Lo psicoanalista Massimo Recalcati: «Conchita Wurst? Mito narcisistico, non è libertà»

Sanremo Italian Song Festival 2015Il Festival di Sanremo ieri sera ci ha presentato come superospite l’uomo barbuto vestito da donna Conchita Wurst, vincitore dell’Eurofestival nel 2014. In quell’occasione la cantante Emma Marrone, conduttrice oggi del festival, disse “Senza barba non avrebbe avuto alcuna chance”.

Come abbiamo spiegato ieri, non amiamo le mascherate (nemmeno a Carnevale) e preferiamo sempre la vera identità delle persone, per questo abbiamo apprezzato molto la scelta di Mauro Coruzzi di mostrarsi sul palco dell’Ariston senza la maschera difensiva di Platinette. E’ quello che auguriamo anche a Thomas (in maschera Conchita). Ieri sera il presentatore Carlo Conti lo ha chiamato giustamente “personaggio” e non “cantante”, rivolgendosi a lui al maschile e ogni tanto al femminile.

La confusione evidentemente la fa da padrona anche in chi pensa che questo sia progresso. Perché, questo, non lo è affatto e lo ha sostenuto anche il laicissimo psicoanalista di “Repubblica”, Massimo Recalcati, supervisione clinico presso l’Ospedale Sant’Orsola di Bologna. Pochi mesi fa scrisse infatti: «esaltano la donna barbuta come una figura della liberazione sessuale e della tolleranza nei confronti della diversità; esultano vedendo in Conchita Wurst una eroina del nostro tempo e il suo successo come il giusto riconoscimento di un altro modo di pensare e di vivere la differenza sessuale. Perché due soli sessi? Perché escludere la possibilità ancora inesplorate di forme multiple, anarchiche, erranti, della sessualità? Non sarebbe questa la legittima liberazione sessuale da secoli di oppressione clerico-fascista?».

No, non è così: «Questa cultura che esalta un sesso totalmente libero dai vincoli dell’anatomia e dai condizionamenti educativi», ha proseguito Recalcati, «ricade in pieno in una concezione autogenerativa dell’uomo come colui che si fa da sé. È un mito narcisistico del nostro tempo: quello di una libertà che vuole prescindere da ogni vincolo simbolico: inventarsi il proprio sesso».

Per questo, ha continuato ancora, «non posso condividere l’esultanza di coloro che vedono nella vittoria della Drag Queen barbuta la vittoria di una Civiltà della tolleranza e della diversità su quella della repressione e della mortificazione della sessualità. Per la psicoanalisi la diversità concerne innanzitutto il soggetto in quanto tale. Siamo tutti diversi perché la nostra singolarità è strutturalmente incomparabile, unica, irripetibile. L’etica della tolleranza si fonda sul rispetto di questa unicità, sull’accoglienza della diversità, sempre sintomatica, del soggetto. Ma cosa pensiamo che sia veramente una liberazione sessuale? Fare del proprio corpo quello che si vuole? È sufficiente questo per parlare di liberazione sessuale e di tolleranza verso la diversità? L’esibizione di un corpo bizzarro e ostentatamente provocatorio non corre forse il rischio di ridurre la liberazione sessuale ad un semplice rovesciamento speculare del vecchio paradigma clerico-fallico-fascista della normalità? La norma prescrittiva non è più quella ascetico-repressiva ma diventa quella narcisistico- esibizionista».

Ha quindi concluso: «Ma vogliamo davvero credere che esistano dei “diversi più diversi dagli altri”. Lo psicoanalista sa bene che nell’uso libertino della sessualità spesso si annida una difficoltà, a volte paralizzante, nei confronti del rischio che comporta l’incontro d’amore e sa altrettanto bene che la liberazione sessuale senza amore spesso degenera in una schiavitù compulsiva priva di soddisfazione. La sola liberazione sessuale degna di questo nome è quella che sa unire il corpo sessuale all’amore e che sa rispettare la diversità dell’Altro (etero o omosessuale che sia)».

Recalcati ha ragione, il fenomeno gender (la cui icona è certamente il personaggio della “donna barbuta”) è la mortificazione della diversità in nome di una destabilizzante (e un po’ ridicola) utopia dell’uniformità, della liquidità sessuale. E’ l’ideologia sessantottina applicata al sesso. La chiamano “liberazione sessuale”: ma liberi da cosa? Dalla propria intima natura? Ma emanciparsi da se stessi è proprio l’opposto della libertà, è schiavitù verso il pensiero dominante. Non a caso Papa Francesco ha definito il fenomeno del gender una «colonizzazione ideologica» della mente degli uomini. Caro Thomas, non vediamo l’ora di rivederti al Festival quando vorrai mostrarti per quello che sei veramente.

La redazione

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18 commenti a Lo psicoanalista Massimo Recalcati: «Conchita Wurst? Mito narcisistico, non è libertà»

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  1. Max ha detto

    Le riflessioni di Recalcati, anche se scritte con linguaggio un po’ complicato, sembrano interessanti.

  2. Jack ha detto

    Non me l’aspettavo da lui..complimenti!

  3. Davide ha detto

    Però questo tizio ha nella pagina facebook più di 800.000 seguaci… Noi poco più di 4.000! 0_o

  4. Dario* ha detto

    Io eviterei di usare il termine “donna barbuta” per definire quell’individuo (che donna non è) o altri nella sua stessa condizione perché lo trovo una mancanza di rispetto verso tutte le donne affette da irsutismo. A maggior ragione trovo vergognoso che lo utilizzi uno psicoanalista (o in generale qualcuno a cui viene affidata la salute, fisica o psichica che sia, di altre persone)

    • prisiclla ha detto in risposta a Dario*

      Non credo lo psicoanalista abbia voluto offendere le donne affette da irsutismo, quanto piuttosto sottolineare che la voluta confusione dei generi, ossessivamente perseguita, esibita ed ostentata, non è un percorso di liberazione né tanto meno un progresso verso la tolleranza e l’accettazione della diversità, è solo la manifestazione di un eccessivo egotismo. causa ed effetto dell’infragilimento della persona e della società

      • Dario* ha detto in risposta a prisiclla

        Sono piuttosto convinto anche io che non l’abbia fatto esplicitamente con quell’intento però una persona in quella posizione non si può permettere di parlare in questo modo. Con che faccia potrebbe relazionarsi ad un’eventuale donna affetta da irsutismo che andasse da lui perché, ad esempio, ha problemi ad accettarsi? Non sto dicendo che sia necessariamente un insensibile ma che sia un incosciente, si riflette un minimo prima di agire, tantopiù quando si ricopre un ruolo delicato

    • Vauro ha detto in risposta a Dario*

      “Donna barbuta” è ormai l’appellativo mediatico per indicare Conchita, un po’ come si usa l’elefantino per indicare Giuliano Ferrara.

      • Dario* ha detto in risposta a Vauro

        Anche “frocio” era un appellativo di uso comune per indicare gli omosessuali, “nigger” per gli afroamericani, ecc. ciò non implica che fosse un modo corretto di esprimersi. Per quanto riguarda Giuliano Ferrara io non mi permetterei mai di chiamarlo “elefantino”, come non mi sarei mai permesso di chiamare “nano” Brunetta o “zombie” Fassino e così via. Se lo si fa, volente o nolente, è per denigrare qualcuno, il problema è che non si denigra solo il soggetto in questione ma tutti gli individui che ne condividono alcuni aspetti del suo essere. E’ triste vedere come siamo talmente annegati nel dileggio da non renderci neppure conto di quanto certi comportamenti siano ingiusti nei confronti di altre persone

    • Li ha detto in risposta a Dario*

      Dunque così la chiamano. Se finora hai sentito schiere di donne barbute protestare per i loro problemi di ipertricosi…

      Però scommetto che sarebbero tutti a chiocciare se qualcuno avesse da dire sulle sue tendenze sessuali.

      Pelose, handicappati, obesi e altri…non fanno notizia. Questo ragazzo la fa solo perchè si veste da donna.

      Mi fa davvero pena: nessuna libertà di essere sè stessi. Un giorno però cambierà idea e troverà un look più sobrio, così come fece Renato Zero, Mario Coruzzi e molti altri. Fintanto che resta così però non sarà sè stesso. Un po’ come avere una doppia personalità senza la pazzia. vivere la vita di un altro.

      • Dario* ha detto in risposta a Li

        Stai confondendo il fatto che lui si comporti in modo bizzarro col fatto che sia lecito offendere un sacco di persone che hanno un problema che sicuramente non è da reputare ad una loro scelta. Se il tizio che passa per strada lo chiama “donna barbuta” ci si può passare sopra, se lo fa pubblicamente un più o meno eminente psicoanalista è tutto un altro discorso.
        Detto questo, le “schiere di donne barbute” non protestano perché sono ormai abituate ad ingoiare rospi, ti pare comunque corretto nei loro confronti?

        • Li ha detto in risposta a Dario*

          Quando anche la schiera del politically correct smetterà di dileggiare, emarginare le categorie che ho già citato…

          E poi mettiamo in chiaro questo: non è un mondo dove tutti pensano bene di te o me, o dei gay o di persone con problemi. cioè troverai sempre qualcuno che ti apprezza e qualcun altro che ti disprezza. E’ così. Se no, saremmo solo fotocopie senza cervello, con un pensiero unico. Cosa che gli alti papaveri vorrebbero.

          Fabrizia ha ragione, Conchita wurst l’ha pensata originale. Un po’ come fosse la farfallina di Belen.

          Le donne barbute, alcune ci hanno fatto anche il callo, altre sono tristi, e altre ancora se ne fregano.

          In ogni caso non vedo cosa c’entri Wurst con le donne barbute visto che è un uomo.

    • Fabrizia ha detto in risposta a Dario*

      Anche per me non e’ affatto una donna barbuta. E’ un uomo furbo vestito da donna, per cavalcare la moda del giorno. Mi risulta che in natura siamo tutti XX o XY. E lui e’ senz’altro XY.

  5. Enrico ha detto

    Esistono anche gli intersessuali a cui bisogna dare massimo rispetto per il loro dramma.

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