giuseppe e tutti i santi erano molto più belli di tutte le prostitute cinesi messe insieme; ma questo, il vecchio marinaio lo mise in dubbio, e aggiunse che neppure ora gli dispiaceva d’aver conosciuto quelle donne. Il prete disse che non era questo il modo di parlare a Dio in punto di morte e che il marinaio avrebbe fatto meglio a pentirsi alla svelta dei suoi peccati se non voleva andare all’inferno e perdere Nostro Signore per sempre; ma quello rispose che mentre si pentiva d’aver lasciato così spesso i Sacramenti e di non aver amato di più Dio, non si pentiva affatto d’aver conosciuto tutte quelle donne, perché erano tutte così belle e alcune anche tanto buone. Disperato, il Padre Smith gli chiese allora se si pentiva di non pentirsi d’aver conosciuto tutte quelle donne, e il marinaio rispose di sì, che si pentiva di non pentirsi e sperava che Dio l’avrebbe capito. Al che il Padre Smith disse che credeva anche lui che Dio l’avrebbe capito, e dette al vecchio marinaio l’assoluzione dei suoi peccati».

      E quante volte capita anche a me di pentirmi di non riuscire a pentirmi. 😉

      • Giulio Quaresima ha detto in risposta a Vincent Vega

        Bella e sottile citazione: pentirsi di non pentirsi, ovvero riconoscere di non essere in grado di sentire da soli dove sta il bene, e accettare quindi la guida Altrui.

        • Vincent Vega ha detto in risposta a Giulio Quaresima

          Esattamente. 😉

          È questa la cosa più importante, molto più importante che essere in grado di riconoscere intellettualmente che il proprio peccato sia tale. Bisogna confessarsi conoscendo ciò che è peccato anche se detto peccato noi non riusciamo a riconoscerlo in cuor nostro, proprio così.
          È importante questo. In caso contrario ci si avvia verso la superbia, che porta alla corruzione interiore, e infine alla dannazione.

          Non perché i peccati compiuti siano imperdonabili, ma perché accrescendo la superbia nel proprio cuore li si giustifica. E se il perdono non viene chiesto non viene nemmeno dato. 🙂

          È così che ci si danna.

          • Licurgo ha detto in risposta a Vincent Vega

            Mi permetto una cosa.
            Ove si fa ingiustamente del male a qualcuno (intendendo male in senso lato non per forza in senso fisico o con estreme conseguenze, ma anche quello), pentirsi del male fatto implica anche riparare al danno che si è fatto, ove possibile, o cercare di fare il bene a qualcun altro, sforzandosi verso una condotta migliore; se solo ci si pente e poi si torna a fare del male alla gente, al di là di discorsi di tipo penale (appunto prima dicevo in senso lato) ma stando solo sul lato morale, è lassismo.
            So bene che il cristianesimo, essendosi Dio incarnato nell’Uomo, prevede questo nella riparazione al peccato e dunque il Papa e voi magari lo date implicitamente per scontato, però è bene sottolinearlo, visto che anche io lo condivido, perchè, col fatto che è importante essere umili e riconoscersi come peccatori, non sembri un certo lassismo nei confronti del prossimo.

            • Vincent Vega ha detto in risposta a Licurgo

              Concordo Licurgo. 🙂

              Ciò che ho scritto era in particolare riferito ai peccati del sesto comandamento, che come vedi erano anche quelli del marinaio della citazione (non mi riferivo quindi ai peccati che fanno del male alla gente, ma ad atti tra persone adulte e consenzienti).Si sa che è il sesto a creare più problemi, e quello dove si è creata piu differenza tra la morale della maggioranza dei cattolici e la Chiesa.
              Confesso che anche per me è così, eppure non è certo una giustificazione per non confessarsi. Un peccato va confessato ancne quando non si riesce a ritenerlo tale, è importante.
              Quando si sa che una certa cosa è peccato bisogna confessarla anche se non si riesce a convincersi che lo sia, come ha fatto il marinaio.

              In questo subentra il pentirsi di non riuscire a pentirsi, ovvero il dispiacere di non riuscire a capire il perché certe cose siano peccato anche quando la nostra coscienza ci dice il contrario.
              Naturalmente non mi riferivo a peccati come il furto, l’assassinio, il defraudare della giusta mercede gli operai, il non onorare il padre e la madre eccetera, quelli la legge morale che è dentro di noi non fatica (a meno che non si sia del tutto amorali) a riconoscerli come peccati, e come hai giustamente detto tu se si è fatto del male alla gente bisogna anche sforzarsi di riparare.

              Mi riferivo in particolar modo al sesto comandamento, che è in assoluto quello dove è più facile cadere.

  2. soren liston ha detto

    Signore Gesù salvami ti prego, sono peccatore

  3. Licurgo ha detto

    Devo dire che è la prima volta che sento questo Papa pronunciare un discorso di spessore intellettuale così elevato, perfetta conciliazione, nella definizione del rapporto tra l’Uomo e il Male, tra intellettualismo socratico e importanza della volontà, di tipo molto Scolastico, e contrariamente a Ratzinger, Bergoglio non mi era mai sembrato maneggiare molto bene la Scolastica.
    Beninteso, quando dico che a me -magari per mie mancanze nel seguirlo essendo non religioso e dunque un po’ distaccato oppure anche per il suo stile molto diverso da quello formale a cui siamo abituati in Europa occidentale- non era mai parso pronunciare discorsi di spessore teologico elevato, non sto dicendo che tout court non sappia fare il Papa (non mi permetterei mai, non essendo nemmeno parte del mondo della Chiesa) o tantomeno che abbia qualcosa che non va come persona, stanti le liti che mi è capitato di leggere per via della querelle con Socci e il suo gruppo e che non voglio alimentare, non essendo io nemmeno un credente e parendomi comunque, visto che è onesto dire la propria, di sapore molto apodittico e poco consistente anche a livello di valutazione del sistema formale della Chiesa e molto legato a qualche profezia che, presa senza contesto e critica testuale, si può usare per dire tutto e il contrario di tutto.
    Poi comunque dopo questa valutazione mi ricredo anche sui discorsi di spessore, visto che questo ne ha molto.

  4. Alessandro ha detto

    Ultimamente, comunque, Magister mi sembra tutt’altro che tenero nei confronti del Santo Padre. Quasi tutti i suoi articoli sono ormai di critica. Se è indubbiamente più rispettoso del pessimo Socci non si può certo dire che sia benevolo.

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