Le cose da sapere sul Giubileo della Misericordia

porta santaL’8 dicembre 2015, in occasione della festa della Immacolata Concezione, Papa Francesco ha aperto il Giubileo straordinario della misericordia (in ricorrenza anche con il cinquantesimo della fine del Concilio Vaticano II), che durerà fino al 20 novembre 2016.

Si tratta di un Anno Santo (o “anno giubilare”), in cui la Chiesa sottolinea alcune caratteristiche della fede cristiana e invita i fedeli a maturare nella fede in relazione ad esse. La principale caratteristica di questo Anno Santo è appunto la misericordia di Dio e, di riflesso, il tentativo di misericordia a cui sono chiamati gli uomini tra loro: «Come è misericordioso Lui, così siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri. “Misericordiosi come il Padre”, dunque, è il “motto” dell’Anno Santo», ha spiegato Francesco.

Cerchiamo di approfondire qui sotto tutte le cose importanti da sapere sull’Anno Giubilare e su come partecipare a questo grande evento.

 

1) QUANDO NASCE L’IDEA DEL GIUBILEO NELLA TRADIZIONE CATTOLICA?
L’inizio è da identificarsi nel Medioevo, dove ci si volle riferire al Giubileo ebraico descritto nell’Antico Testamento che aveva una connotazione prettamente sociale per la riconciliazione delle ingiustizie umane, con liberazione di schiavi e prigionieri e condono dei debiti. Nel Nuovo Testamento, Gesù si presenta come Colui che porta a compimento l’antico Giubileo, essendo venuto a “predicare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4,19, che cita Is 61,2). Dal primo Giubileo del 1300 si sono tenuti 30 giubilei, con indizioni (ordinarie, se legati a ricorrenze prestabilite, o straordinarie) e modalità che sono state variegate nei secoli.

 

2) PERCHE’ PAPA FRANCESCO HA POSTO L’ATTENZIONE SULLA MISERICORDIA?
Lo ha spiegato lui stesso: «Nel nostro tempo, in cui la Chiesa è impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale. È determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tentazione, da una parte, di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che questa è il primo passo, necessario e indispensabile, ma la Chiesa ha bisogno di andare oltre per raggiungere una meta più alta e più significativa. Dall’altra parte, è triste dover vedere come l’esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata. È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli».

La misericordia «apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato. Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti».

 

3) LA MISERICORDIA E’ UN “PALLINO” DI PAPA FRANCESCO?
Chiaramente no, il tema della misericordia è da sempre al centro della predicazione della Chiesa, l’attenzione al binomio peccato-perdono è fortissima già nei primi secoli della Chiesa, negli scritti dei Padri e in particolare del santo patrono dell’arcidiocesi di Milano, Ambrogio, il vescovo che battezzò sant’Agostino.

Le parole di Giovanni Paolo II sono citate come riferimento da Papa Francesco, sopratutto quando espresse l’urgenza di riportare al centro della Chiesa questa tematica: «Il mistero di Cristo», disse Wojtyla, «mi obbliga a proclamare la misericordia quale amore misericordioso di Dio, rivelato nello stesso mistero di Cristo. Esso mi obbliga anche a richiamarmi a tale misericordia e ad implorarla in questa difficile, critica fase della storia della Chiesa e del mondo. La Chiesa vive una vita autentica quando professa e proclama la misericordia – il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore – e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore di cui essa è depositaria e dispensatrice».

Anche Benedetto XVI parlò molto spesso della misericordia: «La misericordia è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico, è il nome stesso di Dio, il volto con il quale Egli si è rivelato nell’antica Alleanza e pienamente in Gesù Cristo, incarnazione dell’Amore creatore e redentore. Questo amore di misericordia illumina anche il volto della Chiesa, e si manifesta sia mediante i Sacramenti, in particolare quello della Riconciliazione, sia con le opere di carità, comunitarie e individuali. Tutto ciò che la Chiesa dice e compie, manifesta la misericordia che Dio nutre per l’uomo, dunque per noi. Quando la Chiesa deve richiamare una verità misconosciuta, o un bene tradito, lo fa sempre spinta dall’amore misericordioso, perché gli uomini abbiano vita e l’abbiano in abbondanza (cfr Gv 10, 10). Dalla misericordia divina, che pacifica i cuori, scaturisce poi l’autentica pace nel mondo, la pace tra popoli, culture e religioni diverse».

 

4) A COSA SONO CHIAMATI I FEDELI DURANTE QUESTO ANNO GIUBILARE?
La richiesta ai fedeli da parte della Chiesa è quella di far maturare la loro fede alla luce della misericordia: «Siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia», ha spiegato Papa Francesco. «Il perdono delle offese diventa l’espressione più evidente dell’amore misericordioso e per noi cristiani è un imperativo da cui non possiamo prescindere. Come sembra difficile tante volte perdonare! Eppure, il perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la serenità del cuore. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta sono condizioni necessarie per vivere felici. Accogliamo quindi l’esortazione dell’apostolo: “Non tramonti il sole sopra la vostra ira” (Ef 4,26). E soprattutto ascoltiamo la parola di Gesù che ha posto la misericordia come un ideale di vita e come criterio di credibilità per la nostra fede: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5,7) è la beatitudine a cui ispirarsi con particolare impegno in questo Anno Santo».

«È mio vivo desiderio», ha proseguito il Papa, «che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli. Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Questo Anno Santo porta con sé la ricchezza della missione di Gesù che risuona nelle parole del Profeta: portare una parola e un gesto di consolazione ai poveri, annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù della società moderna, restituire la vista a chi non riesce più a vedere perché curvo su sé stesso, e restituire dignità a quanti ne sono stati privati».

 

5) MA MISERICORDIA VUOL DIRE CANCELLARE L’ESISTENZA DEL PECCATO?
Non c’è peccato che Dio non possa perdonare ma il Pontefice ha chiarito che l’unica condizione è quella di sentirsi peccatori, perché la misericordia di Dio non cancella l’esistenza del peccato. «La Chiesa condanna il peccato perché deve dire la verità: questo è un peccato. Ma allo stesso tempo abbraccia il peccatore che si riconosce tale, lo avvicina, gli parla della misericordia infinita di Dio. La Chiesa è chiamata a effondere la sua misericordia su tutti coloro che si riconoscono peccatori, responsabili del male compiuto, che si sentono bisognosi di perdono. La Chiesa non è al mondo per condannare, ma per permettere l’incontro con quell’amore viscerale che è la misericordia di Dio».

La misericordia, ha precisato ancora, «non è contraria alla giustizia ma esprime il comportamento di Dio verso il peccatore, offrendogli un’ulteriore possibilità per ravvedersi, convertirsi e credere». Per questo centrale nell’Anno Giubilare è il sacramento della Riconciliazione (o Confessione) a cui tutti i pellegrini sono chiamati ad accostarsi prima di intraprendere il passaggio della Porta Santa (ne parleremo più sotto). Inoltre, la Chiesa ha predisposto dei “Missionari della Misericordia”, sacerdoti che hanno ricevuto l’autorità di perdonare anche i peccati che sono riservati alla Sede Apostolica (come l’aborto). Le Diocesi sono chiamate dal Papa a «celebrare il sacramento della Riconciliazione per il popolo, perché il tempo di grazia donato nell’Anno Giubilare permetta a tanti figli lontani di ritrovare il cammino verso la casa paterna».

 

6) CHE COS’E’ L’INDULGENZA PLENARIA?
Per spiegare l’indulgenza usiamo le parole di Papa Francesco: «Nonostante il perdono, nella nostra vita portiamo le contraddizioni che sono la conseguenza dei nostri peccati. Nel sacramento della Riconciliazione Dio perdona i peccati, che sono davvero cancellati; eppure, l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane. La misericordia di Dio però è più forte anche di questo. Essa diventa indulgenza del Padre che attraverso la Sposa di Cristo raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato, abilitandolo ad agire con carità, a crescere nell’amore piuttosto che ricadere nel peccato». E’ dunque la liberazione dal “disordine morale” che resta in noi dopo la confessione e che ci rende incapaci di aprirci totalmente alla Grazia. L’indulgenza può essere parziale (è solo un passo nel cammino di purificazione) o plenaria, totale (com’è quella giubilare).

 

7) COME SI OTTIENE L’INDULGENZA PLENARIA (GIUBILARE)?
Per ottenere l’indulgenza, è necessario essersi accostati al sacramento della Riconciliazione, avere la disposizione interiore del completo distacco dal peccato, aver ricevuto l’Eucaristia e aver pregato secondo le intenzioni del Papa. Inoltre serve compiere un'”opera” di pietà, ossia fare un pellegrinaggio in un santuario o luogo giubilare (in tutte le città sono state predisposte basiliche con la Porta Santa), oppure opere di penitenza, cioè astenersi da consumi superflui (fumo, bevande alcoliche…), digiunare e devolvere una somma ai bisognosi. O ancora ci sono le opere di misericordia, un «modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina», di cui abbiamo già parlato sopra.

 

8) PERCHE’ BISOGNA INTRAPRENDERE UN PELLEGRINAGGIO?
Il pellegrinaggio è centrale nell’Anno Giubilare perché è simbolo del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza, è anche un segno che anche la misericordia è una meta da raggiungere e che richiede impegno e sacrificio. E’ una delle opere di pietà, di cui abbiamo parlato sopra, che permetto al fedele di ottenere l’indulgenza giubilare.

Nell’Anno Santo le mete principali del pellegrinaggio sono le quattro basiliche maggiori di Roma (San Pietro in Vaticano, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura) dove è possibile ottenere l’indulgenza, ma anche in ogni “chiesa giubilare”, presente in diocesi del mondo e in ogni principale città.

 

9) PERCHE’ BISOGNA PASSARE ATTRAVERSO UNA PORTA SANTA?
La Porta rimanda al passaggio che ogni cristiano è chiamato a compiere dal peccato alla grazia, guardando a Cristo che di sé dice: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo» (Gv 10,9). Questa azione è legata concretamente al pellegrinaggio che, come scritto sopra, è incoraggiato nell’Anno Giubilare, e la Porta Santa di una Basilica è la destinazione del pellegrino. Papa Francesco ha dato un simbolismo nuovo e importante a tutto questo quando ha scelto di aprire la prima Porta Santa non a Roma, ma nella Cattedrale di Bangui, in Africa, mostrando l’universalità dell’Anno Giubilare e la sua importanza sopratutto per i luoghi toccati dalla guerra: «Oggi Bangui diviene la capitale spirituale del mondo. L’Anno Santo della Misericordia viene in anticipo in questa Terra. Una terra che soffre da diversi anni la guerra e l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace. Ma in questa terra sofferente ci sono anche tutti i Paesi che stanno passando attraverso la croce della guerra».

Sempre Francesco ha spiegato: «Sarà in questa occasione una Porta della Misericordia, dove chiunque entrerà potrà sperimentare l’amore di Dio che consola, che perdona e dona speranza. Ogni Chiesa particolare, quindi, sarà direttamente coinvolta a vivere questo Anno Santo come un momento straordinario di grazia e di rinnovamento spirituale. Il Giubileo, pertanto, sarà celebrato a Roma così come nelle Chiese particolari quale segno visibile della comunione di tutta la Chiesa». E per quanto riguarda il simbolismo della Porta Santa: «Il Giubileo significa la grande porta della misericordia di Dio ma anche le piccole porte delle nostre chiese aperte per lasciare entrare il Signore – o tante volte uscire il Signore – prigioniero delle nostre strutture, del nostro egoismo e di tante cose».

 

10) COME CI SI PREPARA AD ATTRAVERSARE LA PORTA SANTA?
Prima di passare attraverso la Porta Santa, i fedeli devono essere in stato di grazia (essersi confessati), devono essersi accostati all’Eucarestia e devono recitare il Credo, il Padre Nostro, l’Ave Maria e il Gloria Padre e, infine, rivolgere una preghiera per le intenzioni al Santo Padre.

 

Buon Giubileo a tutti!

La redazione

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14 commenti a Le cose da sapere sul Giubileo della Misericordia

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  1. sara ha detto

    Io credo che i tempi siano maturi..Gesù lo disse a Santa Faustina che prima di venire come giudice di Giustizia verrà come Dio di misericordia…in un tempo ben preciso..sarà Forse questo?

    • ACQUARIUS ha detto in risposta a sara

      Dato che si sono chiusi i commenti nell’altro post, ti rispondo qui….scuse accettate, non preoccuparti, non mi ero indispettito veramente….Ogni tanto capita a tutti di perdere il controllo, ciao…..

  2. fra' Centanni ha detto

    A proposito di perdono: sempre e comunque? Prescindendo da ogni considerazione? Anche a costo di rinunciare alla giustizia?

    Cosa significa, davvero, perdonare?

  3. fra' Centanni ha detto

    C’è un perdono di Dio ed un perdono nostro. Il perdono di Dio è quello che toglie la colpa (ma non la pena temporale); esso deve essere esplicitamente richiesto e la richiesta deve essere accompagnata dal pentimento e dalla promessa di non peccare più. Dunque, Dio può concedere il perdono, se richiesto, ma a ben precise condizioni.

    Gesù ha perdonato sempre? E sulla croce, ha perdonato tutti? Ha certamente perdonato il buon ladrone… ma gli altri? Ha gridato: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno!”. Ma queste parole equivalgono ad un perdono? Se equivalessero ad un perdono, allora vorrebbe dire che Dio perdona tutti, a prescindere dalla disposizione d’animo di ciascuno. In realtà le parole che Gesù grida sulla croce, rivolto al Padre, sono un’invocazione di perdono. Non sono un perdono. Questo, almeno, è quello che io penso.

    Veniamo a noi. Noi dobbiamo perdonare sempre? Anche quando, chi ci offende, non solo non si pente e non promette di cambiare, ma, addirittura, promette nuove offese? Prendiamo il caso di un terrorista: rapisce nostro figlio e chiede un riscatto per rendercelo vivo. Dobbiamo perdonare? Senza condizioni? Oppure, prendiamo il caso di rapinatori che entrano in casa nostra, ci sottopongono a violenze inenarrabili, magari ci scappa pure il morto. Poi se ne vanno tranquilli senza che sappiamo più niente di loro: dobbiamo perdonare? Sempre senza condizioni? Un altro esempio. Un pedofilo molesta e violenta nostro figlio per anni, approfittando della nostra buona fede. Poi, finalmente, nostro figlio lo denuncia e viene fuori tutta la verità: dobbiamo perdonare? Possiamo pretendere, prima di perdonare, le soddisfazione di certe condizioni? Potrei fare l’esempio di cose anche molto meno gravi; per esempio, se un superiore ci umilia di fronte ai colleghi, dobbiamo perdonarlo? E se la cosa si ripete regolarmente senza che si riesca mai ad avere, non dico una richiesta di perdono, ma, almeno, una richiesta di scuse e, soprattutto, la promessa di non umiliarci più? Dobbiamo perdonare? E’ legittimo lottare per ottenere giustizia? E può essere credibile ed efficace questa lotta per avere giustizia se perdoniamo comunque prescindendo da ogni condizione?

    Io ci andrei piano col dire: “per noi cristiani (il perdono) è un imperativo da cui non possiamo prescindere”. Il perdono “a prescindere” non serve a nessuno. Se il perdono non è il punto di arrivo di una strada percorsa insieme; se prescinde dalla giustizia anche quando sarebbe possibile; se prescinde dal rispetto dovuto alle vittime; se prescinde dall’incontro e dall’abbraccio fraterno tra vittima e carnefice; se deve essere un gesto slegato dalla realtà, che non tiene conto di ciò che è umanamente possibile; ebbene, un perdono così non è un perdono. E’ solo una pagliacciata.

    • PaxVobis ha detto in risposta a fra' Centanni

      Condizione imprescindibile del perdono e essere consci del peccato commesso

    • sara ha detto in risposta a fra' Centanni

      Non sono d’accordo fra centanni…

    • hicetnunc ha detto in risposta a fra' Centanni

      un’abbozzo di risposta… se il perdono è l’unica via perché la persona che ha sbagliato possa capire di avere sbagliato? e l’unico modo per ottenere dalla stessa il massimo risarcimento possibile ossia il risarcimento volontario? si deve cercare di evitare di subire nuovo danno ed è legittimo sperare (e lottare se ne vale la pena) di ottenere nei limiti del giusto e del possibile (il resto dovrebbe compensarlo la collettività, se il danno è materiale e se il bene non è stato “assicurato”) il massimo risarcimento possibile, pur senza l’inutile vessazione (addirittura controproducente) della vendetta e sempre in vista del massimo risultato, che coincide con il ravvedimento, non con la vendetta, che ottiene il minimo. Se è Dio che si fa garante per il peccatore perdonato ti devi fidare di Dio non del peccatore. Mi sembra in sostanza che Dio voglia che prima tu perdoni perché vi siano le condizioni del ravvedimento e non che aspetti la condizione del ravvedimento perché vi sia il tuo perdono. Perdonare in fondo credo voglia dire questo: rinunciare ad agire con lo scopo di restituire il torto, il male subito, una reazione che in fondo è un modo animalesco di eliminare il problema; perdonare comunque non significa rinunciare a cercare di riparare il bene né rinunciare a difendersi, ma cercare di vedere nel cattivo in chi ha sbagliato anche una vittima, se non di “sé stesso” di un potere che lo rende cattivo o stupido o ingiusto, che puoi chiamare caos o demonio, un qualcosa che lo rende letteralmente anche se parzialmente (non sta forse a noi giudicare quanto) un irresponsabile, una forza cieca, come un masso che rotola e non sa dove colpisce, cecità contro la quale il perdono può essere la medicina che gli può aprire gli occhi… insieme ad altro, a ciò che di razionale puoi fare. Se sei cristiano puoi anche pregare. A volte perdonare è un modo per capire che il torto non l’abbiamo proprio subito siamo noi in torto nel pensare di essere stati danneggiati e a voler ricevere ingiustamente riparazione e a rischiare di dover essere poi perdonati. Potrei farti molti esempi. Il perdono io in sostanza lo vedo come il presupposto dell’azione razionale non compulsiva.

      • giovannidb ha detto in risposta a hicetnunc

        Il perdono ha detto qualcuno fa soprattutto del bene all’anima di chi lo da’ piuttosto di chi lo riceve.
        se mi è stato fatto un torto di qualsiasi tipo se porto dentro di me il rancore, la rabbia, l’odio verso la persona che mi ha fatto il torto non sono sereno, non sono libero, la mia anima è schiava del rancore e dell’odio. se invece perdono la mia anima non è schiava del rancore e dell’odio. nei libri di Dostoevskji , soprattutto nei Fratelli karamazov, è ben descritto questo meccanismo. L’anima del fratello Mitia è avvelenata dall’odio verso il padre, non riesce a perdonarlo per le ingiustie che ha subito dal padre. Lo staretz Zosima predica il perdono per ritrovare la pace dell’anima.
        Quando perciò parliamo di perdono cristiano non dobbiamo vederlo come un quasi impossibile obbligo morale, un eroico gesto magnanimo che va a vantaggio dell’offensore, ma semplicemente come la via che ci mostra il Maestro spirituale Gesù verso la salute dell’anima nostra , prima di tutto della nostra anima e poi naturalmente anche a quella dell’offensore.
        io credo che la spiritualità della Chiesa orientale ortodossa coi suoi staretz e i suoi mistici ci insegni sul perdono questa verità:il perdonare i nemici non è una prescrizione “legalistica”, infatti il perdono non è messo fra i dieci comandamenti. Non ci è ordinato da Gesù di perdonare il nostro nemico perchè dovbbiamo essere degli eroi dell’etica, ma ci viene additata da Gesù la via spirituale della salvezza che passa per il non-attaccamento, per la libertà dell’anima, che deve essere libera dal rancore e dalla rabbia. Chi perdona è felice chi non perdona è intossicato dal suo rancore.

        • giovannidb ha detto in risposta a giovannidb

          Questo vuol dire anche che ci può anzi che ci deve essere contemporaneamente perdono e amore per la giustizia.
          il perdono non esime dalla giustizia.Come il fratello Mitia Karamazov è invitato dalla staretz a perdonare il padre per ritrovare la serenità della propria anima , ma non a rinunciare alle sue leggittime richieste dell’eredità materna rubatagli dal padre, così non è detto che per esempio perdonare qualcuno che ci ha fatto del male voglia dire rinunciare alla giustizia.
          Se il perdono viene visto in senso spirituale questo non accade, se invece viene visto in senso “legalistico2 si scambia il perdono con il colpo di spugna, con l’amnistia, col “chi ha avuto ha avuto , chi ha dato ha dato, scurdammoce o passato”
          noi cattolci dobbiamo uscire dalla mentalità legalistica che è assai simile a quella degli antichi farisei: il perdono cristiano come tutte le parobole ci insegnano è una realtà “spirituale” non legalistica.

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